Di tutti i peluche uno sole gode di un trattamento prilegiato, uno solo è veramente nel cuore della Pupa: Pisolino.
Pisolino è un coniglio spiaccicato. Un pezza, in pratica, con attaccata una testa di coniglio. é talmente piatto e schiacciato che quando disgraziatamente finì sotto un suv, ne uscì come nuovo.
A me ricorda i conigli spiaccicati del viaggio in Scozia. Ero piccola e viaggiavo in un furgone con altre 6 persone: i miei, gli zii e i cugini. Il cugino più piccolo ancora riusciva a stare in piedi nel furgone, si sporgeva dal sedile centrale a guardare la strada e ogni due secondi gridava come un ossesso: "un coniglio spiaccicato!" "Due Conigli spiaccicati", "Tre conigli spiaccicati", ecc. ecc.. Ovviamente, al sesto coniglio eravamo tutti al limite massimo di sopportazione e il nostro unico desiderio era lanciare il pupo fuori dal parabrezza, passarci sopra con il furgone e poi gridare "un pupo spiaccicato!".
Avendo noi stoicamente resistito, la Scozia, all'epoca, si caratterizzava soprattutto per i conigli spiaccicati lungo le strade. Una vera ecatombe, povere bestiole.
Io immagino quindi che Pisolino sia uno di quelli, un coniglio zombi resuscitato dall'asfalto scozzese e giunto, dopo un lunghissimo viaggio, da mia figlia, fra le braccia della quale attende, paziente, che il piccolo cugino si faccia vivo...
Nell'attesa di quel giorno, Pisolino vive trascinato dalla Pupa in ogni luogo. Per riuscire a farglielo lasciare a casa prima di andare all'asilo, ho dovuto inventare che è un coniglio lavoratore.
Il lavoro di Pisolino consiste nel restare a letto tutto il giorno. é un narcolettico, così ho detto alla Pupa.
Per ora, se l'è bevuta.
Pisolino è di un bel color grigio fumo. Un tempo era bianco e se lo lavi torna ad essere bianco, ma solo per due o tre minuti, dopo è di nuovo grigio fumo, con meches nero corvino.
Pisolino è una cosa vera.
Spesso la Pupa me lo poggia sull'orecchio e mi dice "senti come batte il cuore di pisolino". "ah sì" rispondo io, mentre cerco con lo sguardo qualcosa per rianimarlo.
La pupa ci parla, gli racconta tutto e sente le sue risposte. Noi, no. Noi grandi non le sentiamo. Allora, me le faccio dire da lei.
Così, oggi ho scoperto che è stato Pisolino a scrivere sul muro e non la Pupa.
Ieri, invece, Pisolino era sparito (probabilmente si era nascosto per non essere punito?).
Ho rivoltato la casa come un calzino, per ritrovarlo. Sollevato cuscini e tappeti, spostato divani e letti, ma niente.
Alla fine ho dovuto mettere la pupa a letto senza di lui. Le ho dato la sorella gemella di Pisolino, Pisolina, che è identica a lui, ma rosa (cioè grigio fumo rosato). L'ha buttata via dicendo che quella è brutta e che lei voleva Pisolino, che invece è bello.
Le ho dovuto dire che era andato a fare un giro e sarebbe tornato la notte, con l'orco.
Ho atteso che si addormentasse (e c'è voluto veramente molto tempo, tempo da lei impegato a cantare "tanti auguri" a tutti gli altri pupazzi) e ho ricominciato a mettere sotto sopra la casa, sempre più angosciata.
Perdere il peluche preferito, il feticcio dei propri figli, è l'equivalente mammesco di una tragedia dell'umanità.
Già mi vedevo ad appendere foto e volantini in tutto il quartiere, con la Foto segnaletica che per pracauzione gli abbiamo fatto e una grande scritta: Wanted, quando mi è venuto in mente un posto molto amato dalla Pupa (e dunque, di riflesso, dal coniglio), la cyclette.
Ovviamente è stato l'ultimo posto in cui ho cercato, dopo aver faticato ore su e giù per tutta la casa.
Ovviamente, lui era lì.
L'ho portato alla Pupa.
Si è svegliata appena, l'ha stretto forte sorridendo felice e gli ha detto "sei tornato Pisolo, ti sei divertito fori con papà?".
Di sicuro, più della mamma, le volevo dire. Invece, li ho baciati entrambi e ho passato la notte a meditare un piano di sopravvivenza: comprare altri dieci conigli bianchi, passarci sopra con la macchina e nasconderli nell'armadio.
venerdì 25 febbraio 2011
giovedì 24 febbraio 2011
Autolesionismo
Fra le varie pratiche di autolesionismo che noi donne amiamo dedicare a noi stesse ce n'è una che si ripete, più o meno, una volta al mese: la ceretta.
Appartiene al genere anche la più odiosa delle pratiche di depilazione - correggo, epilazione, ché la depilazione non comporta lo strappo feroce del bulbo pilifero, ma solo la eliminazione del pelo superfluo -, la ceretta all'inguine.
Per anni, ho frequentato i centri estetici suggeriti da mia madre o dalle madri delle mie amiche. Bugigattoli al profumo di limone, dove lavorano signore di mezza età, poppute e materne, che ti strappavano via i peli con dolcezza, raccontando delle prodezze dei propri figli e/o nipoti.
La cliente abituale dei bugigattoli estetici ha circa 50 anni, la stazza dell'uomo tigre (in pensione) e l'agilità di una mucca in gravidanza.
Il massimo che le viene chiesto, dunque, consiste nel salire sul lettino, magari aiutata da un comodo gradino, sdraiarsi, chiaccherare amabilmente, dissimulando il dolore, e abbondanarsi alle abili e materne mani della giunonica estetista.
Ultimamente, però, ho scoperto che proprio vicino a casa ho un comodo e moderno centro estetico, con prezzi convenienti, brave estetiste e avventrici un po' meno attempate.
Sicché, ho dirottato le mie voglie autolesionistiche verso quei lidi.
Ho così scoperto che una seduta di epilazione all'inguine è ben più invasiva di una visita ginecologia.
Dal medico, infatti, dopo tre quarti d'ora di chiacchere, ti sdrai su un comodo lettino, il Dott. da una sbirciatina discreta, puccia qualcuno dei suoi arnesi, magari un cotton fioc gigante, incarta tutto, ti fa rivestire, chiacchera con te altri tre quarti d'ora e ti saluta con un bacio. Nella peggiore delle ipotesi, ti da un palpatina alle tette e ti prescrive un paio di analisi.
Nel moderno centro estetico, invece, ti viene chiesto di salire con un balzo sul lettino e adottare posizioni al limite del contorsionismo. Il tutto in un silenzio tombale carico di significato ("mamma com'è flaccida e pelosa questa").
Ecco cosa è successo a me:
"adesso facciamo l'inguine signora, va bene?"
"sì, grazie"
"allora lasci penzolare le gambe come un peso morto giù del lettino"
Ok, questo è facile. Certo un po' tirano e mi sento un orango appeso a un ramo, ma ce la faccio.
"adesso tiri su la gamba destra e la tenga dritta"
Mpf, mpf, sbuffo nella mia mente, mentre forzo un sorriso, e intentato penso: ma quanto dura sta tortura?
Ogni volta che la ragazza si gira per prendere nuova ceretta incandescente tiro giù la gamba e mi riposo, ma sono comunque esausta.
"può tenere con la mano qui?"
"mmmm" mugugno, mentre con una mano sono costretta a trattenere la ciccia delle cosce per evitare che copra la ceretta, facendola appiccicare dapperttutto, tranne che nel posto giusto.
"Adesso, pieghi le ginocchia verso il petto, tutte e due le gambe insieme"
"bene, ecco" questo sulla carta sembra più riposante, in realtà è un massacro.
"le pieghi e le avvicini al petto più possibile, prego".
...
"il più possibile" insiste, scandendo le sillabe.
"più di così non vanno" spiego io, mentre cerco di cacciare le tette sulla schiena, come fossero gobbe di cammello.
"ah, vabbè. allora tiri qui"
"dove?"
"le labbra"
ehhh?? penso. ma che mi sta facendo questa?!
"adesso tiri su la gamba sinistra e la tenga distesta verso l'esterno afferrando la caviglia"
cosa? e chi c'arriva alla caviglia?
Mentre mi divincolo come un polipo in un barile, sembra che la tortura sia finita.
Mi viene concesso di girarmi. Sono talmente stanca che quasi mi appisolo, mentre quella mi strappa con violenza tutti i peli.
L'inguine si fa anche dietro.
Lo so, non è inguine, ma qui al centro estetico da giovani donne atletiche ci tengono che le clienti siano glabre come poppanti (a proposito, perchè si associano le membra imberbi ai pupi? Mia figlia è nata che sembrava un pastore bergamasco, quel cane rasta con le trecce che toccano per terra, ed è ancora pelosa come una scimmia).
"Si metta carponi, signora"
Ancora? penso, disperata. Ma eseguo, anche perchè non sembra ci siano alternative.
Intanto maledico la mia dedizione alla casa che mi ha fatto sistemare la camera dei giochi di mia figlia, domenica mattina. Non potevo inventare un'attività più faticosa. Trenta minuti di corsa non sarebbero riusciti a ridurre i miei musculi in pontiglia come mettere in ordine quei maledetti giochi.
"Tenda la Gamba, signora"
"ummm"
Mentre sento i muscoli in fiamme, quella, forse, ha finito.
Mi accascio esausta.
"Ahh, ho dimenticato di farle la parte sopra (della patata, ndr), la vuole?"
"NNOOOOO, grazie!" esclamo, angosciata.
Appartiene al genere anche la più odiosa delle pratiche di depilazione - correggo, epilazione, ché la depilazione non comporta lo strappo feroce del bulbo pilifero, ma solo la eliminazione del pelo superfluo -, la ceretta all'inguine.
Per anni, ho frequentato i centri estetici suggeriti da mia madre o dalle madri delle mie amiche. Bugigattoli al profumo di limone, dove lavorano signore di mezza età, poppute e materne, che ti strappavano via i peli con dolcezza, raccontando delle prodezze dei propri figli e/o nipoti.
La cliente abituale dei bugigattoli estetici ha circa 50 anni, la stazza dell'uomo tigre (in pensione) e l'agilità di una mucca in gravidanza.
Il massimo che le viene chiesto, dunque, consiste nel salire sul lettino, magari aiutata da un comodo gradino, sdraiarsi, chiaccherare amabilmente, dissimulando il dolore, e abbondanarsi alle abili e materne mani della giunonica estetista.
Ultimamente, però, ho scoperto che proprio vicino a casa ho un comodo e moderno centro estetico, con prezzi convenienti, brave estetiste e avventrici un po' meno attempate.
Sicché, ho dirottato le mie voglie autolesionistiche verso quei lidi.
Ho così scoperto che una seduta di epilazione all'inguine è ben più invasiva di una visita ginecologia.
Dal medico, infatti, dopo tre quarti d'ora di chiacchere, ti sdrai su un comodo lettino, il Dott. da una sbirciatina discreta, puccia qualcuno dei suoi arnesi, magari un cotton fioc gigante, incarta tutto, ti fa rivestire, chiacchera con te altri tre quarti d'ora e ti saluta con un bacio. Nella peggiore delle ipotesi, ti da un palpatina alle tette e ti prescrive un paio di analisi.
Nel moderno centro estetico, invece, ti viene chiesto di salire con un balzo sul lettino e adottare posizioni al limite del contorsionismo. Il tutto in un silenzio tombale carico di significato ("mamma com'è flaccida e pelosa questa").
Ecco cosa è successo a me:
"adesso facciamo l'inguine signora, va bene?"
"sì, grazie"
"allora lasci penzolare le gambe come un peso morto giù del lettino"
Ok, questo è facile. Certo un po' tirano e mi sento un orango appeso a un ramo, ma ce la faccio.
"adesso tiri su la gamba destra e la tenga dritta"
Mpf, mpf, sbuffo nella mia mente, mentre forzo un sorriso, e intentato penso: ma quanto dura sta tortura?
Ogni volta che la ragazza si gira per prendere nuova ceretta incandescente tiro giù la gamba e mi riposo, ma sono comunque esausta.
"può tenere con la mano qui?"
"mmmm" mugugno, mentre con una mano sono costretta a trattenere la ciccia delle cosce per evitare che copra la ceretta, facendola appiccicare dapperttutto, tranne che nel posto giusto.
"Adesso, pieghi le ginocchia verso il petto, tutte e due le gambe insieme"
"bene, ecco" questo sulla carta sembra più riposante, in realtà è un massacro.
"le pieghi e le avvicini al petto più possibile, prego".
...
"il più possibile" insiste, scandendo le sillabe.
"più di così non vanno" spiego io, mentre cerco di cacciare le tette sulla schiena, come fossero gobbe di cammello.
"ah, vabbè. allora tiri qui"
"dove?"
"le labbra"
ehhh?? penso. ma che mi sta facendo questa?!
"adesso tiri su la gamba sinistra e la tenga distesta verso l'esterno afferrando la caviglia"
cosa? e chi c'arriva alla caviglia?
Mentre mi divincolo come un polipo in un barile, sembra che la tortura sia finita.
Mi viene concesso di girarmi. Sono talmente stanca che quasi mi appisolo, mentre quella mi strappa con violenza tutti i peli.
L'inguine si fa anche dietro.
Lo so, non è inguine, ma qui al centro estetico da giovani donne atletiche ci tengono che le clienti siano glabre come poppanti (a proposito, perchè si associano le membra imberbi ai pupi? Mia figlia è nata che sembrava un pastore bergamasco, quel cane rasta con le trecce che toccano per terra, ed è ancora pelosa come una scimmia).
"Si metta carponi, signora"
Ancora? penso, disperata. Ma eseguo, anche perchè non sembra ci siano alternative.
Intanto maledico la mia dedizione alla casa che mi ha fatto sistemare la camera dei giochi di mia figlia, domenica mattina. Non potevo inventare un'attività più faticosa. Trenta minuti di corsa non sarebbero riusciti a ridurre i miei musculi in pontiglia come mettere in ordine quei maledetti giochi.
"Tenda la Gamba, signora"
"ummm"
Mentre sento i muscoli in fiamme, quella, forse, ha finito.
Mi accascio esausta.
"Ahh, ho dimenticato di farle la parte sopra (della patata, ndr), la vuole?"
"NNOOOOO, grazie!" esclamo, angosciata.
martedì 22 febbraio 2011
La fortuna di essere donne
Ci sono molte buone ragioni per gioire del fatto di essere femmine.
Possiamo fare shopping anche quotidianamente, senza che venga messa in dubbio la nostra eterosessualità.
Possiamo amare l'arte, la musica e la letteratura, senza che venga messa in dubbio la nostra eterosessualità.
