martedì 31 maggio 2011

L'arte di negare l'evidenza

Come ogni donna sa, gli uomini sono abilissimi a negare l'evidenza.
Colti con le mani nel sacco, sono capaci di inventare penose scuse per addossare la colpa ad altri, o - comunque - uscirne senza responsabilità.

La faccia sporca di marmellata, il cucchiaino ancora pucciato nel barattolino, riescono a guardarti e a dire "ho trovato tua figlia che si mangiava tutta la marmellata, e, capisci, sono dovuto intervenire" (poco importa che la creatura sia dai nonni).
Quando li becchi a dormire esattamente all'ora in cui dovrebbero essere all'ingresso dell'asilo a raccattare i figli e riportarli a casa, ti accusano di averli svegliati, sostengono di aver già recuperato i pupi e - quando chiedi dove siano, dato che proprio non riesci a vederli - ti accusano di non averli svegliati in tempo ed escono inveendo contro di te.
Se bruciano la cena, viene fuori che sei stata tu a farla bruciare. E non importa che tu fossi ancora imbottigliata nel traffico, riesci in queste prodezze anche dalla distanza.
Se la macchina ha un fanalino rotto, la sera prima l'hanno guidata loro e mentre parcheggiavano hai sentito distintamente un crak, sei sicuramente stata tu a rompere il fanalino o, in alternativa, un pirata della strada. A proposito, loro la tua macchina non l'hanno mai guidata.

Negano e mentono con tale convinzione che diventa difficile replicare.
Come fanno? Dove imparano?

Non ho avuto figli maschi (grazie al cielo!) , ma confesso che immagino che comincino ad affinare la loro tecnica già nella culla.
Li vedo ad urlare come dannati nel cuore della notte.
La mamma arriva, distrutta da una serie infinita di notti insonni, guarda il suo piccolo uomo e gli chiede "ma insomma che vuoi?". E quello - pacioso e placido - la guarda con gli occhi sgranati, in silenzio, "Chi io? Niente! Non ero mica io che strillavo!".


Da adolescenti, lo so, applicano la regola base: negare fino alla morte.
"Ha chiamato la polizia, dicono che ti hanno fermato perchè fumavi uno spinello"
"Chi io? mamma! ma che dici? Si sono sbagliati non ero io"
"Ma allora perchè ti stanno trascinando via in manette?"
"è un errore di persona. Sono innocente. Ma, così, giusto per sicurezza, chiama un avvocato".

Da adulti, applicano l'arte negatoria in ogni settore.
Nel privato, associato alla regola base (negare fino alla morte), il principio numero due: cambiare discorso.

"Dicono che ti hanno visto uscire da un albergo vicino alla stazione con la segretaria"
"IO? Ma se ho lavorato come un negro tutto il giorno? E poi ti pare che andrei con la sig.ra Rossi, è nonna!"
"No, dicono che eri con quell'altra, quella nuova, quella bionda, alta 1.80!"
"Ahha questa sì che è buona! Non ero io. Comunque quella la licenzio, così impara ad abbandonare il posto di lavoro. Senti, a proposito, domani sera vengono a cena tutti i colleghi, saremo circa 50. Prepara qualcosa di buono, mi raccomando".

Nel quotidiano, accompagnano la consueta regola base, al canone n. 3: cadere dalle nuvole, e al principio n. 4: dare la colpa ad un altro.

"Ma chi ha rotto la lavatrice?"
"Come? La lavatrice si è rotta?"
"Sì, guarda, qualcuno ci ha messo a lavare i pantaloni con tutto il portafoglio dentro, le scarpe e il pallone da calcio e anche... ma cos'è questo? la catena della bicicletta?!"
"Ma chi può essere stato?"
"L'unico che va in bici sei tu!"
"Io??? Stai scherzando? Io non ero nemmeno qui."
"Veramente era il tuo giorno libero."
"Sì, ma sono uscito" (già, era fuori con la segretaria...) "Sicuramente, è stata la colf. Io dico che quella la devi licenziare".

Nello sport, applicano la regola n. 5: tutto è relativo e comunque indimostrato.

