lunedì 31 gennaio 2011

La tecnica del ragno

All'uscita dall'asilo ho incrociato un marinaio.
Mi ha chiesto da fumare, ma io no, non fumo più.
Ha tirato fuori delle sigarette (ah! ma ce le ho, ha detto).
Mi ha chiesto da accendere, ma io no, non ho accendini, ché, come ho detto, non fumo più (beh, a parte quelle che rubo a fidatissimi amici e/o parenti, ma si tratta di un furto su commissione di me stessa all'unico scopo di farli fumare meno, con beneficio della loro salute).
Mentre gli indicavo dove poteva trovare un accendino (e cioè, come è noto ai più, dal tabaccaio), ha sfoderato l'arma segreta. "Guardi" mi dava rispettosamente del lei "non vorrei allarmarla, ma ho visto un insetto che si insinuava furtivamente nel suo stivale" (non aveva un eloquio così raffinato, ma il concetto era quello).
é ovvio che il dubbio che fosse una cazzata mi è balenato nel cervello, però, diamine, un insetto! A quale donna sana di mente piacerebbe aver un insetto sulla gamba?
Beh, non a me. Io al sol sentire la parola insetto divento una pazza nevrotica.  Ho la classica idiosincrasia da artropodi, un' aracnofobia all'ennesima potenza e ho sempre pensato che il film più spaventoso della storia sia Indiana Jones e il tempio maledetto, nella parte in cui servono scarrafoni fritti per cena, ma ancora più in quella in cui piovono millepiedi di circa mezzometro, insieme a ragni, cavallette giganti e scarafaggi, dal soffitto (se ci fossi stata io Indiana Jones moriva all'inizio del film).
Ed è così, una stanza piena di insetti striscianti e scrocchiosi, che salgono dal basso e cadono dall'alto, che io mi immagino l'inferno.

Ed é chiaro che il marinaio sapeva cosa faceva.
Stranamente, comunque, io sono rimasta parzialmente calma (la calma innaturale del folle). E lui ne era chiaramente stupito.
Gli ho chiesto "che tipo di insetto? uno carino o brutto?"
E lui, con la forza dell'abitudine, ma comunque colto di sorpresa, "non so, mi pareva, forse, un ragno".
Ragno?????????
La parola magica che fa scattare decine di centinaia di donne in piedi sul tavolo urlando come forsennate: "TUUU, UOMO, SALVAAAMMIIII".
Io, però, sono una madre di famiglia e ho mantenuto il controllo di me stessa.
"Ahh bene" ho biascicato a denti stretti "raggiungo la macchina e controllo".
Ovviamente, si è sentito in dovere di seguirmi, per potermi aiutare e per verificare, ha detto lui, se per caso avesse avuto le traveggole.
E, sì, chiaramente, aveva avuto le traveggole.
Mentre lo osservavo accovacciato davanti a me che si rigirava in mano il mio piede sudaticcio e puzzolente(sfido io a non avere i piedi sudati dopo aver calzato stivaloni da bikers con punte e rinforzi di ferro), chiedendomi quanto in basso potesse scendere un uomo, ho capito.
Credevo che non ci fosse niente di peggio che perdere i pantaloni mentre si corre dietro l'autobus e restare in mutande in mezzo alla strada (come mi è capitato quest'estate), ma sbagliavo, farsi palpare i piedi, di prima mattina, da un marinaio feticista in crisi d'astinenza è peggio.

Quando io ero piccola i marinai portavano un gran fortuna e, al primo avvistamento di berretto bianco e cappottino blu, si faceva a gara a dire: "Marinaio! pizzico a te, fortuna a me".
Io, scorta all'orizzonte la sagoma di un arruolato in marina, mi affretterò a dire a mia figlia: "Allaccia bene le scarpe, amore".

venerdì 28 gennaio 2011

La ... Giuliva

Come qualunque genitore, zio, nonno, cugino, o fratello sa, la discesa al mare in tempo d'estate, con pupi, è una traversata delle Egitto.
Le spiagge sono popolate di penose carovane, con gente carica di asciugamani, sdraio, secchielli, formine, annaffiatoi, rastrelli, palette, palle, biglie, racchette, volano, nonché creme, burri, oli, panini, bibite, frutta e, i più all'antica, teglie di lasagne appena sfornate, salsicce e barbeque.
I genitori più attenti e premurosi portano anche dei gonfiabili: salvagenti, materassini e gommoni formato Titanic.
Io non appartengo alla categoria dei genitori premurosi, tuttavia, mi caricavo di secchielli e palette. Tanto per godere di un nanosecondo di tregua, osservando la Pupa che, da me abbandonata al fai da te della spiaggia, rovesciava secchi di acqua e sabbia sugli altri bagnanti, mentre calpestava e ricopriva di sabbia gli spiaggiati.

Gli strumenti da lavoro venivano trasportati in una pratica borsa di tela, tutta buchi. Una cosa studiata a posta per aiutare i genitori a piegarsi continuamente a raccogliere le palette che cadono dai buchi, messa gentilmente a disposizione dai nonni.

Beh, comunque, è lì, sulla spiaggia, fra secchi e palette, che ho avuto per la prima volta la netta sensazione che mia figlia si stesse trasformando nella classica Oca.
è stato quando l'ho vista infilarsi i miei occhiali da sole, indossare la borsa di tela, tutta buchi, come una canotta, aggirarsi fra le sdraio e, fermandosi in pose da calendario, proclamare "io molto sexy, io sexy".

Le conferme le ricevo come il pane quotidiano.
La mattina si alza e fa, lagnosa "mamma, io bruttissima, io capelli strega".
Cammina per la casa, solo in punta di piedi e sculettando. Passa ore a lavarsi e osservarsi nello specchio.
Guai ad andare a letto senza crema. Guai ad uscire senza burro di cacao.
Guai ad andare ad una festa senza una spolveratina del fard della mamma, che tanto è tutto naturale e male no fa. Qualche volta si coprono anche le occhiaie, tanto che sarà mai?
E ieri sera mentre le raccontavo che la Fata Smemorina aiuta le bambine brave a scegliere l'outfit adeguato per una festa. Lei mi ha corretto, serissima, "noo, mamma, no fetta, è il BALLO!".

Ci penso e ci ripenso, con angoscia, ma proprio non riesco a capire da chi abbia preso e quelle bambole che chiama "mamma" e che piazza continuamente davanti allo specchio della loro microcasa di lego non mi offrono alcun suggerimento.

I Consigli delle Stars

Un paio di comunissime donne (una, premio oscar, già fidanzata con Pitt Bradd e Afflex Ben, moglie di un cantante poco noto alle masse, interprete di circa 37 films; l'altra, stilista, autrice della sua prima collezione all'età di 15 anni per un marchio francese quasi sconosciuto, figlia di un musicista ignoto ai più, che ha esordito con tali "beatles". Due povere sfigate, insomma) hanno lanciato un nuovo interessante progetto on-line: condividere i dettagli della loro quotidianità di mamme-lavoratrici per aiutare tutte noi ad organizzarsi meglio.

