martedì 29 ottobre 2013

Il rientro precoce

Alla fine, ce l'ho fatta: sono sopravvissuta alle vacanze al mare e pure a quelle in montagna.
Con l'aiuto di qualche pasticca e qualche goccia di mediamente-alcolici, sono riuscita a non soccombere sotto gli attacchi combinati dei miei figli e dei gruppi armati indipendenti di puponi guidati da mia figlia.
Tornata a casa, come era ovvio, sembravo una sopravvissuta allo tsunami.
Caso strano, l'Orco, abbandonato a se stesso per più di un mese, era fresco come una rosa. Abbronzato, dimagrito, depilato...
Troppo stanca per pormi domande, con un unico desiderio: rinchiudermi in ufficio e buttare i costumi in un tritarifiuti.
Bisogna stare attenti coi desideri, hai visto mai che ti esce un Genio dalla lampada...
Il mio Genio non è uscito dalla lampada, ma dal pc.
Il desiderio, però, me l'ha esaudito lo stesso, con queste parole di un'email di fine agosto:
"Rientrare subito per questione urgente. Punto. Punto e virgola. Due punti. Punto esclamativo.".
Questa volta, non c'ha nemmeno provato a fingere che fosse una questione interessantissima, di quelle che hai sempre desiderato ma mai ti hanno permesso di trattare. Non si è appoggiato con l'aria sorniona sullo stipite della porta, coi capelli sconvolti e il completo sartoriale.
Mi ha aperto la porta dello studio con un "che palle, dobbiamo assolutamente risolvere 'sta grana. Son già stanco".
Era in quel momento che dovevo capire che la mia vita non poteva che peggiorare.
Proprio quando il mio capo in seconda, dopo una vacanza da single ai tropici, mi ha fissata nelle palle degli occhi, sopra alle mie occhiaie da zombie e sotto i capelli stinti e in disordine, per dirmi "sono già stanco".
Un attimo dopo era già troppo tardi.
E infatti, mi sono ritrovata così: senza tata, senza scuola, senza nonni, con un Orco, due piccole sanguisughe in libertà e un lavoro.

Non so come, oberata come ero ancor prima di cominciare (perché sì, a dire il vero, si vocifera fra gli addetti ai lavori che esista una cosa chiamata sospensione feriale dei termini giudiziali/ferie degli avvocati/chiusura dei tribunali), sono arrivata all'11 settembre.
con le lacrime agli occhi, ho portato la pupa a scuola. Sono entrata, l'ho spinta in avanti e ho detto trionfante: "eccola, è qui!".
Sìììì, MENO UNO.
Ma, di fronte a me, un paio di teste di suora oscillavano da destra a sinistra: no, no, no!
La scuola dei piccoli comincia domani, così hanno detto.
No, no, no! Diceva anche la mia voce interiore.
"non potreste tenerla almeno un po'?"
"No, no, no!"
mavaff.... che diamine di cristiane siete?
No, no, no, facevano le teste e sopra, invece che un'aureola, sono quasi sicura di aver visto un fumetto: "Ah signò, siamo suore, mica esorcisti".

L'ho dovuta ricaricare in macchina e riportare a casa, mentre mi guardava di sbieco.
che cosa hai combinato mamma? diceva il suo sguardo.

Questo era il rientro.
Questo era solo l'inizio.

mercoledì 11 settembre 2013

Progetti per il rientro

Al mare, mi sono fatta un'amichetta.
Ha 23 anni, gambe lunghe e - molto, molto in alto, almeno per me - occhi tondi e gialli.
è bella da morire, così che trovarla dal sola al mare mi fa pensare che i ragazzi di oggi, oltre che poco intelligenti, siano anche ciechi.
è posata e gentile, nonostante la giovane età.
Insomma, a differenza degli altri pocopiùcheventenni che ho avuto la sventura di conoscere, non assomiglia ad uno di quei cagnetti smaniosi che si attaccano alle gambe e ai quali vorresti solo dire: "senti, bello, fatti una vita tua o, almeno, trovati un albero".
Piuttosto, con i suoi occhioni gialli e la chioma ribelle, ricorda una fiera, e languida, leonessa. Può scattare con un balzo, se c'è bisogno, ma, se il bisogno non c'è, può stare sdraiata all'ombra a pensare. Non teme il silenzio.

è di Bologna. Dunque, parla in modo delizioso, aggiungendo ogni tanto un "sorbole!" alle sue considerazioni.
A dire il vero, al mare, viviamo circondati dagli emiliani e i sorbole fioccano a destra e sinistra.
Non potrei esserne più felice, adoro l'accento bolognese, e gli Emiliani mi mettono appetito di cose buone. Le sorbole, in particolare, mi fanno venire in mente un sorbetto di giuggiole, che forse nemmeno esiste.
Mia figlia, però,  ha deciso di reinterpretare in modo personale il loro tipico intercalare, trasformandolo nel più romano "Porcole!".
Adesso, quindi, non si fa in tempo ad aprire bocca che si inciampa in un "Porcole!", espressione che rimanda alla più prosaica, ma sempre gustosa, porchetta. Mi chiedo se le suore penseranno alla porchetta quando lo sentiranno, al rientro a scuola.

