"Ahh" un urlo nella notte: "mamma, io male panzia!"
Comincio a chiedermi se alzarmi per andare a vedere sia veramente necessario. Guardo l'ora, le 4 e trenta.
"che culo" penso "abbiamo saltato le due ore consecutive di tosse tra le due e le 4 di mattina".
Sono 4 ore di fila che dormo.
Colma di gratitudine verso la creatura, mi dico che alzarsi per andare a sondare il mal di pancia è il minimo sindacale per una buona madre di famiglia.
Cerco dentro di me (e anche fuori, di lato, di sotto e di sopra) le forze per alzarmi.
Intanto, altre urla disumane provengono dalla cameretta: "mamma, mmm, ueeeh... ahh, io fatto cacca".
Vado.
La trovo con Pisolino (il coniglio di pezza) che le ricopre interamente la faccia.
"che succede amore?" domando.
"mamma" sento provenire da sotto la coltre di peluches "fatto cacca, cacca puzza".
E puzza sì, come darle torto? Sembra un cadavere di uovo marcio.
Bene, ci ripuliamo il sederino.
Quando apro il pannolino, sono ormai certa che mia figlia sia una spia russa con un arsenale infinito di armi biologiche.
Quello si srotola sotto il sedere paonazzo, si ripiega, comincia a rotolare giù dal fasciatoio verso la mia pancia. Con un guizzo felino, faccio un balzo all'indietro e lo evito.
"Fiuuu" penso, appena prima di accorgermi che, in virtù dell'infallibile regola del pannolino sporco di cacca, quello si è splamato a cacca in giù sul pavimento.
Pulisco e incremo il sedere viola. Quindi, porto la creatura nel lettone.
Lei si sistema per bene al mio posto. "Papino" comincia a chiamare, piano (n.b. io vengo appellata con un "MAAMMAAAA, UAARGH", un urlo che farebbe tremare di terrore persino mangiafuoco, lui "papino" con un sussurro sommesso).
Lui mugugna e se l'abbraccia tutta.
Cerco di riappropriarmi di un quarto della metà del letto, la mia metà. Quella non si sposta.
"Amore" dico "mamma non entra nel letto, spostati un po'" mentre cerco di spingerla, delicatamente, via.
"no, no" replica ferma "papino, papino".
"allora mamma va via" comincio le contrattazioni sperando che si opponga e mi richiami a sé.
"Sì" proclama, algida "papino, papino" tutta un miele.
Me ne vado, mesta e pesta, nel lettino della Pupa. 160 cm di letto, tutto incluso (e cioè sbarre di legno, testata, spalliere di legno e pupazzi), per una alta 165 cm.
Mi ripiego su me stessa, ginocchia in bocca, testa sul legno, un esercito di peluches che mi ricopre.
Alle otto, in ritardo come al solito, mi sveglio.
Mi trascino nella mia camera per recuperare la vestaglia.
Ed eccoli lì, tutti e tre:
la Pupa, braccia e gambe spalancate (a 4 di spade), occupa tre quarti del letto;
l'Orco, russa abbracciato al cuscino, rannicchiato in un angolo caldo
l'altra, la traditrice, l'infame, la gatta, pure lei, orizzontalmente protesa, lunga almeno il doppio di quanto credessi felinamente possibile (solo i gatti sanno allungarsi e accorciarsi a loro piacimento), occupa tutta la parte inferiore del letto.
La guardo torva, ancora piegata a 90 gradi, la schiena a pezzi, il collo rotto.
Quella si stiracchia felice "miao", bella notte, pare volermi dire.
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