Possiamo andare a cena con un'amica, senza che venga messa in dubbio la nostra eterosessualità.
Possiamo lavorare dieci o dodici ore al giorno, senza per questo dimenticare come si fa un uovo al tegamino.
Siamo capaci di dirigere un azienza e stirare una camicia.
Se abbiamo le palle, siamo in gamba. Se non abbiamo le palle, nessuno ci giudica inette, ma saremmo apprezzate perchè dolci e remissive.
Siamo in grado di scegliere il look più adeguato per ogni occasione. Appaiamo correttamente i calzini e riusciamo persino a ritrovare entrambi i membri della coppia calzuta nei cassetti, senza strillare "Amoreee, dov'è finito l'altro calzino?".
Se ci rechiamo in ufficio con jeans e blazer, siamo sportivamente eleganti e non inadeguate.
Se piangiamo al cinema, siamo dolci e sensibili e non fesse e senza nerbo.
Se non sappiamo cambiare una gomma bucata, nessuno ci giudica anormali e imbranate.
Se sappiamo cambiare una gomma, siamo pronte a dirigere una nazione.
Se riusciamo a parcheggiare con due semplici manovre, godiamo dell'approvazione e del plauso di uomini e donne.
Se per parcheggiare ci facciamo aiutare da dieci passanti che alla fine ci obbligano a scendere dall'auto e parcheggiano al posto nostro, siamo tenere e indefese, e comunque, nessuno ci giudica tetraplegiche o deficienti.
Non siamo obbligate a scendere dall'auto mentre ci fanno benzina, siamo anzi libere di attendere comodamente sedute, parlando al cellulare, truccandoci o inviando sms alle amiche.
Al risveglio, la mattina, siamo profumate come neonati, anche se abbiamo mangiato zuppa di cipolle la sera prima, e non c'è da aver timore ad entrare nella nostra camera da letto prima di aver arieggiato.
Dopo aver fatto pipi, il bagno è sempre pulito e nessuno può accusarci di aver insozzato tutto. Non dobbiamo faticare a tirar su tavolette, né riabbassarle dopo aver finito.
Soprattutto, il peggio che ci può accadere uscendo dalla metro è che la borsa resti incastrata nel tornello e l'impatto ci butti all'indietro fino a farci finire a terra, supine, ad osservare il vecchietto che avevamo superato baldanzose sulle scale scavalcarci balndanzoso con un sorriso pieno di significato.
Il peggio che può accadere ad un uomo, invece, è percorrere correndo il cancello d'uscita e andare ad impattare con la sbarra di ferro, posizionata esattamente all'altezza delle zone intime e bloccata.
A quel punto, l'uomo sarà sospinto all'indietro, arcuando la schiena in modo innaturale, si piegherà su se stesso, comincerà a sibilare gemiti incomprensibili, acquisirà un color melanzana, saltellerà su un piede solo, alternando i due arti, porterà le mani alla bocca, mordendo le dita, e poi le poserà sulle parti intime, accasciandosi in un ammasso informe, simile ad un fazzoletto usato.
Nessuna donna, neppure una con "due palle così", dovrà mai subire una tale onta!
Possiamo fare shopping anche quotidianamente, senza che venga messa in dubbio la nostra eterosessualità.
Possiamo amare l'arte, la musica e la letteratura, senza che venga messa in dubbio la nostra eterosessualità.
Possiamo andare a cena con un'amica, senza che venga messa in dubbio la nostra eterosessualità.
Possiamo lavorare dieci o dodici ore al giorno, senza per questo dimenticare come si fa un uovo al tegamino.
Siamo capaci di dirigere un azienza e stirare una camicia.
Se abbiamo le palle, siamo in gamba. Se non abbiamo le palle, nessuno ci giudica inette, ma saremmo apprezzate perchè dolci e remissive.
Siamo in grado di scegliere il look più adeguato per ogni occasione. Appaiamo correttamente i calzini e riusciamo persino a ritrovare entrambi i membri della coppia calzuta nei cassetti, senza strillare "Amoreee, dov'è finito l'altro calzino?".
Se ci rechiamo in ufficio con jeans e blazer, siamo sportivamente eleganti e non inadeguate.
Se piangiamo al cinema, siamo dolci e sensibili e non fesse e senza nerbo.
Se non sappiamo cambiare una gomma bucata, nessuno ci giudica anormali e imbranate.
Se sappiamo cambiare una gomma, siamo pronte a dirigere una nazione.
Se riusciamo a parcheggiare con due semplici manovre, godiamo dell'approvazione e del plauso di uomini e donne.
Se per parcheggiare ci facciamo aiutare da dieci passanti che alla fine ci obbligano a scendere dall'auto e parcheggiano al posto nostro, siamo tenere e indefese, e comunque, nessuno ci giudica tetraplegiche o deficienti.
Non siamo obbligate a scendere dall'auto mentre ci fanno benzina, siamo anzi libere di attendere comodamente sedute, parlando al cellulare, truccandoci o inviando sms alle amiche.
Al risveglio, la mattina, siamo profumate come neonati, anche se abbiamo mangiato zuppa di cipolle la sera prima, e non c'è da aver timore ad entrare nella nostra camera da letto prima di aver arieggiato.
Dopo aver fatto pipi, il bagno è sempre pulito e nessuno può accusarci di aver insozzato tutto. Non dobbiamo faticare a tirar su tavolette, né riabbassarle dopo aver finito.
Soprattutto, il peggio che ci può accadere uscendo dalla metro è che la borsa resti incastrata nel tornello e l'impatto ci butti all'indietro fino a farci finire a terra, supine, ad osservare il vecchietto che avevamo superato baldanzose sulle scale scavalcarci balndanzoso con un sorriso pieno di significato.
Il peggio che può accadere ad un uomo, invece, è percorrere correndo il cancello d'uscita e andare ad impattare con la sbarra di ferro, posizionata esattamente all'altezza delle zone intime e bloccata.
A quel punto, l'uomo sarà sospinto all'indietro, arcuando la schiena in modo innaturale, si piegherà su se stesso, comincerà a sibilare gemiti incomprensibili, acquisirà un color melanzana, saltellerà su un piede solo, alternando i due arti, porterà le mani alla bocca, mordendo le dita, e poi le poserà sulle parti intime, accasciandosi in un ammasso informe, simile ad un fazzoletto usato.
Nessuna donna, neppure una con "due palle così", dovrà mai subire una tale onta!
lunedì 21 febbraio 2011
La festa del gatto
Il 17 febbraio si è celebrata la festa del gatto.
Anche in casa Mommy, abbiamo fatto la festa alla gatta.
No, non ce la siamo mangiata, invitando amici e parenti ad un China party.
Tutto il contrario.
Alla micia è stato concesso di fare colazione con me, spilluzzicando i bastoncini di crusca direttamente dalla busta e mangiandoli sul tavolo della cucina (per chi fosse preoccupato del livello di igiene in cui vive la pupa, segnalo che la busta era praticamente vuota ed è stata, immediatamente dopo l'ingresso delle zampe feline nei suoi meandri, buttata).
I maligni penseranno che la povera bestia è tirata su a pane secco e crusca. La verità è che la signorina ha gusti difficili e fra le pietanze preferite annovera, ebbene sì, i bastincini di crusca.
Ama pure la farina cruda, il sale e l'intonaco del muro (è stata beccata più e più volte a leccarsi il muro con gioiosa ingordigia).
Come mai sia così grassa è un mistero. Alla crusca e alla farina, infatti, aggiunge poco altro. In confronto ai gatti storici (i miei due vecchi gattoni passati a miglior vita durante la mia gravidanza), cresciuti a tre/quattro scatolette al giorno, lei è alla fame.
E però, bisogna ammetterlo, la micia è proprio una bella pagnottella. Con lei trova piena conferma quel detto "un secondo sulle labbra (fosse anche solo un misero pezzetto di crusca), tutta la vita sui fianchi".
é dieci rotoli di morbidezza, tutta la sua mamma (umana), insomma.
Perfettamente integrata nella realtà di casa Mommy.
Ormai, non è più solo la cara nonnina di Natale a credere che la micia sia gravida.
Ne sono convinti tutti gli amici dell'orco, le signore e signorine che ho esaminato per la scelta di una nuova tata (a proposito, ma perchè a queste selezioni non ne arriva mai una cantando "camcaminin camcaminin spazzacamin" chiarendo subito le idee alla povera mamma?), il postino.
Si è diffusa talmente la voce della sua gravidanza che se trovassi tre o quattro micetti dentro il cassetto dei maglioni non resterei poi così stupita.
Come dicevo, comunque, la poveretta è un pagnotta di ciccia.
Credo anche che ne sia pienamente consapevole, dato che passa la maggior parte del tempo a dormire nel cestino del pane, dal quale, è ovvio, i suoi rotoli strabordano, con un piacevole effetto soufflé.
Anche il veterinario ha stigmatizzato la sua grassezza "guardi che le può venire l'osteoporosi" ha detto.
Poi, però, appena mi sono girata un momento per rispondere al telefono e segnarmi che grasso non è bello (non per i gatti, almeno), l'ho visto che si accaniva sulle sue cicce sballonzolanti dicendole più o meno quello che le dice mia figlia, quando le salta addosso sul letto, ci si spalma sopra e la usa come un cuscino, "ma come sei bella tu, tutta morbida e profumata".
Per umani non li fanno dei dietologi così?
Uomini in camice che prescrivono diete a base di cioccolata e altri cibi consolatori e poi esaminano la paziente dicendo:
"Beh signora che vuole che le dica? lei è grassa! ma è così piacevolmente morbida! la prossima settimana aggiunga la cioccolata alla nocciola alla sua dieta!"
Anche in casa Mommy, abbiamo fatto la festa alla gatta.
No, non ce la siamo mangiata, invitando amici e parenti ad un China party.
Tutto il contrario.
Alla micia è stato concesso di fare colazione con me, spilluzzicando i bastoncini di crusca direttamente dalla busta e mangiandoli sul tavolo della cucina (per chi fosse preoccupato del livello di igiene in cui vive la pupa, segnalo che la busta era praticamente vuota ed è stata, immediatamente dopo l'ingresso delle zampe feline nei suoi meandri, buttata).
I maligni penseranno che la povera bestia è tirata su a pane secco e crusca. La verità è che la signorina ha gusti difficili e fra le pietanze preferite annovera, ebbene sì, i bastincini di crusca.
Ama pure la farina cruda, il sale e l'intonaco del muro (è stata beccata più e più volte a leccarsi il muro con gioiosa ingordigia).
Come mai sia così grassa è un mistero. Alla crusca e alla farina, infatti, aggiunge poco altro. In confronto ai gatti storici (i miei due vecchi gattoni passati a miglior vita durante la mia gravidanza), cresciuti a tre/quattro scatolette al giorno, lei è alla fame.
E però, bisogna ammetterlo, la micia è proprio una bella pagnottella. Con lei trova piena conferma quel detto "un secondo sulle labbra (fosse anche solo un misero pezzetto di crusca), tutta la vita sui fianchi".
é dieci rotoli di morbidezza, tutta la sua mamma (umana), insomma.
Perfettamente integrata nella realtà di casa Mommy.
Ormai, non è più solo la cara nonnina di Natale a credere che la micia sia gravida.
Ne sono convinti tutti gli amici dell'orco, le signore e signorine che ho esaminato per la scelta di una nuova tata (a proposito, ma perchè a queste selezioni non ne arriva mai una cantando "camcaminin camcaminin spazzacamin" chiarendo subito le idee alla povera mamma?), il postino.
Si è diffusa talmente la voce della sua gravidanza che se trovassi tre o quattro micetti dentro il cassetto dei maglioni non resterei poi così stupita.
Come dicevo, comunque, la poveretta è un pagnotta di ciccia.
Credo anche che ne sia pienamente consapevole, dato che passa la maggior parte del tempo a dormire nel cestino del pane, dal quale, è ovvio, i suoi rotoli strabordano, con un piacevole effetto soufflé.
Anche il veterinario ha stigmatizzato la sua grassezza "guardi che le può venire l'osteoporosi" ha detto.
Poi, però, appena mi sono girata un momento per rispondere al telefono e segnarmi che grasso non è bello (non per i gatti, almeno), l'ho visto che si accaniva sulle sue cicce sballonzolanti dicendole più o meno quello che le dice mia figlia, quando le salta addosso sul letto, ci si spalma sopra e la usa come un cuscino, "ma come sei bella tu, tutta morbida e profumata".
Per umani non li fanno dei dietologi così?
Uomini in camice che prescrivono diete a base di cioccolata e altri cibi consolatori e poi esaminano la paziente dicendo:
"Beh signora che vuole che le dica? lei è grassa! ma è così piacevolmente morbida! la prossima settimana aggiunga la cioccolata alla nocciola alla sua dieta!"
venerdì 18 febbraio 2011
L'amico rintronato
L'avevo detto io che il blog avrebbe creato incomprensioni e malumori.
E infatti.
Ad ogni pubblicazione di post ricevo lamentele e rimostranze, scritte e orali.
Da mia madre che retoricamente domanda "ma che si apre un blog per parlare male della mamma?!" e mi fa pensare che legga quello di un'altra, perchè io più di tre o quattro parole non le ho dedicato (e, voglio dire, se ne volessi parlare male, hai voglia quante parole le potrei riservare).
All'orco che bofonchia "lo so che è meglio se non lo leggo, lo so" e intanto contatta un avvocato per capire se può farmi causa e impedirne la pubblicazione.
C'è poi un amico - l'amico rintronato, appunto - che non osa commentare pubblicamente, ma mi tempesta di email in privato.
L'amico rintronato è entrato nella mia vita piuttosto di recente (beh, considerata la durata complessiva della nostra vita e il fatto che la maggior parte dei miei amici, poveretti, ci sono dentro dalla notte dei tempi, quella cioè in cui sono nata).
Non molti anni fa, siamo stati vicini in un momento difficile delle nostre vite.
Quando dico "vicini", non uso metafore o allegorie psicologiche. Intendo dire che eravamo proprio vicini fisicamente, seduti uno di fianco all'altra.
Insomma, siamo stati vicini di banco durante lo scritto dell'esame da avvocato. E parimenti vicini di sedia all'orale del medesimo esame.
Chiunque abbia fatto l'esame da avvocato sa che quello è stato, e probabilmente sarà, il momento peggiore di tutta la sua vita, che mai più, se ha la fortuna di passarlo, vivrà giorni altrettanto bui e faticosi.
Essere seduti vicini a quell'esame, dunque, ti lega per la vita.
E così, in effetti, sembra che sia fra me e l'amico R.
Certo, non è detto che io lo sopporti per il resto dei miei giorni o che lui sopporti me, ma per il momento il ricordo di quei giorni difficili è ancora così vivo in noi che non possiamo fare a meno di cercarci, una volta ogni tanto.
