lunedì 27 giugno 2011

A volte ritornano

Domenica mattina in famiglia.
L'orco è tornato alla 4 di notte dalla riunione degli orchi lavoratori precari (OLP, associazione sindacale degli orchi) e dorme sul divano. Sul divano, al piano di sotto. Con tutte le finestre aperte (perchè munite di grate) e le porte chiuse. Al di qua delle porte ci sono loro.
Il resto del mondo. La famiglia. Una bimba malata e dall'ululato facile e una madre stanca e stressata.
Dalle 4 di notte alle dieci di mattina, l'Orco dorme come un angioletto. Al fresco, nel silenzio, in beata solitudine.
Dalle 11 di sera alle 8 di mattina, Avv. Mommy non fa altro che rigirarsi nel letto e meditare vendetta. Senza un filo d'aria ad alleviare le sue pene (le finestre NON sono munite di grate), fra  lamenti di bimba con placche in gola, con irruzioni - continue e indesiderate - nella sua privatissima alcova (gatti, bamini, conigli, orsetti, si è visto di tutto in quella stanza nel corso della notte. Di tutto, tranne Orchi, di quelli nemmeno l'ombra).
Alle 9.00 dopo alcuni ultimi, disperati tentativi  di acquietare la piccola belva, Avv. Mommy decide di scendere ai piani bassi accollandosi la pupa.
Già al terzo gradino sente una brezza fresca salire dal basso.
E tuttavia, mossa da un improvviso e inaspettato senso di pietà, decide di lasciar riposare l'orco ancora qualche minuto prima di svegliarlo a sassate e costringerlo ad uscire per fare la spesa.
Adagia la pupa sulla sedia in cucina e prepara la colazione.
La pupa non mangia, è notorio. Mezzo cereale NON pucciato nel latte e va avanti come una molla sino a sera (c'è da chiedersi come sarebbe se mangiasse. Forse è una fortuna che non mangi nulla).
Ma una mamma è sempre una mamma, benché avvocato, e la sua funzione principale è nutrire i pupi.
E così, per cercare di far ingerire alla pupa la dose minima suggerita dall'organizzazione madri Soiocosaèbenepermiofiglio (OMS), avv. Mommy è costretta a spalmare chili di marmellata su biscotti a forma di ciambella. L'unica cosa che la pupa mangia (mai più di due, bene inteso, ma è già molto più del solito). Naturalmente, la marmellata - mai vista  marmellata dalla consistenza più appiccicosa - non fa altro che cadere giù dal buco. Sul tavolo, sulla sedia, sulle mani della pupa.
Ma non c'è da temere, dalla sedia e dal tavolo la lecca via con la lingua.
Quella sulle mani la spalma in giro per i muri e per i divani, così alla fine le mani sono pulite (certo i muri e i divani sono tutti da rifare e sul tema andrebbe aperta una lunga parentesi sulle ragioni che portano le coppie a comprare il nido, accendendo un mutuo trentennale, arredarlo con amore, indebidandosi ulterioremente, e preparalo ad accogliere la prole che poi - irrimediabilmente - lo distruggerà).
Mangiati due biscotti grondanti marmellata e distrutti due divani, è l'ora di svegliare l'ORco.
Avv. Mommy ha ormai dimenticato i propositi di misericordia e aizza la pupa contro il dormiente:
"vai a svegliarlo con il tamburello, amore, Vedrai come è contento"
La pupa obbedisce. Porta una pentolaccia e un mestolo e glieli suona in faccia.
Ma quello non reagisce.
Corre da Avv. Mommy "mommy, mommy, papà non si sveglia. é morto"
"mmm. Sculaccialo con il cucchiaio di legno, vedrai che resuscita"
Tutti sanno che il cucchiaio di legno resusciti i morti e infatti l'Orco si sveglia.
Si trascina verso avv. mommy e bofonchia qualcosa.
"Devi fare la spesa, ho già preparato la lista" interviene lei.
"mmbene" dice lui.
Mentre l'orco si prepara, Avv. Mommy sistema la cucina e comincia a cucinare il pranzo (il sabato - come forse è noto - gli scapoli della famiglia si radunano a casa dell'avv. mommy, per le Mangiate settimanali a scrocco dalle buone madri di famiglia, MASSBMF).
Messe le prime pentole sul fuoco, comincia a sistemare il salotto, ha in mano una pistola giocattolo quando si accorge che l'orco è scomparso:
"dov'è papà?" domanda alla Pupa.
Quella si volta, vede la mamma con la pistola in pugno, la guarda in faccia con attenzione e le chiede "ma perchè lo vuoi ammazzare?"
Dio! è così evidente?

