Alla fine, ce l'ho fatta: sono sopravvissuta alle vacanze al mare e pure a quelle in montagna.
Con l'aiuto di qualche pasticca e qualche goccia di mediamente-alcolici, sono riuscita a non soccombere sotto gli attacchi combinati dei miei figli e dei gruppi armati indipendenti di puponi guidati da mia figlia.
Tornata a casa, come era ovvio, sembravo una sopravvissuta allo tsunami.
Caso strano, l'Orco, abbandonato a se stesso per più di un mese, era fresco come una rosa. Abbronzato, dimagrito, depilato...
Troppo stanca per pormi domande, con un unico desiderio: rinchiudermi in ufficio e buttare i costumi in un tritarifiuti.
Bisogna stare attenti coi desideri, hai visto mai che ti esce un Genio dalla lampada...
Il mio Genio non è uscito dalla lampada, ma dal pc.
Il desiderio, però, me l'ha esaudito lo stesso, con queste parole di un'email di fine agosto:
"Rientrare subito per questione urgente. Punto. Punto e virgola. Due punti. Punto esclamativo.".
Questa volta, non c'ha nemmeno provato a fingere che fosse una questione interessantissima, di quelle che hai sempre desiderato ma mai ti hanno permesso di trattare. Non si è appoggiato con l'aria sorniona sullo stipite della porta, coi capelli sconvolti e il completo sartoriale.
Mi ha aperto la porta dello studio con un "che palle, dobbiamo assolutamente risolvere 'sta grana. Son già stanco".
Era in quel momento che dovevo capire che la mia vita non poteva che peggiorare.
Proprio quando il mio capo in seconda, dopo una vacanza da single ai tropici, mi ha fissata nelle palle degli occhi, sopra alle mie occhiaie da zombie e sotto i capelli stinti e in disordine, per dirmi "sono già stanco".
Un attimo dopo era già troppo tardi.
E infatti, mi sono ritrovata così: senza tata, senza scuola, senza nonni, con un Orco, due piccole sanguisughe in libertà e un lavoro.
Non so come, oberata come ero ancor prima di cominciare (perché sì, a dire il vero, si vocifera fra gli addetti ai lavori che esista una cosa chiamata sospensione feriale dei termini giudiziali/ferie degli avvocati/chiusura dei tribunali), sono arrivata all'11 settembre.
con le lacrime agli occhi, ho portato la pupa a scuola. Sono entrata, l'ho spinta in avanti e ho detto trionfante: "eccola, è qui!".
Sìììì, MENO UNO.
Ma, di fronte a me, un paio di teste di suora oscillavano da destra a sinistra: no, no, no!
La scuola dei piccoli comincia domani, così hanno detto.
No, no, no! Diceva anche la mia voce interiore.
"non potreste tenerla almeno un po'?"
"No, no, no!"
mavaff.... che diamine di cristiane siete?
No, no, no, facevano le teste e sopra, invece che un'aureola, sono quasi sicura di aver visto un fumetto: "Ah signò, siamo suore, mica esorcisti".
L'ho dovuta ricaricare in macchina e riportare a casa, mentre mi guardava di sbieco.
che cosa hai combinato mamma? diceva il suo sguardo.
Questo era il rientro.
Questo era solo l'inizio.
martedì 29 ottobre 2013
mercoledì 11 settembre 2013
Progetti per il rientro
Al mare, mi sono fatta un'amichetta.
Ha 23 anni, gambe lunghe e - molto, molto in alto, almeno per me - occhi tondi e gialli.
è bella da morire, così che trovarla dal sola al mare mi fa pensare che i ragazzi di oggi, oltre che poco intelligenti, siano anche ciechi.
è posata e gentile, nonostante la giovane età.
Insomma, a differenza degli altri pocopiùcheventenni che ho avuto la sventura di conoscere, non assomiglia ad uno di quei cagnetti smaniosi che si attaccano alle gambe e ai quali vorresti solo dire: "senti, bello, fatti una vita tua o, almeno, trovati un albero".
Piuttosto, con i suoi occhioni gialli e la chioma ribelle, ricorda una fiera, e languida, leonessa. Può scattare con un balzo, se c'è bisogno, ma, se il bisogno non c'è, può stare sdraiata all'ombra a pensare. Non teme il silenzio.
è di Bologna. Dunque, parla in modo delizioso, aggiungendo ogni tanto un "sorbole!" alle sue considerazioni.
A dire il vero, al mare, viviamo circondati dagli emiliani e i sorbole fioccano a destra e sinistra.
Non potrei esserne più felice, adoro l'accento bolognese, e gli Emiliani mi mettono appetito di cose buone. Le sorbole, in particolare, mi fanno venire in mente un sorbetto di giuggiole, che forse nemmeno esiste.
Mia figlia, però, ha deciso di reinterpretare in modo personale il loro tipico intercalare, trasformandolo nel più romano "Porcole!".
Adesso, quindi, non si fa in tempo ad aprire bocca che si inciampa in un "Porcole!", espressione che rimanda alla più prosaica, ma sempre gustosa, porchetta. Mi chiedo se le suore penseranno alla porchetta quando lo sentiranno, al rientro a scuola.
La mia amica, come è giusto che sia, è piena di progetti per l'avvenire, in particolare, per settembre.
"Quando torno, voglio iscrivermi ad un corso di tango argentino, ad uno di cucina e comprare nuovi vestiti on line come mi hai insegnato tu"
"ottima idea!" rispondo, mentre prenoto su napulè.com un grosso corno rosso, pensando agli accidenti che mi manderanno i genitori della mia amica quando scopriranno che ho introdotto la figlia nel pericoloso mondo dell' e-commerce.
"Voglio rivedere quel tipo con cui sono uscita e chiederli spiegazioni sul suo comportamento"
"Brava, è il minimo che lui possa fare" ma non lo farà, è un maschio e non conosce le ragioni del suo comportamento, e comunque non è in grado di spiegarle.
"E tu? che progetti hai per il rientro?", mi chiede, con gentilezza.
Lancio una rapida occhiata ai miei figli che, dopo aver sperimentato nuove tecniche di annegamento, risalgono sul bagnasciuga trascinando un carico di pietre che mi chiederanno di trasportare fino a casa, tiro un sospiro, e rispondo:
"di rientrare", viva, se possibile.
Ha 23 anni, gambe lunghe e - molto, molto in alto, almeno per me - occhi tondi e gialli.
è bella da morire, così che trovarla dal sola al mare mi fa pensare che i ragazzi di oggi, oltre che poco intelligenti, siano anche ciechi.
è posata e gentile, nonostante la giovane età.
Insomma, a differenza degli altri pocopiùcheventenni che ho avuto la sventura di conoscere, non assomiglia ad uno di quei cagnetti smaniosi che si attaccano alle gambe e ai quali vorresti solo dire: "senti, bello, fatti una vita tua o, almeno, trovati un albero".
Piuttosto, con i suoi occhioni gialli e la chioma ribelle, ricorda una fiera, e languida, leonessa. Può scattare con un balzo, se c'è bisogno, ma, se il bisogno non c'è, può stare sdraiata all'ombra a pensare. Non teme il silenzio.
è di Bologna. Dunque, parla in modo delizioso, aggiungendo ogni tanto un "sorbole!" alle sue considerazioni.
A dire il vero, al mare, viviamo circondati dagli emiliani e i sorbole fioccano a destra e sinistra.
Non potrei esserne più felice, adoro l'accento bolognese, e gli Emiliani mi mettono appetito di cose buone. Le sorbole, in particolare, mi fanno venire in mente un sorbetto di giuggiole, che forse nemmeno esiste.
Mia figlia, però, ha deciso di reinterpretare in modo personale il loro tipico intercalare, trasformandolo nel più romano "Porcole!".
Adesso, quindi, non si fa in tempo ad aprire bocca che si inciampa in un "Porcole!", espressione che rimanda alla più prosaica, ma sempre gustosa, porchetta. Mi chiedo se le suore penseranno alla porchetta quando lo sentiranno, al rientro a scuola.
La mia amica, come è giusto che sia, è piena di progetti per l'avvenire, in particolare, per settembre.
"Quando torno, voglio iscrivermi ad un corso di tango argentino, ad uno di cucina e comprare nuovi vestiti on line come mi hai insegnato tu"
"ottima idea!" rispondo, mentre prenoto su napulè.com un grosso corno rosso, pensando agli accidenti che mi manderanno i genitori della mia amica quando scopriranno che ho introdotto la figlia nel pericoloso mondo dell' e-commerce.
"Voglio rivedere quel tipo con cui sono uscita e chiederli spiegazioni sul suo comportamento"
"Brava, è il minimo che lui possa fare" ma non lo farà, è un maschio e non conosce le ragioni del suo comportamento, e comunque non è in grado di spiegarle.
"E tu? che progetti hai per il rientro?", mi chiede, con gentilezza.
Lancio una rapida occhiata ai miei figli che, dopo aver sperimentato nuove tecniche di annegamento, risalgono sul bagnasciuga trascinando un carico di pietre che mi chiederanno di trasportare fino a casa, tiro un sospiro, e rispondo:
"di rientrare", viva, se possibile.
domenica 18 agosto 2013
a metà del viaggio
14 agosto 2013. Ore 10.30. Scambio di sms.
"è il 14 agosto e sono già alla quinta telefonata quotidiana con il cliente. l'ho sentito più di mio marito. spero che a te sia andata meglio."
"sono ancora in ufficio. Il Boss"
"cosa? sei pazzo, vai al mare, non ne vale la pena... ma aspetta, chi c'è con te?"
"siamo solo io e il Super boss"
"e l'aria condizionata funziona? e le strade sono deserte?"
"sì e sì. ho finito una memoria, ma non riesco ad inviarla"
Sono tre settimane che sono sola con i miei figli al mare.
ogni mattina mi sveglio all'alba, cucino per il pranzo e per la cena, preparo la colazione e faccio il bucato.
Poi arrivano loro.
li lavo, li incremo e predispongo alla discesa in spiaggia.
durante queste operazioni arrivano "gli altri", il twin set dei vicini, i gemelli diversi che hanno deciso che noi siamo molto meglio della famiglia di origine e vivono a casa nostra dieci ore al giorno.
è il momento del primo analgesico. ne seguiranno altri, molti altri.
in questo momento, l'unico posto dove vorrei essere è l'ufficio. il mio polveroso, freddo e silenzioso ufficio.
ma capisco che non posso condividere questo mio desiderio con uno che è lì rinchiuso da undici mesi.
potrebbe prenderla male e correre a comprarmi i biglietti per il Sudan.
Così, scrivo:
"L'anno prossimo dimmelo che hai da fare, così mi organizzo per restare. oppure, organizziamoci per sostituirci a vicenda"
Ancora devo decidere se è un colpo di genio o di imbecillità. Lo scoprirò, l'estate prossima. probabilmente.
o nel corso del viaggio verso il Sudan.
"è il 14 agosto e sono già alla quinta telefonata quotidiana con il cliente. l'ho sentito più di mio marito. spero che a te sia andata meglio."
"sono ancora in ufficio. Il Boss"
"cosa? sei pazzo, vai al mare, non ne vale la pena... ma aspetta, chi c'è con te?"
"siamo solo io e il Super boss"
"e l'aria condizionata funziona? e le strade sono deserte?"
"sì e sì. ho finito una memoria, ma non riesco ad inviarla"
Sono tre settimane che sono sola con i miei figli al mare.
ogni mattina mi sveglio all'alba, cucino per il pranzo e per la cena, preparo la colazione e faccio il bucato.
Poi arrivano loro.
li lavo, li incremo e predispongo alla discesa in spiaggia.
durante queste operazioni arrivano "gli altri", il twin set dei vicini, i gemelli diversi che hanno deciso che noi siamo molto meglio della famiglia di origine e vivono a casa nostra dieci ore al giorno.
è il momento del primo analgesico. ne seguiranno altri, molti altri.
in questo momento, l'unico posto dove vorrei essere è l'ufficio. il mio polveroso, freddo e silenzioso ufficio.
ma capisco che non posso condividere questo mio desiderio con uno che è lì rinchiuso da undici mesi.
potrebbe prenderla male e correre a comprarmi i biglietti per il Sudan.
Così, scrivo:
"L'anno prossimo dimmelo che hai da fare, così mi organizzo per restare. oppure, organizziamoci per sostituirci a vicenda"
Ancora devo decidere se è un colpo di genio o di imbecillità. Lo scoprirò, l'estate prossima. probabilmente.
o nel corso del viaggio verso il Sudan.
La partenza
24 luglio 2013. Ore 21.45.