La mia amica, come è giusto che sia, è piena di progetti per l'avvenire, in particolare, per settembre.
"Quando torno, voglio iscrivermi ad un corso di tango argentino, ad uno di cucina e comprare nuovi vestiti on line come mi hai insegnato tu"
"ottima idea!" rispondo, mentre prenoto su napulè.com un grosso corno rosso,  pensando agli accidenti che mi manderanno i genitori della mia amica quando scopriranno che ho introdotto la figlia nel pericoloso mondo dell' e-commerce.
"Voglio rivedere quel tipo con cui sono uscita e chiederli spiegazioni sul suo comportamento"
"Brava, è il minimo che lui possa fare" ma non lo farà, è un maschio e non conosce le ragioni del suo comportamento, e comunque non è in grado di spiegarle.

"E tu? che progetti hai per il rientro?", mi chiede, con gentilezza.

Lancio una rapida occhiata ai miei figli che, dopo aver sperimentato nuove tecniche di annegamento, risalgono sul bagnasciuga trascinando un carico di pietre che mi chiederanno di trasportare fino a casa, tiro un sospiro, e rispondo:

"di rientrare", viva, se possibile.

domenica 18 agosto 2013

a metà del viaggio

14 agosto 2013. Ore 10.30. Scambio di sms.
"è il 14 agosto e sono già alla quinta telefonata quotidiana con il cliente. l'ho sentito più di mio marito. spero che a te sia andata meglio."
"sono ancora in ufficio. Il Boss"
"cosa? sei pazzo, vai al mare, non ne vale la pena... ma aspetta, chi c'è con te?"
"siamo solo io e il Super boss"
"e l'aria condizionata funziona? e le strade sono deserte?"
"sì e sì. ho finito una memoria, ma non riesco ad inviarla"

Sono tre settimane che sono sola con i miei figli al mare.
ogni mattina mi sveglio all'alba, cucino per il pranzo e per la cena, preparo la colazione e faccio il bucato.
Poi arrivano loro. 
li lavo, li incremo e predispongo alla discesa in spiaggia.
durante queste operazioni arrivano "gli altri", il twin set dei vicini, i gemelli diversi che hanno deciso che noi siamo molto meglio della famiglia di origine e vivono a casa nostra dieci ore al giorno.
è il momento del primo analgesico. ne seguiranno altri, molti altri.
in questo momento, l'unico posto dove vorrei essere è l'ufficio. il mio polveroso, freddo e silenzioso ufficio.
ma  capisco che non posso condividere questo mio desiderio con uno che è lì rinchiuso da undici mesi.
potrebbe prenderla male e correre a comprarmi i biglietti per il Sudan.
Così, scrivo:

"L'anno prossimo dimmelo che hai da fare, così mi organizzo per restare. oppure, organizziamoci per sostituirci a vicenda"

Ancora devo decidere se è un colpo di genio o di imbecillità. Lo scoprirò, l'estate prossima. probabilmente.
o nel corso del viaggio verso il Sudan.

La partenza

24 luglio 2013. Ore 21.45.
Dalla camera da letto di un terzo piano di Roma Nord al salone di un attico di Roma est.
"Allora, hai salutato?"
"Sì, no..."
"cioè?"
"ho salutato il boss in seconda, era inevitabile..."
"Certo, anche io ho salutato il Boss..."
"e?"
"niente, non se n'è nemmeno accorto, figurati... sai come fa, quando scrive al pc e tu entri in stanza, parli per mezzora e lui non alza mai gli occhi dallo schermo... e alla fine fa una specie di grugnito e tu capisci che è ora di levare le tende? ecco, è andata così. Con lui, è stato facile."
"Ah no, il boss in seconda me ne ha dette di cose..."
"immaginavo... ma lui è single, senza figli, non può capire"
"no, nessuno può capire."
"Già. E poi?"
"Poi, niente, stavo sgusciando via, camminavo silenziosa, rasente al muro, come mi hai suggerito..."
"brava..."
"quando son saltati tutti fuori"
"No! tutti, tutti?"
"Praticamente..."
"oddio... ti aspettavano sull'uscio. Era un'imboscata, ci scommetto"
"Già. Ne aveva l'aria"
"e?"
"e niente, guarda, una tragedia...uno non faceva in tempo a dire: ma che fai te ne vai? il 24 luglio? che l'altro rincarava la dose: così presto? manca ancora una settimana ad agosto. e ancora si levavano voci a destra e a manca: noi stiamo ancora fino al 31, io parto il 4 agosto, io prima del 15 non mi muovo. beata te che lavori così poco e guadagni così bene..."
"hiiii, così hanno detto?? ma lo sanno quanto guadagni?"
"impossibile, altrimenti come avrebbero potuto dire una cosa del genere?"
"infatti. Ma, poi, lo sanno cosa vai a fare? Come fanno ad essere invidiosi?"
"Sono matti! io pagherei per poter restare in ufficio, con l'aria condizionata, poca gente e i figli lontani..."
"a chi lo dici..."
"comunque, guarda, mi hanno fatta sentire come Schettino... che amarezza"
"capisco, l'unica differenza è che noi di navi da guidare ne abbiamo due: una non è messa tanto bene, ma tutto sommato sta a galla e ha l'aria condizionata, l'altra, quella sopra la quale saltano i nostri figli, è alla deriva... D'estate, contro voglia, contro il parere del medico e contro i desideri dei colleghi, dobbiamo dedicarci a quelli che abbiamo partorito, non c'è scampo".
"hai ragione... a proposito, devo scappare, uno dei miei tre sta ululando"
"buona notte e in bocca al lupo..."