mercoledì 8 giugno 2011

Quesiti

Referendum consultivo:

1) Per strada c'erano così tanti ragazzi carini anche quando io non ero una vecchia carampana che nessuno degna di uno sguardo, o è la forzata e continuata astinenza a farmeli notare?

2) Le altre mamme escono a cena fuori con i pargoli o li tengono prudentemente rinchiusi in casa sottraendoli agli sguardi degli altri?

3) La gravidanza è la punizione divina per il peccato originale? Già che c'era Eva non poteva mangiare qualcosa di più succulento, che so, un'intera torta al cioccolato, un chilo di gelato allo zabaione, 250 gr di spaghetti alla carbonara?

4) Gli uomini sono biologicamente programmati per diventare grassi, pelati, rumorosi, noiosi, tonti, vecchi immediatamente dopo essersi accasati con una donna giovane e piacente?

Referendum abrogativo:

1) Volete voi abrogare la famiglia nucleare nella quale - come è noto -  l'unica a mandare avanti la baracca è la donna, mentre l'uomo dorme sugli allori (in casa) e resta sveglio la notte a divertirsi (fuori casa)?

2) Volete voi abrogare il monopolio delle bottiglie dell'acqua goduto da figli e mariti e riappropriarvi una buona volta di una bottiglia da scarrozzare in giro per la casa e che sia vostra, soltanto vostra, fortissimamente vostra?

3) Volete voi abrogare le centomila scuse che accampano i vostri consorti di fronte alla legittima richiesta di sollevare il culo peloso dal divano, interrompere la masticazione e darvi una mano a trattenere i pupi dal scannarsi a mani nude, o impedire alla creautra di lanciarsi dal terrazzo, passare l'aspirapolvere sul milione di formiche che ha deciso di insediarsi in casa vostra e sta tentando di farvi fuori, o ancora cucinare qualcosa per la famiglia almeno una volta alla settimana?

4) Volete voi abrogare suocere e nonne e vivere finalmente sereni?

Referendum confermativo:

1) approvate l'inserimento nel Titolo I, della Parte I, della Carta Costituzionale della seguente norma: "le scarpe sono un diritto civile inalienabile di ogni donna. é compito della Repubblica eliminare gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando la possibilità delle donne di acquistare nuova paia, impedisce il pieno sviluppo, la felicità e la piena soddisfazione della donna?"

2) approvate l'inserimento nel Titolo I, Parte I della Costituzione della seguente disposizione "Nessuna madre può essere privata del consumo quotidiano di una dose di consolatoria, goduriosa, calorica cioccolata. é assicurata l'inclusione di almeno 150 gr di cioccolata al giorno in ogni dieta dimagrante"?

3) approvate la sostituzione dell'articolo 15 della Costituzione con la seguente disposizione "La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione femminile è inviolabile.
Tutte le donne hanno il diritto di limitare la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione maschile, hanno altresì il diritto di leggere sms, email, lettere, e intercettare le conversazioni telefoniche di consorti/amici e/o parenti"

4) approvate l'inserimento nel Titolo II, Parte I della Costituzione della seguente disposizione: "Indossare i sandali da gladiatore - quelli che sembrano appena usciti da un cartone animato sui ninja, capaci di far sembrare belle persino le scarpe dimagranti con suola alla Frankenstein, che farebbero sembrare anche le gambe di Naomi un insaccato lungo 5 cm (figuriamoci quelle di una donna sovrappeso alta un metro e sessanta che li indossa con i pantaloni alla pescatora!!!) - è un reato contro l'umanità"?

martedì 31 maggio 2011

L'arte di negare l'evidenza

Come ogni donna sa, gli uomini sono abilissimi a negare l'evidenza.
Colti con le mani nel sacco, sono capaci di inventare penose scuse per addossare la colpa ad altri, o - comunque - uscirne senza responsabilità.