Dalla camera da letto di un terzo piano di Roma Nord al salone di un attico di Roma est.
"Allora, hai salutato?"
"Sì, no..."
"cioè?"
"ho salutato il boss in seconda, era inevitabile..."
"Certo, anche io ho salutato il Boss..."
"e?"
"niente, non se n'è nemmeno accorto, figurati... sai come fa, quando scrive al pc e tu entri in stanza, parli per mezzora e lui non alza mai gli occhi dallo schermo... e alla fine fa una specie di grugnito e tu capisci che è ora di levare le tende? ecco, è andata così. Con lui, è stato facile."
"Ah no, il boss in seconda me ne ha dette di cose..."
"immaginavo... ma lui è single, senza figli, non può capire"
"no, nessuno può capire."
"Già. E poi?"
"Poi, niente, stavo sgusciando via, camminavo silenziosa, rasente al muro, come mi hai suggerito..."
"brava..."
"quando son saltati tutti fuori"
"No! tutti, tutti?"
"Praticamente..."
"oddio... ti aspettavano sull'uscio. Era un'imboscata, ci scommetto"
"Già. Ne aveva l'aria"
"e?"
"e niente, guarda, una tragedia...uno non faceva in tempo a dire: ma che fai te ne vai? il 24 luglio? che l'altro rincarava la dose: così presto? manca ancora una settimana ad agosto. e ancora si levavano voci a destra e a manca: noi stiamo ancora fino al 31, io parto il 4 agosto, io prima del 15 non mi muovo. beata te che lavori così poco e guadagni così bene..."
"hiiii, così hanno detto?? ma lo sanno quanto guadagni?"
"impossibile, altrimenti come avrebbero potuto dire una cosa del genere?"
"infatti. Ma, poi, lo sanno cosa vai a fare? Come fanno ad essere invidiosi?"
"Sono matti! io pagherei per poter restare in ufficio, con l'aria condizionata, poca gente e i figli lontani..."
"a chi lo dici..."
"comunque, guarda, mi hanno fatta sentire come Schettino... che amarezza"
"capisco, l'unica differenza è che noi di navi da guidare ne abbiamo due: una non è messa tanto bene, ma tutto sommato sta a galla e ha l'aria condizionata, l'altra, quella sopra la quale saltano i nostri figli, è alla deriva... D'estate, contro voglia, contro il parere del medico e contro i desideri dei colleghi, dobbiamo dedicarci a quelli che abbiamo partorito, non c'è scampo".
"hai ragione... a proposito, devo scappare, uno dei miei tre sta ululando"
"buona notte e in bocca al lupo..."
Questa è stata l'ultima volta che ho parlato con la mia collega. L'ultima rimasta, in questo mondo di uomini.
Dalla camera da letto di un terzo piano di Roma Nord al salone di un attico di Roma est.
"Allora, hai salutato?"
"Sì, no..."
"cioè?"
"ho salutato il boss in seconda, era inevitabile..."
"Certo, anche io ho salutato il Boss..."
"e?"
"niente, non se n'è nemmeno accorto, figurati... sai come fa, quando scrive al pc e tu entri in stanza, parli per mezzora e lui non alza mai gli occhi dallo schermo... e alla fine fa una specie di grugnito e tu capisci che è ora di levare le tende? ecco, è andata così. Con lui, è stato facile."
"Ah no, il boss in seconda me ne ha dette di cose..."
"immaginavo... ma lui è single, senza figli, non può capire"
"no, nessuno può capire."
"Già. E poi?"
"Poi, niente, stavo sgusciando via, camminavo silenziosa, rasente al muro, come mi hai suggerito..."
"brava..."
"quando son saltati tutti fuori"
"No! tutti, tutti?"
"Praticamente..."
"oddio... ti aspettavano sull'uscio. Era un'imboscata, ci scommetto"
"Già. Ne aveva l'aria"
"e?"
"e niente, guarda, una tragedia...uno non faceva in tempo a dire: ma che fai te ne vai? il 24 luglio? che l'altro rincarava la dose: così presto? manca ancora una settimana ad agosto. e ancora si levavano voci a destra e a manca: noi stiamo ancora fino al 31, io parto il 4 agosto, io prima del 15 non mi muovo. beata te che lavori così poco e guadagni così bene..."
"hiiii, così hanno detto?? ma lo sanno quanto guadagni?"
"impossibile, altrimenti come avrebbero potuto dire una cosa del genere?"
"infatti. Ma, poi, lo sanno cosa vai a fare? Come fanno ad essere invidiosi?"
"Sono matti! io pagherei per poter restare in ufficio, con l'aria condizionata, poca gente e i figli lontani..."
"a chi lo dici..."
"comunque, guarda, mi hanno fatta sentire come Schettino... che amarezza"
"capisco, l'unica differenza è che noi di navi da guidare ne abbiamo due: una non è messa tanto bene, ma tutto sommato sta a galla e ha l'aria condizionata, l'altra, quella sopra la quale saltano i nostri figli, è alla deriva... D'estate, contro voglia, contro il parere del medico e contro i desideri dei colleghi, dobbiamo dedicarci a quelli che abbiamo partorito, non c'è scampo".
"hai ragione... a proposito, devo scappare, uno dei miei tre sta ululando"
"buona notte e in bocca al lupo..."
Questa è stata l'ultima volta che ho parlato con la mia collega. L'ultima rimasta, in questo mondo di uomini.
lunedì 27 maggio 2013
Vuoti di memoria
Chiunque viva con uno di loro lo sa: gli orchi soffrono di gravi vuoti di memoria.
Gli chiedi di comprare pannolini per il mannarino? L'orco se ne dimentica.
Ma, insomma, non è la fine del mondo se il pupo rimane senza pannolini per un giorno.
Che sarà mai?
Al limite, lo troverai girare nudo per casa a marchiare ogni angolo di tiepida pipì, alzando la gambina e sgrullando il suo micro pisello a destra e a manca. Incantevole!
Arrivi a casa alle dieci di sera, distrutta da una giornata di lavoro e con una fame da iena in tempo di carestia? Diamine, l'orco si è mangiato tutta la cena con pupi e tata, dimenticandosi che anche tu mangi.
Vabbè, dai, può capitare, non muore nessuno. A parte te, di fame.
Esistono cose, nella società civile, chiamate dichiarazioni dei redditi?
Servizi che comportano l'esborso di una certa cifra di danaro alla ricezione di determinate comunicazioni scritte?
O ancora, mezzi di trasporto che necessitano di assicurazione o di un carburante per potersi muovere liberamente nel traffico?
Non ci sperate.
L'orco non dichiara ("ma scusa, anche io devo fare il 730? e perché?" "perché sei vivo."),
non paga ("ma come? c'è una scadenza per pagare le bollette? Vabbè, in fin dei conti, questa penombra è molto romantica..." "sì, mentre io accendo le candele, mangi tu tutta la carne che c'è nel freezer?" "Ma certo, ho una fame!" "vai comincia, allora" "ehh, ma, amo, è cruda!" "e tale rimarrà, non ricordi che hai voluto i fornelli elettrici, perché più sicuri per i bambini?"),
non assicura ("amo, mi hanno rubato la macchina..." "ma come? quel catorcio?" "sì..." "vabbè, meglio, con i soldi dell'assicurazione ti compri il motorino" "ehhmm, no, è che... ho scoperto che l'assicurazione era scaduta due mesi fa" "ohh... e, lasciami indovinare, da sola non si è rinnovata?")
e non rifornisce ("la macchina non cammina... puoi chiamare il meccanico?" "l'ho già chiamato, ha detto che con 50 euro di benzina ha risolto tutto..." "oh, fantastico, è proprio bravo! e quanto ci è costato?" "150 euro" "stupendo, è anche economico!").
La pupa aveva tre mesi, quando il disturbo si rivelò la prima volta.
Avevo impiegato trenta minuti di ninne nanne, scrollamenti, lanci in carrozza da parete a parete per farla addormentare.
Uscita dalla cameretta, trovai l'orco tutto preso da un conversazione telefonica. Il tono era quello degli orchi: milioni di decibel. (Il tenore, il solito, quello degli orchi-boys: "io userò spider man, ha più crediti. No, Batman è una sega. Non fa danni").
E così, benché il tema trattato fosse di vitale importanza per la sopravvivenza dell'umanità, azzardai un'interruzione: "Parla piano ché la bambina si sveglia".
"eh? cosa? Ma quale bambina?"
E dire che, all'epoca, ancora ricordava di spegnere la tv prima di addormentarsi, di accendere il gas sotto la pentola, di chiudere la porta di casa dopo aver preso le chiavi, di cercare la patente nel cassetto dei calzini prima di mettersi alla guida.
Negli anni, la memoria è divenuta via via più labile.
Un anno fa:
"Sto per partorire, vieni?"
"ma perché sei incinta?"
Sei mesi fa:
"hai preso la Pupa da scuola?"
"Ma perché va a scuola?"
Una settimana fa:
scendo dall'auto, mi reco a buttare una cartaccia, lo vedo che sopraggiunge e mi tende la mano.
"Andiamo?" dice.
"sì, ma scusa, e il Pupo dov'è?"
"ehh, chi?"
"il Pupo, tuo figlio"
"Ah già, quello! è in macchina, credo...".
Gli chiedi di comprare pannolini per il mannarino? L'orco se ne dimentica.
Ma, insomma, non è la fine del mondo se il pupo rimane senza pannolini per un giorno.
Che sarà mai?
Al limite, lo troverai girare nudo per casa a marchiare ogni angolo di tiepida pipì, alzando la gambina e sgrullando il suo micro pisello a destra e a manca. Incantevole!
Arrivi a casa alle dieci di sera, distrutta da una giornata di lavoro e con una fame da iena in tempo di carestia? Diamine, l'orco si è mangiato tutta la cena con pupi e tata, dimenticandosi che anche tu mangi.
Vabbè, dai, può capitare, non muore nessuno. A parte te, di fame.
Esistono cose, nella società civile, chiamate dichiarazioni dei redditi?
Servizi che comportano l'esborso di una certa cifra di danaro alla ricezione di determinate comunicazioni scritte?
O ancora, mezzi di trasporto che necessitano di assicurazione o di un carburante per potersi muovere liberamente nel traffico?
Non ci sperate.
L'orco non dichiara ("ma scusa, anche io devo fare il 730? e perché?" "perché sei vivo."),
non paga ("ma come? c'è una scadenza per pagare le bollette? Vabbè, in fin dei conti, questa penombra è molto romantica..." "sì, mentre io accendo le candele, mangi tu tutta la carne che c'è nel freezer?" "Ma certo, ho una fame!" "vai comincia, allora" "ehh, ma, amo, è cruda!" "e tale rimarrà, non ricordi che hai voluto i fornelli elettrici, perché più sicuri per i bambini?"),
non assicura ("amo, mi hanno rubato la macchina..." "ma come? quel catorcio?" "sì..." "vabbè, meglio, con i soldi dell'assicurazione ti compri il motorino" "ehhmm, no, è che... ho scoperto che l'assicurazione era scaduta due mesi fa" "ohh... e, lasciami indovinare, da sola non si è rinnovata?")
e non rifornisce ("la macchina non cammina... puoi chiamare il meccanico?" "l'ho già chiamato, ha detto che con 50 euro di benzina ha risolto tutto..." "oh, fantastico, è proprio bravo! e quanto ci è costato?" "150 euro" "stupendo, è anche economico!").
La pupa aveva tre mesi, quando il disturbo si rivelò la prima volta.
Avevo impiegato trenta minuti di ninne nanne, scrollamenti, lanci in carrozza da parete a parete per farla addormentare.
Uscita dalla cameretta, trovai l'orco tutto preso da un conversazione telefonica. Il tono era quello degli orchi: milioni di decibel. (Il tenore, il solito, quello degli orchi-boys: "io userò spider man, ha più crediti. No, Batman è una sega. Non fa danni").
E così, benché il tema trattato fosse di vitale importanza per la sopravvivenza dell'umanità, azzardai un'interruzione: "Parla piano ché la bambina si sveglia".
"eh? cosa? Ma quale bambina?"
E dire che, all'epoca, ancora ricordava di spegnere la tv prima di addormentarsi, di accendere il gas sotto la pentola, di chiudere la porta di casa dopo aver preso le chiavi, di cercare la patente nel cassetto dei calzini prima di mettersi alla guida.
Negli anni, la memoria è divenuta via via più labile.
Un anno fa:
"Sto per partorire, vieni?"
"ma perché sei incinta?"
Sei mesi fa:
"hai preso la Pupa da scuola?"
"Ma perché va a scuola?"
