Dopo una settimana di feste della donna, manifestazioni al femminile, convegni sul ruolo della donna nel mondo del lavoro, sedute psicanalitiche sulla consapevolezza del ruolo di mamma e moglie, ho deciso di mettere in pratica il cambiamento da più parti suggerito.
Abbandonati definitivamente i panni della donna macho, mi sono recata in udienza con l’intenzione di essere in tutto e per tutto me stessa: una donna, mamma, avvocato, stanca, depressa e in sovrappeso.
Niente mise studiate per il tribunale, niente tubini strizzati, niente tacchi, ma comode scarpe da ginnastica basculanti (sì, quelle che sembrano rubate a Frankestein), pantaloni larghi con elastico in vita, golfino a collo alto e mantellona di lana.
Una comodità assoluta. La sincerità estrema. L’orrore estetico.
In udienza c’erano anche “le mie ragazze”, gli avvocati delle generazioni future, al momento definite “praticanti”.
Nell’attesa del nostro turno al cospetto del giudice, ho, come di consueto, condotto la conversazione:
“Volete un cappuciokko?”
“no, grazie avvocato”. Le praticanti sono le uniche al mondo a chiamarmi avvocato e a darmi del lei.
“io me lo prendo, sono così stanca. Per una volta che mia figlia ha dormito, la gatta mi ha tenuta sveglia tutta la notte”.
Torno con il cappuciokko e mi decido a parlare di cose serie, argomenti che saranno utilissimi nella carriera delle mie ragazze. Le interrompono mentre disquisiscono dell’ultima riforma del codice di procedura civile, e dico “allora, avete visto i vestiti della notte degli oscar?”
Quelle mi guardano perplesse.
Fortunatamente, non hanno il tempo di replicare, perché il giudice ci chiama.
In udienza, sono un treno. Se potessi uscire da me stessa e osservarmi dall’alto, non mi riconoscerei.
Comunque, per oscure ragioni che io stessa ignoro, vado forte.
Il giudice è una delizia. In tutti i sensi.
è pacata, ma seria, e ha l’aria di essere preparata. è vestita divinamente (no, lei non indossa pantaloni con l’elastico in vita). Ed è bellissima.
Quando sorride, mi viene voglia di abbracciarla. Naturalmente, mi contengo.
Va bene essere se stesse e coltivare la femminilità, ma vorrei evitare di finire in galera per molestie.
Ad un certo punto, ci confessa che reputa la causa molto difficile. Ha ragione e glielo dico:
“è proprio vero, sapesse quanti pianti mi sono fatta sulla pratica, all’inizio”.
L’avvocato di controparte si agita sulla sedia.
Ma il giudice sorride: “la verità è che quando leggo gli atti dell’attore non posso che dargli ragione, poi, però, leggo quelli del convenuto e do ragione anche a lui”
“L’importante è che legga sempre i miei per secondi” le dico.
Il Giudice ride, l’avvocato di controparte non ride. è un uomo, ovviamente. è carino, a modo, ha tutto quello che si conviene ad un bravo avvocato. E dunque, è ovvio, è del tutto privo di senso dell’umorismo.
All’uscita, le mie ragazze mi saltano addosso come ciwawa in crisi d’astinenza.
“avvocato” mi dicono con aria sconvolta “avvocato, ma lei è bravissima”.
“oh beh, grazie” dico imbarazzata.
“no, avvocato, diciamo sul serio. Mentre parlava ci siamo guardate come per dire, ma è proprio lei o ce l’hanno sostituita strada facendo?”.
Sono sinceramente commossa dal loro entusiasmo giovanile e non me la sento di far loro notare che il senso del loro complimento è : “ma come può quella deficiente che parla solo di moda, pannolini sporchi di cacca, gatti pazzi e diete, capire qualcosa di diritto?”.
Allora ringrazio e le lascio nella convinzione di aver appena appreso uno dei segreti di Fatima.
Poi, mi reco in ufficio. Ripasso mentalmente i suggerimenti del convengo e un articolo che avevo letto su Glamoor "le dieci mosse per ottenere un aumento".
Busso alla porta del boss.
Faccio un resoconto dettagliato dell’udienza e poi comincio :
“sai, al convegno dell’altro giorno, sì, beh, insomma, è venuto fuori che sono un po’ sottopagata” Così dico, ma, in realtà, penso “diciamo pure che sono tenuta alla fame”.