In ogni modo, l'amico rintronato ha sempre mostrato una spiccata antipatia per l'orco.
Non l'ha mai conosciuto, se non tramite le mie parole.
Non mi sono dunque mai spiegata questa sua avversione, ché io dell'orco parlo solo in termini lusinghieri (come è ormai di pubblica evidenza).
Nonostante ciò, da quando ha preso a leggere questo blog, l'amico R. ha cominciato a nutrire un forte sentimento di compassione e comprensione verso l'orco. Un sentimento che si sta lentamente tramutando in un vero e proprio trasporto.
All'indomani di ogni mia pubblicazione, R. annuncia la fondazione di comitati di supporto per l'orco, l'organizzazione di manifestazioni, la denuncia della situazione di maltrattamento in cui lo costringo a vivere (chi io??).
Ora, dietro a questi proclami, c'è evidentemente una visione distorta dei miei equilibri familiari, visione che non può che essere frutto del suo personale rintronamento, dato che non è in alcun modo ricavabile dalla lettura delle parole pubblicate in questa sede.
A riprova dell'erroneità del convincimento dell'amico R, citerò un unico, recente, episodio delle mia vita di coppia.
Ieri sera, l'orco con l'aria abbacchiata e le orecchie mosce, "sono tanto brutto e cattivo?" mi chiede.
In effetti, è qualche giorno che io sono inquieta, e, diciamolo, pure un po' incazzosa nei suoi confronti.
"Sì." dico, "Ma Se devo essere sincera, ora non mi ricordo perchè" aggiungo pensierosa (Ebbene sì, lo confesso, non ricordo più perchè ce l'ho su con lui).
"Ma un motivo serio e valido c'è di sicuro" proseguo, seria "quindi sì, senz'altro sì, sei brutto e cattivo".
Ora, ditemi voi, se non è un uomo logarato dal senso di colpa quello che a queste parole risponde
" lo so, hai ragione, ma vedrai che d'ora in avanti sarò buono" e a dimostrazione della verità di quello che dice mi rimbocca le coperte, mi porta un latte caldo, e mi dice "se hai bisogno di qualcosa questa notte, svegliami che corro".
Colpevole, amico R., all'esame da noi condiviso ci hanno insegnato a chiamare uno così Colpevole!
E infatti.
Ad ogni pubblicazione di post ricevo lamentele e rimostranze, scritte e orali.
Da mia madre che retoricamente domanda "ma che si apre un blog per parlare male della mamma?!" e mi fa pensare che legga quello di un'altra, perchè io più di tre o quattro parole non le ho dedicato (e, voglio dire, se ne volessi parlare male, hai voglia quante parole le potrei riservare).
All'orco che bofonchia "lo so che è meglio se non lo leggo, lo so" e intanto contatta un avvocato per capire se può farmi causa e impedirne la pubblicazione.
C'è poi un amico - l'amico rintronato, appunto - che non osa commentare pubblicamente, ma mi tempesta di email in privato.
L'amico rintronato è entrato nella mia vita piuttosto di recente (beh, considerata la durata complessiva della nostra vita e il fatto che la maggior parte dei miei amici, poveretti, ci sono dentro dalla notte dei tempi, quella cioè in cui sono nata).
Non molti anni fa, siamo stati vicini in un momento difficile delle nostre vite.
Quando dico "vicini", non uso metafore o allegorie psicologiche. Intendo dire che eravamo proprio vicini fisicamente, seduti uno di fianco all'altra.
Insomma, siamo stati vicini di banco durante lo scritto dell'esame da avvocato. E parimenti vicini di sedia all'orale del medesimo esame.
Chiunque abbia fatto l'esame da avvocato sa che quello è stato, e probabilmente sarà, il momento peggiore di tutta la sua vita, che mai più, se ha la fortuna di passarlo, vivrà giorni altrettanto bui e faticosi.
Essere seduti vicini a quell'esame, dunque, ti lega per la vita.
E così, in effetti, sembra che sia fra me e l'amico R.
Certo, non è detto che io lo sopporti per il resto dei miei giorni o che lui sopporti me, ma per il momento il ricordo di quei giorni difficili è ancora così vivo in noi che non possiamo fare a meno di cercarci, una volta ogni tanto.
In ogni modo, l'amico rintronato ha sempre mostrato una spiccata antipatia per l'orco.
Non l'ha mai conosciuto, se non tramite le mie parole.
Non mi sono dunque mai spiegata questa sua avversione, ché io dell'orco parlo solo in termini lusinghieri (come è ormai di pubblica evidenza).
Nonostante ciò, da quando ha preso a leggere questo blog, l'amico R. ha cominciato a nutrire un forte sentimento di compassione e comprensione verso l'orco. Un sentimento che si sta lentamente tramutando in un vero e proprio trasporto.
All'indomani di ogni mia pubblicazione, R. annuncia la fondazione di comitati di supporto per l'orco, l'organizzazione di manifestazioni, la denuncia della situazione di maltrattamento in cui lo costringo a vivere (chi io??).
Ora, dietro a questi proclami, c'è evidentemente una visione distorta dei miei equilibri familiari, visione che non può che essere frutto del suo personale rintronamento, dato che non è in alcun modo ricavabile dalla lettura delle parole pubblicate in questa sede.
A riprova dell'erroneità del convincimento dell'amico R, citerò un unico, recente, episodio delle mia vita di coppia.
Ieri sera, l'orco con l'aria abbacchiata e le orecchie mosce, "sono tanto brutto e cattivo?" mi chiede.
In effetti, è qualche giorno che io sono inquieta, e, diciamolo, pure un po' incazzosa nei suoi confronti.
"Sì." dico, "Ma Se devo essere sincera, ora non mi ricordo perchè" aggiungo pensierosa (Ebbene sì, lo confesso, non ricordo più perchè ce l'ho su con lui).
"Ma un motivo serio e valido c'è di sicuro" proseguo, seria "quindi sì, senz'altro sì, sei brutto e cattivo".
Ora, ditemi voi, se non è un uomo logarato dal senso di colpa quello che a queste parole risponde
" lo so, hai ragione, ma vedrai che d'ora in avanti sarò buono" e a dimostrazione della verità di quello che dice mi rimbocca le coperte, mi porta un latte caldo, e mi dice "se hai bisogno di qualcosa questa notte, svegliami che corro".
Colpevole, amico R., all'esame da noi condiviso ci hanno insegnato a chiamare uno così Colpevole!
mercoledì 16 febbraio 2011
Rumors
Due sono i principi fondamentali del mio progetto pedagocico: mai mentire ai pupi, il postulato, creare un legame di fiudica, il corollario.
Sono brutalmente sincera con la Pupa.
Certo, ove so che non può arrivare a capire, mescolo un po' di finzione con la realtà.
Un conto è dire la verità, altro è far crescere i bambini senza sogni e fantasia, o, peggio, nella paura (la paura non è ancora entrata nel programma educativo. Prima o poi, so che dovrò spiegarle che gli uomini non sono tutti buoni e belli e che di alcuni non ci deve fidare, ma due anni, secondo me, almeno per questo, sono troppo pochi).
La nostra vita è costellata di fate, folletti, lupi fantastici e amici immaginari.
Però, se uno dei nostri favolosi amici deve morire, chiarisco da subito che non potrà più tornare (oddio, magari qualche volta come fantasma rientrerà dalla finestra, ma potrebbe essere che non si riesca a vederlo).
Se capita qualcosa che disapprovo, devo confessarlo alla pupa (del resto, non saprei fingere).
Se l'orco preferisce uscire con gli amici una volta a settimana, piuttosto che stare con noi, mi rifiuto di dire che è andato a lavoro. Dico invece "papà è uscito per stare un po' con gli amici", e poi aggiungo "ci ha lasciate sole! sia ringraziato il cielo".
Quando esco la mattina per andare a lavoro, le dico che devo lavorare, certo, e che lo faccio perchè ci servono i soldi e che poi tornerò, come tutte le sere, per stare con lei. Ma qualche volta, complice Freud, mi scappa un "mamma vuole andare a lavoro".
Comunque, tutto considerato (in particolare, il patrimonio genetico ereditato), la Pupa sembra rientrare nei canoni della normalità (ora, non è che io abbia ben chiaro quali siano questi canoni, ma mi sembra una bambina gestibile e, in ciò, forse, si può intravedere il barlume di un equilibrio psicologico).
Sono, insomma, piuttosto soddisfatta del mio programma educativo.
Ieri sera, poi, la Pupa ha ampiamente dimostrato di aver compreso perfettamente alcuni dei miei precetti e di aver incamerato quelle nozioni assolutamente indispensabili per condurre una vita serena che da due anni cerco di spiegarle.
Leggevamo un libro della pimpa e si sentivano dei rumori nel palazzo.
Alla pupa non sfugge niente, figuriamoci se può soprassedere momentaneamente sui rumori.
Ha quindi interrotto il circolo letterario e aperto le indagini:
"chi è? cos'è mamma?"
Da quando mi tempesta di domande, per sopravvivenza, ho elaborato alcune risposte semplici, ma esaustive, che sembrano, in effetti, appagarla.
"Raffaele" è la risposta ai rumori del palazzo.
Raffaele è uno dei nostri vicini. é un bel ragazzo, simpatico, ha la moto ed è sempre elegante.
Ergo, alla Pupa piace moltissimo.
Così quando lo nomino, attribuendogli la responsbilità per ogni minimo accadimento si verifichi nel palazzo (dai rumori di sottofondo alla chiamata dell'ascensore), la Pupa sembra contenta e concede un momento di silenzio, mentre rimugina sulla personalità di Raffaele.
Ieri, però, ha voluto approfondire la questione.
"io pure ho Rafaela, all'asilo"
"è vero, amore, la tua amica si chiama Raphaela (è brasiliana). Lui, però, si chiama Raffaele"
"ahh, e perchè mamma?"
"il nome finisce con la e non con la a, lo hanno scelto i suoi genitori".
"perchè, perchè?" ha insistito, per niente soddisfatta delle mie risposte.
"perchè è maschio!" ho detto, colta da un'illuminazione divina.
Mi ha guardato con gli occhi gonfi di compassione e ha sentenziato:
"ohh NO, Poverino!"
Sono brutalmente sincera con la Pupa.
Certo, ove so che non può arrivare a capire, mescolo un po' di finzione con la realtà.
Un conto è dire la verità, altro è far crescere i bambini senza sogni e fantasia, o, peggio, nella paura (la paura non è ancora entrata nel programma educativo. Prima o poi, so che dovrò spiegarle che gli uomini non sono tutti buoni e belli e che di alcuni non ci deve fidare, ma due anni, secondo me, almeno per questo, sono troppo pochi).
La nostra vita è costellata di fate, folletti, lupi fantastici e amici immaginari.
Però, se uno dei nostri favolosi amici deve morire, chiarisco da subito che non potrà più tornare (oddio, magari qualche volta come fantasma rientrerà dalla finestra, ma potrebbe essere che non si riesca a vederlo).
Se capita qualcosa che disapprovo, devo confessarlo alla pupa (del resto, non saprei fingere).
Se l'orco preferisce uscire con gli amici una volta a settimana, piuttosto che stare con noi, mi rifiuto di dire che è andato a lavoro. Dico invece "papà è uscito per stare un po' con gli amici", e poi aggiungo "ci ha lasciate sole! sia ringraziato il cielo".
Quando esco la mattina per andare a lavoro, le dico che devo lavorare, certo, e che lo faccio perchè ci servono i soldi e che poi tornerò, come tutte le sere, per stare con lei. Ma qualche volta, complice Freud, mi scappa un "mamma vuole andare a lavoro".
Comunque, tutto considerato (in particolare, il patrimonio genetico ereditato), la Pupa sembra rientrare nei canoni della normalità (ora, non è che io abbia ben chiaro quali siano questi canoni, ma mi sembra una bambina gestibile e, in ciò, forse, si può intravedere il barlume di un equilibrio psicologico).
Sono, insomma, piuttosto soddisfatta del mio programma educativo.
Ieri sera, poi, la Pupa ha ampiamente dimostrato di aver compreso perfettamente alcuni dei miei precetti e di aver incamerato quelle nozioni assolutamente indispensabili per condurre una vita serena che da due anni cerco di spiegarle.
Leggevamo un libro della pimpa e si sentivano dei rumori nel palazzo.
Alla pupa non sfugge niente, figuriamoci se può soprassedere momentaneamente sui rumori.
Ha quindi interrotto il circolo letterario e aperto le indagini:
"chi è? cos'è mamma?"
Da quando mi tempesta di domande, per sopravvivenza, ho elaborato alcune risposte semplici, ma esaustive, che sembrano, in effetti, appagarla.
"Raffaele" è la risposta ai rumori del palazzo.
Raffaele è uno dei nostri vicini. é un bel ragazzo, simpatico, ha la moto ed è sempre elegante.
Ergo, alla Pupa piace moltissimo.
Così quando lo nomino, attribuendogli la responsbilità per ogni minimo accadimento si verifichi nel palazzo (dai rumori di sottofondo alla chiamata dell'ascensore), la Pupa sembra contenta e concede un momento di silenzio, mentre rimugina sulla personalità di Raffaele.
Ieri, però, ha voluto approfondire la questione.
"io pure ho Rafaela, all'asilo"
"è vero, amore, la tua amica si chiama Raphaela (è brasiliana). Lui, però, si chiama Raffaele"
"ahh, e perchè mamma?"
"il nome finisce con la e non con la a, lo hanno scelto i suoi genitori".
"perchè, perchè?" ha insistito, per niente soddisfatta delle mie risposte.
"perchè è maschio!" ho detto, colta da un'illuminazione divina.
Mi ha guardato con gli occhi gonfi di compassione e ha sentenziato:
"ohh NO, Poverino!"
martedì 15 febbraio 2011
Freak show
Una domenica al parco è l'occasione ideale per esaminare il caleidoscopio umano composto dalle famiglie con pupi.
Agli scivoli, c'è un'alta concentrazione di materiale umano, una ressa che non si vede nemmeno il primo giorno dei saldi, per le vie del centro.
Madri, padri, nonni, tate, sorelle, qualche cugino, e un'infinità di pupi.
Quando credi di averli adocchiati tutti, quelli spuntano da dietro gli alberi o escono del sottosuolo come tanti piccoli funghetti. Ingombranti e rumorosi.
Il primo approccio è silenzioso.
Si osservano le usanze dei membri del gruppo e, solo un momento dopo, si tenta l'inserimento.
Mi riferisco agli adulti, ovviamente, ché i pupi si lanciano nella mischia dopo un secondo, e in qualche modo se la cavano .
Certo, può capitare che qualcuno sia spinto giù dallo scivolo a testa in giù. O tenuto appeso per i piedi alle scale a pioli. O ancora, ficcato sotto la sabbia a mo' di struzzo.
