venerdì 18 febbraio 2011

L'amico rintronato

L'avevo detto io che il blog avrebbe creato incomprensioni e malumori.
E infatti.
Ad ogni pubblicazione di post ricevo lamentele e rimostranze, scritte e orali.
Da mia madre che retoricamente domanda "ma che si apre un blog per parlare male della mamma?!" e mi fa pensare che legga quello di un'altra, perchè io più di tre o quattro parole non le ho dedicato (e, voglio dire, se ne volessi parlare male, hai voglia quante parole le potrei riservare).
All'orco che bofonchia "lo so che è meglio se non lo leggo, lo so" e intanto contatta un avvocato per capire se può farmi causa e impedirne la pubblicazione.
C'è poi un amico - l'amico rintronato, appunto - che non osa commentare pubblicamente, ma mi tempesta di email in privato.
L'amico rintronato è entrato nella mia vita piuttosto di recente (beh, considerata la durata complessiva della nostra vita e il fatto che la maggior parte dei miei amici, poveretti, ci sono dentro dalla notte dei tempi, quella cioè in cui sono nata).

Non molti anni fa, siamo stati vicini in un momento difficile delle nostre vite.
Quando dico "vicini", non uso metafore o allegorie psicologiche. Intendo dire che eravamo proprio vicini fisicamente, seduti uno di fianco all'altra.
Insomma, siamo stati vicini di banco durante lo scritto dell'esame da avvocato. E parimenti vicini di sedia all'orale del medesimo esame.
Chiunque abbia fatto l'esame da avvocato sa che quello è stato, e probabilmente sarà, il momento peggiore di tutta la sua vita, che mai più, se ha la fortuna di passarlo, vivrà giorni altrettanto bui e faticosi.
Essere seduti vicini a quell'esame, dunque, ti lega per la vita.
E così, in effetti, sembra che sia fra me e l'amico R.
Certo, non è detto che io lo sopporti per il resto dei miei giorni o che lui sopporti me, ma per il momento il ricordo di quei giorni difficili è ancora così vivo in noi che non possiamo fare a meno di cercarci, una volta ogni tanto.

In ogni modo, l'amico rintronato ha sempre mostrato una spiccata antipatia per l'orco.
Non l'ha mai conosciuto, se non tramite le mie parole.
Non mi sono dunque mai spiegata questa sua avversione, ché io dell'orco parlo solo in termini lusinghieri (come è ormai di pubblica evidenza).
Nonostante ciò, da quando ha preso a leggere questo blog, l'amico R. ha cominciato a nutrire un forte sentimento di compassione e comprensione verso l'orco. Un sentimento che si sta lentamente tramutando in un vero e proprio trasporto.
All'indomani di ogni mia pubblicazione, R. annuncia la fondazione di comitati di supporto per l'orco, l'organizzazione di manifestazioni, la denuncia della situazione di maltrattamento in cui  lo costringo a vivere (chi io??).
Ora, dietro a questi proclami, c'è evidentemente una visione distorta dei miei equilibri familiari, visione che non può che essere frutto del suo personale rintronamento, dato che non è in alcun modo ricavabile dalla lettura delle parole pubblicate in questa sede.

A riprova dell'erroneità del convincimento dell'amico R, citerò un unico, recente, episodio delle mia vita di coppia.

Ieri sera, l'orco con l'aria abbacchiata e le orecchie mosce,  "sono tanto brutto e cattivo?" mi chiede.
In effetti, è qualche giorno che io sono inquieta, e, diciamolo, pure un po' incazzosa nei suoi confronti.
"Sì." dico, "Ma Se devo essere sincera, ora non mi ricordo perchè" aggiungo pensierosa (Ebbene sì, lo confesso, non ricordo più perchè ce l'ho su con lui).
"Ma un motivo serio e valido c'è di sicuro" proseguo, seria "quindi sì, senz'altro sì, sei brutto e cattivo".

Ora, ditemi voi, se non è un uomo logarato dal senso di colpa quello che a queste parole risponde
" lo so, hai ragione, ma vedrai che d'ora in avanti sarò buono" e a dimostrazione della verità di quello che dice mi rimbocca le coperte, mi porta un latte caldo, e mi dice "se hai bisogno di qualcosa questa notte, svegliami che corro".
Colpevole, amico R., all'esame da noi condiviso ci hanno insegnato a chiamare uno così Colpevole!

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