Una settimana fa:
scendo dall'auto, mi reco a buttare una cartaccia, lo vedo che sopraggiunge e mi tende la mano.
"Andiamo?" dice.
"sì, ma scusa, e il Pupo dov'è?"
"ehh, chi?"
"il Pupo, tuo figlio"
"Ah già, quello! è in macchina, credo...".
giovedì 18 aprile 2013
Una telefonata
Giaccio seduta alla scrivania, circondata, sovrastata, assediata dalle pratiche. Affogo.
Chi entra in stanza ha difficoltà ad individuarmi. Sono un puntino nero, nascosto da decine di faldoni grondanti carta.
Vorrei piangere.
Ma piangere mi porterebbe via 15 preziosissimi minuti, magari anche una mezz'ora, e non ce l'ho tutto questo tempo da versare in lacrime.
Non ho tempo da sprecare con alcun tipo di liquido corporeo.
Contingento anche la pipi': non più di tre uscite dal muro di pratiche al giorno, per il bagno. Ho anche pensato ad un collegamento diretto, che so, una specie di catetere, ma ogni tanto qualche cliente passa nella mia zona ed è già abbastanza difficile giustificare gli stivali da bikers.
Lo so, sono cose da pazzi, ma questa - certi giorni - è proprio la mia vita.
Quando arriva sera, sono stremata.
Mi bruciano gli occhi, sono rossi e spenti.
Vedo lo schermo del pc a righe, avanza verso di me, come danzando.
Così, mi viene l'idea di chiamare il dott. Occhioperocchio: l'oculista.
(Ovviamente, le telefonate sono concesse solo nel corso degli spostamenti: casa-scuola, scuola-lavoro, lavoro-supermercato, tribunale-corted'appello, sezione prima- sezione ottava, stanza-bagno, ecc.).
"Pronto" dice Occhioperocchio.
"Dottore, buonasera, sono l'avv. Mommy, come sta?" io chiedo sempre "come sta", a tutti, in ogni frangente (naturalmente, sono preparata a risposte tipo "avv. mi ha chiamato in ospedale, dove sono ricoverato dopo essere stato investito da un autobus, come vuole che stia?").
Ma Occhioperocchio, per fortuna, dice "bene, avv., e lei? Mi dica..."
"bene bene, grazie, ma ho un po' di fastidio agli occhi, ci vedo di meno, bruciano" altrimenti, voglio dire, perché avrei chiamato un oculista?
"beh, prenoti una visita con la mia segretaria..."
"no, no dottore!" Lo interrompo "Che visita!? No, no, non posso!"
No dico, non ho tempo nemmeno per fare pipì, ci manca che vado a farmi visitare da un medico! "Non ho tempo dottore, non mi può dire qualcosa al telefono?"
Mi risponde con voce lenta, paziente, simile a quella che si usa con i matti:
"Io, avv., faccio l'oculista. Cosa le posso dire, senza visitarla?"
Mamma mia, questi dottori, fissati con anamnesi, diagnosi, visite specialistiche, esami... ma lo sanno che c'è gente che lavora?
"Ma non so...pensavo che mi potesse prescrivere delle goccine per occhi stanchi. Tipo... Come si chiamano? Lacrime artificiali..."
Per un momento penso all'assurdità della vita, non mi concedo le lacrime vere e poi mi sparo nel bulbo oculare quelle finte. Pagandole.
Ma subito scaccio via questi inutili pensieri e proseguo:
"Pensi che stasera ho visto lo schermo del pc ballerino. Si muoveva e veniva verso di me. E sembrava a righe!!"
C'è un momento di silenzio.
"Va bene, avv., ora le do il nome di alcune gocce, ma intanto si segni questo numero...".
La voce è sempre quella, quella dei matti.
E allora dico:
"grazie dottore, ma, guardi, ho già il numero di un ottimo analista, di una psicoterapeuta e di un neuropsichiatra..."
Me li hanno dati altri, prima di lei.
"Benissimo, e ora si segni anche il numero del tecnico del computer, per cortesia"
Chi entra in stanza ha difficoltà ad individuarmi. Sono un puntino nero, nascosto da decine di faldoni grondanti carta.
Vorrei piangere.
Ma piangere mi porterebbe via 15 preziosissimi minuti, magari anche una mezz'ora, e non ce l'ho tutto questo tempo da versare in lacrime.
Non ho tempo da sprecare con alcun tipo di liquido corporeo.
Contingento anche la pipi': non più di tre uscite dal muro di pratiche al giorno, per il bagno. Ho anche pensato ad un collegamento diretto, che so, una specie di catetere, ma ogni tanto qualche cliente passa nella mia zona ed è già abbastanza difficile giustificare gli stivali da bikers.
Lo so, sono cose da pazzi, ma questa - certi giorni - è proprio la mia vita.
Quando arriva sera, sono stremata.
Mi bruciano gli occhi, sono rossi e spenti.
Vedo lo schermo del pc a righe, avanza verso di me, come danzando.
Così, mi viene l'idea di chiamare il dott. Occhioperocchio: l'oculista.
(Ovviamente, le telefonate sono concesse solo nel corso degli spostamenti: casa-scuola, scuola-lavoro, lavoro-supermercato, tribunale-corted'appello, sezione prima- sezione ottava, stanza-bagno, ecc.).
"Pronto" dice Occhioperocchio.
"Dottore, buonasera, sono l'avv. Mommy, come sta?" io chiedo sempre "come sta", a tutti, in ogni frangente (naturalmente, sono preparata a risposte tipo "avv. mi ha chiamato in ospedale, dove sono ricoverato dopo essere stato investito da un autobus, come vuole che stia?").
Ma Occhioperocchio, per fortuna, dice "bene, avv., e lei? Mi dica..."
"bene bene, grazie, ma ho un po' di fastidio agli occhi, ci vedo di meno, bruciano" altrimenti, voglio dire, perché avrei chiamato un oculista?
"beh, prenoti una visita con la mia segretaria..."
"no, no dottore!" Lo interrompo "Che visita!? No, no, non posso!"
No dico, non ho tempo nemmeno per fare pipì, ci manca che vado a farmi visitare da un medico! "Non ho tempo dottore, non mi può dire qualcosa al telefono?"
Mi risponde con voce lenta, paziente, simile a quella che si usa con i matti:
"Io, avv., faccio l'oculista. Cosa le posso dire, senza visitarla?"
Mamma mia, questi dottori, fissati con anamnesi, diagnosi, visite specialistiche, esami... ma lo sanno che c'è gente che lavora?
"Ma non so...pensavo che mi potesse prescrivere delle goccine per occhi stanchi. Tipo... Come si chiamano? Lacrime artificiali..."
Per un momento penso all'assurdità della vita, non mi concedo le lacrime vere e poi mi sparo nel bulbo oculare quelle finte. Pagandole.
Ma subito scaccio via questi inutili pensieri e proseguo:
"Pensi che stasera ho visto lo schermo del pc ballerino. Si muoveva e veniva verso di me. E sembrava a righe!!"
C'è un momento di silenzio.
"Va bene, avv., ora le do il nome di alcune gocce, ma intanto si segni questo numero...".
La voce è sempre quella, quella dei matti.
E allora dico:
"grazie dottore, ma, guardi, ho già il numero di un ottimo analista, di una psicoterapeuta e di un neuropsichiatra..."
Me li hanno dati altri, prima di lei.
"Benissimo, e ora si segni anche il numero del tecnico del computer, per cortesia"
giovedì 28 marzo 2013
orti e giardini
A marzo si recidono le erbacce, si tagliano le foglie secche, si mettono a cassetta le nuove nate.
E io eseguo.
"Pupa, vieni ad aiutarmi a piantare la mimosa e a sistemare i bulbi dell'anno scorso???"
"Sì vai!! che bello piantiamo i BURBERI!!!"
"Aemmhh Sì, no, ecco...di solito quelli, i burberi, non si fanno piantare.
Piuttosto, loro piantano te"
E io eseguo.
"Pupa, vieni ad aiutarmi a piantare la mimosa e a sistemare i bulbi dell'anno scorso???"
"Sì vai!! che bello piantiamo i BURBERI!!!"
"Aemmhh Sì, no, ecco...di solito quelli, i burberi, non si fanno piantare.
Piuttosto, loro piantano te"
I viaggi dell'avvocata
Le mie colleghe sono tutte bionde.
Le mie colleghe sono alte e magre.
Le mie colleghe indossano ogni giorno i tacchi.
Mai le ho viste indossare lo stesso abito due volte. Non parlo della stessa mise ripetuta due giorni di fila (orrore!!). Intendo proprio due volte, in assoluto.
Persino i soprabiti variano di giorno in giorno.
Immagino le loro case come un'enorme, infinita, opulenta cabina armadio. Loro dormono nel centro, in un letto rosa, tondo, con materasso ad acqua, e i vestiti ruotano tutti intorno alla stanza. Il soffitto è di specchi. La cucina non c'è. Che se ne fanno? Ogni sera hanno un diverso invito a cena.
Le mie colleghe, per di più, viaggiano. Viaggiano per svago e interesse, certo. Le ho sentite organizzare week end romantici per le capitali del mondo e ponti alla beauty farm per sole donne.
Ma viaggiano pure per lavoro, spedite, con cadenza infrasettimanale, in giro per l'Italia, per irrevocabile decisione dei boss di studio.
Una macchina con autista le recupera sotto casa e le conduce in areoporto. Lì trovano ricovero nella sala vip & business di qualche ricca compagnia aerea, sino alla partenza.
Giunte a destinazione, vengono accompagnate in Hotel. Svolgono il compito per cui sono state convocate, per il quale si impiega di solito un tempo piuttosto limitato e poi - dato che comunque non si può mai sapere quanto ci vorrà e dunque i viaggi si programmano per almeno un giorno - possono avvalersi di diverse ore per godersi la città, cenare fuori, fare cose e vedere gente.
E quando poi giunge la sera, possono scappare a dormire in albergo. Fra mille coccole. Su lenzuola pulite. Senza rigurgiti. Munite del cartello do not disturb da appendere alla porta. In solitudine e silenzio.
Una pacchia.
Intanto io, mille miglia lontana, sono già al quarto cambio di pannolino, alla seconda pulizia del vomito e al terzo lavaggio delle fosse nasali.
A me tutto questo è precluso: i viaggi, l'autista, l'aereo, le cene fuori.
Non mi ci mandano. Non più. L'unico posto dove il boss ha detto che mi manderebbe è il Sudan. Pare che lì, in Sudan, ci siano dei trattamenti, riservati solo al gentil sesso, che a me farebbero un gran bene. Così dice lui.
Sino ad oggi pensavo di non viaggiare - nemmeno caricata su un cargo per il Sudan - per compassione.
Mi figuravo boss, super boss, gran capo e boss in seconda a confabulare fra loro:
"poveretta, ci manca solo che la mandiamo in giro per il mondo, ma l'hai vista com'è ridotta?", "lasciamola tranquilla, sono due anni che non dorme",
"e poi l'ultima volta che ha preso l'aereo ha vomitato" (beh, ma ero incinta),
"ha vomitato anche quella volta che ha dovuto fare quindici piani in ascensore nella sede del cliente" (beh, ma soffro di mal d'aria).
Dentro di me mi ribellavo con tutte le forze a questo trattamento: ma Porcapalettazozza, non ci arrivate?? Proprio perché sono una madre derelitta e insonne VOI DOVETE mandarmi via! Fatemi dormire in hotel, o anche in mezzo ai leoni del Sudan, che non possono esser peggio del mio pupo mannaro, ve ne prego!
Li imploravo con gli occhi, ma quelli erano sempre intenti a guardare le colleghe bionde.
E così le mie preghiere rimanevano inascoltate.
Oggi, però, ho avuto la sensazione che non sia la compassione a muovere le ruote dello studio, ma l'opportunità.
E così, per ragioni di opportunità, anche io verrò finalmente spedita in viaggio per lavoro.
Sì.
Purtroppo, non ho avuto tempo per godere della notizia che ho appreso quanto segue:
- dovrò recarmi con la mia sgangherata auto, il venerdì di Pasqua, con la pioggia e lo sciopero dei treni, in una località sperduta della Campania;
- lì giunta, dovrò cercare - munita solo del mio senso dell'orientamento, e cioè quello che mi fa perdere intorno al mio palazzo, quando scendo a buttare la spazzatura, - il Tribunale;
- depositerò quindi un atto, farò copia di tutto quello che trovo, per un totale di dieci/quindici chili di cartaccia;
- e - non vista e non udita da alcuno - tornerò in città in tempo per l'appuntamento con il pediatra.