"Mister, buongiorno, sono per radio palla-avvelenata, volevo farle qualche domanda sulla partita di oggi"
"ah sì, prego"
"beh, possiamo dire che la squadra attraversi una vera e propria crisi, ritiene che i giocatori abbiano risentito dei doppi turni di coppa?"
"Beh, crisi, oddio, mi pare esagerato, io non la definirei così. Del resto, il primo tempo abbiamo retto bene e anche il secondo, almeno fino al primo goal. I giocatori sono stati tutti eccellenti e gli schemi sono stati applicati alla perfezione"
"Ma, mister, avete subito 15 goal, senza segnarne nessuno"
"Eh, come? Ma sono cose che capitano, non si può giudicare una squadra per un singolo episodio"
"Veramente, è la terza domenica di fila che perdete rovinosamente"
"Eh? Uh. Scusi, il tempo è finito".

La politica è una sommatoria di tutti i principi dell'arte negatoria.

"Come commenta i risultati delle ultime elezioni? Insomma, i cittadini hanno voluto dare un segnale forte al governo, non le pare?"
"Un segnale? Beh, certo non è andata bene."
"Può dirlo forte, avete perso in quasi tutti i comuni e le province dove si è votato"
"Perso! Perso, mi sembra esagerato. I nostri candidati non sono stati eletti, ecco tutto"
"Eh, appunto"
"Comunque la colpa non è nostra, ma dei nostri alleati"
"Anche loro hanno detto lo stesso"
"Beh, ognuno è libero di dire quello che crede".
"Quindi prevede una crisi per questo governo?"
"Una crisi? E perchè mai? Il governo andrà avanti tranquillamente"
"Come commenta la perdita di comuni storicamente associati al vostro partito?"
"Non ci sono dati certi sul punto"
"Ma veramente..."
"Scusi se la interrompo, ma voglio dire ... In realtà, il dato più significativo che emerge da queste ultime elezioni è un altro: la controparte non ha vinto".

