giovedì 21 febbraio 2013

Un papà tutto mio

Temo che mia madre abbia capito che non sarò mai in grado di darle certe soddisfazioni.
In effetti, sono una figlia degenere: non mi sono sposata, non mi sposo, non ho in progetto di sposarmi.
(Peraltro, con chi?)
L'allergia ai matrimoni non ha coinvolto solo me, ma anche tutto l'entourage più stretto della famiglia Mommy. Mi riferisco a quei cugini, agli zii e alle zie dei pupi, legati da vincoli di sangue o più o meno acquisiti per affezione.
Quei parenti e amici che, tutti, non si sono mai sposati, non si sposano e non  hanno alcuna intenzione di sposarsi.
Peggio, quei parenti e amici che, avendo dedicato alcuni minuti alla conoscenza e frequentazione dei miei figli,  hanno deciso che la vita, in fondo, va già bene così com'è e che è più prudente non andare a rovinare tutto con una fecondazione e che, insomma, è molto più saggio non figliare, né ora, né mai.

Morale, Nonna Crudelia e le sue sorelle vivono in uno stato di profonda frustrazione da astinenza da sposalizio e/o nonnitudine.
Nonna Crudelia, per lo meno, può vantare il titolo di unica nonna del reame e, con la bontà d'animo che le è propria, non lascia pesare il suo monopolio alle amiche.

Fu infatti solo per un caso di alcolemia che disse ad alcuni bambini intenti a giocare con le Zie "tanto lei non è una nonna vera, non è una nonna vera, tiè!".
E fu solo un riflesso di luce quel bagliore che sembrò di scorgere nei suoi occhi neri come la pece, quando i bambini, in preda al panico, gridarono "NOO, come non è una nonna vera?? Certo che è una nonna vera...", proprio un attimo prima di scoppiare a piangere nel caldo abbraccio materno.

Ma - non potendo vantare anche il titolo di suocera a tutti gli effetti, madre della sposa, wedding planner - la Nonna soffre profondamente.
E solo lei potrà dire il dispiacere che le suscita partecipare ai matrimoni delle figlie delle amiche, senza poter mai ricambiare l'invito.
Solo lei potrà dire il disappunto che prova nel non poter disporre di un appellativo canonizzato per riferirsi all'Orco innanzi ad amici e parenti.
Solo lei potrà dire la contrizione che subisce il suo animo al pensiero di aver sbagliato qualcosa, nell'educarmi, per indurmi ad essere così restia al matrimonio.

Sono queste, credo, le ragioni per cui è solita ripetere una strana cantilena alla Pupa, una cantilena che suona più o meno così:
 "Ma tu ti sposerai, vero? Ma quando ti sposerai? Con chi ti sposerai? Ti sei già fidanzata?".
Vessata da tale mantra, la Pupa ha cominciato a riflettere sul futuro.
Dopo attenta meditazione, ha tratto le sue conclusioni.
Che sono queste:

"Mamma..."
"Sì, amore"
"Mamma io devo andare a vivere da sola."
"ah! Va bene..." Dove avevo messo il numero della ditta dei traslochi?
"Ma per andare a vivere da sola mi serve un papà"
Dio C'è!
"Eccolo" replico istintivamete io,  indicando l'orco "c'è il tuo, non va bene?".
Giuro che, se te lo prendi, pago io l'affitto della nuova casa, per i prossimi dieci anni!!!
"No, mamma, me ne serve uno tutto mio, un mio papà"
" E non è questo?" chiedo io, con il dito sempre puntato contro l'Orco.
Chi ti ha detto che non è lui? Mente!
"No, uno mio, nuovo!!" mi risponde, seccata.
"Ah, ho capito" ribatto, ormai in preda ad una profonda afflizione.
E no, però, così non vale! Già mi figuravo libera e felice...
"E... mamma?" mi dice, lanciando furtive occhiate al padre.
"Sì?"
"è proprio difficile trovarne uno..."
Sì, è proprio difficile.
E soprattutto, non è indispensabile: hai già il tuo, prendi lui!