“Mmm” mugugna, mentre legge le emails.
A questo punto, potrei anche dirgli che ho appena visto la moglie girare nuda per il centro, comunque, non otterrei alcuna reazione.
Ha già smesso di seguirmi.
Dice il giornale che devo trovare un argomento capace di catturare la sua attenzione.
“Sai in metro ho visto un tipo con l’ebook”.
Subito alza la testa: “ahh certo!! è quello il futuro” mi risponde con convinzione (il boss è un fissato delle nuove tecnologie). Lo lascio sfogare, fingendo di ascoltare il suo predicozzo sulla funzione fondamentale degli e-book per il futuro del pianeta e poi ritento:
“io penso che, a questo punto, dovrei avere un aumento”.
Glamoor dice di far riferimento alla situazione del mercato (non è che gli avvocati si trovino proprio al mercato, ma io ci provo).
“sai mi sono informata, ed è venuto fuori che gli altri studi legali pagano di più”
“e perché non vai lì, allora?”.
Già perché?
Non ci vado, perché non mi vogliono, è chiaro. Chi se la piglia una mamma avvocato che non può garantire la disponibilità 24 ore su 24? Questo ho la sensazione di non poterlo dire, allora mi fingo emotivamente coinvolta nel lavoro.
“Ma io qui mi trovo bene. Non voglio andare lì, voglio stare qui, continuare a lavorare con te che mi insegni così bene, ma essere pagata adeguatamente”.
“Non abbiamo i soldi, io stesso mi sono autotassato per poter pagare le segretarie. Mi dispiace”.
Glamour non dava suggerimenti per un caso di questo genere. Allora, improvviso.
“Sai mi sono accorta che l’altro giorno non ho avuto alcuna reazione quando mi hai detto che tutti dicono che assomigli a Colin Firth. Non vorrei che avessi pensato che il mio repentino cambiare discorso fosse un bieco tentativo di evitare di essere costretta ad un confronto sincero su questo punto”.
Tace e mi guarda in cagnesco.
“Se adesso ti dico che è assolutamente vero che assomigli a Colin Firth, che l’ho sempre pensato ma non avevo il coraggio di dirtelo, potresti prendere in considerazione l’idea di darmi un aumento?”.
Sono giorni che sbatto la testa sulle tecniche dell'argomentazione in vista di una relazione ad un Congresso, e ho scoperto con quanta frequenza i nostri colleghi avvocati (naturalmente tutti maschi) utilizzino argomenti fallaci, giudicati, dagli esperti del settore "espressione scorretta del disputare".
RispondiEliminaPer mettere a servizio di noi donne tanto sudore provo ad applicare le regolette appena apprese alla tua conversazione con il Boss.
FALLACIA N. 1 del Boss:
Quando ti chiede perchè non vai all'altro studio amplia indebitamente la portata della tua tesi: tu non hai mai detto, nè lasciato intendere di voler andar via. E' una pavida scappatoia per sfuggire alle situazioni di imbarazzo: la replica è inaccettabile in quanto mossa diversiva.
FALLACIA n. 2,3,4 del Boss
La seconda risposta (quando afferma di essersi autotassato per pagare le segretarie) è una summa di fallacie, che per comodo riconduco ad uno stesso paragrafo.
- la replica poggia su termini, come autotassare, emotivamente e dunque illegittimamente connotati. Il Boss usa la carica emozionale delle parole per influenzare indebitamente l'interlocutore: non è considerato lecito.
- Inoltre l'uso dei termini è equivoco (fallacia linguistica). Pagare una segretaria comporta sempre una rinuncia ai propri utili. Il ricorso al concetto di tassazione è improprio.
- Il Boss ricorre anche ad un altro classico argomento fallace, quello ad misericordiam: fa leva sui sentimenti dell'interlocutore, ma non risponde alla domanda: perchè poi ritiene giusto autotassarsi per pagare adeguatamente le segretarie, e non fa lo stesso per pagare le avvocatesse?
Certo, è ben vero che come lavorano le nostre segretarie...
Aha :D
RispondiEliminacomunque, devo confessare. Quella conversazione era pura fantasia.
Io non ce l'ho il coraggio di chiedere un aumento.
Quel che è vero è che ho fatto a bene a scrivere che il giudice è bellissima! il primo provvedimento che ha fatto è stato per noi molto favorevole!!
Bè, ora hai a tua disposizione tecniche e argomenti per farlo
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