venerdì 27 maggio 2011

é notte alta e sono sveglia

Vado a letto sempre presto.
Cioè, alle 11. Prima, con tutto quello che c'è da fare, è impossibile.
Dunque, le 11 è presto.
Prima di dormire leggo un po'. é forse il momento migliore di tutta la giornata, ma dura poco.
Dieci minuti, un quarto d'ora, al massimo. Poi crollo.
O meglio.
Certe notti, mi abbandono al sonno e resto immobile e beatamente addormentata fino a mattina. Notti molto rare, a dire il vero.
Le altre, la maggior parte, mi addormento e mi desto, continuamente.
Non è che sia tutta colpa della pupa, per carità. é vero che ormai ci vuole più di un'ora per convincerla a dormire e che quando è l'ora della nanna se ne esce con frasi tipo "io non voglio mai più dormire, per sempre". E di fronte alle rimostranze genitoriali, replica con un ormai consueto "e allora lo sai che faccio? io adesso prendo la macchina e vado via e non torno mai più in questa casa, Ecco!". E a quel punto, è ovvio, io sono ormai in preda ad un panico sconvolgente, al sol pensiero di quello che farà a 6 anni, per non dire dopo.
In verità, le ragioni delle mie veglie notturne sono molteplici.
Ieri, per fare un esempio, mi stavo appisolando beatamente quando è suonato il maledetto androide.
L'androide mi dicono essere un apparecchio molto intelligente. Sarà. Si vede che il mio è nato "diverso", perchè è talmente stupido che se lo spengo, la mattina non è capace di svegliarsi da solo e far suonare la sveglia. Dunque, sono costretta a tenerlo acceso tutta la notte. E tuttavia, dirò che questa mancanza dell'androide, fino ad oggi, non è stata un grosso problema. A parte il folle zio 'iele che mi mandò un messaggio alle 4 di mattina, gli altri sono tutti pienamente consapevoli del mio stile di vita. Sanno tutti, cioè, che dopo le nove di sera arrivo a mala pena a toccarmi la punta del naso con le dita e riesco sì e no a mettere insieme concetti elementari come lavarsi i danti, ficcarsi nel letto, spegnere la luce.
Tutti, tranne le zelanti stagiste dello studio.
Le zelanti stagiste sono giovani ragazze dall'aria sempre riposata e la vita piena di interessi. Tizie che alle 11.45 p.m. sono ancora in piena attività e che pensano bene di sollecitare, proprio a quell'ora, la tua presenza in ufficio per un tale giorno ad una tale ora (e cioè esattamente quando tu sai che non sarai presente), sottolineando che sei stata assente per un giorno intero e che loro, invece, erano lì, presenti, sull'attenti, pronte.
Ho letto il messaggio, vista l'ora, e meditando atroci e sanguinolente vendette, mi sono addormentata felice.
é durata poco.
All'una e quarantacinque ho iniziato a sentire dei lamenti. Nessun richiamo belluino. Nessun piedino zompettante sino al lettone. Solo lamenti sommessi.
Per una madre, l'equivalente di una tortura cinese. Ho finto indifferenza per quanto, cinque minuti?
Poi, mi sono trascinata nella stanzetta della pupa. Era lì che si contorceva nel letto, continuando la cantilena lamentosa. Uno spettacolo che avrebbe fatto uscire matta anche Maria Montessori, seduta stante.
Io non sono Maria Montessori. Non sono paziente, non sono votata al sacrificio, non sono mite, nemmeno alle 10 del mattino, figuriamoci all'una di notte e di fronte a lamenti fatti apposta per tramutare la madre ordinaria in Medea. Sono stata brusca e sbrigativa nel chiedere cosa avesse.
La pupa per tutta risposta ha cominciato ad urlare come un ossesso, dichiarando che lei avrebbe parlato solo con il padre, che avrebbe dato retta solo al padre, che non mi voleva più vedere in tutta la sua vita.
Senonché, l'orco alle due di notte non è ancora rientrato dal lavoro che svolge giù alla distilleria di succo di vite degli orchi. Ho raccolto tutta la pazienza che il senso di colpa è stato capace di regalarmi e ho preparato una camomilla alla pupa.
Infine, l'orco è arrivato.
A quel punto, però - è chiaro - ero in preda alla colpevolizzazione totale e non volevo mollare la pupa per niente al mondo. Per tacere del fatto che dichiararsi sconfitte dall'orco... giammai!
Alla fine, ho condotto la piccola peste nel lettone. Lei si è sistamata al centro, un po' più vicina a lui che a me e, dopo qualche momento, ha infin ceduto.
Lui aveva già ceduto da un pezzo.
Io, fra le angosce da madre degenerata, lo spazio risicato a me rimasto, il mal di pancia  sopravvenuto, ero sveglia e vigile.
Dopo un'ora e più ho mollato anche io. Mi sono alzata e mi son presa un momento per osservali: dormivano nella stassa identica posizione, con un braccio sopra la testa e uno lungo il fianco, le gambe divaricate, la bocca aperta e russavano come due cinghiali della steppa.
La domanda in me è nata spontanea: "ma che ci faccio io qui?" (io che quando dormo resto immobile per ore, al punto da non riuscire nemmeno a sgualcire le lenzuola?).
Ho optato per la migrazione notturna del genitore solitario e me ne sono andata a dormire nel letto di salvataggio.
Ho fatto una tirata per quel che restava della notte, avvinghiata ad una miciona calda e morbida.
Tutto considerato, non è poi così male essere il genitore di serie B. Credo che mi ci potrei abituare.

giovedì 19 maggio 2011

Categorie

Ci sono uomini con le palle.
Ci sono uomini senza palle.
Ci sono uomini che sono una palla al piede.
Ci sono uomini che hanno una dote straordinaria: le palle le fanno.
Ecco, questi sono i miei uomini, tutti incredibilmente abili a farmi due-palle-così !!