Del resto, io non sono bionda. I miei capelli sono impossibili da contenere. Non sono alta e - a più di un anno dal parto - molti pensano che io sia all'ottavo mese di gravidanza (non son più qui per poter testimoniare, purtroppo).
Non metto i tacchi.
Peggio.
Di solito, mi muovo per le aule di udienza con le doctor marteens dei tempi del liceo. Con tanto di smiles e fiorellini disegnati da me con i pennarelli indelebili.
Ho due figli, una gatta appiccicosa come la carta moschicida e un orco in piena e perenne sindrome post adoloscenziale.
Infine (e quanto sopra rende chiaro perchè), son diventata quello che tecnicamente si dice "un paziente psichiatrico".
Ebbene, di dismettere le doctor marteens non se ne parla.
Non c'è altra soluzione:
mi farò bionda.
Le mie colleghe sono alte e magre.
Le mie colleghe indossano ogni giorno i tacchi.
Mai le ho viste indossare lo stesso abito due volte. Non parlo della stessa mise ripetuta due giorni di fila (orrore!!). Intendo proprio due volte, in assoluto.
Persino i soprabiti variano di giorno in giorno.
Immagino le loro case come un'enorme, infinita, opulenta cabina armadio. Loro dormono nel centro, in un letto rosa, tondo, con materasso ad acqua, e i vestiti ruotano tutti intorno alla stanza. Il soffitto è di specchi. La cucina non c'è. Che se ne fanno? Ogni sera hanno un diverso invito a cena.
Le mie colleghe, per di più, viaggiano. Viaggiano per svago e interesse, certo. Le ho sentite organizzare week end romantici per le capitali del mondo e ponti alla beauty farm per sole donne.
Ma viaggiano pure per lavoro, spedite, con cadenza infrasettimanale, in giro per l'Italia, per irrevocabile decisione dei boss di studio.
Una macchina con autista le recupera sotto casa e le conduce in areoporto. Lì trovano ricovero nella sala vip & business di qualche ricca compagnia aerea, sino alla partenza.
Giunte a destinazione, vengono accompagnate in Hotel. Svolgono il compito per cui sono state convocate, per il quale si impiega di solito un tempo piuttosto limitato e poi - dato che comunque non si può mai sapere quanto ci vorrà e dunque i viaggi si programmano per almeno un giorno - possono avvalersi di diverse ore per godersi la città, cenare fuori, fare cose e vedere gente.
E quando poi giunge la sera, possono scappare a dormire in albergo. Fra mille coccole. Su lenzuola pulite. Senza rigurgiti. Munite del cartello do not disturb da appendere alla porta. In solitudine e silenzio.
Una pacchia.
Intanto io, mille miglia lontana, sono già al quarto cambio di pannolino, alla seconda pulizia del vomito e al terzo lavaggio delle fosse nasali.
A me tutto questo è precluso: i viaggi, l'autista, l'aereo, le cene fuori.
Non mi ci mandano. Non più. L'unico posto dove il boss ha detto che mi manderebbe è il Sudan. Pare che lì, in Sudan, ci siano dei trattamenti, riservati solo al gentil sesso, che a me farebbero un gran bene. Così dice lui.
Sino ad oggi pensavo di non viaggiare - nemmeno caricata su un cargo per il Sudan - per compassione.
Mi figuravo boss, super boss, gran capo e boss in seconda a confabulare fra loro:
"poveretta, ci manca solo che la mandiamo in giro per il mondo, ma l'hai vista com'è ridotta?", "lasciamola tranquilla, sono due anni che non dorme",
"e poi l'ultima volta che ha preso l'aereo ha vomitato" (beh, ma ero incinta),
"ha vomitato anche quella volta che ha dovuto fare quindici piani in ascensore nella sede del cliente" (beh, ma soffro di mal d'aria).
Dentro di me mi ribellavo con tutte le forze a questo trattamento: ma Porcapalettazozza, non ci arrivate?? Proprio perché sono una madre derelitta e insonne VOI DOVETE mandarmi via! Fatemi dormire in hotel, o anche in mezzo ai leoni del Sudan, che non possono esser peggio del mio pupo mannaro, ve ne prego!
Li imploravo con gli occhi, ma quelli erano sempre intenti a guardare le colleghe bionde.
E così le mie preghiere rimanevano inascoltate.
Oggi, però, ho avuto la sensazione che non sia la compassione a muovere le ruote dello studio, ma l'opportunità.
E così, per ragioni di opportunità, anche io verrò finalmente spedita in viaggio per lavoro.
Sì.
Purtroppo, non ho avuto tempo per godere della notizia che ho appreso quanto segue:
- dovrò recarmi con la mia sgangherata auto, il venerdì di Pasqua, con la pioggia e lo sciopero dei treni, in una località sperduta della Campania;
- lì giunta, dovrò cercare - munita solo del mio senso dell'orientamento, e cioè quello che mi fa perdere intorno al mio palazzo, quando scendo a buttare la spazzatura, - il Tribunale;
- depositerò quindi un atto, farò copia di tutto quello che trovo, per un totale di dieci/quindici chili di cartaccia;
- e - non vista e non udita da alcuno - tornerò in città in tempo per l'appuntamento con il pediatra.
Del resto, io non sono bionda. I miei capelli sono impossibili da contenere. Non sono alta e - a più di un anno dal parto - molti pensano che io sia all'ottavo mese di gravidanza (non son più qui per poter testimoniare, purtroppo).
Non metto i tacchi.
Peggio.
Di solito, mi muovo per le aule di udienza con le doctor marteens dei tempi del liceo. Con tanto di smiles e fiorellini disegnati da me con i pennarelli indelebili.
Ho due figli, una gatta appiccicosa come la carta moschicida e un orco in piena e perenne sindrome post adoloscenziale.
Infine (e quanto sopra rende chiaro perchè), son diventata quello che tecnicamente si dice "un paziente psichiatrico".
Ebbene, di dismettere le doctor marteens non se ne parla.
Non c'è altra soluzione:
mi farò bionda.
giovedì 21 febbraio 2013
Un papà tutto mio
Temo che mia madre abbia capito che non sarò mai in grado di darle certe soddisfazioni.
In effetti, sono una figlia degenere: non mi sono sposata, non mi sposo, non ho in progetto di sposarmi.
(Peraltro, con chi?)
L'allergia ai matrimoni non ha coinvolto solo me, ma anche tutto l'entourage più stretto della famiglia Mommy. Mi riferisco a quei cugini, agli zii e alle zie dei pupi, legati da vincoli di sangue o più o meno acquisiti per affezione.
Quei parenti e amici che, tutti, non si sono mai sposati, non si sposano e non hanno alcuna intenzione di sposarsi.
Peggio, quei parenti e amici che, avendo dedicato alcuni minuti alla conoscenza e frequentazione dei miei figli, hanno deciso che la vita, in fondo, va già bene così com'è e che è più prudente non andare a rovinare tutto con una fecondazione e che, insomma, è molto più saggio non figliare, né ora, né mai.
Morale, Nonna Crudelia e le sue sorelle vivono in uno stato di profonda frustrazione da astinenza da sposalizio e/o nonnitudine.
Nonna Crudelia, per lo meno, può vantare il titolo di unica nonna del reame e, con la bontà d'animo che le è propria, non lascia pesare il suo monopolio alle amiche.
Fu infatti solo per un caso di alcolemia che disse ad alcuni bambini intenti a giocare con le Zie "tanto lei non è una nonna vera, non è una nonna vera, tiè!".
E fu solo un riflesso di luce quel bagliore che sembrò di scorgere nei suoi occhi neri come la pece, quando i bambini, in preda al panico, gridarono "NOO, come non è una nonna vera?? Certo che è una nonna vera...", proprio un attimo prima di scoppiare a piangere nel caldo abbraccio materno.
Ma - non potendo vantare anche il titolo di suocera a tutti gli effetti, madre della sposa, wedding planner - la Nonna soffre profondamente.
E solo lei potrà dire il dispiacere che le suscita partecipare ai matrimoni delle figlie delle amiche, senza poter mai ricambiare l'invito.
Solo lei potrà dire il disappunto che prova nel non poter disporre di un appellativo canonizzato per riferirsi all'Orco innanzi ad amici e parenti.
Solo lei potrà dire la contrizione che subisce il suo animo al pensiero di aver sbagliato qualcosa, nell'educarmi, per indurmi ad essere così restia al matrimonio.
Sono queste, credo, le ragioni per cui è solita ripetere una strana cantilena alla Pupa, una cantilena che suona più o meno così:
"Ma tu ti sposerai, vero? Ma quando ti sposerai? Con chi ti sposerai? Ti sei già fidanzata?".
Vessata da tale mantra, la Pupa ha cominciato a riflettere sul futuro.
Dopo attenta meditazione, ha tratto le sue conclusioni.
Che sono queste:
"Mamma..."
"Sì, amore"
"Mamma io devo andare a vivere da sola."
"ah! Va bene..." Dove avevo messo il numero della ditta dei traslochi?
"Ma per andare a vivere da sola mi serve un papà"
Dio C'è!
"Eccolo" replico istintivamete io, indicando l'orco "c'è il tuo, non va bene?".
Giuro che, se te lo prendi, pago io l'affitto della nuova casa, per i prossimi dieci anni!!!
"No, mamma, me ne serve uno tutto mio, un mio papà"
" E non è questo?" chiedo io, con il dito sempre puntato contro l'Orco.
Chi ti ha detto che non è lui? Mente!
"No, uno mio, nuovo!!" mi risponde, seccata.
"Ah, ho capito" ribatto, ormai in preda ad una profonda afflizione.
E no, però, così non vale! Già mi figuravo libera e felice...
"E... mamma?" mi dice, lanciando furtive occhiate al padre.
"Sì?"
"è proprio difficile trovarne uno..."
Sì, è proprio difficile.
E soprattutto, non è indispensabile: hai già il tuo, prendi lui!
In effetti, sono una figlia degenere: non mi sono sposata, non mi sposo, non ho in progetto di sposarmi.
(Peraltro, con chi?)
L'allergia ai matrimoni non ha coinvolto solo me, ma anche tutto l'entourage più stretto della famiglia Mommy. Mi riferisco a quei cugini, agli zii e alle zie dei pupi, legati da vincoli di sangue o più o meno acquisiti per affezione.
Quei parenti e amici che, tutti, non si sono mai sposati, non si sposano e non hanno alcuna intenzione di sposarsi.
Peggio, quei parenti e amici che, avendo dedicato alcuni minuti alla conoscenza e frequentazione dei miei figli, hanno deciso che la vita, in fondo, va già bene così com'è e che è più prudente non andare a rovinare tutto con una fecondazione e che, insomma, è molto più saggio non figliare, né ora, né mai.
Morale, Nonna Crudelia e le sue sorelle vivono in uno stato di profonda frustrazione da astinenza da sposalizio e/o nonnitudine.
Nonna Crudelia, per lo meno, può vantare il titolo di unica nonna del reame e, con la bontà d'animo che le è propria, non lascia pesare il suo monopolio alle amiche.
Fu infatti solo per un caso di alcolemia che disse ad alcuni bambini intenti a giocare con le Zie "tanto lei non è una nonna vera, non è una nonna vera, tiè!".
E fu solo un riflesso di luce quel bagliore che sembrò di scorgere nei suoi occhi neri come la pece, quando i bambini, in preda al panico, gridarono "NOO, come non è una nonna vera?? Certo che è una nonna vera...", proprio un attimo prima di scoppiare a piangere nel caldo abbraccio materno.
Ma - non potendo vantare anche il titolo di suocera a tutti gli effetti, madre della sposa, wedding planner - la Nonna soffre profondamente.
E solo lei potrà dire il dispiacere che le suscita partecipare ai matrimoni delle figlie delle amiche, senza poter mai ricambiare l'invito.
Solo lei potrà dire il disappunto che prova nel non poter disporre di un appellativo canonizzato per riferirsi all'Orco innanzi ad amici e parenti.
Solo lei potrà dire la contrizione che subisce il suo animo al pensiero di aver sbagliato qualcosa, nell'educarmi, per indurmi ad essere così restia al matrimonio.
Sono queste, credo, le ragioni per cui è solita ripetere una strana cantilena alla Pupa, una cantilena che suona più o meno così:
"Ma tu ti sposerai, vero? Ma quando ti sposerai? Con chi ti sposerai? Ti sei già fidanzata?".
Vessata da tale mantra, la Pupa ha cominciato a riflettere sul futuro.
Dopo attenta meditazione, ha tratto le sue conclusioni.
Che sono queste:
"Mamma..."
"Sì, amore"
"Mamma io devo andare a vivere da sola."