Emozionata e commossa per il pensiero delicato, leggo i suggerimenti che queste due sventurate hanno voluto condividere con le fortunatissime donne che, come me, hanno figli che le aspettano a casa e clienti e boss che le aspettano sulla porta, spesso armati (di pratiche) e con aria minacciosa.

Primo, dicono le stars: organizzarsi per tempo e programmare bene la propria giornata, scrivere i propri impegni e rispettare la tabellina di marcia.

Secondo: concentrarsi sul compito che si sta svolgendo e non lasciarsi distrarre.

Terzo: pianificare il menù settimanale nel week end e fare il venerdì la spesa per tutta la settimana.

Quarto: preparare i vestiti dei bambini la sera prima.

Quinto: parlare al cellulare mentre si accompagnano i bambini a scuola.

Cinque semplici, razionali, geniali regolette.

Comincio subito a metterle in pratica.

Primo, prendo un foglio e scrivo tutto quello che ho da fare: 7 pratiche da sbrigare per questo pomeriggio,  per un totale di 200 pagine da leggere, tempo stimato 2 ore. Spesa per tutta la settimana (è venerdì) e menu settimanale, tempo stimato 1 ora. Recuperare la Bambina dai nonni, condurla a casa, lavarla, sfamarla, tempo stimato 3 ore e trenta.

Mentre scrivo, squilla il telefono. Il Cliente mi comunica di dovermi affidare altre 130 pratiche da sbrigare in 20 giorni. OK, niente panico. Prendo la mia tabellina di marcia, ma il foglio è chiaramente insufficiente per contenere la mole di lavoro che nel frattempo mi è piombata addosso.
Vabbè, penso, la tabellina di marcia non sarà poi così importante.
Passo al secondo punto. Concentrarsi sul proprio compito, senza lasciarsi distrarre.
Benissimo, ricomincio a lavorare su un atto, concentratissima.
Mi impegno al massimo, giuro. Ma proprio mentre sono in piena fase creativo-giuridica ecco che squilla il telefono altre dieci volte. Il Cliente per notizie varie, cinque telefonate.
Mia madre, per informazioni inutili, ma dettagliatissime, 2 volte, per una durata complessiva di circa due ore.
L'orco per chiedere lumi su ogni più piccolo adempimento che il suo ruolo di padre dovrebbe consentirgli di svolgere in automatico, ma che è chiaramente incapace di eseguire persino sotto dettatura, tre volte.
Esaurite le telefonate, sono talmente demoralizzata che devo concedermi almeno una mezzora di e-shopping.

Passo al terzo punto: menu e spesa.
Dopo un minuto e mezzo di elucubrazioni, ho una fame da lupi e devo scendere a mangiare qualcosa di unto e schifoso.
Il quarto punto rientra già nella mia routine familiare, penso orgogliosa di me stessa.
Tutte le sere, dal lunedì al venerdì, la divisa della scuola della Pupa fa bella mostra di sé sulla cassapanca.
Il sabato e la domenica sono leggermente più complessi, ma fa tutto parte del programma educativo: la vestizione di una donna è una questione estramemente complessa ed è bene che mia figlia impari da subito alcune regole fondamentali del saper vivere al femminile. Per esempio, come si cambiano 4,5 outfits di fila, come ci si deve specchiare insoddisfatte e poi correre dall'orco a dire "papà, non ho 'iente 'a mettere".
Il quinto punto lo tento rientrando a casa dopo aver raccattato la pupa dai nonni.
Telefonata di lavoro, ovviamente. Ho detto solo "pronto" e la Pupa ha già attaccato a strillare; proferisco due parole appena, e qualla riattacca "MAAAAMMAAA ... Uargg" come un ululato nella notte, "mamma cos'è quetto? cos'è quello?", la ignoro e continuo a disquisire di diritto col mio interlocutore, ma quella non demorde "MAAAMAAAA, zitta mamma, zitta, acolta me, cos'è quello??? MAAAMMMAAA".
Rinuncio alla telefonata.
A casa, elaboro nuove regole.
Primo: concedete a voi stesse, dopo ogni compito svolto con devozione, se non proprio accuratezza, una mezzora di shopping.
Secondo: siate molto concentrate durante lo shopping, attente a non farvi sfuggire le occasioni, i tre per due, le promozioni e gli omaggi.
Terzo: il venerdì comprate tutti i piatti precotti e surgelati che vi potranno servire nel corso della settimana e che anche un uomo medio possa preparare senza dare fuoco alla casa.
Quarto: preparate la scuola, gli amici, la piscina, ecc., ad aspettarsi che voi e i vostri figli sarete sempre puntualmente in ritardo, ma impeccabilmente vestiti.
Quinto: buttate il cellulare e mandate le multe che avrete nel frattempo ricevuto, nel tentaitivo di seguire le regolette delle Stars, a Hollywood, California.

giovedì 27 gennaio 2011

Fratello Piccione Sorella Gatta

Non ho ambizioni di santità, né voglio montarmi la testa, ma devo proprio dirlo.
La Pupa parla con gli animali.
Non nel senso che ci interagisce come un qualsiasi essere umano che li ami,  che so con un bel  "oh ma che bel cagnolino!", oppure "com'è peloso mamma", o ancora "sei un bravo cane".
No, no, la Pupa ci dialoga.

Per esempio.

L'altra mattina mi ha delicatamente svegliata insieme alla Gatta.
Si sono tuffate all'unisono sulla mia pancia e hanno cominciato un inseguimento all'ultimo respiro, fra le mie tette e i miei piedi.
Durante, la Pupa continuava a interloquire con la bestiola.
"Come sei bella tootsie, sai?" le diceva.
Silenzio assenso.
"Come sei morbida, tootsie" mentre cercava di tirarle la coda.
"mmeeeooowww" lamentoso.
"Tootsie, tu non puzzi mai. Slotty, invece, l'altro giorno, puzzava, sai?"
Compiacimento felino.
Avevo ancora gli occhi chiusi, quando sento che la pupa scende dal letto e prende qualcosa.
E attacca "ora ascolta, tootsie, eh?? io leggio"
Mi sollevo leggermente dal cuscino e la vedo con in mano il David Copperfield.
Lo sfoglia e finge di leggere alla gatta. Ma il bello è che quella (che con me ha sempre rifiutato di sfogliare alcunché, piazzando il suo bel culone peloso su tutto ciò di cartaceo -libri, riviste, vocabolari, codici - che osavo aprire) ascolta rapita.

Oggi, all'ingresso dell'asilo c'era un piccione.
Io correvo avanti alla Pupa, e, appellandomi ai suoi doveri, la incitavo "Su sergente Anna, muoversi! un, due, un, due" (è un nuovo gioco, io sono il generale, o collonello, insomma un pezzo grosso, lei è il sergente e deve esseguire gli ordini. Non funziona naturalmente, ché quando la chiamo Sergente, lei mi dice "ma no, io sono Anna!").
Lei mi seguiva a tratti cantilenando "un, due, un, due", quando ha individuato il piccione.
"ohhh Wow! mamma, guadda, Pio Pio!"
Ho manifestato il mio entusiasmo e poi ho continuato a sollecitarla a darsi una mossa (ero in ritardo come al solito).
Le camminavo avanti, quando ho sentito "Ciao Pio, Pio, Io sono Anna, Quella lì è mia mamma, vedi?"
Giuro che mi è proprio sembrato di sentirlo "ma chi quella pazza che cammina come un nazista e continua ad urlare Un, due, un due?"

mercoledì 26 gennaio 2011

Attrazione legale

C'è uno strano fenomeno a Studio, una forza centripeta che raccoglie tutti i colleghi in un unico luogo, la mia stanza.