Questa è stata l'ultima volta che ho parlato con la mia collega. L'ultima rimasta, in questo mondo di uomini.

lunedì 27 maggio 2013

Vuoti di memoria

Chiunque viva con uno di loro lo sa: gli orchi soffrono di gravi vuoti di memoria.

Gli chiedi di comprare pannolini per il mannarino? L'orco se ne dimentica.
Ma, insomma, non è la fine del mondo se il pupo rimane senza pannolini per un giorno.
Che sarà mai?
Al limite, lo troverai girare nudo per casa a marchiare ogni angolo di tiepida pipì, alzando la gambina e sgrullando il suo micro pisello a destra e a manca. Incantevole!

Arrivi a casa alle dieci di sera, distrutta da una giornata di lavoro e con una fame da iena in tempo di carestia? Diamine, l'orco si è mangiato tutta la cena con pupi e tata, dimenticandosi che anche tu mangi.
Vabbè, dai, può capitare, non muore nessuno. A parte te, di fame.

Esistono cose, nella società civile, chiamate dichiarazioni dei redditi?
Servizi che comportano l'esborso di una certa cifra di danaro alla ricezione di determinate comunicazioni scritte?
O ancora, mezzi di trasporto che necessitano di assicurazione o di un carburante per potersi muovere liberamente nel traffico?
Non ci sperate.
L'orco non dichiara ("ma scusa, anche io devo fare il 730? e perché?" "perché sei vivo."),

non paga ("ma come? c'è una scadenza per pagare le bollette? Vabbè, in fin dei conti, questa penombra è molto romantica..." "sì, mentre io accendo le candele, mangi tu tutta la carne che c'è nel freezer?" "Ma certo, ho una fame!" "vai comincia, allora" "ehh, ma, amo, è cruda!" "e tale rimarrà, non ricordi che hai voluto i fornelli elettrici, perché più sicuri per i bambini?"),

non assicura ("amo, mi hanno rubato la macchina..." "ma come? quel catorcio?" "sì..." "vabbè, meglio, con i soldi dell'assicurazione ti compri il motorino" "ehhmm, no, è che... ho scoperto che l'assicurazione era scaduta due mesi fa" "ohh... e, lasciami indovinare, da sola non si è rinnovata?")

e non rifornisce ("la macchina non cammina... puoi chiamare il meccanico?" "l'ho già chiamato, ha detto che con 50 euro di benzina ha risolto tutto..." "oh, fantastico, è proprio bravo! e quanto ci è costato?" "150 euro" "stupendo, è anche economico!").



La pupa aveva tre mesi, quando il disturbo si rivelò la prima volta.
Avevo impiegato trenta minuti di ninne nanne, scrollamenti, lanci in carrozza da parete a parete per farla addormentare.
Uscita dalla cameretta, trovai l'orco tutto preso da un conversazione telefonica. Il tono era quello degli orchi: milioni di decibel. (Il tenore, il solito, quello degli orchi-boys: "io userò spider man, ha più crediti. No, Batman è una sega. Non fa danni").
E così, benché il tema trattato fosse di vitale importanza per la sopravvivenza dell'umanità, azzardai un'interruzione: "Parla piano ché la bambina si sveglia".
"eh? cosa? Ma quale bambina?"

E dire che, all'epoca, ancora ricordava di spegnere la tv prima di addormentarsi, di accendere il gas sotto la pentola, di chiudere la porta di casa dopo aver preso le chiavi, di cercare la patente nel cassetto dei calzini prima di mettersi alla guida.