"ah! Va bene..." Dove avevo messo il numero della ditta dei traslochi?
"Ma per andare a vivere da sola mi serve un papà"
Dio C'è!
"Eccolo" replico istintivamete io, indicando l'orco "c'è il tuo, non va bene?".
Giuro che, se te lo prendi, pago io l'affitto della nuova casa, per i prossimi dieci anni!!!
"No, mamma, me ne serve uno tutto mio, un mio papà"
" E non è questo?" chiedo io, con il dito sempre puntato contro l'Orco.
Chi ti ha detto che non è lui? Mente!
"No, uno mio, nuovo!!" mi risponde, seccata.
"Ah, ho capito" ribatto, ormai in preda ad una profonda afflizione.
E no, però, così non vale! Già mi figuravo libera e felice...
"E... mamma?" mi dice, lanciando furtive occhiate al padre.
"Sì?"
"è proprio difficile trovarne uno..."
Sì, è proprio difficile.
E soprattutto, non è indispensabile: hai già il tuo, prendi lui!
sabato 16 febbraio 2013
la cena
Dopo 4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni, sono uscita a cena con l'orco.
4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni fa, avevo i capelli lunghi fino al sedere, portavo le trecce e pagavamo alla romana.
Questa volta, portavo una crocchia, un paio di ciuffi laterali allo scopo di nascondere i capelli bianchi e ho pagato io con la carta di credito. (L'ironia sta nel fatto che quando si pagava alla romana eravamo a Milano e ora che pago io siamo a Roma. Ma tant'è).
4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni fa, uscivamo di casa alle nove, cenavamo alle nove trenta, a mezzanotte ci infilavamo in un cinema d'essai, poi andavamo a bere e non tornavamo a casa prima delle tre.
Questa volta, siamo usciti di casa alle 7 e trenta, ci siamo seduti a tavola alle otto e alle nove, conclusa la cena, ci siamo trascinati fino alla macchina con un unico desiderio: tornare il prima possibile a casa.
Naturalmente, per poterci permettere questa ora d'aria, abbiamo dovuto neutralizzare la prole.
Uno è stato lasciato alla tata. Tanto, la chiama mamma ed è fermamente convinto che io sia una che presta assistenza notturna. Avrà pensato che fosse il mio giorno libero.
L'altra è uscita a cena fuori. Con i nonni, gli zii e non so chi altro.
Alle dieci, quando l'orco già russava da un pezzo e io avevo la palpebra pesante, ho mandato un sms piccato ai nonni:
"Dite alla Pupa di fare piano, quando rientra, perché noi stiamo già dormendo"
E se scopro che ha mangiato un quintale di caramelle, le vieto di uscire per i prossimi dieci anni!
4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni fa, avevo i capelli lunghi fino al sedere, portavo le trecce e pagavamo alla romana.
Questa volta, portavo una crocchia, un paio di ciuffi laterali allo scopo di nascondere i capelli bianchi e ho pagato io con la carta di credito. (L'ironia sta nel fatto che quando si pagava alla romana eravamo a Milano e ora che pago io siamo a Roma. Ma tant'è).
4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni fa, uscivamo di casa alle nove, cenavamo alle nove trenta, a mezzanotte ci infilavamo in un cinema d'essai, poi andavamo a bere e non tornavamo a casa prima delle tre.
Questa volta, siamo usciti di casa alle 7 e trenta, ci siamo seduti a tavola alle otto e alle nove, conclusa la cena, ci siamo trascinati fino alla macchina con un unico desiderio: tornare il prima possibile a casa.
Naturalmente, per poterci permettere questa ora d'aria, abbiamo dovuto neutralizzare la prole.
Uno è stato lasciato alla tata. Tanto, la chiama mamma ed è fermamente convinto che io sia una che presta assistenza notturna. Avrà pensato che fosse il mio giorno libero.
L'altra è uscita a cena fuori. Con i nonni, gli zii e non so chi altro.
Alle dieci, quando l'orco già russava da un pezzo e io avevo la palpebra pesante, ho mandato un sms piccato ai nonni:
"Dite alla Pupa di fare piano, quando rientra, perché noi stiamo già dormendo"
E se scopro che ha mangiato un quintale di caramelle, le vieto di uscire per i prossimi dieci anni!
martedì 5 febbraio 2013
Il Pupo Mannaro, anche detto Mannarino
Il destino, si sa, è crudele.
Gli spermatozoi, di più.
Quell'impavido, sciagurato, maledetto girino che si è divincolato nel collo del mio utero ed è approdato al mio solitario ovulo era crudele, molto spiritoso e pure un po' stronzo.
Portatore di una nuova specie, una specie che sicuramente dominerà l'universo nel giro di un paio di generazioni, una specie che - senza alcun dubbio - farà fuori tutte le mamme, in cinque, al massimo sei anni: i pupi mannari.
Io ho partorito uno di questi mostri.
Da subito, il mannarino si dimostra furbo, mendace e ingannatore.
Uscito dal ventre materno, quasi non piange. Resta inerme ad osservare la madre, sornione. Sembra buono. Si finge buono. Inganna tutti: medici, ostetriche, parenti.
In verità, si sta preparando.
La madre, ignara e sognante, esce dalla sala parto convinta di aver fatto un affare: un bambino, carino, facile da partorire (né troppo grosso, né troppo magro), con tutte le cosine al suo posto, bravissimo a ciucciare (esce già attaccato alle tette) e con un buon carattere.
Passano pochi minuti, e i conti non tornano.
Nella solitudine della stanza della clinica, il pupo comincia a rivelarsi per quello che è: un mostro disumano!
Appena nonni, padri, zii e dottori escono dalla stanza, il pupo si agita.
Al calar del sole, il pupo comincia ad intonare un lamento.
Scocca la mezzanotte e il pupo apre le fauci. Non le chiuderà sino all'alba del giorno dopo.
Per tutta la notte, urlerà alla luna. Se la luna non c'è, urlerà alle stelle. Se anche quelle non ci sono, alle nuvole. Soprattutto, urlerà contro di voi che avete avuto la sventurata idea di metterlo al mondo.
Esigerà di attaccarsi alle tette ogni trenta secondi, per tornare ad urlare immediatamente dopo.
Così, trascorreranno i primi 6 mesi.
Al sesto mese, il mannarino subisce una prima mutazione.
Il latte materno non gli basta più, comincia quindi ad ingurgitare tutto quanto riesce a trovare in giro.
Le deliziose pietanze preparate dalla madre con tanto amore, invece no.
Quelle le sputerà. In faccia alla genitrice. Sul soffitto. Sul nuovo tappeto persiano. E sui muri pittati di fresco.
All'anno di vita, ecco un'altra metamorfosi.
Il pupo comincia a mostrare i tipici caratteri del mannaro anche nelle ore diurne.
Quasi nessuno dirà più "che bel carattere!", "che bambino buono!".
Al contrario, i genitori cominceranno a ricevere sguardi di commiserazione e comprensione.
I vicini lasceranno nella cassetta delle lettere numeri telefonici di centri ascolto, confezioni di valium e tappi per le orecchie.
Dal dodicesimo mese, infatti, il mannarino si trascinerà per la casa, mostrando segni di indolenza verso tutti e tutto.
Fingerà di non saper camminare.
In verità, potrebbe farlo. Se solo ne avesse voglia!
Fingerà di non saper bere da solo. Potrebbe, saprebbe farlo. Ma perché consumare preziose energie, quando qualcuno può tenere il biberon al posto suo?
Fingerà di abbracciare la sorella. In verità, terrà sotto controllo la direzione dello sguardo materno e, non appena lo vedrà diretto altrove, assalterà la sorella con pugni e morsi. Si metterà, poi, a piangere, tenendosi la testa con una mano e indicando con l'altra la consanguinea.
Fingerà di non saper impugnare penne o matite. Ma, quando nessuno vede, correrà a disegnare sui muri della casa e poi porterà le matite nella stanza della sorella.
Non chiamerà mai "mamma". Al limite, potrà definire il padre "mamma", con intento dispregiativo. Saprà pronunciare il nome della tata, non importa quanto questo sia impronunciabile.
Dirà perfettamente "No", accompagnandolo anche con eloquenti gesti della testa e delle mani. Sarà in grado di dire "bagnetto", "pappa" e "cioccolata al latte con le nocciole".
Ma, mai e poi mai, si rivolgerà alla genitrice chiamandola "mamma". Emetterà, invece, dei suoni gutturali, che suoneranno tipo "ehhhaaarrrggg" e che avranno un significato inequivocabile: "VIE.NI.QUI.SU.BI.TO!".
Continuerà a vomitare su muri e tappezzeria qualsiasi cibo preparato per lui.
Mangerà qualsiasi cibo che la genitrice abbia preparato per sé. Apprezzerà, in particolare, cime di rapa, peperoncino, curry piccante, verdure di stagione ben ripassate con aglio, cipolle crude e cosce di rana.
Si arrampicherà lungo i mobili della cucina per rubare ogni sorta di merendina/biscotto/dolcetto presente in casa. Se ricoperto di cioccolato, mangerà anche il torrone.
La notte, continuerà a svegliarsi una media di dieci volte. Si sveglierà comunque alle sei di mattina, pronto per giocare.
Prima di dormire, esigerà nell'ordine:
- cambio del pannolino, con spernacchiamento dell'ombelico,
- massaggio all'olio,
- latte caldo con tre biscotti,
- canzoncine e musica,
- lettura di libri, possibilmente interessanti (altrimenti, comincerà a sbuffare, quindi attaccherà con il tipico lamento mannarico "ueehhheaarggg", tirando fuori gli artigli, e lancerà il libro contro il muro, sfondandolo),
- dondolamento con massaggio alla schiena, fra le braccia della genitrice.
Comunque, rifiuterà di addormentarsi, se non in presenza di una o più odalische (madre, tata, nonne), meglio se sedute a terra, al fianco del lettino, con mano incastrata fra le sbarre contenitive a tenere la sua zampa pelosa.
Si alzerà più e più volte per verificare la presenza delle odalische.
Si risistemerà nel letto, sbuffando e picchiando il cuscino. Infine, fingerà di dormire.
Per l'amor di Dio, non vi muovete! (hanno anche scritto un libro, mi pare, sul tema: "non ti muovere". Ecco. Non fatelo!)
Non sta dormendo, vi sta mettendo alla prova.
Se osate muovervi, è la fine.
Comincerà ad urlare.
Poi vomiterà.
Gli usciranno zanne, artigli e peli.
E non sarà soddisfatto fino a che non avrà conquistato le uniche cose che realmente desidera: il vostro letto e la vostra cioccolata.
Gli spermatozoi, di più.
Quell'impavido, sciagurato, maledetto girino che si è divincolato nel collo del mio utero ed è approdato al mio solitario ovulo era crudele, molto spiritoso e pure un po' stronzo.
Portatore di una nuova specie, una specie che sicuramente dominerà l'universo nel giro di un paio di generazioni, una specie che - senza alcun dubbio - farà fuori tutte le mamme, in cinque, al massimo sei anni: i pupi mannari.
Io ho partorito uno di questi mostri.
Da subito, il mannarino si dimostra furbo, mendace e ingannatore.
Uscito dal ventre materno, quasi non piange. Resta inerme ad osservare la madre, sornione. Sembra buono. Si finge buono. Inganna tutti: medici, ostetriche, parenti.
In verità, si sta preparando.
La madre, ignara e sognante, esce dalla sala parto convinta di aver fatto un affare: un bambino, carino, facile da partorire (né troppo grosso, né troppo magro), con tutte le cosine al suo posto, bravissimo a ciucciare (esce già attaccato alle tette) e con un buon carattere.
Passano pochi minuti, e i conti non tornano.
Nella solitudine della stanza della clinica, il pupo comincia a rivelarsi per quello che è: un mostro disumano!
Appena nonni, padri, zii e dottori escono dalla stanza, il pupo si agita.
Al calar del sole, il pupo comincia ad intonare un lamento.
Scocca la mezzanotte e il pupo apre le fauci. Non le chiuderà sino all'alba del giorno dopo.
Per tutta la notte, urlerà alla luna. Se la luna non c'è, urlerà alle stelle. Se anche quelle non ci sono, alle nuvole. Soprattutto, urlerà contro di voi che avete avuto la sventurata idea di metterlo al mondo.
Esigerà di attaccarsi alle tette ogni trenta secondi, per tornare ad urlare immediatamente dopo.
Così, trascorreranno i primi 6 mesi.
Al sesto mese, il mannarino subisce una prima mutazione.
Il latte materno non gli basta più, comincia quindi ad ingurgitare tutto quanto riesce a trovare in giro.