Ma sono riti di passaggio necessari per l'ingresso nel clan.
Una volta ammessi nell'insieme genitoriale, si può cominciare a pensare di intraprendere un percorso dialogico con gli altri membri.
A tal proposito, è bene sapere che la prima domanda è sempre e unicamente una:
"quanti anni ha il Pupo?"
Del nome, importa niente a nessuno.
Del ruolo degli accompagnatori - madre, padre, rapitore occasionale - se ne fregano tutti.
Della possibilità che il pupo ficcato sotto la sabbia stia morendo soffocato, se ne infischiano persino i suoi genitori.
Il solo dato in grado di suscitare l'interesse del conciliabolo genitoriale è l'età del pupo.
La ragione è chiara.
Su quella base si sviluppa il confronto e il materiale di conversazione.
"Tre anni?? oh che carino" ti dicono.
Poi, appena voltano l'angolo, attaccono in privato "Cacchio! il nostro a tre anni già aveva progettato lo shuttle per la luna, ti ricordi?".
"due anni?" Dicono della pupa "ma è molto alta"
"insomma" replico io, guardando quella che mi sembra una nana denutrita.
"sembra sveglia"
"anche troppo"
"parla?"
"Sì, ma capire quello che dice non è facile. Ha una pronuncia cino-roman-anglossasone" e intanto penso alla mattina, quando mi ha portato il cellulare dicendo "mamma, il tuo PILOFININO SONA"
"da quando usa il vasino?"
"Emmm, no, ancora non usa il vasino" Balbetto imbarazzata "ogni tanto fa la pipi nel water, ma io non ci sono mai e non riesco a trovare il tempo di insegnarle bene"
"Noooo" mi dicono con disprezzo, mentre fisicamente chiudono il cerchio del loro malefico clan. E intanto una delle mamme, rincara la dose "la mia ha imparato ad un anno. Le ho tolto il pannolino, in due giorni ha imparato e adesso, che di anni ne ha due, non lo usa più neanche la notte".
Ho il battito accellerato, "oh che brava" riesco a dire , mentre si insinua in me la convinzione che io sia la madre peggiore del mondo.
"beh, del resto è un bambina eccezionale, a tre mesi già mi ha detto mamma, si rende conto! è così precoce" insiste quella.
"ohh" replico depressa, mentre guardo quel genio di bimba attaccato alle gambe della mamma.
Il Genio, però, sembra ammuttolito e attonito. Forse, ha parlato tanto nel primo anno di vita che adesso non ne ha più voglia.
Anche se escluso dal consesso delle madri, il bravo genitore può passare il suo tempo a studiare le tecniche educative dei suoi simili.
E così, ecco che adocchio la madre modello anglosassone. é seduta e legge un libro su una panchina, non parla e soprattutto non vede i suoi figli che si appendono a testa in giù da un ramo, né sente le urla belluine che cacciano mentre giocano.
C'è la mamma "sono bambini", li osserva compiaciuta mentre picchiano quelli in fila per l'altalena allo scopo di salirci per primi, fa un sospiro e dice "ehh sono bambini!".
Laggiù, c'è una mamma nazista. Chiacchera allegramente con le vicine di panchina, interrompe la conversazione solo occasionalmente per emettere sibili glaciali appena percepibili all'orecchio umano: "Tu smettere immediatamente o io portare zubito casa, ya".
C'è la mamm-ansiosa, quella che segue passo passo i pupi, disposta anche ad arrampicarsi sul castello gonfiabile o restare con il sedere incastrato nello scivolo, pur di non perderli di vista un momento. Irrompe continuamente nei giochi dei pupi per a) mettere il cappello di lana, b) togliere il cappello di lana, c) soffiare il naso, d) pulire le manine, e) infilare la giacca, f) togliere la giacca , g) rimettere la giacca, ma togliere il maglione, h) sputare su un fazzolettino e pulire la faccia dei figli (Come se la sua saliva possa essere meglio di un pò di erba). Se per caso il pupo riesce a divertirsi un nano secondo, viene colta da panico, lo ritira e corre a casa pensando che il rossore sulle guance sia un principio di rosolia.
Poi, c'è la mamma italica, è una specie molto diffusa nel nostro paese, e si contraddistigue facilmente per una caratteristica: l'urlo belluino che si intromette fugace in ogni conversazione e sovrasta qualsivoglia altro rumore "PuPooooo SMETTILA IMMEDIATAMENTE, ADESSO CONTO FINO A CINQUE POI VENGO Lì E TI FACCIO PIANGERE. PUPO UNO. PUPO DUE. ecc.".
Dopo il primo richiamo, è sufficiente ripetere il nome del pupo per suscitare in tutti i presenti, pupo escluso, un moto di terrore.
Li sento echeggiare dai quattro angoli del parco:
"RAUL!"
"MATISSE"
"MILO"
"NAOMI"
"CHANEL".
Ce ne sono ancHe di composti, che, devo dirlo, per la lunghezza perdono un po' di efficacia.
Dal calcistico "DIEGO ARMANDO", ad un classico "CESARE AUGUSTO", sino all'ecumenico "GIOVANNI PAOLO".
In mezzo a cotanta abbondanza, provo vergogna a confessare il nome della pupa.
Come si chiama, mi chiedono infine alcune mamme.
"pupa" dico imbarazzata.
"pupa e poi?"
"pupa e basta"
"mmm ahh sì certo, un bel nome classico" che è un modo carino per dire che è un nome da vecchie bacucche.
Già lo so cosa pensano questi genitori "cosa potrà fare questa povera bimba con un nome così?"
E va bene, ho capito, a Impero e Pontificato ci rinunciamo.
Agli scivoli, c'è un'alta concentrazione di materiale umano, una ressa che non si vede nemmeno il primo giorno dei saldi, per le vie del centro.
Madri, padri, nonni, tate, sorelle, qualche cugino, e un'infinità di pupi.
Quando credi di averli adocchiati tutti, quelli spuntano da dietro gli alberi o escono del sottosuolo come tanti piccoli funghetti. Ingombranti e rumorosi.
Il primo approccio è silenzioso.
Si osservano le usanze dei membri del gruppo e, solo un momento dopo, si tenta l'inserimento.
Mi riferisco agli adulti, ovviamente, ché i pupi si lanciano nella mischia dopo un secondo, e in qualche modo se la cavano .
Certo, può capitare che qualcuno sia spinto giù dallo scivolo a testa in giù. O tenuto appeso per i piedi alle scale a pioli. O ancora, ficcato sotto la sabbia a mo' di struzzo.
Ma sono riti di passaggio necessari per l'ingresso nel clan.
Una volta ammessi nell'insieme genitoriale, si può cominciare a pensare di intraprendere un percorso dialogico con gli altri membri.
A tal proposito, è bene sapere che la prima domanda è sempre e unicamente una:
"quanti anni ha il Pupo?"
Del nome, importa niente a nessuno.
Del ruolo degli accompagnatori - madre, padre, rapitore occasionale - se ne fregano tutti.
Della possibilità che il pupo ficcato sotto la sabbia stia morendo soffocato, se ne infischiano persino i suoi genitori.
Il solo dato in grado di suscitare l'interesse del conciliabolo genitoriale è l'età del pupo.
La ragione è chiara.
Su quella base si sviluppa il confronto e il materiale di conversazione.
"Tre anni?? oh che carino" ti dicono.
Poi, appena voltano l'angolo, attaccono in privato "Cacchio! il nostro a tre anni già aveva progettato lo shuttle per la luna, ti ricordi?".
"due anni?" Dicono della pupa "ma è molto alta"
"insomma" replico io, guardando quella che mi sembra una nana denutrita.
"sembra sveglia"
"anche troppo"
"parla?"
"Sì, ma capire quello che dice non è facile. Ha una pronuncia cino-roman-anglossasone" e intanto penso alla mattina, quando mi ha portato il cellulare dicendo "mamma, il tuo PILOFININO SONA"
"da quando usa il vasino?"
"Emmm, no, ancora non usa il vasino" Balbetto imbarazzata "ogni tanto fa la pipi nel water, ma io non ci sono mai e non riesco a trovare il tempo di insegnarle bene"
"Noooo" mi dicono con disprezzo, mentre fisicamente chiudono il cerchio del loro malefico clan. E intanto una delle mamme, rincara la dose "la mia ha imparato ad un anno. Le ho tolto il pannolino, in due giorni ha imparato e adesso, che di anni ne ha due, non lo usa più neanche la notte".
Ho il battito accellerato, "oh che brava" riesco a dire , mentre si insinua in me la convinzione che io sia la madre peggiore del mondo.
"beh, del resto è un bambina eccezionale, a tre mesi già mi ha detto mamma, si rende conto! è così precoce" insiste quella.
"ohh" replico depressa, mentre guardo quel genio di bimba attaccato alle gambe della mamma.
Il Genio, però, sembra ammuttolito e attonito. Forse, ha parlato tanto nel primo anno di vita che adesso non ne ha più voglia.
Anche se escluso dal consesso delle madri, il bravo genitore può passare il suo tempo a studiare le tecniche educative dei suoi simili.
E così, ecco che adocchio la madre modello anglosassone. é seduta e legge un libro su una panchina, non parla e soprattutto non vede i suoi figli che si appendono a testa in giù da un ramo, né sente le urla belluine che cacciano mentre giocano.
C'è la mamma "sono bambini", li osserva compiaciuta mentre picchiano quelli in fila per l'altalena allo scopo di salirci per primi, fa un sospiro e dice "ehh sono bambini!".
Laggiù, c'è una mamma nazista. Chiacchera allegramente con le vicine di panchina, interrompe la conversazione solo occasionalmente per emettere sibili glaciali appena percepibili all'orecchio umano: "Tu smettere immediatamente o io portare zubito casa, ya".
C'è la mamm-ansiosa, quella che segue passo passo i pupi, disposta anche ad arrampicarsi sul castello gonfiabile o restare con il sedere incastrato nello scivolo, pur di non perderli di vista un momento. Irrompe continuamente nei giochi dei pupi per a) mettere il cappello di lana, b) togliere il cappello di lana, c) soffiare il naso, d) pulire le manine, e) infilare la giacca, f) togliere la giacca , g) rimettere la giacca, ma togliere il maglione, h) sputare su un fazzolettino e pulire la faccia dei figli (Come se la sua saliva possa essere meglio di un pò di erba). Se per caso il pupo riesce a divertirsi un nano secondo, viene colta da panico, lo ritira e corre a casa pensando che il rossore sulle guance sia un principio di rosolia.
Poi, c'è la mamma italica, è una specie molto diffusa nel nostro paese, e si contraddistigue facilmente per una caratteristica: l'urlo belluino che si intromette fugace in ogni conversazione e sovrasta qualsivoglia altro rumore "PuPooooo SMETTILA IMMEDIATAMENTE, ADESSO CONTO FINO A CINQUE POI VENGO Lì E TI FACCIO PIANGERE. PUPO UNO. PUPO DUE. ecc.".
Dopo il primo richiamo, è sufficiente ripetere il nome del pupo per suscitare in tutti i presenti, pupo escluso, un moto di terrore.
Li sento echeggiare dai quattro angoli del parco:
"RAUL!"
"MATISSE"
"MILO"
"NAOMI"
"CHANEL".
Ce ne sono ancHe di composti, che, devo dirlo, per la lunghezza perdono un po' di efficacia.
Dal calcistico "DIEGO ARMANDO", ad un classico "CESARE AUGUSTO", sino all'ecumenico "GIOVANNI PAOLO".
In mezzo a cotanta abbondanza, provo vergogna a confessare il nome della pupa.
Come si chiama, mi chiedono infine alcune mamme.
"pupa" dico imbarazzata.
"pupa e poi?"
"pupa e basta"
"mmm ahh sì certo, un bel nome classico" che è un modo carino per dire che è un nome da vecchie bacucche.
Già lo so cosa pensano questi genitori "cosa potrà fare questa povera bimba con un nome così?"
E va bene, ho capito, a Impero e Pontificato ci rinunciamo.
lunedì 14 febbraio 2011
Basta!
Ho scoperto di avere una Pupa per ogni occasione.
Quanti possono dire altrettanto?
Quando è con me, e siamo sole, è il piccolo Lord.
Non sgarra, non ne sente nemmeno il bisogno, ché ogni cosa che le dico la accoglie con gioia. Mi abbraccia continuamente, è assertiva e partecipativa: "che bella giornata, mamma", "mi sono divertita tanto, mamma", "ti voglio tanto bene, Mamma".
La figlia che ho sempre sognato.
All'asilo è la prima della classe, ma di quelle simpatiche, che passano i compiti e vanno d'accordo con tutti.
Fidanzata (ebbene sì, sabato ha annunciato il suo fidanzamento) con il bullo della scuola, un bambino biondo e bello che sembrava tanto buono.
Sembrava, appunto, poi, superato l’inserimento, si è rivelato un teppista. è da allora, ovviamente, che lei lo ama.
Con il padre è indisciplinata, capricciosa e piagnucolona.
è talmente odiosa da far impallidire principesse sul pisello con esperienze millenarie . Non ascolta, rifiuta , si arrabbia e si sdraia per terra urlando come un ossesso.
Dipenderà forse dal fatto che al primo accenno di pianto quello le dice "va bene, allora fai come vuoi!"?
L’orco se lo sta ancora chiedendo. Io una risposta, a dire il vero, ce l’ho.
Con la nonna è indifferente. Non è che non obbedisce o non ascolta, è che proprio non sente. Morale, fa come le pare, ma facendo credere alla nonna di essere una bimba buona ed educata.
L'indifferenza ha dei vantaggi: consente alla pupa di soprassedere su alcuni dei difettucci della nonna. Per esempio, non sembra infastidita dal fatto che la nonna sia assolutamente incapace di trascorrere un minuto delle sua vita in silenzio. Mai è venuta da me a dirmi “mamma, ti prego, spegni la nonna”, come io mi sarei ragionevolmente aspettata .
Per la pupa, è come se fosse una cara nonnina, con i ferri da calza in mano, invisibile e silenziosa.
E anche quando, malignamente, le chiedo come sia stato vedere un cartone con la nonna (pensando che mi risponda quello che avrei detto io "un incubo! non è stata zitta un minuto, non è stata nemmeno ferma e ogni due secondi diceva "ahh ho capito tutto. allora quello è il cugino del fratello dello zio del nonno di tizio? io ho già capito chi è l'assassino, è quello lì con il coltello in mano!", per poi assopirsi dieci volte e ricominciare al risveglio "Chi è questo? Quello è il cugino dello zio del nonno? ma non stavamo guardando un altro film?"), quella mi risponde che è stato bellissimo e che la nonna è stata molto brava.