La faccia sporca di marmellata, il cucchiaino ancora pucciato nel barattolino, riescono a guardarti e a dire "ho trovato tua figlia che si mangiava tutta la marmellata, e, capisci, sono dovuto intervenire" (poco importa che la creatura sia dai nonni).
Quando li becchi a dormire esattamente all'ora in cui dovrebbero essere all'ingresso dell'asilo a raccattare i figli e riportarli a casa, ti accusano di averli svegliati, sostengono di aver già recuperato i pupi e - quando chiedi dove siano, dato che proprio non riesci a vederli - ti accusano di non averli svegliati in tempo ed escono inveendo contro di te.
Se bruciano la cena, viene fuori che sei stata tu a farla bruciare. E non importa che tu fossi ancora imbottigliata nel traffico, riesci in queste prodezze anche dalla distanza.
Se la macchina ha un fanalino rotto, la sera prima l'hanno guidata loro e mentre parcheggiavano hai sentito distintamente un crak, sei sicuramente stata tu a rompere il fanalino o, in alternativa, un pirata della strada. A proposito, loro la tua macchina non l'hanno mai guidata.

Negano e mentono con tale convinzione che diventa difficile replicare.
Come fanno? Dove imparano?

Non ho avuto figli maschi (grazie al cielo!) , ma confesso che immagino che comincino ad affinare la loro tecnica già nella culla.
Li vedo ad urlare come dannati nel cuore della notte.
La mamma arriva, distrutta da una serie infinita di notti insonni, guarda il suo piccolo uomo e gli chiede "ma insomma che vuoi?". E quello - pacioso e placido - la guarda con gli occhi sgranati, in silenzio, "Chi io? Niente! Non ero mica io che strillavo!".


Da adolescenti, lo so, applicano la regola base: negare fino alla morte.
"Ha chiamato la polizia, dicono che ti hanno fermato perchè fumavi uno spinello"
"Chi io? mamma! ma che dici? Si sono sbagliati non ero io"
"Ma allora perchè ti stanno trascinando via in manette?"
"è un errore di persona. Sono innocente. Ma, così, giusto per sicurezza, chiama un avvocato".

Da adulti, applicano l'arte negatoria in ogni settore.
Nel privato, associato alla regola base (negare fino alla morte), il principio numero due: cambiare discorso.

"Dicono che ti hanno visto uscire da un albergo vicino alla stazione con la segretaria"
"IO? Ma se ho lavorato come un negro tutto il giorno? E poi ti pare che andrei con la sig.ra Rossi, è nonna!"
"No, dicono che eri con quell'altra, quella nuova, quella bionda, alta 1.80!"
"Ahha questa sì che è buona! Non ero io. Comunque quella la licenzio, così impara ad abbandonare il posto di lavoro. Senti, a proposito, domani sera vengono a cena tutti i colleghi, saremo circa 50. Prepara qualcosa di buono, mi raccomando".

Nel quotidiano, accompagnano la consueta regola base, al canone n. 3: cadere dalle nuvole, e al principio n. 4: dare la colpa ad un altro.

"Ma chi ha rotto la lavatrice?"
"Come? La lavatrice si è rotta?"
"Sì, guarda, qualcuno ci ha messo a lavare i pantaloni con tutto il portafoglio dentro, le scarpe e il pallone da calcio e anche... ma cos'è questo? la catena della bicicletta?!"
"Ma chi può essere stato?"
"L'unico che va in bici sei tu!"
"Io??? Stai scherzando? Io non ero nemmeno qui."
"Veramente era il tuo giorno libero."
"Sì, ma sono uscito" (già, era fuori con la segretaria...) "Sicuramente, è stata la colf. Io dico che quella la devi licenziare".