martedì 17 maggio 2011

L'incredibile imbecillità di una madre

Chiusa una certa fase della vita, pensavo di aver definitivamente risolto alcuni problemi.
Pensavo che certe insicurezze me le fossi lasciate alle spalle. Che, passata l’adolescenza, finito il liceo, mai più avrei dovuto lottare con l’incubo dell’inadeguatezza, dell’aspetto fisico, delle mie limitatezze.
E invece.
Sono diventata mamma e mi ritrovo a rivivere gli stessi problemi. E non ho dovuto aspettare il liceo, è bastato mandare la pupa al nido.
è bastato sentirla dire che i compagni di classe sono “battivi e antipatici” perché le dicono “blutta”.
Ed ecco che l’incubo ricomincia. Peggiore di prima.
Ecco che riemerge la mia limitatezza, la mia sconfinata imbecillità,  le ossessioni che credevo sopite.
E con aggravanti, perché ora, volente o nolente, sono adulta e devo trovare la soluzione al problema, ammesso che un problema esista (ma convincere me stessa del contrario oserei dire che è impossibile).
Cosa fanno le altre mamme quando scoprono che la loro adorata figlioletta di due anni è vittima di bullismo all’asilo nido? Che gli altri bambini - quei mostri - la mettono da parte, non le passano i giochi, la spintonano e le dicono che è piccola e brutta?
Sono quasi sicura che dirle di spaccare la faccia agli altri bambini non sia corretto.
Immagino che definire le sue compagne di classe “brutte ochette” non sia la mossa giusta.
Sospetto che spiegarle che le piccole oche un giorno saranno ciccione botuliniche senza cervello non sia politicamente corretto.
Dubito che confessarle che i maschietti non hanno altro mezzo che la bruta fisicità perché i loro piccoli cervelli addormentati proprio non c’arrivano fosse l’approccio giusto.
E mi sono anche convinta che fosse meglio evitare di aspettare le madri dei pupi fuori dalla scuola agitando una mazza da baseball fra le mani.
E così, le ho detto che è bella, naturalmente; che questi bimbi attraversano un momento difficile e che lei deve sempre essere gentile con loro, così la smetteranno.
Ho anche cercato di essere convincente.
Da quel momento, però, ho cominciato a sentire un peso nel cuore.
Mi sono accorta che il suo sorriso assomiglia al ghigno di un buldogg più che all’espressione angelica delle maledette compagne di classe.
La notte, mentre dormiva, sono entrata furtivamente nella sua stanza e ho tentato disperatamente di sistemarle i capelli a copertura della testa… ammettiamolo, un po’ quadrata (ricordo ancora il pediatra che la maneggiava come fosse il cubo di Rubik, chiedendo: “ma la metti a dormire sempre da un lato? hai provato a girarle un po’ la testa mentre dorme?”. Sì, volevo dirgli, la giro come le bottiglie di Champagne francese. Poi, fortunatamente, entrò l’Orco nella stanza delle visite, il pediatra capì e mi disse “ah vabbè, falla pure dormire come vuole”).
Ho tirato giù la frangetta sul monociglio, pregando in cuor mio che l’età della ceretta arrivi presto.
La mattina, quando mi ha raggiunto con la solita capigliatura a carciofo elettrificato, mi veniva da piangere a ripensare ai boccoli morbidi delle smorfiosette.
Nel tentativo di contenere i danni, le ho raccolto i capelli in due codini e li ho fermati con dei fiocchi.
Poi l’ho incoraggiata: “vedrai che oggi c’è Alicetta e lei è tanto brava e buona, vero?”
“No, mamma, anche lei è battiva” mi ha risposto, triste.
No, anche lei, no! Ho pensato, mentre mi sentivo come Giulio Cesare morente di fronte alla mano insanguinata di Bruto.
Le ho chiesto in un lamento “come? perché?”
“Perché non vuole mai prestare i giochi a me!”
“Ah! Capisco. E tu li presti sempre a tutti, i giochi?”
“IO? NOO,  io mai!”
Brava amore, brutta sì, ma scema no!

La caramella

“mamma, mamma, volio una caramella”
“Pupa, ne hai già mangiate tre, è quasi ora di cena, adesso basta. Ne teniamo una per dopo cena”
“mmm, e va bene”
Cinque minuti dopo.
“mamma, mamma, dove sono le caramelle? volio una caramella!”
“Avevamo detto basta caramelle! S'era detto che ne avresti avuta una sola, ma che era per dopo cena!”
“mmm, va bene”
Cinque minuti dopo.
“mamma, volio una caramella, mi da una caramella, mamma?”
“ma non si era detto che era per dopo cena?”
“Ma nooo, mamma! Una è per dopo cena e una è per me!”