Le deliziose pietanze preparate dalla madre con tanto amore, invece no.
Quelle le sputerà. In faccia alla genitrice. Sul soffitto. Sul nuovo tappeto persiano. E sui muri pittati di fresco.
All'anno di vita, ecco un'altra metamorfosi.
Il pupo comincia a mostrare i tipici caratteri del mannaro anche nelle ore diurne.
Quasi nessuno dirà più "che bel carattere!", "che bambino buono!".
Al contrario, i genitori cominceranno a ricevere sguardi di commiserazione e comprensione.
I vicini lasceranno nella cassetta delle lettere numeri telefonici di centri ascolto, confezioni di valium e tappi per le orecchie.
Dal dodicesimo mese, infatti, il mannarino si trascinerà per la casa, mostrando segni di indolenza verso tutti e tutto.
Fingerà di non saper camminare.
In verità, potrebbe farlo. Se solo ne avesse voglia!
Fingerà di non saper bere da solo. Potrebbe, saprebbe farlo. Ma perché consumare preziose energie, quando qualcuno può tenere il biberon al posto suo?
Fingerà di abbracciare la sorella. In verità, terrà sotto controllo la direzione dello sguardo materno e, non appena lo vedrà diretto altrove, assalterà la sorella con pugni e morsi. Si metterà, poi, a piangere, tenendosi la testa con una mano e indicando con l'altra la consanguinea.
Fingerà di non saper impugnare penne o matite. Ma, quando nessuno vede, correrà a disegnare sui muri della casa e poi porterà le matite nella stanza della sorella.
Non chiamerà mai "mamma". Al limite, potrà definire il padre "mamma", con intento dispregiativo. Saprà pronunciare il nome della tata, non importa quanto questo sia impronunciabile.
Dirà perfettamente "No", accompagnandolo anche con eloquenti gesti della testa e delle mani. Sarà in grado di dire "bagnetto", "pappa" e "cioccolata al latte con le nocciole".
Ma, mai e poi mai, si rivolgerà alla genitrice chiamandola "mamma". Emetterà, invece, dei suoni gutturali, che suoneranno tipo "ehhhaaarrrggg" e che avranno un significato inequivocabile: "VIE.NI.QUI.SU.BI.TO!".
Continuerà a vomitare su muri e tappezzeria qualsiasi cibo preparato per lui.
Mangerà qualsiasi cibo che la genitrice abbia preparato per sé. Apprezzerà, in particolare, cime di rapa, peperoncino, curry piccante, verdure di stagione ben ripassate con aglio, cipolle crude e cosce di rana.
Si arrampicherà lungo i mobili della cucina per rubare ogni sorta di merendina/biscotto/dolcetto presente in casa. Se ricoperto di cioccolato, mangerà anche il torrone.
La notte, continuerà a svegliarsi una media di dieci volte. Si sveglierà comunque alle sei di mattina, pronto per giocare.
Prima di dormire, esigerà nell'ordine:
- cambio del pannolino, con spernacchiamento dell'ombelico,
- massaggio all'olio,
- latte caldo con tre biscotti,
- canzoncine e musica,
- lettura di libri, possibilmente interessanti (altrimenti, comincerà a sbuffare, quindi attaccherà con il tipico lamento mannarico "ueehhheaarggg", tirando fuori gli artigli, e lancerà il libro contro il muro, sfondandolo),
- dondolamento con massaggio alla schiena, fra le braccia della genitrice.
Comunque, rifiuterà di addormentarsi, se non in presenza di una o più odalische (madre, tata, nonne), meglio se sedute a terra, al fianco del lettino, con mano incastrata fra le sbarre contenitive a tenere la sua zampa pelosa.
Si alzerà più e più volte per verificare la presenza delle odalische.
Si risistemerà nel letto, sbuffando e picchiando il cuscino. Infine, fingerà di dormire.
Per l'amor di Dio, non vi muovete! (hanno anche scritto un libro, mi pare, sul tema: "non ti muovere". Ecco. Non fatelo!)
Non sta dormendo, vi sta mettendo alla prova.
Se osate muovervi, è la fine.
Comincerà ad urlare.
Poi vomiterà.
Gli usciranno zanne, artigli e peli.
E non sarà soddisfatto fino a che non avrà conquistato le uniche cose che realmente desidera: il vostro letto e la vostra cioccolata.
mercoledì 30 gennaio 2013
Il matrimonio segreto
La Lollobrigida, 90 anni per gamba, si è sposata.
Anzi, no. Chiedo scusa.
La lollo, 90 anni per gamba, è stata sposata. A sua insaputa.
Non ho approfondito, ma mi gioco la testa dell'Orco che il marito abbia 40 anni di meno, per gamba, e sia pure un fico.
Ora, io sono quasi 20 anni che aspetto.
Aspetto Di Caprio.
Ma soprattutto aspetto di essere sposata a mia insaputa. Non chiedo di più.
Rinuncio allo ius primae noctis, rinuncio alle cene a lume di candela, rinuncio ai regali, rinuncio a tutto.
Voglio solo un matrimonio segreto, anche per me, con un Di Caprio qualsiasi.
"Pazza" mi dicono le mie amiche, sagge e sposate.
"ché quando lo sposi quello, pure il Di Caprio, diventa un marito. E allora so cavoli amari..."
Il marito, questo mostro mutante con un divano al posto delle gambe e due telecomandi al posto delle mani. Questo brontolone instancabile (nel lamento), che passa le notti a russare e consuma tutti i dolcetti della casa (senza dividere).
"Tieniti il Toy boy, piuttosto" dicono loro, le mie ignare amiche sposate.
Il punto è, dico io, che io il toy boy ce l'ho già.
Sono quasi sicura che loro intendano altro, magari un maschio giovane, aitante, eterosessuale e sessualmente attivo.
Io, no. Io intendo il compagno di una vita, che è mutato nel fisico esattamente come il marito (con le chiappe a divano e tutto il resto), ma che ha contestualmente mantenuto l'età mentale di uno di quinta elementare e i giochi di uno di terza.
Ecco, io questo, il toy boy, o meglio il boy coi toys, ce l'ho già.
Ora mi serve un marito, possibilmente adulto, inglobato nel divano, mi va benissimo, purché abbia dalla sua un patrimonio depositato in banca (possibilmente svizzera) e abbia investito i capitali in qualcosa di diverso dalle macchinine.
Se c'è questo adulto, autodotato, ma obbligatoriamente senza macchinine, disposto allo sposalizio segreto, si faccia avanti. Cortesemente, con una certa solerzia, prima che io venga coinvolta dal toy boy nei giochi coi soldatini e nello scambio di doppioni con i compagni di classe della Pupa.
Anzi, no. Chiedo scusa.
La lollo, 90 anni per gamba, è stata sposata. A sua insaputa.
Non ho approfondito, ma mi gioco la testa dell'Orco che il marito abbia 40 anni di meno, per gamba, e sia pure un fico.
Ora, io sono quasi 20 anni che aspetto.
Aspetto Di Caprio.
Ma soprattutto aspetto di essere sposata a mia insaputa. Non chiedo di più.
Rinuncio allo ius primae noctis, rinuncio alle cene a lume di candela, rinuncio ai regali, rinuncio a tutto.
Voglio solo un matrimonio segreto, anche per me, con un Di Caprio qualsiasi.
"Pazza" mi dicono le mie amiche, sagge e sposate.
"ché quando lo sposi quello, pure il Di Caprio, diventa un marito. E allora so cavoli amari..."
Il marito, questo mostro mutante con un divano al posto delle gambe e due telecomandi al posto delle mani. Questo brontolone instancabile (nel lamento), che passa le notti a russare e consuma tutti i dolcetti della casa (senza dividere).
"Tieniti il Toy boy, piuttosto" dicono loro, le mie ignare amiche sposate.
Il punto è, dico io, che io il toy boy ce l'ho già.
Sono quasi sicura che loro intendano altro, magari un maschio giovane, aitante, eterosessuale e sessualmente attivo.
Io, no. Io intendo il compagno di una vita, che è mutato nel fisico esattamente come il marito (con le chiappe a divano e tutto il resto), ma che ha contestualmente mantenuto l'età mentale di uno di quinta elementare e i giochi di uno di terza.
Ecco, io questo, il toy boy, o meglio il boy coi toys, ce l'ho già.
Ora mi serve un marito, possibilmente adulto, inglobato nel divano, mi va benissimo, purché abbia dalla sua un patrimonio depositato in banca (possibilmente svizzera) e abbia investito i capitali in qualcosa di diverso dalle macchinine.
Se c'è questo adulto, autodotato, ma obbligatoriamente senza macchinine, disposto allo sposalizio segreto, si faccia avanti. Cortesemente, con una certa solerzia, prima che io venga coinvolta dal toy boy nei giochi coi soldatini e nello scambio di doppioni con i compagni di classe della Pupa.
Pigro
Cena a casa Mommy.
"Orco, ci passi il sale?" chiedo timidamente, mentre con la mano destra do il biberon al Pupo Mannaro e con la sinistra imbocco la Pupa.
"eh, il sale! Ma faccio tutto io in questa casa?" Sbotta lui.
"Sto nutrendo i tuoi figli" rispondo, cercando di mantenere il controllo.
"Ma io sto mangiando e giocando a nonsoqualegiochettodicalcio col cellulare" replica secco.
"Ho preparato la cena, fatto il bagnetto ad entrambi i pupi e lavorato dieci ore" chiarisco.
"Eh e io, allora? Ho lavorato cinque ore, forse erano anche sei. Poi sono andato a giocare alla playstation con l'amichettodimerende (l'amichettodimerende è l'amico dell'Orco, suo compagno di giochi, ndr), ho mangiato kebab a merenda e mi è rimasto sullo stomaco. E ora sono stanco" persevera.
"Mamma, lo prendo io il sale" mi dice la Pupa, scattando in piedi come una molla.
"No, facciamo senza" intimo io.
Sto cercando, con ogni mezzo a disposizione (dalle catene, ai vizi), di insegnarle a restare seduta almeno durante i pasti (normalmente, mangia in piedi sulla sedia o correndo intorno al tavolo e all'asilo hanno detto che "No, così non va bene"). Mi sembra più importante del sale, tanto fa pure venire la cellulite.
Lei resta seduta, seccata, guarda il padre e gli dice "TU.SEI. PIGRO". Sante parole.
"IO??? Pigro io???" ribatte l'Orco, indignato, "chi te l'ha detta questa cosa, mamma?"
"No, me l'ha detto la maestra" dice lei.
"Come la maestra?" chiede piccato.
"Sì, ha detto che quelli che stanno sempre seduti sono pigri. E io ho detto che tu stai tutto il giorno sdraiato sul divano a giocare...".
Per un momento, nel silenzio, l'aria quasi ferma, sento solo il mio respiro affannoso.
Vo-glio-mo-ri-re!!!
Adesso, la maestra dell'asilo non solo sa che l'Orco si scambia le figurine con quelli delle elementari all'uscita di scuola, ma sa anche che gioca tutto il giorno senza alzare mai il culo dal divano.
L'anno prossimo cambiamo asilo.
"Orco, ci passi il sale?" chiedo timidamente, mentre con la mano destra do il biberon al Pupo Mannaro e con la sinistra imbocco la Pupa.
"eh, il sale! Ma faccio tutto io in questa casa?" Sbotta lui.
"Sto nutrendo i tuoi figli" rispondo, cercando di mantenere il controllo.
"Ma io sto mangiando e giocando a nonsoqualegiochettodicalcio col cellulare" replica secco.
"Ho preparato la cena, fatto il bagnetto ad entrambi i pupi e lavorato dieci ore" chiarisco.
"Eh e io, allora? Ho lavorato cinque ore, forse erano anche sei. Poi sono andato a giocare alla playstation con l'amichettodimerende (l'amichettodimerende è l'amico dell'Orco, suo compagno di giochi, ndr), ho mangiato kebab a merenda e mi è rimasto sullo stomaco. E ora sono stanco" persevera.
"Mamma, lo prendo io il sale" mi dice la Pupa, scattando in piedi come una molla.
"No, facciamo senza" intimo io.
Sto cercando, con ogni mezzo a disposizione (dalle catene, ai vizi), di insegnarle a restare seduta almeno durante i pasti (normalmente, mangia in piedi sulla sedia o correndo intorno al tavolo e all'asilo hanno detto che "No, così non va bene"). Mi sembra più importante del sale, tanto fa pure venire la cellulite.
Lei resta seduta, seccata, guarda il padre e gli dice "TU.SEI. PIGRO". Sante parole.