Nello sport, applicano la regola n. 5: tutto è relativo e comunque indimostrato.

"Mister, buongiorno, sono per radio palla-avvelenata, volevo farle qualche domanda sulla partita di oggi"
"ah sì, prego"
"beh, possiamo dire che la squadra attraversi una vera e propria crisi, ritiene che i giocatori abbiano risentito dei doppi turni di coppa?"
"Beh, crisi, oddio, mi pare esagerato, io non la definirei così. Del resto, il primo tempo abbiamo retto bene e anche il secondo, almeno fino al primo goal. I giocatori sono stati tutti eccellenti e gli schemi sono stati applicati alla perfezione"
"Ma, mister, avete subito 15 goal, senza segnarne nessuno"
"Eh, come? Ma sono cose che capitano, non si può giudicare una squadra per un singolo episodio"
"Veramente, è la terza domenica di fila che perdete rovinosamente"
"Eh? Uh. Scusi, il tempo è finito".

La politica è una sommatoria di tutti i principi dell'arte negatoria.

"Come commenta i risultati delle ultime elezioni? Insomma, i cittadini hanno voluto dare un segnale forte al governo, non le pare?"
"Un segnale? Beh, certo non è andata bene."
"Può dirlo forte, avete perso in quasi tutti i comuni e le province dove si è votato"
"Perso! Perso, mi sembra esagerato. I nostri candidati non sono stati eletti, ecco tutto"
"Eh, appunto"
"Comunque la colpa non è nostra, ma dei nostri alleati"
"Anche loro hanno detto lo stesso"
"Beh, ognuno è libero di dire quello che crede".
"Quindi prevede una crisi per questo governo?"
"Una crisi? E perchè mai? Il governo andrà avanti tranquillamente"
"Come commenta la perdita di comuni storicamente associati al vostro partito?"
"Non ci sono dati certi sul punto"
"Ma veramente..."
"Scusi se la interrompo, ma voglio dire ... In realtà, il dato più significativo che emerge da queste ultime elezioni è un altro: la controparte non ha vinto".