martedì 10 maggio 2011

Sogni

Sono in una cucina, seduti intorno ad un lungo tavolo trovo tutti i miei colleghi.
Hanno fogli e matite e sono impegnati in complicatissimi calcoli.
Discutono fra loro e li sento scambiarsi idee, numeri e principi.
Io non capisco una sega.
Mi sento come un orso polare all'equatore.
Di che diamine parlano?
Mentre mi interrogo su come sia stato possibile per me conseguire la laurea, individuo un grosso frigorifero.
Quelli continuano a destreggiarsi fra equazioni e conti e io mi sento sempre più scema. Come faccio a lavorare insieme a questa gente?
Apro il frigo.
Ed eccola, la soluzione di tutti i miei problemi: pasticcini alla crema!
Comincio a mangiarne uno e mi sento già meglio.
Osservo i miei colleghi lavorare, il senso di inadeguatezza, di incapacità, di impotenza, è ancora lì, ma punge meno, ora che ho la pancia piena di crema.
Addento un altro pasticcino, e mi chiedo con angoscia cosa farò quando li avrò finiti.
Ma ecco che sento un urlo straziante:
"Pisolinooo, Pisolinooo Miooo, ueehh".
Sono sveglia.
Sono salva.
Ora mi tocca solo alzarmi e scoprire dove si è cacciato Pisolino, il coniglio nottambulo, il nume tutelare della mia coscienza.
Lo trovo ai piedi del letto e lo consegno alla pupa.
"Ma questo non è pisolino, quetta è Pisolina" piagnucola la pupa.
Come diamine farà a riconoscere al buio due conigli di pezza identici salvo per una differenza di tono nel grigio zozzo che hanno entrambi assunto?
"ahh mmm e dov'è Pisolino?" chiedo
"Pisolino è andato di là"
"di là, dove?" le chiedo, prima di ricordarmi che è notte, siamo sveglie e i conigli di pezza non camminano.
"è andato di là con la papelella"
"io dico che ce l'hai sotto il sedere" la srotolo e lo trovo.
Quello mi guarda con un ghigno malefico e lo sento, lo sento...
"Tua madre ha detto che sei grassa e non devi mangiare i dolci!".
"ma, nemmeno nei sogni?"
"nemmeno"
"come consolazione della mia inettitudine? a quietare la mia coscienza?"
"Ho detto di NO!"

Pisolino, il protettore della mia coscienza e della mia dieta, il malefico emissario di mia madre, il feticcio di mia figlia, è un gran rompi coniglioni.

lunedì 9 maggio 2011

Miss Hyde

Dov'è quella bambina dolce che mi correva incontro quando aprivo la porta di casa, mi abbracciava e mi diceva "ti voglio tanto bene, mamma"?
Dov'è quel frugoletto adorato che reagiva ad ogni mia inziativa - dal cucinare insieme, al disegno, alla passeggiata - dichiarandomi estatica "sono tanto felice mamma"?
Dov'è quella tenera creaturina che rideva come una matta per il solletico e i baci sul collo, mi abbracciava e mi diceva "troppo divertente, mamma. Ancora, ancora"?
Dov'è quel gioiellino di bimba che non piangeva mai, l'invidia di tutte le altre mamme, famosa nel quartiere per le sue virtù di morigeratezza e pazienza.
Dov'è la pupa che condivideva con me ore di shopping, e, provandosi vestiti e rimirandosi in uno specchio, mi diceva "mi sta proprio bene, vero mamma? lo compriamo?"?
Il mio orgoglio, la mia bimba, la mia piccola fashion victim, il sangue del mio sangue, la mia unica erede, dov'è?
Che ne avete fatto?
Chi l'ha presa, confessi! E, giuro, sarò clemente! Concederò una morte rapida e indolore e terrò le atroci sofferenze per un altro. Lo prometto.
Ma si faccia avanti, ORA!
E soprattutto, venga a ritirare immediatamente quell'altra, quella che mi ha lasciato in sostituzione della prima: la cosa, la iena piagnens, il mostro, il capriccio ambulante!

