martedì 18 gennaio 2011

A Christmas crollo

24 dicembre.
Tutto è cominciato con un annuncio.
Rientro a casa carica degli ultimi regali, di cibo e di scoglionamento post traffico, Lui mi apre la porta e mi fa “ti ha chiamato il capo dice che quella cosa che quelli lì non si sapeva se facevano e che scade il trenta invece la fanno”.
Io “ma è uno scherzo?”.
Lui “come faccio a farti uno scherzo su ‘ste cose? e che ne so io che cos’è quella cosa che devono fare quelli lì?!”
Io “è uno scherzo del capo, ogni tanto, lui lì fa”.
Lui “non pareva la voce di uno che stava scherzando”.
Cacchiocacchiocacchio, penso. Telefono al capo.
Non è uno scherzo. Quella cosa di quelli lì va fatta entro il trenta.
Vabbè, penso ottusimista (cioè accecata da un ottuso ottimismo che mi lascia quasi sempre delusa, dopo), non ci penso sino al 27 e poi mi do da fare e concludo tutto in un paio di giorni, vada come vada.
Però, non è ancora mezzogiorno e sono già a pezzi.
Il pomeriggio, quella delizia di bambina che mi ha affidato la sorte (cieca, come la fortuna, e pure sorda, ché, come dice quella santa donna di mia madre, “proprio non ve la meritavate una così buona”) mi da il suo regalo: dorme tre ore di fila, senza un lamento.
Cucino (poco per la verità, ché le vecchie carampane, nonna e zia, portano un sacco di roba) e preparo la tavola.
Prima di cena, mi concedo un bel bagno caldo insieme alla pupa. Quella mi si arrampica sulla pancia e ride (macchéseride?), mi tocca le tette e dice “tette” e ride. “Certo amore” replico “non serve toccare quelle di mamma, ce l’ hai anche tu”. Guarda le sue e poi le mie, perplessa.
Ci prepariamo e devo proprio ammetterlo, lei è splendida, col suo abitino nero da cocktail.
Io cerco di infilarmi un paio di pantaloni, ma il virus intestinale che lascia piovere cacca su casa nostra da 10 giorni, infine ha colpito anche me: la mia pancia sembra un pallone aerostatico.
Cerco di mascherarla come posso e sono pronta. La sera scorre tranquilla come il vino che la innaffia. O forse così mi pare, da ubriaca.
Dopo cena, viene anche la micia. La nonna (non la mia, né quella di mia figlia, è la nonna di amici, ma noi l'abbiamo adottata) la vede e mi dice “che bella micia, quando fa i cuccioli?”. io “non fa cuccioli, non può averne”. e Lei “ma no, dico quella gatta lì, vedi come è grossa?”. e io “sì, certo, è la mia gatta, non è gravida, è grassa”.
La vecchia nonnina è sconvolta. Chiama a raccolta i presenti “oddio, ma avete visto quanto è grosso quel gatto???”.
Che bello essere gatti, penso, mentre osservo la gatta che, ignara, va a strusciarsi sulle gambe della cara nonnina.
è l’ora di aprire i regali. E così scopro di aver ricevuto LUI, il Coso, il meglio del meglio che c’è. L’Androide. Non faccio in tempo ad aprire il pacco che subito vengo travolga da una folata di testosterone impazzito: tutti i maschi under 90 presenti si avventano sull’androide. Lo spacchettano, me lo caricano, lo accendono, scelgono la suoneria. E poi cominciano a tesserne le lodi. “ahh questo sì”, “me lo compro anche io”, “volevo regalarlo alla mia ragazza”, “con questo resti sempre connessa, sai quando ti inviano le email in tempo reale, capisci che utilità?”.
No - penso, andando con la mente alla mattina appena trascorsa - l’utilità proprio non riesco a coglierla.
Però, voglio dare soddisfazione al testosterone impazzito, “ma perché che fa?”, chiedo io.
“si connette a HSUPAa5MBalsecondoinupload,haundisplayamoled,unjack3.5,memoriainternada8gbespandibile,tastohardwarblocca/sblocca,microusbecc.ecc.ecc.ecc.”
Sbatto le palpebre con sguardo bovide, e chiedo “ma telefonare telefona?”.

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