"IO??? Pigro io???" ribatte l'Orco, indignato, "chi te l'ha detta questa cosa, mamma?"
"No, me l'ha detto la maestra" dice lei.
"Come la maestra?" chiede piccato.
"Sì, ha detto che quelli che stanno sempre seduti sono pigri. E io ho detto che tu stai tutto il giorno sdraiato sul divano a giocare...".
Per un momento, nel silenzio, l'aria quasi ferma, sento solo il mio respiro affannoso.
Vo-glio-mo-ri-re!!!
Adesso, la maestra dell'asilo non solo sa che l'Orco si scambia le figurine con quelli delle elementari all'uscita di scuola, ma sa anche che gioca tutto il giorno senza alzare mai il culo dal divano.
L'anno prossimo cambiamo asilo.
lunedì 28 gennaio 2013
Lingue straniere
In cucina a spignattare.
La tata mi gira intorno come uno squalo.
"Senoraaa.." comincia col suo tono lamentoso.
"Sì?"
"Io fatto bagnetto pupo"
Cacchio, no! Perché? Perché???
Cosi' domani avra'di nuovo 40 di febbre.
Ma chi te l'ha chiesto, dico io???
Chi, per Dio?? chi??
"Senor ha chiesto me"
Ecco chi.
"Senora.."
Riprende la solfa.
"Sì?"
"Io visto che pupo ha deindre qui".
La guardo con aria interrogativa.
Si tocca la testa.
Ok, non credo sia un dente.
Che diamine sarà?
Meglio indagare se no, poi, mia madre dice che non comunico
Con le tate.
"Eh cosa?"
"Lui ha deindre qui, nei capelli".
Certo, il famosissimo deindre!!
"Sì, ottimo, brava"
Che è la formula che uso quando non c'ho capito una mazza.
La tata mi gira intorno come uno squalo.
"Senoraaa.." comincia col suo tono lamentoso.
"Sì?"
"Io fatto bagnetto pupo"
Cacchio, no! Perché? Perché???
Cosi' domani avra'di nuovo 40 di febbre.
Ma chi te l'ha chiesto, dico io???
Chi, per Dio?? chi??
"Senor ha chiesto me"
Ecco chi.
"Senora.."
Riprende la solfa.
"Sì?"
"Io visto che pupo ha deindre qui".
La guardo con aria interrogativa.
Si tocca la testa.
Ok, non credo sia un dente.
Che diamine sarà?
Meglio indagare se no, poi, mia madre dice che non comunico
Con le tate.
"Eh cosa?"
"Lui ha deindre qui, nei capelli".
Certo, il famosissimo deindre!!
"Sì, ottimo, brava"
Che è la formula che uso quando non c'ho capito una mazza.
domenica 27 gennaio 2013
fritture
Sono in bagno a cercare di rendermi presentabile per i commessi del super.
La pupa, come di consueto, spalanca la porta con un calcio.
Ha il muso.
"Mamma, da papà non torno più per sempre!"
"Va bene, perchè ? Che ha fatto questa volta?"
"Ha detto che mi fa a fette..."
"Mmm beh, non ci viene un granchè con le tue fette...sei così magra".
Resta un momento in silenzio. Pensa.
"Mamma...".
Ecco. Ha elaborato qualcosa.
"Ho avuto un'idea..."
"Sì? Dimmi"
"Potremmo fare a fette papà e poi invitare a pranzo tutto il mondo..."
Dove troverà l'spirazione per questi pensieri???
La pupa, come di consueto, spalanca la porta con un calcio.
Ha il muso.
"Mamma, da papà non torno più per sempre!"
"Va bene, perchè ? Che ha fatto questa volta?"
"Ha detto che mi fa a fette..."
"Mmm beh, non ci viene un granchè con le tue fette...sei così magra".
Resta un momento in silenzio. Pensa.
"Mamma...".
Ecco. Ha elaborato qualcosa.
"Ho avuto un'idea..."
"Sì? Dimmi"
"Potremmo fare a fette papà e poi invitare a pranzo tutto il mondo..."
Dove troverà l'spirazione per questi pensieri???
venerdì 25 gennaio 2013
Brodure
Dialogo con la tata.
"Senora, io faccio brodo CON pupo?"
EH NO! Cacchio, farci addirittura il brodo no...
Il mio primo pensiero. Decido di darle una seconda possibilità.
Una seconda possibilità non si nega ad alcuno.
"Come?"
"Io faccio brodo CON pupo?"
Aridaglie...
No col pupo no, è pur sempre mio figlio.
Poi, un pensiero si insinua...
Semmai, facciamolo con l'orco...ne viene anche di più.
"Senora, io faccio brodo CON pupo?"
EH NO! Cacchio, farci addirittura il brodo no...
Il mio primo pensiero. Decido di darle una seconda possibilità.
Una seconda possibilità non si nega ad alcuno.
"Come?"
"Io faccio brodo CON pupo?"
Aridaglie...
No col pupo no, è pur sempre mio figlio.
Poi, un pensiero si insinua...
Semmai, facciamolo con l'orco...ne viene anche di più.
All'improvviso
Lenta salita di allontanamento dallo studio.
Sono stanca, affaticata. Arranco.
All'improvviso, mi sento meglio.
Sono come alleggerita.
Da dove viene questo senso di libertà che provo?
è la distanza che lascio a separare lo studio da me?
Sono forse i tristi pensieri legati al mio lavoro che mi stanno abbandonando?
Ah no.
Sono i pantaloni che sono esplosi.
Sono stanca, affaticata. Arranco.
All'improvviso, mi sento meglio.
Sono come alleggerita.
Da dove viene questo senso di libertà che provo?
è la distanza che lascio a separare lo studio da me?
Sono forse i tristi pensieri legati al mio lavoro che mi stanno abbandonando?
Ah no.
Sono i pantaloni che sono esplosi.
giovedì 24 gennaio 2013
Nascite
"Guarda amore sono nate le piantine dei semi di pomodoro che hai piantato con nonna durante le vacanze di Natale"
"Dove mamma? Fammi vedere..."
"Eccole"
"Sono germogli mamma, piccoli germogli"
Maro' che palle questa...
"Dove mamma? Fammi vedere..."
"Eccole"
"Sono germogli mamma, piccoli germogli"
Maro' che palle questa...
L'evoluzione
C'era aria di rivoluzione allo studio dell'avv. Mommy.
Lamenti di corridoio, rivendicazioni più o meno espresse e molto altro che a me non è dato sapere.
Fu così che venni convocata dai grandi capi, in riunione.
Sola contro di loro. La cosa è grave. Non c'è nemmeno nonno mommy.
"Sai tu non ti sei lamentata, ma abbiamo ricevuto qualche recriminazione...lo sai?"
"Lo so"
"ah ecco, beh, sì, insomma, i tuoi colleghi dicono che guadagnano troppo poco..."
Non sono d'accordo, ma chi me lo fa fare di dire qualcosa?
Taccio.
Il capo dei capi prosegue: "e in effetti, è vero", naturalmente, poi precisa "guadagnamo Tutti poco".
Anche in questo caso non sono d'accordo. Ma il silenzio è d'oro.
"Quindi abbiamo pensato di pagarvi noi i cellulari..."
Ah beh questo è risolutivo. Dovreste pagarmi la tata, piuttosto. Questi i miei più intimi pensieri, rimasti, saggiamente, inespressi.
"e di dividere fra voi giovani una percentuale del fatturato..."
"Ok, ma sai che a me quello che guadagno va bene. Quello che non mi va bene sono le tasse che ci pago sopra" dico io.
"Sì, ormai è così per tutti. Ma venendo a noi, monitoneremo l'attività che svolgete, così da decidere come ripartire quella percentuale dei guadagni" prosegue lui.
"bene" è una vita che chiedo questo tipo di controllo. Non certo per ottenere percentuali più alte sul fatturato, ma perchè ritengo fondamentale che chi dirige lo studio sappia cosa fanno i suoi collaboratori. Vivo nel terrore che mi capiti qualcosa e le mie pratiche si perdano nel dimenticatoio. Così, almeno, potrò morire in pace.
La conferenza, però, non è finita. Il capo dei capi va avanti.
"Capisci, però, che così le cose non possono durare..."
Ah no?
"Non è che potete fare i dipendenti a vita per trentamila euro all'anno!"
Ah no?
"Dovete crescere..."
"certo" intervengo, tanto per dire qualcosa, senza dire niente.
"Sai gli altri hanno tutti il doppio lavoro che gli da molta visibilità, l'università. Tu invece..."
Ho due figli e un marito.
"Devi trovare un altro modo..."
"Eh sì" con l'università credo proprio di aver chiuso.
"Scrivere articoli, partecipare a convegni...non so..."
Interviene il boss in seconda "noi poi ti aiuteremo, naturalmente".
Come avete fatto quando ero in maternità? Quando andavo in udienza con il bambino di un mese e le tette al vento, perchè nessuno poteva sostituirmi?
Taccio, chissà, magari questa volta andrà meglio.
Riprende il capo dei capi "conoscevo un'avvocatessa che aveva trovato un altro modo per trovare clienti..."
Risatine.
"Mi stai suggerendo qualcosa, perchè ritieni che io non sia in grado di fare altrimenti?" Interrompo, sarcastica e piccata.
"No, figurati. A te non ti ci vedo proprio ad applicare quel metodo..."
Cosa, cosa???
"Come sarebbe?"
"No, dico, non mi pare appropriato..."
"Guarda che io posso rendere prestazioni sessuali come chiunque altra..." mi alzo e me ne vado.
Ma non ho capito... senti questo. Cosa avrei in meno di un'olgettina, per dire? (In meno niente, ho parecchio di più fra fianchi e girovita).
Ma guarda te. Prima ti dicono che devi maturare sul lavoro e che, per te, la cosa è particolarmente difficile; poi, metteno pure in dubbio le tue capacità seduttive.
Offesa, mi allontano e penso:
"tanto li frego. C'ho già in mente un paio di bambini dell'asilo che vogliono divorziare dai fratelli (una è mia figlia) e almeno altri tre che vogliono fra causa alla maestra".
Lamenti di corridoio, rivendicazioni più o meno espresse e molto altro che a me non è dato sapere.
Fu così che venni convocata dai grandi capi, in riunione.
Sola contro di loro. La cosa è grave. Non c'è nemmeno nonno mommy.
"Sai tu non ti sei lamentata, ma abbiamo ricevuto qualche recriminazione...lo sai?"
"Lo so"
"ah ecco, beh, sì, insomma, i tuoi colleghi dicono che guadagnano troppo poco..."
Non sono d'accordo, ma chi me lo fa fare di dire qualcosa?
Taccio.
Il capo dei capi prosegue: "e in effetti, è vero", naturalmente, poi precisa "guadagnamo Tutti poco".
Anche in questo caso non sono d'accordo. Ma il silenzio è d'oro.
"Quindi abbiamo pensato di pagarvi noi i cellulari..."
Ah beh questo è risolutivo. Dovreste pagarmi la tata, piuttosto. Questi i miei più intimi pensieri, rimasti, saggiamente, inespressi.
"e di dividere fra voi giovani una percentuale del fatturato..."
"Ok, ma sai che a me quello che guadagno va bene. Quello che non mi va bene sono le tasse che ci pago sopra" dico io.
"Sì, ormai è così per tutti. Ma venendo a noi, monitoneremo l'attività che svolgete, così da decidere come ripartire quella percentuale dei guadagni" prosegue lui.
"bene" è una vita che chiedo questo tipo di controllo. Non certo per ottenere percentuali più alte sul fatturato, ma perchè ritengo fondamentale che chi dirige lo studio sappia cosa fanno i suoi collaboratori. Vivo nel terrore che mi capiti qualcosa e le mie pratiche si perdano nel dimenticatoio. Così, almeno, potrò morire in pace.
La conferenza, però, non è finita. Il capo dei capi va avanti.
"Capisci, però, che così le cose non possono durare..."
Ah no?
"Non è che potete fare i dipendenti a vita per trentamila euro all'anno!"
Ah no?
"Dovete crescere..."
"certo" intervengo, tanto per dire qualcosa, senza dire niente.
"Sai gli altri hanno tutti il doppio lavoro che gli da molta visibilità, l'università. Tu invece..."
Ho due figli e un marito.
"Devi trovare un altro modo..."
"Eh sì" con l'università credo proprio di aver chiuso.
"Scrivere articoli, partecipare a convegni...non so..."
Interviene il boss in seconda "noi poi ti aiuteremo, naturalmente".
Come avete fatto quando ero in maternità? Quando andavo in udienza con il bambino di un mese e le tette al vento, perchè nessuno poteva sostituirmi?