Sì, perchè non può essere mia figlia quell'affare che ora deambula in casa mia come uno zombie, che mi sbatte le porte in faccia e mi urla "Brutta, cattiva. Io vado via di casa, sai?".
Quella che quando le verso l'acqua, urla come un ossesso e piange mezzora solo perchè ho scelto l'acqua senza bolle e non ho sostituito l'acqua liscia con la frizzante nel secondo stesso in cui lo ha richiesto.
Quella che se non le cambi piatti e forchette ad ogni portata, se na va sbattendo la porta della cucina e declamando a gran voce che lei in questa casa non intende restarci un attimo in più.
Quella che se vuole prendere l'ascensore e tu hai imboccato le scale, si lancia a terra sbattendo la testa sul pavimento dell'ingresso del palazzo, inizia a girare su stessa come un bacarozzo rivoltato, urlando come un soprano e, chiamandoti per nome e cognome, elenca ai vicini tutte le nefandezze di cui sei capace.
Quella che non vuole mangiare niente altro che caramelle e di fronte ai rifiuti lancia tutto per aria, minacciandoti pubblicamente "se non mi dai le carammelle, allora io piango per sempre".
Quella che dopo aver urlato come una pazza per averle chiesto di sedere a tavola a mangiare come tutti i civili mortali e dopo essersene andata sbattendo e piangendo, appena tu, madre, ti allontani dalla cucina - affranta, con la testa che esplode, lo stomaco in rivolta - arriva, si siede e, con il padre, si tramuta nel piccolo lord.
Quella che alle tue richieste circa possibili pensierini per la festa della mamma ti risponde stizzita "Tu mi dai la torta e, poi, io ti do il regalo. E comnque" (tanto per chiarire) "io pure sono una mamma, Sono la mamma dei pisolini. Dov'è il mio regalo?".

Ecco, questa non può essere farina del mio sacco.
Venitevela a riprendere e ridatemi la mia pupa.

mercoledì 4 maggio 2011

MO(X)

Ritiro della pupa da Nonna crudelia.
Driiinnn. Driiinnn, Suona il citofono.
"Plonto?" la pupa viene mandata a rispondere.
"Ciao Amore, sono io"
"è mamma, è mamma" grida entusiasta.
(...)
Salgo faticosamente le scale, perchè nonna e pupa hanno dimenticato l'ascensore aperto.
Arranco davanti al portone e mi aggrappo al campanello.
"ecco mamma! Ciao" mi apre la porta la nonna.
"ciao... Ciao, amore! corri ad abbracciarmi!"
"mamma, mammona, bella mammona" arriva di corsa e mi dedica dieci secondi, prima di mettersi a saltare sul tappeto.
"che hai fatto con nonna amore? ti sei divertita?"
"sììì, nonna mi ha letto Dlante, poi mi ha fatto sentire la musica ... mmm Bletove, e mi ha portato a prendere i panini"
Probabilmente la nonna era troppo stanca per leggere Omero in greco antico, penso io.
"Racconta a mamma cosa ti ha regalato il signore dei panini!" incalza nonna crudelia.
"un panino!"
"ah! incredibile! E all'asilo tutto bene?" domando.
Ma la pupa è già scappata a saltare sul divano.
"sì" interviene la nonna "certo però, l'ho trovata tutta sporca e non avevo il cambio"
La guardo, ma la trovo maledettamente pulita. Incredibilmente pulita. Molto più del solito, comunque. 
Non ho il tempo di replicare, perchè la nonna riattacca:
"poi, guarda, ha la pancia di fuori e la schiena scoperta, i calzoni sono troppo corti, il giubbino non si chiude. Sembra una poveraccia".
Io sono reduce da una notte di campionati mondiali di apnea notturna degli orchi - campionati nei quali il mio orco si è classificato primo -; ho lavorato per dieci ore di fila - senza mangiare; ho dovuto cambiare tre diverse scrivanie - perchè sulla mia ci piove (acqua dello scarico del bagno di quella del piano di sopra) e la seconda che avevo scelto è priva di collegamento internet (ce ne sarebbe uno, ma devi arrivare all'alba e sconfiggere tre o quattro stagisti, più giovani e prestanti di noi avvocati, per appropriartene), ho quindi dovuto ripiegare sulla scrivania più piccola di tutto lo studio, quella che perisno un lillipuzziano giudicherebbe minuscola, figuriamoci una mamma sovrappeso e incazzata -; ho fatto un 'ora di traffico per andarmi a riprendere la Pupa; mi sono arrampicata per quattro piani di scale e ho pure dovuto sborsare la retta dell'asilo.
Insomma, non sono in vena di disquisere con mia madre dell'abbigliamento di mia figlia. Non sono in vena di disquisire con mia madre, punto.
In silenzio, prendo la pupa, le abbasso la canotta e la infilo nelle mutande, tiro giù i pantaloni sui polpacci, le infilo il giubotto e con un po' di pazienza, raccimolata chissà dove, lo allaccio.
Non ho nemmeno la forza di sbottare in un trionfale "vedi? basta farle le cose".
Preferisco darmi alla fuga, prima che la situazione precipiti.
"Andiamo Pupa, ché mamma deve preparare la cena"
"sì, sì, appetta, MO' arrivo" mi risponde quella.
Oddio, vedo un'ombra scura cadere sul volto di mia madre e sento già le mie palle che si mettono in posizione per un giro sulla ruota della morte.
Porca paletta zozza, ma tutte a me capitano?
Ed ecco, infatti, che, puntuale, arriva la sentenza di mia madre:
"MOOOO!!! Ma come parla questa bambina? è scandaloso!"
Mi arrovello per trovare una replica brillante, una giustificazione plausibile per il linguaggio sconveniente di mia figlia, una qualsiasi spiegazione che tenga, anche senza essere per forza brillante, quando mi ricordo del mio prof. del Liceo. Quello con cui litigavo sempre, quello che io, quindi, adoravo.
Lo stesso che mi ha fatto amare Dante, Leopardi e Foscolo, che mi ha spiegato come sopravvivere alla vita, e che mi insegnato una cosa per la quale avrà la mia eterna gratitudine: MO' viene dal latino MOX (presto, tosto, subito).
E allora dico, altezzosa:
"MO' è latino mamma, mi stupisce davvero che tu non lo sappia!" lancio un'occhiata a mia madre e affondo: "Vieni Pupa, andiamo a casa, ché stasera Mamma ti deve leggere Ovidio!"