Per essere del tutto onesti, la mia stanza non è mia. Non solo mia, almeno.
La divido con LEI e LUI.
Li chiamerò LEI e LUI perchè in effetti maschio e Femmina sono, e tali vengono vissuti dai rispettivi famigliari.
Per me, però, sono come gli angeli. Senza sesso (soprattutto, LUI è chiaro. E dico questo, sia chiaro, non perchè LUI sia proprio un bel ragazzo, con tutte le sue cosine al posto giusto, ma perchè è rigorosamente vero).
Del resto, LUI divide la stanza con me da anni, da sempre. Siamo talmente abituati l'uno all'altra, conosciamo al punto i reciproci modi di fare, da sfiorare un rapporto di fratellanza. LUI, addirittura, ha assunto degli atteggiamenti che non gli erano propri, all'inizio.
Per esempio, nei primi anni di condivisione dello spazio e del tempo, LUI strascicava i piedi.
Ammettiamolo, sembrava che fosse uscito di casa dimenticando di togliersi le pantofole. Lo sentivi arrivare dal fondo del corridoio con il suo trascinamento casalingo e rassicurante.
Ebbene, saranno almeno due anni che non struscia più i piedi!
Oddio, potrebbe anche essere che io talmente abituata al ciabattare (l'orco non solleva mai i piedi da terra più di due o tre millimetri, cosa che, per uno di circa novanti chili, non può che produrre un effetto scivolata con pattina di piombo) non faccia più caso alla camminata di LUI.

Fra me e LUI, comunque, c'è un codice di regole non scritte, autodefinite con soddisfazione di entrambe le parti : LUI parla, mi racconta i suoi tribolamenti giuridici, io mugugno, non ci capisco un accidente e in mente mia penso "che fortuna che il Boss abbia scelto lui per questo lavoro"; LUI è perfettamente consapevole del fatto che io non capisco quello che dice e mi perdo la metà delle parole, ma la regola tacita è quella: fingere di stare a sentire. Del resto, quando espongo io le mie tribolazioni giuridiche, e LUI è concentrato su qualcosa, non risponde, è completamente isolato, almeno fino a che non ci ficchi dentro un qualche pettegolezzo piccante (sai quell'ex collega? c'ha una storia con quell'altro...ecc.ecc.), allora si desta dal torpore, ti chiede un breve rewind e ti dedica tutta la sua attenzione. Lo ammiro molto per questo. Io almeno un mugugno ai suoi tribolamenti lo devo emettere, non riesco a isolarmi completamente nemmeno con le cuffie con i black sabbath dentro. Ma anche in tal caso, la regola non scritta è quella: evitare di mandare a cagare la fastidiosa collega, chiudendosi in un sobrio silenzio.

LEI è con noi da meno. L'abbiamo accolta come se fosse una di famiglia. Adottata, in pratica.
Non mi dilungherò sulle sue innumerevoli doti. Dirò solo che a queste aggiunge alcuni nuovi modi, frutto dei miei suggerimenti (non legali, figuriamoci se io posso dare suggerimenti legali, non scherziamo. Parlo di regole di vita, per esempio su come spendere tutti i propri soldi in meno di 15 minuti, sui luoghi dove diversificare il proprio shopping, su come educare e punire i mariti). Io, da parte mia, capisco quanto sono perfida con il mio prossimo, imparo alcune tecniche di gestione del dipendente (sulle quali, però, ho ancora molta strada da fare) e riesco ad apprendere persino qualcosa di diritto.

L'attrazione irresistibile che esercita la nostra stanza consiste in ciò: ogni collega maschio di studio entra ed esce dai nostri luoghi tra le cinque e le dieci volte al giorno.
Sia inteso, non che la cosa ci disturbi, anzi. Ogni ingresso stimola battute e commenti divertenti (no, riflessioni giuridiche, no, mai).
é che ci interroghiamo. Non potrebbe essere altrimenti.
é un continuo viavai! Credo che neppure la casa del Premier goda di un tale afflusso di membri (anche perchè, a quanto ho capito, il membro è rigorosamente uno! Si vede che è timido).
Non ho ancora sveltato l'arcano e spiegato, con rigore scientifico, quale sia la fonte dell'energia accentratrice.
Ma comincio a pensare che i colleghi ci vedano un po' (alludo a me e LEI, ché LUI è persona troppo seria) come un duo comico, che so tipo... Gianni e Pinotto (del resto, non ci sono coppie di comiche donne, belle e intelligenti. Mi viene il dubbio che se una è bella e intelligente la coppia, comica o no, la evita).

martedì 25 gennaio 2011

La mela

Era chiaro che l'apertura di un blog mi avrebbe creato qualche guaio con amici, famigliari e colleghi.
Mia madre, mortalmente offesa, già minaccia sciopero ad oltranza nell'accudimento della Pupa.
Mio padre ha da ridire sulla sua descrizione fisica (peraltro, frutto dello spirito di osservazione della Pupa), nonché su alcune considerazioni da me rese sullo "Studio".
L'Orco non ha ancora proferito parola, nel senso che, da quando ho aperto il blog, non mi rivolge più la parola e dorme da solo in un'altra stanza (secondo me, ancora non l'ha letto).
La Pupa, grazie al cielo, non sa leggere (anche se lei è convinta del contrario), ma quando imparerà - è chiaro - dovrà contestualmente prenotare una visita psichiatrica per superare lo shock emotivo.
Il boss... beh, il boss si dice entusiasta (del resto, fa ormai parte del personaggio).
Ha, però, voluto precisare: "certo, col vittimismo, voi donne risolvete tutto".
Vittimismo? Ma quale vittimismo?
Deve aver percipito un moto di stupore sul mio volto, perchè ha proseguito:
"Ma sì, sì, del resto avete ragione, da quando vi hanno fatto prendere la mela nell'Eden".
Avrei voluto aggiungere e dei dolori del parto, ne vogliamo parlare?
Senonché, ancora una volta, sono rimasta incantata ad osservare l'abisso che separa l'uomo dalla donna.
Eh sì, perchè per me le vittime sono quelle piagnucolose che passano il tempo a lagnarsi, le moderne prefiche (onde evitare spiacevoli equivoci, dicesi prefiche le donne pagate per prendere parte alle cerimonie funebri, lagnandosi ostentatamente) che non perdono occasione per fermarti, posizionare la loro mano sul tuo avambraccio e cominciare l'elenco (infinito) delle loro disgrazie.
Non giudico vittime le donne che partoriscono - con dolore, ma in silenzio (non credete ai film, le donne non partoriscono urlando, il dolore le blocca e poi, a dio [non] piacendo, arriva pure l'anestesista) - quelle che lavorano - a capo chino, e senza mai un lamento (è chiaro che ci lamentiamo e piangiamo sulle pratiche, ma solo quando nessuno ci vede!) - quelle che accudiscono i figli - con piacere, ma nei ritagli di tempo - e quelle che sopportano - non tanto silenziosamente, ma comunque sopportano - di dividere la loro vita con dei mariti tanto diversi da loro che niente di quel che l'uno o l'altra fanno va mai reciprocamente bene.

