mercoledì 2 febbraio 2011

Un viaggio lungo un giorno

Capita alle mamme che lavorano di doversi allontanare dai propri figli.
Le mamme non possono assolutamente rifiutare un incarico fuori sede. Anzi, hanno il dovere morale di dimostrare di poter percorrere 1200 km in un giorno per partecipare a meeting o udienze, senza patirne conseguenza alcuna.
"Del resto, ormai, che vuoi che sia, vai e vieni in giornata" ti dicono.
"Ci sono i treni superveloci e direttissimi, gli aerei supereconomici e superaffidabili e ad attenderti auto extralusso pagate dal cliente".
Mmm, pensi tu, qui c'è sotto una fregatura.
Ma poi parti, tanto non ti puoi rifiutare, visto che le altre mamme lavoratrici sono già state spedite in Guatemala e Norvegia e tu devi solo andare nel nord Italia e, comunque, se non ci vai tu...
Parti, lavori quel tanto che basta con la consapevolezza che in quanto mamma lavoratrice che si incontra con altre mamme lavoratici stai facendo un grosso buco nell'acqua e liquiderai la faccenda professionale in cinque minuti, per passare le successive due ore a parlare di bimbi, mariti, centri estetici e saldi.
E infatti.
Sei entrata da trenta secondi e già vi date tutte del tu.
In mezzora la faccenda è risolta, o almeno ti illudi che sia risolta, ma in cuor tuo già sai che il boss maledirà il giorno in cui ha deciso di mandare te, sacrificandosi per altro, e che dovrai discuterci ore per cercare di convincerlo della razionalità dell'idea che tu e le altre mamme lavoratrici aveve elaborato nel consesso.

Intanto, però, scopri di avere il tempo per fare due passi nel cuore dello shopping. Riesci persino a ripercorrere luoghi amati e troppo presto abbandonati, e a rivedere vecchi amici.
Trovi addirittura il tempo per entrare in una libreria a comprare trenta libri per la Pupa, libri che, a portali su e giù per l'Italia, pesano un accidente, ma che, appunto per questo, mettono a tacere definitivamente il senso di colpa da abbandono di incapace (e con ciò si fa riferimento non solo ai Pupi, ma anche ai consorti).

Sai già che pagherai cara questa giornata di libertà, con il marito (un tuo viaggio di lavoro, vale 4 sue uscite gogliardiche), con il boss (sputerai sangue per convincerlo che non si è ridotto tutto allo shopping compulsivo per le vie della città del Nord Italia), con la Pupa (che non ti mollerà un momento per i prossimi dieci giorni e si aspetterà regali ad ogni tuo ritorno a casa).
Stremata e digiuna rientrerai a casa dopo quindici ore di vagabondaggio, ti guarderai intorno e, adocchiata la mole di panni da lavare, la caterba di giochi in giro per la casa, la pila di piatti sporchi nel lavabo, il tuo primo pensiero sarà: quando potrò andare anche io in Guatemala?

2 commenti:

  1. E' dura essere madre/lavoratrice, lo so. Già è dura essere solo lavoratrice.
    Che ci vuoi fare? Prima o poi qualche cosa cambierà.
    Poi ci sono quelle come mia sorella: che non hanno mai fatto un piffero in vita loro, tranne partorire un figlio; ovviamente sono le uniche donne ad aver partorito e sono quelle che fanno tanta fatica ad arrivare a sera...
    Che ti devo dire, Francesca, spero tu possa -un giorno- conoscerla; così le spieghi un paio di cosette della vita. <3

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  2. Come fa lei, anonimo, a conoscere il mio nome?
    :)
    purtroppo ci sono molte persone nate per lamentarsi. E io sono una di quelle.
    Però, c'è chi si lamenta e basta e chi si lamenta e si da anche da fare.
    Per fortuna, io qualcosa, nel mio piccolo, lo faccio. Passare il tempo solo a lamentarmi non riuscirei. Mi accontento delle mie due/tre ore quotidiane. :)
    aspettando il guatemala...

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