Da qualche giorno rientro tardi dal lavoro.
C'è l'orco a casa e per i (ben) tre giorni di vacanze natalizie ho passato ogni minuto con lui e la Pupa.
Non nutro quindi alcun senso di colpa a cercare un po' di relax nell'unico luogo in cui è ancora possibile trovarlo, l'ufficio.
Tirar tardi ha un piacevole effetto collaterale: quando mi vede rientrare, la Pupa va in brodo di giuggiole.
Ieri, per esempio, era tutta un bacio. Con un incredibile slancio di affetto, diverse volte mi ha stretto forte, scimmiottando i teletubbies:
"mamma, taaante caccole" (ma erano coccole, s'intende).
Per me, l'estasi.
Dopo cena, mentre le mettevo il piagama, fra un abbraccio e l'altro, attacca:
"mamma, cos'è quetto?"
"è la mia collana"
"Collana, sì eh. regalata papà?"
"emm, no, non me l'ha regalata papà. tuo padre non mi regala più niente dal 1985"
"allora babbo natale?"
"sì, ecco, brava, me l'ha regalata proprio babbo natale" (quello si che è bravo a fare i regali, n.d.r.).
"bella collana"
"ti piace?" mi lancio "un giorno sarà tua"
"miaaa??" mi chiede entusiasta
"sì" decido di buttarmi in questioni serie, considerato l'atteggiamento da lei tenuto per tutta la sera "solo che prima mamma deve morire"
Mi guarda perplessa.
"Vuol dire che la mamma non la vedi più e non ci puoi più giocare".
Sconvolta (e io comincio a chiedermi se sia corretto usare queste forme di terrorismo psicologico su bambini di due anni, ma poi ricordo che i libri di psicologia infantile raccomandano di non raccontar frottole sulla morte e mi dico che tutto ciò fa parte del mio programma educativo).
E parto con la stoccata finale "Allora, preferisci stare con mamma o avere la collana?"
Non un attimo di esitazione, "Collana!".
Il programma educativo funziona alla perfezione.
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