sabato 16 febbraio 2013

la cena

Dopo 4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni, sono uscita a cena con l'orco.
4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni fa, avevo i capelli lunghi fino al sedere, portavo le trecce e pagavamo alla romana.
Questa volta, portavo una crocchia, un paio di ciuffi laterali allo scopo di nascondere i capelli bianchi e ho pagato io con la carta di credito. (L'ironia sta nel fatto che quando si pagava alla romana eravamo a Milano e ora che pago io siamo a Roma. Ma tant'è).
4 anni, 4 mesi, 3 settimane e due giorni fa, uscivamo di casa alle nove, cenavamo alle nove trenta, a mezzanotte ci infilavamo in un cinema d'essai, poi andavamo a bere e non tornavamo a casa prima delle tre.
Questa volta, siamo usciti di casa alle 7 e trenta, ci siamo seduti a tavola alle otto e alle nove, conclusa la cena, ci siamo trascinati fino alla macchina con un unico desiderio: tornare il prima possibile a casa.
Naturalmente, per poterci permettere questa ora d'aria, abbiamo dovuto neutralizzare la prole.
Uno è stato lasciato alla tata. Tanto, la chiama mamma ed è fermamente convinto che io sia una che presta assistenza notturna. Avrà pensato che fosse il mio giorno libero.
L'altra è uscita a cena fuori. Con i nonni, gli zii e non so chi altro.
Alle dieci, quando l'orco già russava da un pezzo e io avevo la palpebra pesante, ho mandato un sms piccato ai nonni:
"Dite alla Pupa di fare piano, quando rientra, perché noi stiamo già dormendo"
E se scopro che ha mangiato un quintale di caramelle,  le vieto di uscire per i prossimi dieci anni!