lunedì 2 maggio 2011

La battaglia della corteccia cerebrale

Durante la piccola pausa di relax del fine settimana (la pausa relax del fine settimana non sembra particolarmente interessante ad un occhio inesperto - la Pupa mollata al nonno per la visione dei Barbapapà su Youtube, avv. mommy e nonna crudelia che si litigano le riviste sparse per la casa - ma posso assicurare che rispetto alla routine quotidiana della mamma lavoratrice è un grande miglioramento), mi è caduto l'occhio su un articolo particolarmente interessante.
Riportava i risultati di uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell'Università di Milano, diretto da alcune piscologhe.
La ricerca ha dimostrato che i pregiudizi  degli uomini nei confronti delle donne sono radicati nella parte più remota del cervello, impressi a fuoco nel dna dell'uomo, parte dello stesso cromosoma Y, connaturati al loro istinto primordiale. Solo con un grandissimo sforzo della corteccia cerebrale alcuni uomini riescono maldestramente a tenere a freno i pregiudizi nei confronti delle donne.
La corteccia, in pratica, è costretta ad ingaggiare una guerra quotidiana contro i pregiudizi. Esausta com'è dalla lotta continua, è sufficiente associare la parola "femminile" al termine "forza" che va già in tilt, rivelando il nocciolo duro dei pregiudizi. Se poi si applica un campo magnetico capace di bloccare parte delle attività cerebrali, la corteccia batte definitivamente in ritirata.
Povera corteccia.
E però, chi l'avrebbe mai detto che il maschilismo è insito negli stessi neuroni dell'uomo? (E chi l'avrebbe detto che anche gli uomini hanno i neuroni?...)