Negli anni, la memoria è divenuta via via più labile.

Un anno fa:
"Sto per partorire, vieni?"
"ma perché sei incinta?"


Sei mesi fa:
"hai preso la Pupa da scuola?"
"Ma perché va a scuola?"

Una settimana fa:
scendo dall'auto, mi reco a buttare una cartaccia, lo vedo che sopraggiunge e mi tende la mano.
"Andiamo?" dice.
"sì, ma scusa, e il Pupo dov'è?"
"ehh, chi?"
"il Pupo, tuo figlio"
"Ah già, quello! è in macchina, credo...".

giovedì 18 aprile 2013

Una telefonata

Giaccio seduta alla scrivania, circondata, sovrastata, assediata dalle pratiche. Affogo.
Chi entra in stanza ha difficoltà ad individuarmi. Sono un puntino nero, nascosto da decine di faldoni grondanti carta.
Vorrei piangere.
Ma piangere mi porterebbe via 15 preziosissimi minuti,  magari anche una mezz'ora,  e non ce l'ho tutto questo tempo da versare in lacrime.
Non ho tempo da sprecare con alcun tipo di liquido corporeo.
Contingento anche la pipi': non più di tre uscite dal muro di pratiche al giorno, per il bagno. Ho anche pensato ad un collegamento diretto, che so, una specie di catetere, ma ogni tanto qualche cliente passa nella mia zona ed è già abbastanza difficile giustificare gli stivali da bikers.
Lo so, sono cose da pazzi, ma questa - certi giorni - è proprio la mia vita.

Quando arriva sera, sono stremata.
Mi bruciano gli occhi, sono rossi e spenti.
Vedo lo schermo del pc a righe, avanza verso di me, come danzando.
Così, mi viene l'idea di chiamare il dott. Occhioperocchio: l'oculista.
(Ovviamente, le telefonate sono concesse solo nel corso degli spostamenti: casa-scuola, scuola-lavoro, lavoro-supermercato, tribunale-corted'appello, sezione prima- sezione ottava, stanza-bagno, ecc.).

"Pronto" dice Occhioperocchio.
"Dottore, buonasera, sono l'avv. Mommy, come sta?" io chiedo sempre "come sta", a tutti, in ogni frangente (naturalmente, sono preparata a risposte tipo "avv. mi ha chiamato in ospedale, dove sono ricoverato dopo essere stato investito da un autobus, come vuole che stia?").

Ma Occhioperocchio, per fortuna, dice "bene, avv., e lei? Mi dica..."
"bene bene, grazie, ma ho un po' di fastidio agli occhi, ci vedo di meno, bruciano" altrimenti, voglio dire, perché avrei chiamato un oculista?
"beh, prenoti una visita con la mia segretaria..."
"no, no dottore!" Lo interrompo "Che visita!? No, no, non posso!"
No dico, non ho tempo nemmeno per fare pipì, ci manca che vado a farmi visitare da un medico! "Non ho tempo dottore, non mi può dire qualcosa al telefono?"
Mi risponde con voce lenta, paziente, simile a quella che si usa con i matti:
"Io, avv., faccio l'oculista. Cosa le posso dire, senza visitarla?"
Mamma mia, questi dottori, fissati con anamnesi, diagnosi, visite specialistiche, esami... ma lo sanno che c'è gente che lavora?
"Ma non so...pensavo che mi potesse prescrivere delle goccine per occhi stanchi. Tipo... Come si chiamano? Lacrime artificiali..."
Per un momento penso all'assurdità della vita, non mi concedo le lacrime vere e poi mi sparo nel bulbo oculare quelle finte. Pagandole.
Ma subito scaccio via questi inutili pensieri e proseguo:
"Pensi che stasera ho visto lo schermo del pc ballerino. Si muoveva e veniva verso di me. E sembrava a righe!!"
C'è un momento di silenzio.
"Va bene, avv., ora le do il nome di alcune gocce, ma intanto si segni questo numero...".
La voce è sempre quella, quella dei matti.
E allora dico:
"grazie dottore, ma, guardi, ho già il numero di un ottimo analista, di una psicoterapeuta e di un neuropsichiatra..."
Me li hanno dati altri, prima di lei.

"Benissimo, e ora si segni anche il numero del tecnico del computer, per cortesia"

giovedì 28 marzo 2013

orti e giardini

A marzo si recidono le erbacce, si tagliano le foglie secche, si mettono a cassetta le nuove nate.
E io eseguo.
"Pupa, vieni ad aiutarmi a piantare la mimosa e a sistemare i bulbi dell'anno scorso???"
"Sì vai!! che bello piantiamo i BURBERI!!!"
"Aemmhh Sì,  no, ecco...di solito quelli, i burberi, non si fanno piantare.
Piuttosto, loro piantano te"