Devo, poi, ammettere che credevo fosse assolutamente evidente, dal blog, che io nella vita ricopro il ruolo di carnefice e non di vittima. Che le vittime sono quei poveretti che mi capitano a tiro, i tapini che divino il tetto coniugale, i famigliari che sopportano le mie freddure e, in generale, tutti i protagonisti delle mie spietate cronache.
Del resto, non é certo colpa mia se il mio prossimo è fonte, per me, di continua ispirazione.
Non é colpa mia se gli uomini che fanno la spesa comprano solo Cocacola e nutella.
Non é colpa mia se le donne sono animali sociali e, soprattutto, razionali e gli uomini sono diventati romanticoni ed emotivi.
Ed è forse colpa mia se, da quel fatidico giorno nell'eden, il medico ci ha raccomandato di mangiare una mela al giorno?

lunedì 24 gennaio 2011

Scandalo sul campo

Polemiche nel Regno Unito, causa (incredibile) sessismo calcistico (e chi l'avrebbe mai detto che allo Stadio ci possa essere del maschilismo?).

Dicono i giornali che due commentatori sportivi inglesi (che, per comodità, chiamerò Mister G e Mister K), lasciando fuberscamente aperti i microfoni, nonostante fuori onda, abbiano ingiustamente gettato fango su una guardalinee.

Questo, per sommi capi, lo scambio di battute fra i due.

Mister G: "hai visto che roba? una guardalinee donna"
Mister K: "roba da matti, ma da quando hanno cominciato?"
Mister G: "ahh boh, comunque, io l'ho sempre detto che le donne non capiscono il fuori gioco"
Mister K: "parole sante, amico mio, parole sante!"

Stupirà i più, ma voglio spezzare una lancia a favore di questi due poveretti.

Insomma, non mi lascia perplessa e offesa pensare che le donne non capiscano il fuori gioco.
Io non c'ho mai capito un accidenti! Perchè mai un calciatore, solo davanti al portiere, realizza il gol della vita e un altro, apparentemente nella medesima situazione, è in fuori gioco? E perchè un Maradona poteva attraversare un intero campo, palla al piede, e poi segnare di mano e passare alla storia e un cristo qualsiasi, in simil condizione, e pur sforzandosi di segnare di piede, è un idiota in fuori gioco?
No, lo ammetto, io il fuori gioco proprio non lo capisco. Né muoio dalla voglia di capirlo.

Aggiungiamo pure che Mister K e Mister G si sono dati una grande legnata lì dove fa più male, lasciando aperti microfoni che dovevano essere chiusi (e vabbè, poveracci, è evidente che non sono avvezzi al pettegolezzo), facendosi ascoltare dal popolo che più inorridisce innanzi alle scorrettezze e alla mancanza di riguardo per il gentil sesso, e, per di più, toppando in pieno, ché la guardalinee, invece, ci aveva azzeccato.
Quale prova di maggiore imbecillità potevano dare?

Ho davvero pena per questi due signori. Sarei anche preoccupata per il loro destino, se non immaginassi che due così in Italia potrebbero fare carriera.
Basti pensare alla conclusione che avrebbe avuto il medesimo dialogo nel bel paese:

"ohh non capirà un tubo di fuori gioco, ma hai visto che tette?"

venerdì 21 gennaio 2011

L'intelligenza della puerpera

Per oltre quattro anni, ho sfacchinato come un ossesso fuori e dentro "Studio" (dicesi "Studio" il luogo in cui svolgo le mie mansioni professionali e guai a chiamarlo "ufficio", ché l'ufficio - come mi è stato prontamente spiegato all'indomani del mio ingresso nello "STUDIO" -  è una struttura rigorasemente pubblica).
Per oltre quattro anni, ho versato lacrime di disperazione e gocce di sudore sulle pratiche.
Per oltre quattro anni, ho scondinzolato dietro al boss, sperando in un sorriso, anche solo abbozzato.
Per oltre quattro anni, ho ricevuto in cambio solo "mpf",  "hai finito?", "devi cambiare tutta la prima e la seconda parte, la terza non regge, la quarta è inutile".
Insomma, per oltre quattro anni, mai ho ricevuto alcun complimento né ringraziamento per la fatica e per le ore piccole trascorse in solitudine in uno studio di 700 mq, con una fifa blu che mi impediva di andare al bagno, se non camminando rasente i muri e cantando a squarcia gola.

Poi sono rimasta incinta.
Tutte rimanevano incinte in quel periodo e alla fine è toccato anche a me.
Il boss ci ha messo quasi un anno per accettare la notizia. E prima di ritrovarsi mia figlia in braccio che gli tirava gli occhiali, mai ha fatto menzione della mia maternità o della famiglia da me acquisita.

Tornata dalla maternità, con l'impressione, netta, che mi aspettasse al varco, e con ansia, per mollarmi il cliente (dicesi "il Cliente" quello che è stato il  mio solo e unico cliente per un certo periodo, capace da solo di occupare interamente 260 dei 240 giorni lavorativi annuali), incredibilmente, ero diventata intelligente.
I complimenti, talmente rari da essere unici prima della maternità, sono diventati, quasi, frequenti.
Le correzioni ai miei lavori, minime e di poco peso, sempre accompagnate da un "ben fatto" o un "eh però sei stata brava".
Ovviamente, il tutto condito da un "ti ho insegnato bene", tanto per non farmi montare la testa (e solo perchè il boss non sa che con la madre che ho avuto è impossibile che io mi monti la testa).
Mi sono interrogata per mesi sulle ragioni di questo radicale mutamento: forse è stato l'aspetto docile e materno (complici i venti chili di sovrappeso) che ho assunto? forse l'aver visto la mia bambina lo ha intenerito? o si è ricordato dei primi giorni di paternità? o ancora, ha compreso in quale miserrima condezione di vita mi trovo, divisa fra lavoro e famiglia, e gli faccio pena?

Ancora mi interrogavo sulle ragioni del cambiamento, quando mi è caduto l'occhio su un articolo sulle topine (dicesi "topine" i mammiferi roditori appartenenti alla famiglia dei muridi ,di sesso femminile).
Alcuni ricercatori (solo un pelino meglio impiegati di quelli che hanno studiato "perchè si scivola sul ghiaccio") hanno verificato che le tope single ci mettono oltre tre giorni a trovare un pezzetto di formaggio,  districandosi in un labirinto. Le tope mamme, per assolvere al medesimo compito, impiegano circa tre minuti, spinte - dicono i ricercatori  - dal bisogno biologico di nutrire i piccoli (o forse, dico io, dalla voglia di farsi una bella mangiata, dopo l'enorme fatica fatta per accudire i pargoletti - l'articolo, del resto, non specificava se il cibo fosse poi consegnato ai figli o se le tope lo ingurgitassero in un boccone, come capita a noi mamme umane di ritorno dal lavoro).
Mi ero finalmente convinta di essere diventata più intelligente e mi chiedevo quanto sarebbe durato l'effetto e quanti altri figli avrei dovuto fare per tenere alto il mio livello professionale, quando il boss ha avuto l'occasione di incontrare mia suocera.