Resto dubbiosa, ma incasso.
Con il nonno è una furbetta. Sembra che abbia già capito chi scuce la grana in casa e a chi ci si debba realmente rivolgere per le cose serie. è evidente che se lo sta lavorando ai fianchi per l'avvenire.
Con la vecchia tata era un'anarchica. Quella la mollava per ore da sola, in piena libertà e senza controllo, magari davanti al televisore. E la piccola, che vuoi, ha imparato a fare da sola. Io detestavo quella tata. Lei, la adorava.
A parlar di lei, sembriamo un gruppo di schizofrenici.
“è un angelo”, io e la nonna.
“è un demonio”, il papà.
“ è ingestibile”, il nonno
“è bravissima” , le maestre.
“è troppo simpatica e con il Fidanzato fanno una sacco di scherzi”, il resto del personale scolastico.
“è molto indipendente”, la vecchia tata.
Purtroppo, questa schizofrenia comportamentale non viene sempre rispettata alla lettera. E così, quando sta con me, ma c'è anche il padre nei paraggi, è insopportabile (ancora ricordo con orrore il battesimo della cuginetta. Alla quarta icona sacra sradicata dal muro, mentre con i piedi buttava a terra le candele votive, pensavo che il prete abbandonasse lo scranno e le praticasse lì, su due piedi, un esorcismo con tutti i crismi. In fondo, il materiale ce l’aveva!).
Ieri mattina, era in una delle sue migliori versioni da satanasso.
Il padre, esausto, l’ha mollata in bagno con me.
E lì la creatura ha pensato bene di prendere tutti i miei trucchi, conciarsi come un clown ubriaco e scrivere sulle mattonelle con il rossetto di Chanel da trenta e rotti euro.
Non ancora paga, ha intasato la scarico del bidet (purtroppo, nessuno è stato in grado di capire con cosa), ha preso l’acqua a secchiate e cominciato a pulire tutto il bagno con gli asciugamani appena ritirati dalla lavanderia.
Quando ha preso lo spray per capelli e si è messa ad inseguire la gatta, mentre mi chiedevo come avessero fatto a scambiarmi la bambina sotto il naso per sostituirmela con un clone demoniaco, sono dovuta intervenire duramente.
Quella mi ha guardato come per dire "farai mica sul serio? oh non scherziamo!”
Alla fine, mi ha detto "ehh mamma, adesso Basta!" (ma come non dovevo essere io a dire Basta? Ho pensato, incredula).
"Come Basta! Basta cosa?"
“Basta rompere le papere, mamma!”
P.S.
Tutte le donne, grazie al cielo, sono una e centomila.
Figlie scorbutiche con le madri, mamme amorevoli con i figli, mogli rompiballe con i mariti, colleghe comprensive e affidabili, amiche generose, cuoche provette, studentesse infaticabili, aracnofobiche (mai conosciuta una che amasse i ragni), maniache dello shopping, nevrotiche, in prima file per aiutare chi ha bisogno, sempre pronte a ritrovarsi ad un tavolo con le amiche a bere e lamentarsi degli uomini.
Non tutte le donne sono in vendita.
Non tutte le donne sono fessacchiotte pronte a farsi infinocchiare dal primo uomo con poco sale in zucca e molti denari in tasca.
Non tutte le donne aspirano ad una vita da mantenute, relegate in un angolo, con poco da fare e ancora meno da dire.
Se il fisico avesse retto, sarei stata lì in piazza con tutte le donne che pretendono di vivere una vita faticosa e onesta. E con me ci sarebbe stata la Pupa, a suonare il suo tamburello e far sentire la sua voce capricciosa.
giovedì 10 febbraio 2011
La febbre
Fra gli effetti collaterali del diventare mamma ce n'è uno inaspettato: prendere ogni tipo di malanno in circolazione.
Se nell'infanzia non si sono già passate in rassegna tutte le malattie tradizionali, è bene prepararsi.
Molto probabilmente, la mamma si ritroverà quarantenne e varicellosa a stendere pareri dal letto.
Dalla polmonite ai pidocchi, una volta iscritti i figli a scuola, bisogna essere pronte tutto.
La scuola, infatti, non è dispensatrice di cultura, ma di colture batteriologiche dagli effetti devastanti per l'intero nucleo familiare.
I pupi passano la loro carriera scolastica con raffreddori da dicembre a marzo, tosse per gennaio e febbraio, febbre da novembre ad agosto.
In genere la prassi è questa: a scuola due giorni e i seguenti sette a casa, fra febbre e dolori vari.
Contestualmente, le mamme è bene che smettano di pensare di passare la notte a letto, magari dormendo, ché ogni più piccolo malanno comporta fra le cinque e le dieci levate notturne.
è chiaro che alla terza influenza stagionale - vuoi per la stanchezza accumulata nelle precedenti due, vuoi per il bombardamento continuo di microbi e bacilli - anche la mamme finiscono per cedere.
Se trovassero il tempo per misurarsela, potrebbero anche scoprire di avere la febbre.
E così è successo a me.
Ieri, dopo una giornata passata con un mal di testa martellante e dolori ad articolazioni che ignoravo di avere, ho deciso di requisire il termometro da sedere della Pupa e l'ho usato come un termometro normale.
Quando ho visto che segnava 38°, ho intuito che potesse funzionare anche se posizionato lontano dal culetto.
Era dal 1991 che non avevo la febbre.
Naturalmente, un 38 di febbre non blocca la mamma lavoratrice (la febbre non blocca nemmeno la mamma non lavoratrice, anzi, immagino che ne possa peggiorare la condizione. Penso alla mamma non lavoratrice rimasta in casa e immediatamente gravata di nuovi e inaspettati compiti : "visto che resti in casa, perché non mi metti in ordine tutti i cassetti? potresti rammendare i calzini!" " se oggi pomeriggio restiamo in casa mamma, posso invitare ninetto, ninetta e i loro cinque fratelli?").
La mamma lavoratrice febbricitante si alzerà comunque dal letto, preparerà i pupi per l'asilo, ce li abbandonerà e si recherà a lavoro, concedendosi solo una breve sosta per acquistare pacchi e pacchi di medicine tradizionali, omeopatiche, cinesi, transegeniche, aiurvediche, qualsiasi cosa insomma le possa consentire di restare in piedi fino a sera.
Magari, le capiterà anche di trovare uno sciopero dei mezzi e di doversi fare 7 km a piedi nel gelo mattutino.
Niente può fermare la mamma lavoratrice.
Soprattutto se a casa ha lasciato un orco che si aggira per le stanze come un moribondo, emettendo continui lamenti e lagnandosi disperatamente come un cucciolo abbandonato per il fatto di avere (questo sì che è grave) il naso chiuso!
Se nell'infanzia non si sono già passate in rassegna tutte le malattie tradizionali, è bene prepararsi.
Molto probabilmente, la mamma si ritroverà quarantenne e varicellosa a stendere pareri dal letto.
Dalla polmonite ai pidocchi, una volta iscritti i figli a scuola, bisogna essere pronte tutto.
La scuola, infatti, non è dispensatrice di cultura, ma di colture batteriologiche dagli effetti devastanti per l'intero nucleo familiare.
I pupi passano la loro carriera scolastica con raffreddori da dicembre a marzo, tosse per gennaio e febbraio, febbre da novembre ad agosto.
In genere la prassi è questa: a scuola due giorni e i seguenti sette a casa, fra febbre e dolori vari.
Contestualmente, le mamme è bene che smettano di pensare di passare la notte a letto, magari dormendo, ché ogni più piccolo malanno comporta fra le cinque e le dieci levate notturne.
è chiaro che alla terza influenza stagionale - vuoi per la stanchezza accumulata nelle precedenti due, vuoi per il bombardamento continuo di microbi e bacilli - anche la mamme finiscono per cedere.
Se trovassero il tempo per misurarsela, potrebbero anche scoprire di avere la febbre.
E così è successo a me.
Ieri, dopo una giornata passata con un mal di testa martellante e dolori ad articolazioni che ignoravo di avere, ho deciso di requisire il termometro da sedere della Pupa e l'ho usato come un termometro normale.
Quando ho visto che segnava 38°, ho intuito che potesse funzionare anche se posizionato lontano dal culetto.
Era dal 1991 che non avevo la febbre.
Naturalmente, un 38 di febbre non blocca la mamma lavoratrice (la febbre non blocca nemmeno la mamma non lavoratrice, anzi, immagino che ne possa peggiorare la condizione. Penso alla mamma non lavoratrice rimasta in casa e immediatamente gravata di nuovi e inaspettati compiti : "visto che resti in casa, perché non mi metti in ordine tutti i cassetti? potresti rammendare i calzini!" " se oggi pomeriggio restiamo in casa mamma, posso invitare ninetto, ninetta e i loro cinque fratelli?").
La mamma lavoratrice febbricitante si alzerà comunque dal letto, preparerà i pupi per l'asilo, ce li abbandonerà e si recherà a lavoro, concedendosi solo una breve sosta per acquistare pacchi e pacchi di medicine tradizionali, omeopatiche, cinesi, transegeniche, aiurvediche, qualsiasi cosa insomma le possa consentire di restare in piedi fino a sera.
Magari, le capiterà anche di trovare uno sciopero dei mezzi e di doversi fare 7 km a piedi nel gelo mattutino.
Niente può fermare la mamma lavoratrice.
Soprattutto se a casa ha lasciato un orco che si aggira per le stanze come un moribondo, emettendo continui lamenti e lagnandosi disperatamente come un cucciolo abbandonato per il fatto di avere (questo sì che è grave) il naso chiuso!
mercoledì 9 febbraio 2011
La gravida più sexy di tutti i tempi
Victoria Beckham è gravida.
Il quarto figlio, finalmente una femmina (che si sia comprata il cromosoma X per andare a botta sicura? Ora in America usa così), nascerà quest'estate.
In forma smagliante, si vocifera che la Beckham poserà nuda per Vogue. L'intenzione è quella di rappresentare la donna incinta più sexy della storia.
Il pettegolezzo giornalistico mi ha fatto ricordare i bei tempi della dolce attesa.
Arrivata dopo alcuni tentativi andati a vuoto (avevo il sospetto che l'Orco sparasse a salve), la Pupa, all'epoca un gamberetto grande come un pisello (per chi si dovesse sentire chiamato in causa, mi riferisco all'ortaggio), si è infine insediata nel mio utero in subaffitto.
A pochi giorni dal trasloco, aveva già chiarito che per i futuri nove mesi (dieci, per la verità, ma non te lo dicono fino a che non è troppo tardi per dire "fermi tutti, io lascio perdere"), avrebbe dettato legge.
Nel disperato tentativo di riappropriarmi del mio corpo, ho cominciato a leggere compulsivamente manuali sulla gravidanza.
Cercavo conferme sull'andamento della gestazione e su quanto mi sarei dovuta aspettare dalla terribile attesa (a chiamarla dolce non può che essere stato un uomo; una donna l'avrebbe certo denominata "straziante", "penosa" o, appunto, "terribile").
Giramenti di testa? Quotidiani e associati a continui giramenti di palle (altrimenti detti sbalzi ormonali).
Nause mattutine? le avevo tutte le mattine, i pomeriggi, le sere.
Pressione bassa? Sì, era decisamente sotto terra (40/60).
Pressione alta? Certo, quando non era bassa.
Naso chiuso? é difficile da credere ma un altro dei piacevoli effetti della gravidanza è il naso totalmente tappato. Croce sul sì.
Mal di schiena? Con costanza e determinazione dal terzo mese di gravidanza.
Crampi alle gambe? Dicesi crampi alle gambe i risvegli notturni, continui e ininterrotti dal giorno del concepimento, associati a dolori atroci ai polpacci, urla belluine e panico coniugale "oddio che succede? stai morendo? i marziani, qualcuno mi salvi!!". Croce sul sì.
Ritenzione idrica? Avevo i piedi talmente gonfi che gli ultimi due mesi di gestazione li ho dovuti trascorrere nelle pantofole dell'orco (45 di piede, come tutti gli orchi). Direi sì, decisamente sì.
Smagliature? Il bello delle smagliature è che durante la gravidanza non ci sono (o comunque non le vedi, dato che non riesci avedere nulla al di sotto dell'enorme ombelico che ti è uscito dall'addome), ma il giorno dopo il parto sembri una zebra.
Ma, come tutti i manuali insegnano, fin qui siamo ancora nell'ambito dell'ordinaria amministrazione.
Veniamo, quindi, alla nota dolente: tette e pancia.
Al sesto mese, il mio dottore ha scrutato con cipiglio professionale le ecografie e mi ha chiesto, con quel suo atteggiamento serafico che non lasciava presagire dove volesse andare a parare, "ancora prendi le vitamine?"
"sì, dottore, tutti i giorni!!" ho fatto i compiti, ho pensato orgogliosa.
"ecco, bene, smetti immediatamente! questa non è una bambina è un pachiderma!"
E come farà ad uscire? ho cominciato a pensare con angoscia.
Gli ultimi due mesi assomigliavo sempre più alla mamma di King Kong (obesa).
Giravo conciata come un barbone, con cento strati di vestiti deformati o presi in prestito dall'orco, ché persino nei negozi premaman non trovavo la taglia adatta.
Mi muovevo a stento. Ciò nonostante, mi ostinavo a passare di profilo fra i pertugi più stretti, restando maldestramente incastrata.
Non potevo allacciarmi le scarpe. Non riuscivo più a sollevarmi dalla vasca da bagno, ma nella doccia non entravo.
La notte, le lotte peggiori: dormire di fianco, impossibile, la Pupa si imbestialiva e mi riempiva di calci.
Dormire supina, era come sdraiarsi su un letto di chiodi, la schiena mi faceva vedere le stelle dal dolore.
Dormire prona... ma che scherziamo? avrei dondolato sulla pancia tutta la notte come una matriosKa.
L'unica soluzione era dormire seduta.
Credevo che un peso maggiore di quello della pancia non fosse umanamente sopportabile, ma poi ho partorito e ho avuto la montata lattea.
La mia quarta era già diventata una sesta in gravidanza, durante l'allattamento ero passata all'ottava.
Le tette aveva preso il possesso di me.
Sembravano la tetta gigante sputa latte del famoso film di Woody Allen, solo che le mie erano due!
Insomma, avevo l'occasione di posare nuda per una rivista patinata sotto il titolo "la donna incinta meno sexy della storia" e l'ho scioccamente persa.
Il quarto figlio, finalmente una femmina (che si sia comprata il cromosoma X per andare a botta sicura? Ora in America usa così), nascerà quest'estate.
In forma smagliante, si vocifera che la Beckham poserà nuda per Vogue. L'intenzione è quella di rappresentare la donna incinta più sexy della storia.
Il pettegolezzo giornalistico mi ha fatto ricordare i bei tempi della dolce attesa.