Il giornalista definisce i risultati della ricerca "sorprendenti". Si tratta di un uomo, è evidente.
Ché qualsiasi mamma che abbia visto un piccolo uomo all'opera, suo o di altri, è consapevole del fatto che - nonostante gli  sforzi materni - è un egocentrico maschilista in erba.
Tollera la mamma, se è fortunata. Ama le bambine, purchè bionde e delicate e lente nella corsa. é convinto che le donne possano fare le maestre dell'asilo, ma che già per l'insegnamento alle scuole elementari siano inadeguate. Se vede una donna vestita da vigile, strabuzza gli occhi e sospira. Se la mamma torna dal lavoro stanca e si rifiuta di prepare la cena, è colto da gesti di disappunto (quasi un riflesso condizionato), si scambia occhiate di intesa con il padre e da pacche sulle spalle del fratellino.
Non tutti sono uguali, è chiaro.
E infatti.
Il tipo A, all'asilo, è un bullo, qualsiasi cosa desideri la ottiene con un unico primitivo mezzo: un bieco uso della forza. Morde, scalcia, tira i capelli, ruba i biscotti dalla mani degli altri bambini.
Il tipo B, non usa la forza fisica, ma è convinto di avere un sacrosanto diritto di nascita ad essere preferito alle femmine nella distribuzione di qualsiasi cosa.
Il tipo C - quello gentile, delicato, rispettoso, attento - probabilmente, è gay.

Sono ancora intenta a riflettere su questi temi, quando mi ricordo di un episodio recentemente occorso.

La pupa è arrivata nel lettone, già pimpante alle nove di mattina (di domenica), si è insinuata sotto le coperte, ha sintonizzato la tv sui cartoni, e mi sta saltando sulla pancia.
Cominciano i Teletubbies (quei mostri culoni e colorati, con la tv al posto della pancia e un'antenna sulla testa, comandati a bacchetta da una diabolica voce fuori campo e accuditi da un aspirapolvere), la Pupa batte le mani.
"ma come fanno a piacerti? Sono orribili" dico io.
"no, mamma" risponde risentita "non sono orribili, sono belli, belliiiisssimi"
Come di consueto, a metà del programma, parte un docu-cortometraggio che ha per protagonisti bambini veri (beh, veri, diciamo in carne ed ossa).
Salutano e ridono contenti, mentre stendono il bucato. "Molletta" ripetono come automi privi di cervello. "Molletta".
Ma intanto attaccano tutti i panni e li stendono a dovere.
"Però" penso "hai capito che furbi 'sti teletubbies, schiavizzano i pupi per stendere il bucato e quelli sembrano pure divertirsi".
Ho un'idea improvvisa e dico : "oh guarda, amore, non ti piacerebbe stendere i panni?? Guarda che bello, come si divertono".
La pupa si volta lentamennte verso di me, alza un sopracciglio e sbotta "EHH????". L'equivalente della risposta adulta: "ma scherziamo??".

Ci riprovo: "ma dai, guarda com'è divertente! non ti piacerebbe stendere i panni?"
"Uffa, no, mamma, no. Io no" e ride "io non stendo i panni, no, no. Papa stende i panni, no io!".
Non contenta, si volta verso l'Orco: "Papàààààà" urla "Papàààà svegliati! Papàààà vai a preparare il latte!"
"mmm no, ci va mamma" borbotta lui da sotto il cuscino.
La Pupa mi guarda e io chiarisco un concetto basilare "non ci penso proprio, oggi è domenica"
"Papà, oggi è domenica, tocca a te" dice lei con convinzione, nuovamente voltata verso di lui. Poi, mi guarda, annuendo soddisfatta.
"Perchè non ci vai tu, Pupa?" dice lui.
"IO?????" risponde inorridita "ma Papà che dici? Io non posso!"
"Come non puoi, perchè?" chiede L'orco, ormai del tutto sveglio, e già depresso.
"Io sono piccola... e poi, lo faccio cadere. Il latte lo devi fare tu, su vai ora".
Mi si accoccola sulla pancia tutta contenta e mi bacia "bella mammona mia" dice, mentre l'Orco si alza, ingobbito, e con gli occhi ancora chiusi, e si reca in cucina.
"e ricordati anche il caffé per me" gli rammento.

Ma insomma, la ricerca è chiara: io e la pupa non abbiamo responsabilità!
Non è colpa nostra se qualche pregiudizio contro gli uomini resiste; non è colpa nostra se non riusciamo a tenere a bada il nostro dna e il battagliero cromosoma X!
La colpa è della corteccia cerebrale!
E però, non gliel'abbiamo mica detto noi di rinunciare alla guerra; non le abbiamo suggerito noi di diventare vegetariana e non violenta; non l'abbiamo invitata noi a partire per una vacanza spirituale in Tibet!