Da quel (memorabile) giorno, potrei consegnare anche una mezza pagina di atto con su scritto "miaveterottolescatole" che lui comunque mi dice "ottimo lavoro, sei stata davvero brava, non ti buttare giù"

Ho capito, non sono più intelligente, ma solo più sfigata.

P.s.
Boss, ti sono infinitamente grata per quanto mi hai insegnato sino ad oggi. Ti sarei ancora più grata se non mi licenziassi.

P.P.S.
Mamma, i riferimenti a te non corrispondono alla realtà (e comunque, come hai detto tu "a che serve aprire un blog?")

L'importanza di chiamarsi Barbapapà

Ore 18.00, l'ora del bagnetto.
Il bagnetto consiste in una mezzora di tsunami casalingo, fra tuffi nella vasca, nuotate con grande sbattimento di piedi e mani, rovesciamento di barattoli pieni d'acqua, immersioni, lancio di natanti di vario genere.
Partecipano all'evento: la Pupa, io e un intero esercito plastico di Barbapapà.
Ci sono tutti, ma proprio tutti:
Barbapapà, il pater familias rosa, la fonte delle disgrazie mie e di altre mamme;

Barbamammà, una mamma che ignora cosa sia il Baby blues (forse perchè ha sei figli, ma non ha mai partorito?) e che, anche innanzi alle peggiori disgrazie dei suoi barbabebé, reagisce con impeccabile stile (anglosassone? certo, non italico),"ops, uno dei barbabebé è annegato! Ops, quell'altro è circondato di squali famelici! quello lì si è perso nel bosco e ha passato la notte da solo in mezzo ai lupi! Ops, quella là ha ingoiato il pacco di pillole blu di barbapapà! Toh, quell'altra sta vomitando come la figlia dell'esorcista!";

i barbabebé: Barbaforte, barbabravo, barbazoo, barbalalla, barbottina e barbabella, che è identica agli altri, ma ha la collana di perle e allora è classificata "una vera bellezza" (a saperlo prima che bastava un filo di perle...).

Ci sono anche i doppioni: le barbottine sono simpatiche a tutte le donne della famiglia (sarà perchè danno l'idea di essere intellettuali e sovrappeso?), che dunque le hanno ripetutamente acquistate e allora sono tre, barbabella è veramente fantastica con quel filo di perle e la coroncina di fiori e allora ce ne volevano due, Barbabravo era scomparso, ma poi è tornato, e ora sono in due.
Perse fra tutti questi barbapapà due paperelle di gomma, retaggio di una fase della vita in cui barbe à papa voleva ancora dire zucchero filato, la mente della pupa non era ancora plagiata dalla cattiva maestra, la televisione, e i Barbapapà non erano altro che macchie informi e senza senso.
E allora dico: "Pupa, ma queste qui non sono Barbapapà, sono paperelle, che ci fanno qui in mezzo?"
E lei risoluta: "Ma sì, mamma, quette sono Babbaquaquà".

Lapalissiano.

Monsters & co.

Da qualche giorno rientro tardi dal lavoro.
C'è l'orco a casa e per i (ben) tre giorni di vacanze natalizie ho passato ogni minuto con lui e la Pupa.
Non nutro quindi alcun senso di colpa a cercare un po' di relax nell'unico luogo in cui è ancora possibile trovarlo, l'ufficio.
Tirar tardi ha un piacevole effetto collaterale: quando mi vede rientrare, la Pupa va in brodo di giuggiole.
Ieri, per esempio, era tutta un bacio. Con un incredibile slancio di affetto, diverse volte mi ha stretto forte, scimmiottando i teletubbies:
"mamma, taaante caccole" (ma erano coccole, s'intende).
Per me, l'estasi.
Dopo cena, mentre le mettevo il piagama, fra un abbraccio e l'altro, attacca:
"mamma, cos'è quetto?"
"è la mia collana"
"Collana, sì eh. regalata papà?"
"emm, no, non me l'ha regalata papà. tuo padre non mi regala più niente dal 1985"
"allora babbo natale?"
"sì, ecco, brava, me l'ha regalata proprio babbo natale" (quello si che è bravo a fare i regali, n.d.r.).
"bella collana"
"ti piace?" mi lancio "un giorno sarà tua"
"miaaa??" mi chiede entusiasta
"sì" decido di buttarmi in questioni serie, considerato l'atteggiamento da lei tenuto per tutta la sera "solo che prima mamma deve morire"
Mi guarda perplessa.
"Vuol dire che la mamma non la vedi più e non ci puoi più giocare".
Sconvolta (e io comincio a chiedermi se sia corretto usare queste forme di terrorismo psicologico su bambini di due anni, ma poi ricordo che i libri di psicologia infantile raccomandano di non raccontar frottole sulla morte e mi dico che tutto ciò fa parte del mio programma educativo).
E parto con la stoccata finale "Allora, preferisci stare con mamma o avere la collana?"
Non un attimo di esitazione, "Collana!".

Il programma educativo funziona alla perfezione.

giovedì 20 gennaio 2011

Il mistero della vita

Mattina a casa con la Pupa.
é malata. O almeno lo era ieri, mentre io ero a lavoro in preda all'ansia.
38.8 di febbre, tosse, piagnucolamenti qua e là interrotti da appelli disperati: "Mamma, dov'è mamma?".
Questo stando ai bollettini, per niente ansiogeni, che mi venivano trasmessi ad intervalli regolari.
Al mio rientro, già dormiva e, in effetti, era calda. Ma sfido io, era sepolta dal piumone svedese, indossava doppi calzini, maglia a collo alto e pigiamone di pile! Conciati così il minimo che possa accadere è avere 39 di febbre.
Una volta asciugata dal sudore e vestita adeguatamente, non sembrava poi così malata.
E non lo sembra nemmeno questa mattina.
Comunque.
Da sole a casa, facciamo una ricca colazione. O meglio, io tiro fuori tutto quello che mi chiede, dal Pandoro ai crackers, e poi me lo mangio.
Consumati caffé e cereali, il mio povero intestino, impazzito all'idea di stare in casa di mattina, decide di dare libero sfogo ai suoi istinti e manda chiari messaggi di allarme evacuazione.
In bagno, da soli, è chiaro che non si possa andare.
Ho appena accennato all'idea di fare una visita in bagno che lei ha già preso una rivista e mi aspetta di fronte al wc. Si vede che con l'Orco è già abituata a condividere certi momenti.
Sfogliamo la rivista insieme, guarda le foto entusiasta, alle pubblicità dei rossetti esclama "Bello, mamma".
Giriamo una pagina e capitiamo sulla foto di una donna incinta.
Vai, penso, è l'occasione per spiegarle come nascono i bambini.
"Guarda, Pupa" le dico "vedi che pancione ha questa signora"
"sìì, grande" risponde con partecipazione.
"ma tu lo sai perchè ha questa pancia grande?" le chiedo, mentre mi preparo a spiegare il miracolo della vita.
Un momento di raccoglimento e poi risponde:
"Embé ha mangiato tanta pappa, come nonno".