martedì 5 febbraio 2013

Il Pupo Mannaro, anche detto Mannarino

Il destino, si sa, è crudele.
Gli spermatozoi, di più.
Quell'impavido, sciagurato, maledetto girino che si è divincolato nel collo del mio utero ed è approdato al mio solitario ovulo era crudele, molto spiritoso e pure un po' stronzo.
Portatore di una nuova specie,  una specie che sicuramente dominerà l'universo nel giro di un paio di generazioni, una specie che - senza alcun dubbio - farà fuori tutte le mamme, in cinque, al massimo  sei anni: i pupi mannari.
Io ho partorito uno di questi mostri.
Da subito, il mannarino si dimostra furbo, mendace e ingannatore.
Uscito dal ventre materno, quasi non piange. Resta inerme ad osservare la madre, sornione. Sembra buono. Si finge buono. Inganna tutti: medici, ostetriche, parenti.
In verità, si sta preparando.
La madre, ignara e sognante, esce dalla sala parto convinta di aver fatto un affare: un bambino, carino, facile da partorire (né troppo grosso, né troppo magro), con tutte le cosine al suo posto, bravissimo a ciucciare (esce già attaccato alle tette) e con un buon carattere.
Passano pochi minuti, e i conti non tornano.
Nella solitudine della stanza della clinica, il pupo comincia a rivelarsi per quello che è: un mostro disumano!
Appena nonni, padri, zii e dottori escono dalla stanza, il pupo si agita.
Al calar del sole, il pupo comincia ad intonare un lamento.
Scocca la mezzanotte e il pupo apre le fauci. Non le chiuderà sino all'alba del giorno dopo.
Per tutta la notte, urlerà alla luna. Se la luna non c'è, urlerà alle stelle. Se anche quelle non ci sono, alle nuvole. Soprattutto, urlerà contro di voi che avete avuto la sventurata idea di metterlo al mondo.
Esigerà di attaccarsi alle tette ogni trenta secondi, per tornare ad urlare immediatamente dopo.
Così, trascorreranno i primi 6 mesi.
Al sesto mese, il mannarino subisce una prima mutazione.
Il latte materno non gli basta più, comincia quindi ad ingurgitare tutto quanto riesce a trovare in giro.
Le deliziose pietanze preparate dalla madre con tanto amore, invece no.
Quelle le sputerà. In faccia alla genitrice. Sul soffitto. Sul nuovo tappeto persiano. E sui muri pittati di fresco.
All'anno di vita, ecco un'altra metamorfosi.
Il pupo comincia a mostrare i tipici caratteri del mannaro anche nelle ore diurne.
Quasi nessuno dirà più "che bel carattere!", "che bambino buono!".
Al contrario, i genitori cominceranno a ricevere sguardi di commiserazione e comprensione.
I vicini lasceranno nella cassetta delle lettere numeri telefonici di centri ascolto, confezioni di valium e tappi per le orecchie.
Dal dodicesimo mese, infatti, il mannarino si trascinerà per la casa, mostrando segni di indolenza verso tutti e tutto.
Fingerà di non saper camminare.
In verità, potrebbe farlo. Se solo ne avesse voglia!
Fingerà di non saper bere da solo. Potrebbe, saprebbe farlo. Ma perché consumare preziose energie, quando qualcuno può tenere il biberon al posto suo?
Fingerà di abbracciare la sorella. In verità, terrà sotto controllo la direzione dello sguardo materno e, non appena lo vedrà diretto altrove, assalterà la sorella con pugni e morsi. Si metterà, poi, a piangere, tenendosi la testa con una mano e indicando con l'altra la consanguinea.
Fingerà di non saper impugnare penne o matite. Ma, quando nessuno vede, correrà a disegnare sui muri della casa e poi porterà le matite nella stanza della sorella.
Non chiamerà mai "mamma". Al limite,  potrà definire il padre "mamma", con intento dispregiativo. Saprà pronunciare il nome della tata, non importa quanto questo sia impronunciabile.
Dirà perfettamente "No", accompagnandolo anche con eloquenti gesti della testa e delle mani. Sarà in grado di dire "bagnetto", "pappa" e "cioccolata al latte con le nocciole".
Ma, mai e poi mai, si rivolgerà alla genitrice chiamandola "mamma". Emetterà, invece, dei suoni gutturali, che suoneranno tipo "ehhhaaarrrggg" e che avranno un significato inequivocabile: "VIE.NI.QUI.SU.BI.TO!".
Continuerà a vomitare su muri e tappezzeria qualsiasi cibo preparato per lui.
Mangerà qualsiasi cibo che la genitrice abbia preparato per sé. Apprezzerà, in particolare, cime di rapa, peperoncino, curry piccante, verdure di stagione ben ripassate con aglio, cipolle crude e cosce di rana.
Si arrampicherà lungo i mobili della cucina per rubare ogni sorta di merendina/biscotto/dolcetto presente in casa. Se ricoperto di cioccolato, mangerà anche il torrone.
La notte, continuerà a svegliarsi una media di dieci volte. Si sveglierà comunque alle sei di mattina, pronto per giocare.
Prima di dormire, esigerà nell'ordine:
- cambio del pannolino, con spernacchiamento dell'ombelico,
- massaggio all'olio,
- latte caldo con tre biscotti,
- canzoncine e musica,
- lettura di libri, possibilmente interessanti (altrimenti, comincerà a sbuffare, quindi attaccherà con il tipico lamento mannarico "ueehhheaarggg", tirando fuori gli artigli, e lancerà il libro contro il muro, sfondandolo),
- dondolamento con massaggio alla schiena, fra le braccia della genitrice.
Comunque, rifiuterà di addormentarsi, se non in presenza di una o più odalische (madre, tata, nonne), meglio se sedute a terra, al fianco del lettino, con mano incastrata fra le sbarre contenitive a tenere la sua zampa pelosa.
Si alzerà più e più volte per verificare la presenza delle odalische.
Si risistemerà nel letto, sbuffando e picchiando il cuscino. Infine, fingerà di dormire.
Per l'amor di Dio, non vi muovete! (hanno anche scritto un libro, mi pare, sul tema: "non ti muovere". Ecco. Non fatelo!)
Non sta dormendo, vi sta mettendo alla prova.
Se osate muovervi, è la fine.
Comincerà ad urlare.
Poi vomiterà.
Gli usciranno zanne, artigli e peli.
E non sarà soddisfatto fino a che non avrà conquistato le uniche cose che realmente desidera: il vostro letto e la vostra cioccolata.