Arrivata dopo alcuni tentativi andati a vuoto (avevo il sospetto che l'Orco sparasse a salve), la Pupa, all'epoca un gamberetto grande come un pisello (per chi si dovesse sentire chiamato in causa, mi riferisco all'ortaggio), si è infine insediata nel mio utero in subaffitto.
A pochi giorni dal trasloco, aveva già chiarito che per i futuri nove mesi (dieci, per la verità, ma non te lo dicono fino a che non è troppo tardi per dire "fermi tutti, io lascio perdere"), avrebbe dettato legge.
Nel disperato tentativo di riappropriarmi del mio corpo, ho cominciato a leggere compulsivamente manuali sulla gravidanza.
Cercavo conferme sull'andamento della gestazione e su quanto mi sarei dovuta aspettare dalla terribile attesa (a chiamarla dolce non può che essere stato un uomo; una donna l'avrebbe certo denominata "straziante", "penosa" o, appunto, "terribile").
Giramenti di testa? Quotidiani e associati a continui giramenti di palle (altrimenti detti sbalzi ormonali).
Nause mattutine? le avevo tutte le mattine, i pomeriggi, le sere.
Pressione bassa? Sì, era decisamente sotto terra (40/60).
Pressione alta? Certo, quando non era bassa.
Naso chiuso? é difficile da credere ma un altro dei piacevoli effetti della gravidanza è il naso totalmente tappato. Croce sul sì.
Mal di schiena? Con costanza e determinazione dal terzo mese di gravidanza.
Crampi alle gambe? Dicesi crampi alle gambe i risvegli notturni, continui e ininterrotti dal giorno del concepimento, associati a dolori atroci ai polpacci, urla belluine e panico coniugale "oddio che succede? stai morendo? i marziani, qualcuno mi salvi!!". Croce sul sì.
Ritenzione idrica? Avevo i piedi talmente gonfi che gli ultimi due mesi di gestazione li ho dovuti trascorrere nelle pantofole dell'orco (45 di piede, come tutti gli orchi). Direi sì, decisamente sì.
Smagliature? Il bello delle smagliature è che durante la gravidanza non ci sono (o comunque non le vedi, dato che non riesci avedere nulla al di sotto dell'enorme ombelico che ti è uscito dall'addome), ma il giorno dopo il parto sembri una zebra.
Ma, come tutti i manuali insegnano, fin qui siamo ancora nell'ambito dell'ordinaria amministrazione.
Veniamo, quindi, alla nota dolente: tette e pancia.
Al sesto mese, il mio dottore ha scrutato con cipiglio professionale le ecografie e mi ha chiesto, con quel suo atteggiamento serafico che non lasciava presagire dove volesse andare a parare, "ancora prendi le vitamine?"
"sì, dottore, tutti i giorni!!" ho fatto i compiti, ho pensato orgogliosa.
"ecco, bene, smetti immediatamente! questa non è una bambina è un pachiderma!"
E come farà ad uscire? ho cominciato a pensare con angoscia.
Gli ultimi due mesi assomigliavo sempre più alla mamma di King Kong (obesa).
Giravo conciata come un barbone, con cento strati di vestiti deformati o presi in prestito dall'orco, ché persino nei negozi premaman non trovavo la taglia adatta.
Mi muovevo a stento. Ciò nonostante, mi ostinavo a passare di profilo fra i pertugi più stretti, restando maldestramente incastrata.
Non potevo allacciarmi le scarpe. Non riuscivo più a sollevarmi dalla vasca da bagno, ma nella doccia non entravo.
La notte, le lotte peggiori: dormire di fianco, impossibile, la Pupa si imbestialiva e mi riempiva di calci.
Dormire supina, era come sdraiarsi su un letto di chiodi, la schiena mi faceva vedere le stelle dal dolore.
Dormire prona... ma che scherziamo? avrei dondolato sulla pancia tutta la notte come una matriosKa.
L'unica soluzione era dormire seduta.
Credevo che un peso maggiore di quello della pancia non fosse umanamente sopportabile, ma poi ho partorito e ho avuto la montata lattea.
La mia quarta era già diventata una sesta in gravidanza, durante l'allattamento ero passata all'ottava.
Le tette aveva preso il possesso di me.
Sembravano la tetta gigante sputa latte del famoso film di Woody Allen, solo che le mie erano due!
Insomma, avevo l'occasione di posare nuda per una rivista patinata sotto il titolo "la donna incinta meno sexy della storia" e l'ho scioccamente persa.
martedì 8 febbraio 2011
Fiesta!
Il sabato pomeriggio delle mamme è assorbito da un'unica attività: accompagnare i pupi alle feste degli amichetti.
Se qualcuna sta pensando di ritagliarsi mezzo sabato pomeriggio per sé, delegando la partecipazione all'evento mondano ai nonni o al padre, se lo tolga immediatamente dalla testa.
I padri il sabato hanno sempre qualcosa da fare. Cose importanti, s'intende, come il calcetto (dal quale tornato tumefatti come se fossero andati ad un incontro di lotta libera), l'acquisto di un nuovo orologio subaqueo (soprattutto se sono affetti da idrofobia), i tornei di giochi di ruolo vietati ai maggiori di 16 anni (questa è l'attività dell'Orco), un'improvvisa riunione di lavoro (quelli con poca fantasia accampano questa scusa pietosa).
I pochi uomini che vi partecipano sono evidentemente precettati. Ci sono i parenti, padri/nonni/zii, che non possono rifiutare. I mariti che devono farsi perdonare qualcosa (sguardo basso, aria dimessa, se avessero una coda la trascinerebbero come un peso morto fra le gambe). Al limite, qualche padre single (e bravo, o altrimenti obbligato a partecipare, o gay).
I nonni hanno sfacchinato una vita (ti dicono) e adesso è giusto che riempiano le loro giornate di pensionati con una sfilza di eventi mondani che farebbe impallidire anche la squillo più attiva su piazza.
Devo ammettere, però, che questi ginecei sabatini, anticamera dell'infermo per gli uomini, per noi mamme, finiscono per essere piacevoli.
Se i bambini sono bravi e grandicelli, ti lasciano la libertà di trangugiare chili di patatine e di ubriacarti di cocacola di nascosto.
Puoi passare il tempo a chiaccherare con altre donne che condividono le tue difficili condizioni di vita.
Capisci che non sei sola in una landa desolata, ma circondata da un nutrito gruppo di mamme, più o meno, disperate come te, più o meno, senza il tempo per farsi la ceretta, e, più o meno, anche loro capaci di dormire in piedi appoggiate ad un muro, continuando a conversare allegramente.
E così, Sabato, io e la Pupa abbiamo partecipato ad una di queste feste.
L'orco ovviamente lavorava e se non avesse lavorato sarebbe andato ad arare i campi piuttosto che venire con noi.
La pupa era eccitatissima e, lo confesso compiaciuta, molto carina.
Ero miracolosamente riuscita a nascondere i suoi ispidi capelli in due codini, le avevo infilato delle ballerine da grande (e cioè senza cinturino) - che naturalmente ha perso milleecinquecento volte per poi abbandonarle su un tappeto - e indossava il classico tubino (che va sempre bene per le feste, anche per le bambine di due anni).
Come di consueto, passati i primi trenta secondi di smarrimento (in cui mi hanno dovuto invitare a introdurla negli appartamenti, ché io ero scesa allegramente dall'ascensore e avevo subito iniziato a chiaccherare con i padroni di casa e lei, invece, era rimasta rintanata in un angolo del medesimo mezzo, di fatto, sola e abbandonata) si è immediatamente inserita.
La pua é veramente un animale mondano, e in nessun posto si sente a suo agio come ad una festa.
Ad un tratto, dall'alto dei suoi due anni, si è messa a mostrare un gioco a uno dei Pupi più grandi; gli spiegava come schiacciare i tasti e far muovere i personaggi o far partire la musichetta.
Quello la guardava con compassione e, tanto per chiarire in quale posizione della scala sociale bambinesca si trovava, ha schiacciato un tasto che lei non aveva visto.
Mentre il dito di lui si avvicinava al pulsante, lei gli diceva "ma no, quello no".
Poi è partito un lunapark di colori e musiche, lei è rimasta estasiata e allora gli ha detto "ahh sì, bravo, molto bravo, molto bravissimo".
Io ho chiaccherato con vecchie amiche e molte mamme, condividendo esperienze e imparando molto.
Purtroppo, ho rischiato la vita quando ho avuto l'ardire di inginocchiarmi e scambiare quattro parole con i piccoli, tutti sdraiati a terra sotto un mobile, proprio lì dove c'erano i fili elettrici (se i bambini non giocano con qualcosa di estramemente pericoloso o con su scritto "tenere lontano dalla portata dei bambini", non si divertono).
Ho solo detto "ma guarda, questi sono tutti cagnolini". E prima di rendermi conto di quello che stava accadendo, ce li avevo tutti addosso che tentavano di mordermi.
Assomigliavano a tanti piccoli zombi, molto più che a cagnolini scodinzolanti.
Sono stata liberata da altre mamme e sono fuggita insieme alla pupa.
Insomma, non avevo voglia di finire i miei giorni divorata da un gruppo famelico di pupi di tre anni.
A quel punto, nonostante il piacevole pomeriggio - vuoi per l'attacco cannibale, vuoi per le troppe chiacchere materne - avevo la testa sul punto di esplodere.
Fortunamente, noi mamma moderne giriamo sempre analgesico-munite e così ho estratto dalla mia borsa marypoppinesca tre diversi tipi di antidolorifici. Ne ho scelto uno e mi sono drogata in pubblico, senza ritegno.
La pupa mi ha chiesto "ma che fai mamma?"
"prendo la medicina, amore."
"Pecché mamma?"
Come sapete, io sono per definizione sempre sincera "Perchè ho un mal di testa tremendo"
A quanto pare, anche mia figlia è per definizione sempre sincera
"Eh certo, mamma, è che tu sei vecchia"
Se qualcuna sta pensando di ritagliarsi mezzo sabato pomeriggio per sé, delegando la partecipazione all'evento mondano ai nonni o al padre, se lo tolga immediatamente dalla testa.
I padri il sabato hanno sempre qualcosa da fare. Cose importanti, s'intende, come il calcetto (dal quale tornato tumefatti come se fossero andati ad un incontro di lotta libera), l'acquisto di un nuovo orologio subaqueo (soprattutto se sono affetti da idrofobia), i tornei di giochi di ruolo vietati ai maggiori di 16 anni (questa è l'attività dell'Orco), un'improvvisa riunione di lavoro (quelli con poca fantasia accampano questa scusa pietosa).
I pochi uomini che vi partecipano sono evidentemente precettati. Ci sono i parenti, padri/nonni/zii, che non possono rifiutare. I mariti che devono farsi perdonare qualcosa (sguardo basso, aria dimessa, se avessero una coda la trascinerebbero come un peso morto fra le gambe). Al limite, qualche padre single (e bravo, o altrimenti obbligato a partecipare, o gay).
I nonni hanno sfacchinato una vita (ti dicono) e adesso è giusto che riempiano le loro giornate di pensionati con una sfilza di eventi mondani che farebbe impallidire anche la squillo più attiva su piazza.
Devo ammettere, però, che questi ginecei sabatini, anticamera dell'infermo per gli uomini, per noi mamme, finiscono per essere piacevoli.
Se i bambini sono bravi e grandicelli, ti lasciano la libertà di trangugiare chili di patatine e di ubriacarti di cocacola di nascosto.
Puoi passare il tempo a chiaccherare con altre donne che condividono le tue difficili condizioni di vita.
Capisci che non sei sola in una landa desolata, ma circondata da un nutrito gruppo di mamme, più o meno, disperate come te, più o meno, senza il tempo per farsi la ceretta, e, più o meno, anche loro capaci di dormire in piedi appoggiate ad un muro, continuando a conversare allegramente.
E così, Sabato, io e la Pupa abbiamo partecipato ad una di queste feste.
L'orco ovviamente lavorava e se non avesse lavorato sarebbe andato ad arare i campi piuttosto che venire con noi.
La pupa era eccitatissima e, lo confesso compiaciuta, molto carina.
Ero miracolosamente riuscita a nascondere i suoi ispidi capelli in due codini, le avevo infilato delle ballerine da grande (e cioè senza cinturino) - che naturalmente ha perso milleecinquecento volte per poi abbandonarle su un tappeto - e indossava il classico tubino (che va sempre bene per le feste, anche per le bambine di due anni).
Come di consueto, passati i primi trenta secondi di smarrimento (in cui mi hanno dovuto invitare a introdurla negli appartamenti, ché io ero scesa allegramente dall'ascensore e avevo subito iniziato a chiaccherare con i padroni di casa e lei, invece, era rimasta rintanata in un angolo del medesimo mezzo, di fatto, sola e abbandonata) si è immediatamente inserita.
La pua é veramente un animale mondano, e in nessun posto si sente a suo agio come ad una festa.
Ad un tratto, dall'alto dei suoi due anni, si è messa a mostrare un gioco a uno dei Pupi più grandi; gli spiegava come schiacciare i tasti e far muovere i personaggi o far partire la musichetta.
Quello la guardava con compassione e, tanto per chiarire in quale posizione della scala sociale bambinesca si trovava, ha schiacciato un tasto che lei non aveva visto.
Mentre il dito di lui si avvicinava al pulsante, lei gli diceva "ma no, quello no".
Poi è partito un lunapark di colori e musiche, lei è rimasta estasiata e allora gli ha detto "ahh sì, bravo, molto bravo, molto bravissimo".
Io ho chiaccherato con vecchie amiche e molte mamme, condividendo esperienze e imparando molto.
Purtroppo, ho rischiato la vita quando ho avuto l'ardire di inginocchiarmi e scambiare quattro parole con i piccoli, tutti sdraiati a terra sotto un mobile, proprio lì dove c'erano i fili elettrici (se i bambini non giocano con qualcosa di estramemente pericoloso o con su scritto "tenere lontano dalla portata dei bambini", non si divertono).
Ho solo detto "ma guarda, questi sono tutti cagnolini". E prima di rendermi conto di quello che stava accadendo, ce li avevo tutti addosso che tentavano di mordermi.
Assomigliavano a tanti piccoli zombi, molto più che a cagnolini scodinzolanti.
Sono stata liberata da altre mamme e sono fuggita insieme alla pupa.
Insomma, non avevo voglia di finire i miei giorni divorata da un gruppo famelico di pupi di tre anni.
A quel punto, nonostante il piacevole pomeriggio - vuoi per l'attacco cannibale, vuoi per le troppe chiacchere materne - avevo la testa sul punto di esplodere.
Fortunamente, noi mamma moderne giriamo sempre analgesico-munite e così ho estratto dalla mia borsa marypoppinesca tre diversi tipi di antidolorifici. Ne ho scelto uno e mi sono drogata in pubblico, senza ritegno.