mercoledì 19 gennaio 2011

Poli-Anna

1. Tecniche per indurre il genitore ad elargire biscotti
L'ora di merenda è già passata, ma, evidentemente, un languore attanaglia lo stomaco della povera Pupa, perchè arriva correndo e con sguardo supplichevole sbotta:
"io, ehmmm, Bicotti"
Benché sia stata piuttosto esplicita, tergiversando, indago "cosa vuoi amore?"
"io, emmm, bicotti, bicotti" comincia a battere le manine e a correre per casa "Bicotti quelli piccoli piccoli, neri"
"ma è quasi ora di cena" replico, richiamando al rispetto dei principi della ragione "fra poco mangiamo la pappa"
"nooo, uehh" comncia la frigna "io vojo bi-co-tti".
"Pupa, ora no, fra poco si mangia"
"Ma mamma, io panzia vuota, mamma, io niente dentlo, panzia vuota".

2. Tecniche per indurre il genitore all'acquisto di nuovi giocattoli
Passeggiata in centro.
Incrociamo un pericoloso negozio di giocattoli.
"mamma" piagnucola con il labbro in fuori, prima ancora di aver raggiunto le vetrine "io niente mani, mani vuote"
"non hai niente in mano?" chiedo.
"sì, sì, ecco. Guadda: io mani vuote" mi mostra le manine.
" e allora che si fa?" la incalzo, scioccamente.
"aehhmm, tu compla me babbapapà"

3. Tecniche per ottenere una dose di coccole dal genitore giusto (de relato)
"Papà" piagnucola la Pupa "io triste"
"Sei triste, amore, perché?"
"mamma è lavolo, lasciata me sola!"
"ma ci sono io" replica indignato l'Orco.
"sì, ma io vuole mamma" spiega, paziente, la Pupa.
"Vieni, ti faccio le coccole"
Si sistema fra le braccia del padre, ebbra di soddisfazione.
"Povela mamma" dice "mamma a lavolo è triste, mamma piange".

4. Tecniche per evitare l'eccesso di coccole genitoriale
Rientro a casa dopo una giornata devastante. Apro la porta, ma nessuno mi viene incontro (nemmeno la traditrice, la luce dei miei occhi, quella che, un tempo, mi aspettava alla finestra per ore, la malefica gatta!).
Chiamo la Pupa.
"mmm, ciao mamma" dice, scocciata, mentre mastica un pezzo di pane e guarda i cartoni.
"ma mamma non può avere un bacino?" supplico.
Nessun riscontro.
"Mamma è andata al lavoro, è tanto triste quanto va a lavoro, sai? piange!" (non è affatto vero, naturalmente, ma l'ha detto lei per prima e allora perchè non sfruttarlo a mio vantaggio?).
Scocciata, lentamente si alza dalla sua poltroncina e mi viene incontro.
Non mi da alcun bacio, ma una pacca sulla spalla e mi dice "nooo, mamma, lavoro bello".
E poi, se ne va.

5. Tecniche per evitare la nanna serale.
"mamma io lava denti"
"bene, andiamo a lavarci i denti, ma poi, subito, a letto"
Dopo circa mezzora di strofinamenti e sputacchiamenti (mai vi furono denti più puliti), riesco a ricondurla nella sua camera.
"mamma, io pipì water, pipì water"
"non ti serve il water, per la notte hai ancora il pannolino, puoi farla lì"
"nooo, uaaargh, noooo io water, wa-ter"
Col timore che impedirle di usare il water possa creare un trauma nella delicate fase dell'abbandono del pannolino, la conduco, trionfante (lei), sul wc.
Restiamo sedute sul vecchio vaso per circa trenta minuti. Niente. Non un goccio.
Alla fine, la prendo di forza e la trascino a letto.
Si legge. Afferra il libro che ho sulle ginocchia e proclama "leggio io".
Altre tre ore per terminare un libro di 5 pagine.
Infine, la sbatto a letto.
"ciao ciao, amore" dico dalla porta "fai tanta nanna"
Mi richiama altre venti volte. Per altre venti volte faccio sue e giù per le scale (grazie mamma di avermi amabilmente concesso la tua adorata casa a due piani):
"Mamma, altro latte". E porto il latte.
"Mamma Lupo". E io "il Lupo è un animale buono"
"mmm allora Orco". E io "ma L'Orco è papà ed è bravo e buono".
"mmm allora mostri, ombre". E io "ma se ci sono tutte le luci accese?"
"mmm allora io freddo"
"col pigiama di pile, le calze di lana e tre piuomoni sopra la testa? No, Pupa, questi sono capricci e a mamma non piacciono i capricci".
"ueeehh no, io sola triste, tu una stolia, una sola"
"giurin, giuretto?"
"sì, sì" replica e si bacia le dita.
Racconto una storia, niente altro che un elenco di tipi di fate con annessa indicazione della qualità ricoperta nella società fatata e relativa funzione specifica. Le rammento che ha promesso e vado via.
Sono trascorse circa due ore e trenta da quanto l'ho infilata nel letto la prima volta.
"ciao amore, buona notte" dico, ormai sderenata e con un unico desiderio: raggiungere il mio letto, il prima possibile.
"ciao ciao, amore" replica soddisfatta.

Risvegli

Sono in cucina che mi preparo un caffè quando sento le urla al piano di sopra.
"Maammaa, ueeeh, ueeeh, Mammina, Mamma"
Le ignoro, In fondo,  di sopra, c'è l'Orco, suo padre.
Consumo la mia povera colazione, lavo i biberon, preparo il latte di riso (da quando in casa nostra ha traslocato  la Diarrea, consumiamo latte di riso), arraffo i biscotti e salgo.
La trovo nel suo lettino, arrotolata nel piumone. Mi guarda supplichevole e depressa.
"sei tornata a letto amore? vuoi ancora dormire?" chiedo.
"no, no" piagnucola e riattacca "mamma, uehh, ueeh, mammina"
Mi reco dal padre, portando le vettovaglie, e chiedo "ma perchè è tornata a letto?"
"mpf" mormora da sotto le coperte "è venuta, ha visto che non c'eri e se n'è andata".
La vado a prendere, la porto nel lettone e cerco di convincerla a restare con il padre a mangiare biscotti e guardare cartoni riempiendo il letto di briciole, dando così a me il tempo per lavarmi.
"no, no" frigna " vojo mamma".
"ma perchè?" chiedo.
"papà puzza... puzza tanto".
"eh lo so, pensa che io ci devo dormire!" le spiego.
Intanto, l'orco si lamenta da sotto le pezze "ma come? povero papino, non me lo dai un bacino?"
La Pupa replica disgustata "NO", ma è chiaro che se fosse capace direbbe "tattacchibello!"
Quindi, si reca in bagno con me. Vede il deodorante. Se ne appropria. Lo trasborda in camera da letto e inizia a rovesciarlo sulle membra del pover uomo.
"ooh, ecco!" esclama durante i lavori di ripulitura.
Quanto l'Orco è completamente ricoperto di deodorante, lo bacia.
A quel punto, il pover uomo è anche sveglio. Si alza ed entra in bagno.
Indossa mutandoni bianchi al ginocchio, la consueta magliettina di peli umani e la ormai abituale ciambella di ciccia.
Io rido.
"Cosa ridi?" subito si intromette la sua (saggia) coda di paglia "non sono tanto bello? eh? Pupa, papà non è tanto bello?".
Lei lo guarda bene, ci pensa, soppesa le parole e poi sbotta "No, tanto bello, no!".
"Come no?" replica abbattuto "e allora come sono?"
Con l'aria stanca di chi deve sempre spiegare tutto, anche le cose più elementari, quelle che potrebbe comprendere anche un bambino di due anni, lei dice "Tu Brutto!".