Taccio, chissà, magari questa volta andrà meglio.
Riprende il capo dei capi "conoscevo un'avvocatessa che aveva trovato un altro modo per trovare clienti..."
Risatine.
"Mi stai suggerendo qualcosa, perchè ritieni che io non sia in grado di fare altrimenti?" Interrompo, sarcastica e piccata.
"No, figurati. A te non ti ci vedo proprio ad applicare quel metodo..."
Cosa, cosa???
"Come sarebbe?"
"No, dico, non mi pare appropriato..."
"Guarda che io posso rendere prestazioni sessuali come chiunque altra..." mi alzo e me ne vado.
Ma non ho capito... senti questo. Cosa avrei in meno di un'olgettina, per dire? (In meno niente, ho parecchio di più fra fianchi e girovita).
Ma guarda te. Prima ti dicono che devi maturare sul lavoro e che, per te, la cosa è particolarmente difficile; poi, metteno pure in dubbio le tue capacità seduttive.
Offesa, mi allontano e penso:
"tanto li frego. C'ho già in mente un paio di bambini dell'asilo che vogliono divorziare dai fratelli (una è mia figlia) e almeno altri tre che vogliono fra causa alla maestra".
lunedì 21 gennaio 2013
I pinocchi
Questa mattina, la pupa ha dichiarato: "mamma, lo sai che a scuola sono arrivati i pinocchi?"
Colta alla sprovvista, ho potuto improvvisare solo un "eh? ah Wow!".
Che è la formula che adopero quando non so cosa dire. Per lo più la uso in tribunale.
Nei pochi attimi di silenzio che sono seguiti, non ho potuto fare a meno di elucubrare:
avranno fatto il teatro delle marionette?
Forse a ciascun bambino è stato consegnato un pinocchietto per giocare?
Possibile che le suore abbiano tali disponibilità economiche?
Vuoi vedere che sono stati i buoni samaritani dell'associazione bravi genitori?
Per nulla soddisfatta dai miei pensieri, ho ritenuto di approfondire l'indagine.
"Mmm, in che senso sono arrivati i pinocchi?"
"Sì, la scuola è piena di pinocchi"
"vabbé, ma che ci fate con 'sti pinocchi"
Silenzio. La sento pensare.
"Non ci facciamo niente"
"ma come?"
"sì, mamma, noi non ci facciamo niente. Sono loro che vengono a vivere nelle nostre teste..."
"come nelle teste?"
"sì, nei capelli"
OH MIO DIO!
"ma, mamma, non ti preoccupare! Basta farsi uno shampoo e i pinocchi se ne vanno!"
Colta alla sprovvista, ho potuto improvvisare solo un "eh? ah Wow!".
Che è la formula che adopero quando non so cosa dire. Per lo più la uso in tribunale.
Nei pochi attimi di silenzio che sono seguiti, non ho potuto fare a meno di elucubrare:
avranno fatto il teatro delle marionette?
Forse a ciascun bambino è stato consegnato un pinocchietto per giocare?
Possibile che le suore abbiano tali disponibilità economiche?
Vuoi vedere che sono stati i buoni samaritani dell'associazione bravi genitori?
Per nulla soddisfatta dai miei pensieri, ho ritenuto di approfondire l'indagine.
"Mmm, in che senso sono arrivati i pinocchi?"
"Sì, la scuola è piena di pinocchi"
"vabbé, ma che ci fate con 'sti pinocchi"
Silenzio. La sento pensare.
"Non ci facciamo niente"
"ma come?"
"sì, mamma, noi non ci facciamo niente. Sono loro che vengono a vivere nelle nostre teste..."
"come nelle teste?"
"sì, nei capelli"
OH MIO DIO!
"ma, mamma, non ti preoccupare! Basta farsi uno shampoo e i pinocchi se ne vanno!"
mercoledì 16 gennaio 2013
La recita
E venne il giorno in cui i pupetti si riunirono al Parco-Scenico.
Il cielo era plumbeo, l'aria greve, l'umidità altissima.
In parole povere, secchiate di pioggia si abbattevano su masse di genitori inermi, spesso accompagnate da mini-fratelli piagnucolosi, legati a passeggini grondanti.
L'appuntamento fissato alle 9 meno un quarto del sabato mattina.
Sì, avete letto bene: le NOVEMENOUNQUARTODISABATOMATTINA!!
Una tortura!
Era una prova per i nuovi genitori, come me. Lo so, lo sento che era un prova.
E quindi, a costo di morire, DOVEVO arrivare alle novemenounquartodisabatomattina!! Truccata, vestita, profumata e, possibilmente, insieme ai bambini.
La preparazione fu traumatica. Sola, con due pupi mannari urlanti come nel plenilunio.
L'uscita fu devastante. Trascinavo passeggino, borsa della mamma (quella con i pannolini), borsa vera (quella con trucchi, portafoglio, cellulare, pc portatile, tablet, colazione, caramelle, dentifricio, assorbenti, ecc. ecc.), latte, caffé, seggiolino auto, divisa scolastica, scarpe di ricambio e due pupi mezzi addormentati e per niente contenti. Sotto le secchiate di pioggia.
Sola contro i mannarini.
Gli uomini, quando servono, non ci sono mai. Figuriamoci, se ci sono gli orchi. Gli orchi mancano anche quando non servono.
Fu dunque per mero orgoglio di nuova-mamma-nella-nuova-scuola desiderosa di non sembrare la peggiore di tutte che arrivammo alle novemenounquartoetresecondinetti a scuola.
Mollai la pupa alle maestre e subito mi lanciai con il mannarino per prendere posto nel teatro della scuola.
Si spensero le luci e cominciò lo show: le parole non gli renderebbero giustizia.
Fu un susseguirsi incessante di canzoni e poesie a tema natalizio, con molta, molta improvvisazione. La parte migliore.
Al termine, l'associazione dei genitori (quelli bravi, quelli che si occupano dei figli anche il pomeriggio, quelli che riescono a pensare ad attitività extrascolastiche e ad accudire anche i figli degli altri. Io, ovviamente, non ne faccio parte) ha regalato ai pupetti nientepopo'dimenoche Babbo Natale. In calzini (grossa crisi anche al polo nord, evidentemente).
Cantatemi una canzone di natale chiese Santa ai bambini.
"sì" risposero in coro quelli. E si levò l'inno:
"tanti auguri a te, tanti auguri a teee, tanti auguri a mamma, tanti auguri a te"
"eaehmm, non è che sia proprio natalizia questa..." disse Santa.
"Vero" risposero i pupi. "ne conosciamo un'altra" dissero.
E intonarono:
"buon natale a te, buon natale a te, buon natale a teeee, buon natale a teeee".
Va bene, dai, sulla melodia lavoriamo il prossimo anno!
Il cielo era plumbeo, l'aria greve, l'umidità altissima.
In parole povere, secchiate di pioggia si abbattevano su masse di genitori inermi, spesso accompagnate da mini-fratelli piagnucolosi, legati a passeggini grondanti.
L'appuntamento fissato alle 9 meno un quarto del sabato mattina.
Sì, avete letto bene: le NOVEMENOUNQUARTODISABATOMATTINA!!
Una tortura!
Era una prova per i nuovi genitori, come me. Lo so, lo sento che era un prova.
E quindi, a costo di morire, DOVEVO arrivare alle novemenounquartodisabatomattina!! Truccata, vestita, profumata e, possibilmente, insieme ai bambini.
La preparazione fu traumatica. Sola, con due pupi mannari urlanti come nel plenilunio.
L'uscita fu devastante. Trascinavo passeggino, borsa della mamma (quella con i pannolini), borsa vera (quella con trucchi, portafoglio, cellulare, pc portatile, tablet, colazione, caramelle, dentifricio, assorbenti, ecc. ecc.), latte, caffé, seggiolino auto, divisa scolastica, scarpe di ricambio e due pupi mezzi addormentati e per niente contenti. Sotto le secchiate di pioggia.
Sola contro i mannarini.
Gli uomini, quando servono, non ci sono mai. Figuriamoci, se ci sono gli orchi. Gli orchi mancano anche quando non servono.
Fu dunque per mero orgoglio di nuova-mamma-nella-nuova-scuola desiderosa di non sembrare la peggiore di tutte che arrivammo alle novemenounquartoetresecondinetti a scuola.
Mollai la pupa alle maestre e subito mi lanciai con il mannarino per prendere posto nel teatro della scuola.
Si spensero le luci e cominciò lo show: le parole non gli renderebbero giustizia.
Fu un susseguirsi incessante di canzoni e poesie a tema natalizio, con molta, molta improvvisazione. La parte migliore.
Al termine, l'associazione dei genitori (quelli bravi, quelli che si occupano dei figli anche il pomeriggio, quelli che riescono a pensare ad attitività extrascolastiche e ad accudire anche i figli degli altri. Io, ovviamente, non ne faccio parte) ha regalato ai pupetti nientepopo'dimenoche Babbo Natale. In calzini (grossa crisi anche al polo nord, evidentemente).
Cantatemi una canzone di natale chiese Santa ai bambini.
"sì" risposero in coro quelli. E si levò l'inno:
"tanti auguri a te, tanti auguri a teee, tanti auguri a mamma, tanti auguri a te"
"eaehmm, non è che sia proprio natalizia questa..." disse Santa.
"Vero" risposero i pupi. "ne conosciamo un'altra" dissero.
E intonarono:
"buon natale a te, buon natale a te, buon natale a teeee, buon natale a teeee".
Va bene, dai, sulla melodia lavoriamo il prossimo anno!
Il teatro
Per festeggiare il compleanno della Pupa, ho acquistato quattro biglietti per il teatro.
In programma, uno spettacolo di sashaman & friends, e cioè un mio ex compagno di scuola, con altri ex compagni di scuola e, secondo me, anche qualche attuale collega e un paio di giudici del Tribunale penale.
La conferma che la nostra scuola ha formato solo grandi talenti. Gente seria. Come me.
Lo spettacolo, bello e coinvolgente.
Un caleidoscopio di giocolieri, atleti, artisti.
Fra tutti, Bruce Wayne, in arte, Batman; in pratica, altro ex compagno di scuola e attuale collega. Vestito, poveretto, con una tuta che trasudava scomodità da ogni centimetro (oltre a quasi un ettolitro di sudore). Per un momento, ho avuto il dubbio che non respirasse. Di sicuro, non ci vedeva.
Segno che la crisi ha colpito anche il centro sperimentale della Wayne corporation.
Per un numero particolarmente difficile, Sashaman ha quindi chiesto al pubblico in platea il permesso di togliere la maschera a Batman.
"tanto avete capito chi è, no?" ha chiesto ai bambini.
e quelli, pronti:
"sìììì"
"e chi è?"
"è BATMAN!!"
Impossibile ingannarli.
Batman, naturalmente, ha tenuto la maschera. E ha eseguito il numero, senza errori. Del resto, è o non è un super eroe?
All'uscita, la Pupa, si confessa:
"lo sai che anche io faccio il teatro, per Natale?"
"davvero? che bello!"
"sì, faccio la recita...al parco"
"al parco?"
"sì al parco-scenico".
In programma, uno spettacolo di sashaman & friends, e cioè un mio ex compagno di scuola, con altri ex compagni di scuola e, secondo me, anche qualche attuale collega e un paio di giudici del Tribunale penale.
La conferma che la nostra scuola ha formato solo grandi talenti. Gente seria. Come me.
Lo spettacolo, bello e coinvolgente.
Un caleidoscopio di giocolieri, atleti, artisti.
Fra tutti, Bruce Wayne, in arte, Batman; in pratica, altro ex compagno di scuola e attuale collega. Vestito, poveretto, con una tuta che trasudava scomodità da ogni centimetro (oltre a quasi un ettolitro di sudore). Per un momento, ho avuto il dubbio che non respirasse. Di sicuro, non ci vedeva.
Segno che la crisi ha colpito anche il centro sperimentale della Wayne corporation.
Per un numero particolarmente difficile, Sashaman ha quindi chiesto al pubblico in platea il permesso di togliere la maschera a Batman.
"tanto avete capito chi è, no?" ha chiesto ai bambini.
e quelli, pronti:
"sìììì"
"e chi è?"
"è BATMAN!!"
Impossibile ingannarli.
Batman, naturalmente, ha tenuto la maschera. E ha eseguito il numero, senza errori. Del resto, è o non è un super eroe?
All'uscita, la Pupa, si confessa:
"lo sai che anche io faccio il teatro, per Natale?"
"davvero? che bello!"
"sì, faccio la recita...al parco"
"al parco?"
"sì al parco-scenico".
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