La pupa mi ha chiesto "ma che fai mamma?"
"prendo la medicina, amore."
"Pecché mamma?"
Come sapete, io sono per definizione sempre sincera "Perchè ho un mal di testa tremendo"
A quanto pare, anche mia figlia è per definizione sempre sincera
"Eh certo, mamma, è che tu sei vecchia"
lunedì 7 febbraio 2011
Se questo è un uomo
Non si può avere tutto dalla vita.
Per esempio, se hai una bambina brava, che dorme e fa pochi capricci, una casa e un buon lavoro, non puoi certo pretendere di svegliarti ogni mattina accanto a Di Caprio.
Ti capiterà, piuttosto, di svegliarti di fianco all'uomo medio. Quello che hai scelto 8 anni fa e che all'epoca non era nemmeno male.
Aveva i capelli.
Era magro e muscoloso. Si depilava le spalle e così sembrava un bell'esemplare di maschio mediterraneo e non il fratello brutto del Cugino It.
Leggeva, si teneva informato, usciva la sera, ascoltava musica e amava l'arte.
Purtroppo, niente dura per sempre.
E infatti, adesso, il tuo uomo medio è pelato.
Non ha più neanche un muscolo, tranne, forse, quelli mandibolari. Ha uno spesso strato di grasso che gli ricopre il ventre (per i tempi difficili, ti dice lui).
Ed è completamente ricoperto di un pelo ispido e ricciuto che lo rende ogni giorno più simile allo yeti.
Quel che è peggio è che l'ominide in questione ha cambiato abitudini.
Prima, mangiava sushi e pasta in bianco.
Adesso, mangia nutella e patatine e, se lasciato libero di vagare per la casa, svuota il frigorifero in dieci secondi netti, quasi fosse un lupo della steppa a digiuno da un mese.
Prima, rientrava a casa carico di regali e fiori.
Adesso, rientra a casa carico di bollette e multe da pagare, ti prega di andare alla posta in sua vece e di anticipargli i soldi.
Prima, ti invitava spesso fuori e ti offriva la cena.
Adesso, ti telefona telegrafando dettagliatamente la cena e/o il pranzo e/o la colazione, sollecitando la preparazione per un certo orario e invitandoti a comprare quello che manca.
Prima, girava per casa con pigiami sexy e usciva impeccabilmente vestito.
Adesso, vaga per la casa in mutandoni bianchi e canotta. Esce, con le tue magliette, indossate al rovescio e macchiate. Non possiede un calzino appaiato e privo di buchi e non ha più comprato un paio di scarpe dal 2001.
Prima, dormiva come un agioletto al tuo fianco. Ti accorgevi che c'era solo quando si avvinghiava a te come un polipo, per baciarti sul collo.
Adesso, si corica al tuo fianco, ma in tre secondi netti ha invaso il tuo spazio vitale, si è arrotolato nelle coperte, ha divelto il lenzuolo, lanciato il cuscino a dieci metri di distanza e a cominciato a russare come un martello pneumatico.
Se schiocchi le dita, russa più forte. Se batti le mani, fa un grugnito porcino e poi continua a martellarti i timpani con il suo respiro da mostro delle caverne. Se lo prendi a calci e tenti di girarlo di fianco, facendo perno con le spalle sul muro e spingendo con tutte le forze che hai nelle gambe (provate voi a spostare un omone peloso di 90 chili!), si gira e poi russa più forte.
Alla fine, sconfitta, ti alzi, raccogli i tuoi cuscini e te ne vai.
Ma nemmeno questo basta, ché non appena ti sei sistemata un po' nel nuovo giaciglio, prende a russare così forte che sei costretta ad alzarti e a chiudere le cinque porte che ti separano dalla sua (e un tempo anche tua) stanza da letto.
Non fai in tempo a tornare indietro che la Pupa inizia a piangere e lui, che già non la sente con le porte aperte, ora che è chiuso nel suo antro, non ha altro da fare che continuare a russare più forte.
E adesso, ditemi voi se questo è un uomo.
Io l'ho creduto, l'ho creduto seriamente. Mi dicevo, sono tutti così, fattene una ragione.
Sembrano umani quando camminano per strada, ma nell'intimità delle loro case si trasformano.
Specie dopo la paternità.
A lungo andare, però, ho cominciato ad intuire che forse la partenità non era così influente, che forse le ragioni del cambiamento erano altre, che forse sotto sotto c'era in lui qualcosa di misterioso, insomma, che forse uno così non era del tutto umano.
Ebbene sì, lo ammetto, è stato quando ho visto Shrek.
P.S.
Per dovere di cronaca, confesso che l'Orco mio non risponde appieno alla descrizione sopra riportata.
Cucina lui, si paga le sue multe, è ingrassato molto meno di quanto sia ingrassata io (e, per forza, andando avanti a patatine e nutella), e, se pure giri per la casa in canotta, non si lamenta del fatto che io indossi regolarmente tutone di pile e mutandoni modello nonna Belarda.
Soprattutto, ha capito che, per il bene comune, è meglio se non legge il mio blog.
P.P.S.
La capacità degli uomini di imparare a russare subito dopo la nascita di un bambino, e cioè quando la mamma sta acquisendo la capacità di dormire in piedi su una gamba sola non appena vive un minuto di calma, è scientificamente dimostrata.
Per chi non dovesse riuscire con i propri mezzi, credo che esistano appositi corsi.
Per esempio, se hai una bambina brava, che dorme e fa pochi capricci, una casa e un buon lavoro, non puoi certo pretendere di svegliarti ogni mattina accanto a Di Caprio.
Ti capiterà, piuttosto, di svegliarti di fianco all'uomo medio. Quello che hai scelto 8 anni fa e che all'epoca non era nemmeno male.
Aveva i capelli.
Era magro e muscoloso. Si depilava le spalle e così sembrava un bell'esemplare di maschio mediterraneo e non il fratello brutto del Cugino It.
Leggeva, si teneva informato, usciva la sera, ascoltava musica e amava l'arte.
Purtroppo, niente dura per sempre.
E infatti, adesso, il tuo uomo medio è pelato.
Non ha più neanche un muscolo, tranne, forse, quelli mandibolari. Ha uno spesso strato di grasso che gli ricopre il ventre (per i tempi difficili, ti dice lui).
Ed è completamente ricoperto di un pelo ispido e ricciuto che lo rende ogni giorno più simile allo yeti.
Quel che è peggio è che l'ominide in questione ha cambiato abitudini.
Prima, mangiava sushi e pasta in bianco.
Adesso, mangia nutella e patatine e, se lasciato libero di vagare per la casa, svuota il frigorifero in dieci secondi netti, quasi fosse un lupo della steppa a digiuno da un mese.
Prima, rientrava a casa carico di regali e fiori.
Adesso, rientra a casa carico di bollette e multe da pagare, ti prega di andare alla posta in sua vece e di anticipargli i soldi.
Prima, ti invitava spesso fuori e ti offriva la cena.
Adesso, ti telefona telegrafando dettagliatamente la cena e/o il pranzo e/o la colazione, sollecitando la preparazione per un certo orario e invitandoti a comprare quello che manca.
Prima, girava per casa con pigiami sexy e usciva impeccabilmente vestito.
Adesso, vaga per la casa in mutandoni bianchi e canotta. Esce, con le tue magliette, indossate al rovescio e macchiate. Non possiede un calzino appaiato e privo di buchi e non ha più comprato un paio di scarpe dal 2001.
Prima, dormiva come un agioletto al tuo fianco. Ti accorgevi che c'era solo quando si avvinghiava a te come un polipo, per baciarti sul collo.
Adesso, si corica al tuo fianco, ma in tre secondi netti ha invaso il tuo spazio vitale, si è arrotolato nelle coperte, ha divelto il lenzuolo, lanciato il cuscino a dieci metri di distanza e a cominciato a russare come un martello pneumatico.
Se schiocchi le dita, russa più forte. Se batti le mani, fa un grugnito porcino e poi continua a martellarti i timpani con il suo respiro da mostro delle caverne. Se lo prendi a calci e tenti di girarlo di fianco, facendo perno con le spalle sul muro e spingendo con tutte le forze che hai nelle gambe (provate voi a spostare un omone peloso di 90 chili!), si gira e poi russa più forte.
Alla fine, sconfitta, ti alzi, raccogli i tuoi cuscini e te ne vai.
Ma nemmeno questo basta, ché non appena ti sei sistemata un po' nel nuovo giaciglio, prende a russare così forte che sei costretta ad alzarti e a chiudere le cinque porte che ti separano dalla sua (e un tempo anche tua) stanza da letto.
Non fai in tempo a tornare indietro che la Pupa inizia a piangere e lui, che già non la sente con le porte aperte, ora che è chiuso nel suo antro, non ha altro da fare che continuare a russare più forte.
E adesso, ditemi voi se questo è un uomo.
Io l'ho creduto, l'ho creduto seriamente. Mi dicevo, sono tutti così, fattene una ragione.
Sembrano umani quando camminano per strada, ma nell'intimità delle loro case si trasformano.
Specie dopo la paternità.
A lungo andare, però, ho cominciato ad intuire che forse la partenità non era così influente, che forse le ragioni del cambiamento erano altre, che forse sotto sotto c'era in lui qualcosa di misterioso, insomma, che forse uno così non era del tutto umano.
Ebbene sì, lo ammetto, è stato quando ho visto Shrek.
P.S.
Per dovere di cronaca, confesso che l'Orco mio non risponde appieno alla descrizione sopra riportata.
Cucina lui, si paga le sue multe, è ingrassato molto meno di quanto sia ingrassata io (e, per forza, andando avanti a patatine e nutella), e, se pure giri per la casa in canotta, non si lamenta del fatto che io indossi regolarmente tutone di pile e mutandoni modello nonna Belarda.
Soprattutto, ha capito che, per il bene comune, è meglio se non legge il mio blog.
P.P.S.
La capacità degli uomini di imparare a russare subito dopo la nascita di un bambino, e cioè quando la mamma sta acquisendo la capacità di dormire in piedi su una gamba sola non appena vive un minuto di calma, è scientificamente dimostrata.
Per chi non dovesse riuscire con i propri mezzi, credo che esistano appositi corsi.
venerdì 4 febbraio 2011
La pecora nera
Anche nelle migliori famiglie c'è un elemento di disturbo, un parente serprente o la classica pecora nera generatrice di caos.
Nella mia famiglia, di elementi di disturbo ce ne sono parecchi. Credo di poter dire, senza timore di smentita, che siamo un gregge di pecore nere, in cui spiccano, semmai, due o tre macchiette bianche.
Fra tutte le pecore nere, però, ce n'è una che è più nera delle altre.
Una che spicca. Una che trova sempre il modo per farsi notare.
é lo zio lontano, uno zio che identificherò con il nome di fantasia di ZIO 'IELE.
Questo simpaticissimo soggetto abita all'estero e si reca in patria solo due o tre volte l'anno (e questa è, credo, la prova dell'esistenza di Dio).
Purtroppo, però - benché sia misericordioso - Dio non riesce ad impedire a costui di scendere nella terra natia per alcune delle feste comandate.
E così a Natale è stato dei nostri.
In due giorni - si badi, due giorni soltanto - è riuscito a vanificare oltre due anni di buoni insegnamenti materni, paterni e nonneschi, nonché sei mesi della raffinata educazione anglosassone impartita nell'esclusivissimo asilo della Pupa.
In particolare, ha trasmesso alla Pupa le seguenti regole di condotta:
- spernacchiare in giro sputacchiando tutti, in particolar modo se si è affetti da qualche strano morbo;
- sputare la pappa non gradita in ogni dove, con getto continuo e ad altezza uomo;
- imitare scimmioni nevrotici ululando e saltellando per tutta la casa;
- fare verticali sulla testa su una qualsiasi superficie rigida, quale parquet, marmo, acciaio del tavolo della cucina, cornicioni delle finestre;
- arrampicarsi sulla libreria, buttanto per terra tutto quello che si incrocia nel percorso, libri, cd, ninnoli di ceramica, argenteria, ecc.;
- eseguire salti mortali tripli sul posto, capriole e rotolamenti, rigorosamente su superfici rigide e possibilmente rialzate di circa due metri da terra;
ma soprattutto
- scaccolarsi in ogni momento, in ogni luogo, in ogni modo.
La Pupa, educata com'è (anzi, era), ha voluto dare subito grande soddisfazione allo Zio, mettendo in pratica tutti i suoi precetti.
é però una bambina pratica, a cui piace svolgere attività che producano un qualche risultato.
é chiaro, quindi, che fra tutti i preziosi insegnamenti trasmessi dallo Zio quello che ha preferito è lo scaccolamento.
Ormai, associa al punto la figura dello zio alla caccola che quando lo sente al telefono chiede "che fai zio ti scaccoli?".
E la caccia alla caccola è talmente radicata nella sua cultura bambinesca che l'attività viene ripetuta diverse volte al giorno, senza vergogna, possibilmente innanzi ad un pubblico, quasi fosse una pratica di cui andare fiere.
Quando, beccata con le dita nel naso, le si chiede "ma cosa fai?"
lei risponde candida "Cerco 'e caccole".
E ti guarda come se fossi un povero ignorante che non capisce un tubo.
Inizialmente, reagivamo con disgusto. Visti i risultati ottenuti, abbiamo deciso in familiar consesso di optare per l'indifferenza.
Anche questo metodo non sembra sortire gli effetti sperati.
"che fai amore?" le ha chiesto ieri la nonna.
"cerco 'e caccole, eh nonna! ecco, guadda una, la vedi nonna?" ha risposto la pupa, mostrando il suo trofeo verdognolo.
"ah va bene, ma adesso mi pare che tu abbia finito, vieni qui a disegnare", ha insistito - senza scomporsi, secondo la tattica concordata - la nonna.
"eh ma io c'ho un altro buco in cui cercare, nonna!".
Nella mia famiglia, di elementi di disturbo ce ne sono parecchi. Credo di poter dire, senza timore di smentita, che siamo un gregge di pecore nere, in cui spiccano, semmai, due o tre macchiette bianche.
Fra tutte le pecore nere, però, ce n'è una che è più nera delle altre.
Una che spicca. Una che trova sempre il modo per farsi notare.
é lo zio lontano, uno zio che identificherò con il nome di fantasia di ZIO 'IELE.
Questo simpaticissimo soggetto abita all'estero e si reca in patria solo due o tre volte l'anno (e questa è, credo, la prova dell'esistenza di Dio).
Purtroppo, però - benché sia misericordioso - Dio non riesce ad impedire a costui di scendere nella terra natia per alcune delle feste comandate.
E così a Natale è stato dei nostri.