martedì 18 gennaio 2011

Paura dell'abbandono

é normale che io abbia il terrore di abbandonare il blog per timore di non saperci più rientrare?

Le invasioni Bambiniche

"Ahh" un urlo nella notte: "mamma, io male panzia!"
Comincio a chiedermi se alzarmi per andare a vedere sia veramente necessario. Guardo l'ora, le 4 e trenta.
"che culo" penso "abbiamo saltato le due ore consecutive di tosse tra le due e le 4 di mattina".
Sono 4 ore di fila che dormo.
Colma di gratitudine verso la creatura, mi dico che alzarsi per andare a sondare il mal di pancia è il minimo sindacale per una buona madre di famiglia.
Cerco dentro di me (e anche fuori, di lato, di sotto e di sopra) le forze per alzarmi.
Intanto, altre urla disumane provengono dalla cameretta: "mamma, mmm, ueeeh... ahh, io fatto cacca".
Vado.
La trovo con Pisolino (il coniglio di pezza) che le ricopre interamente la faccia.
"che succede amore?" domando.
"mamma" sento provenire da sotto la coltre di peluches "fatto cacca, cacca puzza".
E puzza sì, come darle torto? Sembra un cadavere di uovo marcio.
Bene, ci ripuliamo il sederino.
Quando apro il pannolino, sono ormai certa che mia figlia sia una spia russa con un arsenale infinito di armi biologiche.
Quello si srotola sotto il sedere paonazzo, si ripiega, comincia a rotolare giù dal fasciatoio verso la mia pancia. Con un guizzo felino, faccio un balzo all'indietro e lo evito.
"Fiuuu" penso, appena prima di accorgermi che, in virtù dell'infallibile regola del pannolino sporco di cacca, quello si è splamato a cacca in giù sul pavimento.
Pulisco e incremo il sedere viola. Quindi, porto la creatura nel lettone.
Lei si sistema per bene al mio posto. "Papino" comincia a chiamare, piano (n.b. io vengo appellata con un "MAAMMAAAA, UAARGH", un urlo che farebbe tremare di terrore persino mangiafuoco, lui "papino" con un sussurro sommesso).
Lui mugugna e se l'abbraccia tutta.
Cerco di riappropriarmi di un quarto della metà del letto, la mia metà. Quella non si sposta.
"Amore" dico "mamma non entra nel letto, spostati un po'" mentre cerco di spingerla, delicatamente, via.
"no, no" replica ferma "papino, papino".
"allora mamma va via" comincio le contrattazioni sperando che si opponga e mi richiami a sé.
"Sì" proclama, algida "papino, papino"  tutta un miele.
Me ne vado, mesta e pesta, nel lettino della Pupa. 160 cm di letto, tutto incluso (e cioè sbarre di legno, testata, spalliere di legno e pupazzi), per una alta 165 cm.
Mi ripiego su  me stessa, ginocchia in bocca, testa sul legno, un esercito di peluches che mi ricopre.
Alle otto, in ritardo come al solito, mi sveglio.
Mi trascino nella mia camera per recuperare la vestaglia.
Ed eccoli lì, tutti e tre:
la Pupa, braccia e gambe spalancate (a 4 di spade), occupa tre quarti del letto;
l'Orco, russa abbracciato al cuscino, rannicchiato in un angolo caldo
l'altra, la traditrice, l'infame, la gatta, pure lei, orizzontalmente protesa, lunga almeno il doppio di quanto credessi felinamente possibile (solo i gatti sanno allungarsi e accorciarsi a loro piacimento), occupa tutta la parte inferiore del letto.
La guardo torva, ancora piegata a 90 gradi, la schiena a pezzi, il collo rotto.
Quella si stiracchia felice "miao", bella notte, pare volermi dire.

Bunga bunga

Pomeriggio con i nonni. Visione ininterrotta di Barbapapà intenti a vendemmiare.

Ora di Cena: "mamma, guadda io pigio uva" dice la Pupa, mentre salta sopra i ditalini rigati della coop, crudi, e quelli si spalmano in mille piccolissimi pezzi sul pavimento, lindo, della cucina.
"Pupa, se non fai la brava non ti do il miele" comincio a contrattare io, scivolando sui rimasugli di pasta.
"no, no" urla "io Bava, bava ... io volio miele" sentenzia, mentre i ditalini rigati, crudi, ancora rotolano sul pavimento.
Prende il suo sgabello, recupera un cucchiaino e si sistema in posizione da assaggio.
"Io bava, mamma, io bava" ripete, sbattendo le ciglia da cerbiatta.
sono quasi convinta; poverina, penso, è pure malata (e con malata intendo dire che da circa cinque giorni deposita in ogni dove una nauseabonda cacca giallo limone della consistenza di una ricotta andata a male).
"Ecco il miele, Pupa, ciuccia bene il cucchiaino" raccomando.
"sì, mamma" replica angelica. Poi, mi guarda da sotto le lunghe ciglia, assume uno sguardo demoniaco, abbozza un mezzo sorriso storto, e proclama "Mamma" risolino "mamma, tu Bunga Bunga" e scappa via, ridendo.

Che avrà voluto dire?

Soul Kitchen

30 dicembre, ore 19.00, sono ancora in ufficio.
Telefono a casa, consapevole del fatto che il frigorifero è vuoto.
Risponde l'Orco.
"Ciao, per caso hai fatto la spesa?" dico io "altrimenti passo al super, perchè non c'è proprio niente".
"no, no, è tutto sotto controllo" replica "sono andato io, ho comprato un sacco di roba, tutto quello che ci serve"
"ahh, mmm, sicuro? non manca proprio niente" insisto, dubbiosa.
"Niente! non sono un uomo da sposare, eh?!"
"Trovati una" dico perplessa.
Ride (evidentemente, non ha capito che io ero seria).
"Vabbé, allora vado" Taglio corto.
Attraverso il supermercato da cui necessariamente passo prima di recuperare l'auto, carica di dubbi. Dentro di me lo sento che dovrei fermarmi, ma voglio dare fiducia all'Orco.
Arrivo a casa alle 20.30, distrutta. L'Orco e la Pupa hanno già cenato e sono sdraiati, con il ventre gonfio, sul divano.
Per me non c'è niente di pronto.
Vabbè, poco male, penso scioccamente, troverò qualcosa nel frigo.
Lo apro. C'è l'eco.
"scusa, ma dove sarebbe la roba che hai comprato?" lo interrogo.
"é in frigo, non vedi?"
C'è solo una misera confezione di prosciutto cotto, 100 gr (io odio il prosciutto cotto, e comunque, se io mangio quello, nei successivi tre giorni che si mangia la Pupa?).
"ma cacchio!" sbotto "non hai comprato niente! domani sarà un casino, dopodomani è festa, il giorno dopo è domenica e noi di che viviamo?"
"Umpf" comincia a sbuffare "lo sapevo che non ti sarebbe andata bene la mia spesa" (Spesa? ma quale spesa, penso io, frattanto).
"Domenica è tutto aperto e vado a comprare qualche altra cosa" prosegue lui.
"tutto aperto? ma dove? la domenica dopo capodanno? e comunque fino a domenica di che viviamo?" chiedo, osservando che non c'è nemmeno il latte.
"Adesso tu vuoi veramente sostenere che da qui a domenica noi moriremo di fame? Rispondi correttamente alla domanda" comincia con fare scientifico, mentre io sento il sangue che mi sale al cervello "da qui a domenica possiamo morire di fame?"
Sono consapevole che parlare adesso significherebbe aprire le bocche dell'inferno. Scelgo il silenzio.
"E comunque" conclude, mentre io mi mordo la lingua "ho comprato la nutella".

A Christmas crollo

24 dicembre.
Tutto è cominciato con un annuncio.
Rientro a casa carica degli ultimi regali, di cibo e di scoglionamento post traffico, Lui mi apre la porta e mi fa “ti ha chiamato il capo dice che quella cosa che quelli lì non si sapeva se facevano e che scade il trenta invece la fanno”.
Io “ma è uno scherzo?”.
Lui “come faccio a farti uno scherzo su ‘ste cose? e che ne so io che cos’è quella cosa che devono fare quelli lì?!”
Io “è uno scherzo del capo, ogni tanto, lui lì fa”.
Lui “non pareva la voce di uno che stava scherzando”.
Cacchiocacchiocacchio, penso. Telefono al capo.
Non è uno scherzo. Quella cosa di quelli lì va fatta entro il trenta.
Vabbè, penso ottusimista (cioè accecata da un ottuso ottimismo che mi lascia quasi sempre delusa, dopo), non ci penso sino al 27 e poi mi do da fare e concludo tutto in un paio di giorni, vada come vada.
Però, non è ancora mezzogiorno e sono già a pezzi.
Il pomeriggio, quella delizia di bambina che mi ha affidato la sorte (cieca, come la fortuna, e pure sorda, ché, come dice quella santa donna di mia madre, “proprio non ve la meritavate una così buona”) mi da il suo regalo: dorme tre ore di fila, senza un lamento.
Cucino (poco per la verità, ché le vecchie carampane, nonna e zia, portano un sacco di roba) e preparo la tavola.
Prima di cena, mi concedo un bel bagno caldo insieme alla pupa. Quella mi si arrampica sulla pancia e ride (macchéseride?), mi tocca le tette e dice “tette” e ride. “Certo amore” replico “non serve toccare quelle di mamma, ce l’ hai anche tu”. Guarda le sue e poi le mie, perplessa.
Ci prepariamo e devo proprio ammetterlo, lei è splendida, col suo abitino nero da cocktail.
Io cerco di infilarmi un paio di pantaloni, ma il virus intestinale che lascia piovere cacca su casa nostra da 10 giorni, infine ha colpito anche me: la mia pancia sembra un pallone aerostatico.
Cerco di mascherarla come posso e sono pronta. La sera scorre tranquilla come il vino che la innaffia. O forse così mi pare, da ubriaca.
Dopo cena, viene anche la micia. La nonna (non la mia, né quella di mia figlia, è la nonna di amici, ma noi l'abbiamo adottata) la vede e mi dice “che bella micia, quando fa i cuccioli?”. io “non fa cuccioli, non può averne”. e Lei “ma no, dico quella gatta lì, vedi come è grossa?”. e io “sì, certo, è la mia gatta, non è gravida, è grassa”.
La vecchia nonnina è sconvolta. Chiama a raccolta i presenti “oddio, ma avete visto quanto è grosso quel gatto???”.
Che bello essere gatti, penso, mentre osservo la gatta che, ignara, va a strusciarsi sulle gambe della cara nonnina.
è l’ora di aprire i regali. E così scopro di aver ricevuto LUI, il Coso, il meglio del meglio che c’è. L’Androide. Non faccio in tempo ad aprire il pacco che subito vengo travolga da una folata di testosterone impazzito: tutti i maschi under 90 presenti si avventano sull’androide. Lo spacchettano, me lo caricano, lo accendono, scelgono la suoneria. E poi cominciano a tesserne le lodi. “ahh questo sì”, “me lo compro anche io”, “volevo regalarlo alla mia ragazza”, “con questo resti sempre connessa, sai quando ti inviano le email in tempo reale, capisci che utilità?”.
No - penso, andando con la mente alla mattina appena trascorsa - l’utilità proprio non riesco a coglierla.
Però, voglio dare soddisfazione al testosterone impazzito, “ma perché che fa?”, chiedo io.
“si connette a HSUPAa5MBalsecondoinupload,haundisplayamoled,unjack3.5,memoriainternada8gbespandibile,tastohardwarblocca/sblocca,microusbecc.ecc.ecc.ecc.”
Sbatto le palpebre con sguardo bovide, e chiedo “ma telefonare telefona?”.

Diario di una mamma in carriera

Si comincia.
Apro un blog. Anzi, l’ho appena aperto.
Una vera follia, con tutto quello che ho da fare ci mancava solo questo!
E però ... divertente!
E poi, caspita! Credevo fosse molto più complicato. E invece scrivi un nome, scegli un’impostazione dello sfondo (e io non l’ho nemmeno scelta, stavo ancora cercando di capire di cosa si trattasse quando ho erroneamente cliccato su “continua”. Ora, credo, ho la pagina filigranata!) e via.
Questo, il blog, è il mio secondo figlio. La prima si chiama la Pupa, al momento è in casa (sicuramente a guardare la tv, benché a me verrà detto che ha letto Dickens tutto il santo giorno) che mi aspetta. Le pagine che seguono sono le cronache della mia vita con lei, una piccola peste trotterellante che, da circa due anni, ha pensato bene di riempire, anche troppo, le mie vuote giornate.
Poiché però con la maternità non ho dismesso i panni della donna in carriera (tanto per non farsi mancare niente), le vicissitudini della mia vita di mamma saranno interrotte qua e là dai resoconti delle mie prodezze di avvocato.
E visto che divido il tetto con un Orco che mi dicono essere il padre di mia figlia, racconterò anche delle sue meravigliose gesta.
Chissà che non capiti che narri anche delle avventure della mia giovane gatta o degli amici incontrati lungo la via.
Beh, comunque, chi c’è c’è, tutti a bordo, pronti, via, cominciamo!