In due giorni - si badi, due giorni soltanto - è riuscito a vanificare oltre due anni di buoni insegnamenti materni, paterni e nonneschi, nonché sei mesi della raffinata educazione anglosassone impartita nell'esclusivissimo asilo della Pupa.
In particolare, ha trasmesso alla Pupa le seguenti regole di condotta:
- spernacchiare in giro sputacchiando tutti, in particolar modo se si è affetti da qualche strano morbo;
- sputare la pappa non gradita in ogni dove, con getto continuo e ad altezza uomo;
- imitare scimmioni nevrotici ululando e saltellando per tutta la casa;
- fare verticali sulla testa su una qualsiasi superficie rigida, quale parquet, marmo, acciaio del tavolo della cucina, cornicioni delle finestre;
- arrampicarsi sulla libreria, buttanto per terra tutto quello che si incrocia nel percorso, libri, cd, ninnoli di ceramica, argenteria, ecc.;
- eseguire salti mortali tripli sul posto, capriole e rotolamenti, rigorosamente su superfici rigide e possibilmente rialzate di circa due metri da terra;
ma soprattutto
- scaccolarsi in ogni momento, in ogni luogo, in ogni modo.
La Pupa, educata com'è (anzi, era), ha voluto dare subito grande soddisfazione allo Zio, mettendo in pratica tutti i suoi precetti.
é però una bambina pratica, a cui piace svolgere attività che producano un qualche risultato.
é chiaro, quindi, che fra tutti i preziosi insegnamenti trasmessi dallo Zio quello che ha preferito è lo scaccolamento.
Ormai, associa al punto la figura dello zio alla caccola che quando lo sente al telefono chiede "che fai zio ti scaccoli?".
E la caccia alla caccola è talmente radicata nella sua cultura bambinesca che l'attività viene ripetuta diverse volte al giorno, senza vergogna, possibilmente innanzi ad un pubblico, quasi fosse una pratica di cui andare fiere.
Quando, beccata con le dita nel naso, le si chiede "ma cosa fai?"
lei risponde candida "Cerco 'e caccole".
E ti guarda come se fossi un povero ignorante che non capisce un tubo.
Inizialmente, reagivamo con disgusto. Visti i risultati ottenuti, abbiamo deciso in familiar consesso di optare per l'indifferenza.
Anche questo metodo non sembra sortire gli effetti sperati.
"che fai amore?" le ha chiesto ieri la nonna.
"cerco 'e caccole, eh nonna! ecco, guadda una, la vedi nonna?" ha risposto la pupa, mostrando il suo trofeo verdognolo.
"ah va bene, ma adesso mi pare che tu abbia finito, vieni qui a disegnare", ha insistito - senza scomporsi, secondo la tattica concordata - la nonna.
"eh ma io c'ho un altro buco in cui cercare, nonna!".
mercoledì 2 febbraio 2011
Un viaggio lungo un giorno
Capita alle mamme che lavorano di doversi allontanare dai propri figli.
Le mamme non possono assolutamente rifiutare un incarico fuori sede. Anzi, hanno il dovere morale di dimostrare di poter percorrere 1200 km in un giorno per partecipare a meeting o udienze, senza patirne conseguenza alcuna.
"Del resto, ormai, che vuoi che sia, vai e vieni in giornata" ti dicono.
"Ci sono i treni superveloci e direttissimi, gli aerei supereconomici e superaffidabili e ad attenderti auto extralusso pagate dal cliente".
Mmm, pensi tu, qui c'è sotto una fregatura.
Ma poi parti, tanto non ti puoi rifiutare, visto che le altre mamme lavoratrici sono già state spedite in Guatemala e Norvegia e tu devi solo andare nel nord Italia e, comunque, se non ci vai tu...
Parti, lavori quel tanto che basta con la consapevolezza che in quanto mamma lavoratrice che si incontra con altre mamme lavoratici stai facendo un grosso buco nell'acqua e liquiderai la faccenda professionale in cinque minuti, per passare le successive due ore a parlare di bimbi, mariti, centri estetici e saldi.
E infatti.
Sei entrata da trenta secondi e già vi date tutte del tu.
In mezzora la faccenda è risolta, o almeno ti illudi che sia risolta, ma in cuor tuo già sai che il boss maledirà il giorno in cui ha deciso di mandare te, sacrificandosi per altro, e che dovrai discuterci ore per cercare di convincerlo della razionalità dell'idea che tu e le altre mamme lavoratrici aveve elaborato nel consesso.
Intanto, però, scopri di avere il tempo per fare due passi nel cuore dello shopping. Riesci persino a ripercorrere luoghi amati e troppo presto abbandonati, e a rivedere vecchi amici.
Trovi addirittura il tempo per entrare in una libreria a comprare trenta libri per la Pupa, libri che, a portali su e giù per l'Italia, pesano un accidente, ma che, appunto per questo, mettono a tacere definitivamente il senso di colpa da abbandono di incapace (e con ciò si fa riferimento non solo ai Pupi, ma anche ai consorti).
Sai già che pagherai cara questa giornata di libertà, con il marito (un tuo viaggio di lavoro, vale 4 sue uscite gogliardiche), con il boss (sputerai sangue per convincerlo che non si è ridotto tutto allo shopping compulsivo per le vie della città del Nord Italia), con la Pupa (che non ti mollerà un momento per i prossimi dieci giorni e si aspetterà regali ad ogni tuo ritorno a casa).
Stremata e digiuna rientrerai a casa dopo quindici ore di vagabondaggio, ti guarderai intorno e, adocchiata la mole di panni da lavare, la caterba di giochi in giro per la casa, la pila di piatti sporchi nel lavabo, il tuo primo pensiero sarà: quando potrò andare anche io in Guatemala?
Le mamme non possono assolutamente rifiutare un incarico fuori sede. Anzi, hanno il dovere morale di dimostrare di poter percorrere 1200 km in un giorno per partecipare a meeting o udienze, senza patirne conseguenza alcuna.
"Del resto, ormai, che vuoi che sia, vai e vieni in giornata" ti dicono.
"Ci sono i treni superveloci e direttissimi, gli aerei supereconomici e superaffidabili e ad attenderti auto extralusso pagate dal cliente".
Mmm, pensi tu, qui c'è sotto una fregatura.
Ma poi parti, tanto non ti puoi rifiutare, visto che le altre mamme lavoratrici sono già state spedite in Guatemala e Norvegia e tu devi solo andare nel nord Italia e, comunque, se non ci vai tu...
Parti, lavori quel tanto che basta con la consapevolezza che in quanto mamma lavoratrice che si incontra con altre mamme lavoratici stai facendo un grosso buco nell'acqua e liquiderai la faccenda professionale in cinque minuti, per passare le successive due ore a parlare di bimbi, mariti, centri estetici e saldi.
E infatti.
Sei entrata da trenta secondi e già vi date tutte del tu.
In mezzora la faccenda è risolta, o almeno ti illudi che sia risolta, ma in cuor tuo già sai che il boss maledirà il giorno in cui ha deciso di mandare te, sacrificandosi per altro, e che dovrai discuterci ore per cercare di convincerlo della razionalità dell'idea che tu e le altre mamme lavoratrici aveve elaborato nel consesso.
Intanto, però, scopri di avere il tempo per fare due passi nel cuore dello shopping. Riesci persino a ripercorrere luoghi amati e troppo presto abbandonati, e a rivedere vecchi amici.
Trovi addirittura il tempo per entrare in una libreria a comprare trenta libri per la Pupa, libri che, a portali su e giù per l'Italia, pesano un accidente, ma che, appunto per questo, mettono a tacere definitivamente il senso di colpa da abbandono di incapace (e con ciò si fa riferimento non solo ai Pupi, ma anche ai consorti).
Sai già che pagherai cara questa giornata di libertà, con il marito (un tuo viaggio di lavoro, vale 4 sue uscite gogliardiche), con il boss (sputerai sangue per convincerlo che non si è ridotto tutto allo shopping compulsivo per le vie della città del Nord Italia), con la Pupa (che non ti mollerà un momento per i prossimi dieci giorni e si aspetterà regali ad ogni tuo ritorno a casa).
Stremata e digiuna rientrerai a casa dopo quindici ore di vagabondaggio, ti guarderai intorno e, adocchiata la mole di panni da lavare, la caterba di giochi in giro per la casa, la pila di piatti sporchi nel lavabo, il tuo primo pensiero sarà: quando potrò andare anche io in Guatemala?
martedì 1 febbraio 2011
Homo Homini Lupus
Questa è la storia del lupo.
C'era una volta un lupo. Per colpa di qualche tata incauta, questo lupo faceva molta paura alla Pupa.
é evidente che core de mamma animalista non poteva tollerare un simile affronto alla natura.
é così che sono cominciate le favole del lupo.
adesso non si va a letto senza "una stolia 'el lupo, mamma" e ogni canide più o meno lupoide incontrato per strada diventa il Lupo, il Re dei lupi, il lupetto.
La storia fa più o meno così:
"C'era una volta un lupo. Il lupo è un animale molto grande".
"come papà, mamma?".
"mmm sì, come papà. Il lupo é anche un animale molto peloso."
"come papà, eh mamma?"
"mmm, sì, ma anche un po' più peloso di papà, sai?. Comunque, è un animale grosso, peloso e bellissimo".
Silenzio...
Io proseguo.
"Il lupo veglia con le fate sui bambini, controlla che nessuno gli faccia del male e che nessuno gli rubi i giochi. Vive nel bosco insieme alla lupa. Il lupo e la lupa si sono sposati e hanno fatto tanti..."
"Lupetti" (le ho insegnato a chiamarli lupetti e non lupini per non finire come quell'alunno di mia mamma che alla domanda sul naufragio dei Malavoglia ha risposto "si rende conto professorè, quei poveri lupini tutti morti!!!" "ma come morti Belloni? che sta dicendo?", ha indagato mia madre. "ma sì, professorè, tutti annegati. Poveri lupini").
Ma andiamo avanti.
"I lupetti sono animali bellissimi, piccoli, piccoli e molto pelosi"
"e gleen, mamma"
"eh? come?"
"gleeeenn, verdiii, mamma"
"ah sono verdi?"
"Sì, sì, mamma"
"ok, i lupetti sono verdi e giocano nel bosco con le fate. Nel bosco vivono tante fate, lo sai? Ci sono le fatine dei fiori che volano da un fiore all'altro. Poi c'è la fata turchina che vive su una stella e scende per trasformare i bambini di legno in bambini veri. Poi c'è la fatina dei denti che lascia un regalino sotto il cuscino quando esce un dente nuovo".
"Guarda mamma, io dente nuovo" mi dice spalancando le fauci come in una visita dentistica.
"mmm sta per uscire, ma ancora non è uscito. Vedrai che quando esce viene la fata.Oltre alla fatina dei denti, ci sono la Fata cerottina che viene quando un bimbo si fa un taglietto, da un bacio alla bua e fa passare tutto; la fata febbriciona che arriva quando un bimbo ha tanta febbre. Ah e poi, naturalmente, c'è la fata smemorina che aiuta le bimbe brave a scegliere il vestito adatto per la festa".
"noo, mamma, non la fetta, pel il ballo"
"ah sì, certo, scusa, per il ballo.
Un giorno un lupetto, mentre stava giocando con le fate, è rimasto con la testa incastrata in un albero".
"Pecchè mamma?"
"eh, perchè si è sbagliato. ma è venuto il dottore dei lupi e l'ha aiutato a liberarsi".
"Pecchè mamma?"
"eh è un lupetto un po' pasticcione"
"ahhh!! come papà, mamma?"
"mmm... un po' sì"
C'era una volta un lupo. O forse era un papà.
C'era una volta un lupo. Per colpa di qualche tata incauta, questo lupo faceva molta paura alla Pupa.
é evidente che core de mamma animalista non poteva tollerare un simile affronto alla natura.
é così che sono cominciate le favole del lupo.
adesso non si va a letto senza "una stolia 'el lupo, mamma" e ogni canide più o meno lupoide incontrato per strada diventa il Lupo, il Re dei lupi, il lupetto.
La storia fa più o meno così:
"C'era una volta un lupo. Il lupo è un animale molto grande".
"come papà, mamma?".
"mmm sì, come papà. Il lupo é anche un animale molto peloso."
"come papà, eh mamma?"
"mmm, sì, ma anche un po' più peloso di papà, sai?. Comunque, è un animale grosso, peloso e bellissimo".
Silenzio...
Io proseguo.
"Il lupo veglia con le fate sui bambini, controlla che nessuno gli faccia del male e che nessuno gli rubi i giochi. Vive nel bosco insieme alla lupa. Il lupo e la lupa si sono sposati e hanno fatto tanti..."
"Lupetti" (le ho insegnato a chiamarli lupetti e non lupini per non finire come quell'alunno di mia mamma che alla domanda sul naufragio dei Malavoglia ha risposto "si rende conto professorè, quei poveri lupini tutti morti!!!" "ma come morti Belloni? che sta dicendo?", ha indagato mia madre. "ma sì, professorè, tutti annegati. Poveri lupini").
Ma andiamo avanti.
"I lupetti sono animali bellissimi, piccoli, piccoli e molto pelosi"
"e gleen, mamma"
"eh? come?"
"gleeeenn, verdiii, mamma"
"ah sono verdi?"
"Sì, sì, mamma"
"ok, i lupetti sono verdi e giocano nel bosco con le fate. Nel bosco vivono tante fate, lo sai? Ci sono le fatine dei fiori che volano da un fiore all'altro. Poi c'è la fata turchina che vive su una stella e scende per trasformare i bambini di legno in bambini veri. Poi c'è la fatina dei denti che lascia un regalino sotto il cuscino quando esce un dente nuovo".
"Guarda mamma, io dente nuovo" mi dice spalancando le fauci come in una visita dentistica.
"mmm sta per uscire, ma ancora non è uscito. Vedrai che quando esce viene la fata.Oltre alla fatina dei denti, ci sono la Fata cerottina che viene quando un bimbo si fa un taglietto, da un bacio alla bua e fa passare tutto; la fata febbriciona che arriva quando un bimbo ha tanta febbre. Ah e poi, naturalmente, c'è la fata smemorina che aiuta le bimbe brave a scegliere il vestito adatto per la festa".
"noo, mamma, non la fetta, pel il ballo"
"ah sì, certo, scusa, per il ballo.
Un giorno un lupetto, mentre stava giocando con le fate, è rimasto con la testa incastrata in un albero".
"Pecchè mamma?"
"eh, perchè si è sbagliato. ma è venuto il dottore dei lupi e l'ha aiutato a liberarsi".
"Pecchè mamma?"
"eh è un lupetto un po' pasticcione"
"ahhh!! come papà, mamma?"
"mmm... un po' sì"
C'era una volta un lupo. O forse era un papà.
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