venerdì 27 maggio 2011

é notte alta e sono sveglia

Vado a letto sempre presto.
Cioè, alle 11. Prima, con tutto quello che c'è da fare, è impossibile.
Dunque, le 11 è presto.
Prima di dormire leggo un po'. é forse il momento migliore di tutta la giornata, ma dura poco.
Dieci minuti, un quarto d'ora, al massimo. Poi crollo.
O meglio.
Certe notti, mi abbandono al sonno e resto immobile e beatamente addormentata fino a mattina. Notti molto rare, a dire il vero.
Le altre, la maggior parte, mi addormento e mi desto, continuamente.
Non è che sia tutta colpa della pupa, per carità. é vero che ormai ci vuole più di un'ora per convincerla a dormire e che quando è l'ora della nanna se ne esce con frasi tipo "io non voglio mai più dormire, per sempre". E di fronte alle rimostranze genitoriali, replica con un ormai consueto "e allora lo sai che faccio? io adesso prendo la macchina e vado via e non torno mai più in questa casa, Ecco!". E a quel punto, è ovvio, io sono ormai in preda ad un panico sconvolgente, al sol pensiero di quello che farà a 6 anni, per non dire dopo.
In verità, le ragioni delle mie veglie notturne sono molteplici.
Ieri, per fare un esempio, mi stavo appisolando beatamente quando è suonato il maledetto androide.
L'androide mi dicono essere un apparecchio molto intelligente. Sarà. Si vede che il mio è nato "diverso", perchè è talmente stupido che se lo spengo, la mattina non è capace di svegliarsi da solo e far suonare la sveglia. Dunque, sono costretta a tenerlo acceso tutta la notte. E tuttavia, dirò che questa mancanza dell'androide, fino ad oggi, non è stata un grosso problema. A parte il folle zio 'iele che mi mandò un messaggio alle 4 di mattina, gli altri sono tutti pienamente consapevoli del mio stile di vita. Sanno tutti, cioè, che dopo le nove di sera arrivo a mala pena a toccarmi la punta del naso con le dita e riesco sì e no a mettere insieme concetti elementari come lavarsi i danti, ficcarsi nel letto, spegnere la luce.
Tutti, tranne le zelanti stagiste dello studio.
Le zelanti stagiste sono giovani ragazze dall'aria sempre riposata e la vita piena di interessi. Tizie che alle 11.45 p.m. sono ancora in piena attività e che pensano bene di sollecitare, proprio a quell'ora, la tua presenza in ufficio per un tale giorno ad una tale ora (e cioè esattamente quando tu sai che non sarai presente), sottolineando che sei stata assente per un giorno intero e che loro, invece, erano lì, presenti, sull'attenti, pronte.
Ho letto il messaggio, vista l'ora, e meditando atroci e sanguinolente vendette, mi sono addormentata felice.
é durata poco.
All'una e quarantacinque ho iniziato a sentire dei lamenti. Nessun richiamo belluino. Nessun piedino zompettante sino al lettone. Solo lamenti sommessi.
Per una madre, l'equivalente di una tortura cinese. Ho finto indifferenza per quanto, cinque minuti?
Poi, mi sono trascinata nella stanzetta della pupa. Era lì che si contorceva nel letto, continuando la cantilena lamentosa. Uno spettacolo che avrebbe fatto uscire matta anche Maria Montessori, seduta stante.
Io non sono Maria Montessori. Non sono paziente, non sono votata al sacrificio, non sono mite, nemmeno alle 10 del mattino, figuriamoci all'una di notte e di fronte a lamenti fatti apposta per tramutare la madre ordinaria in Medea. Sono stata brusca e sbrigativa nel chiedere cosa avesse.
La pupa per tutta risposta ha cominciato ad urlare come un ossesso, dichiarando che lei avrebbe parlato solo con il padre, che avrebbe dato retta solo al padre, che non mi voleva più vedere in tutta la sua vita.
Senonché, l'orco alle due di notte non è ancora rientrato dal lavoro che svolge giù alla distilleria di succo di vite degli orchi. Ho raccolto tutta la pazienza che il senso di colpa è stato capace di regalarmi e ho preparato una camomilla alla pupa.
Infine, l'orco è arrivato.
A quel punto, però - è chiaro - ero in preda alla colpevolizzazione totale e non volevo mollare la pupa per niente al mondo. Per tacere del fatto che dichiararsi sconfitte dall'orco... giammai!
Alla fine, ho condotto la piccola peste nel lettone. Lei si è sistamata al centro, un po' più vicina a lui che a me e, dopo qualche momento, ha infin ceduto.
Lui aveva già ceduto da un pezzo.
Io, fra le angosce da madre degenerata, lo spazio risicato a me rimasto, il mal di pancia  sopravvenuto, ero sveglia e vigile.
Dopo un'ora e più ho mollato anche io. Mi sono alzata e mi son presa un momento per osservali: dormivano nella stassa identica posizione, con un braccio sopra la testa e uno lungo il fianco, le gambe divaricate, la bocca aperta e russavano come due cinghiali della steppa.
La domanda in me è nata spontanea: "ma che ci faccio io qui?" (io che quando dormo resto immobile per ore, al punto da non riuscire nemmeno a sgualcire le lenzuola?).
Ho optato per la migrazione notturna del genitore solitario e me ne sono andata a dormire nel letto di salvataggio.
Ho fatto una tirata per quel che restava della notte, avvinghiata ad una miciona calda e morbida.
Tutto considerato, non è poi così male essere il genitore di serie B. Credo che mi ci potrei abituare.

giovedì 19 maggio 2011

Categorie

Ci sono uomini con le palle.
Ci sono uomini senza palle.
Ci sono uomini che sono una palla al piede.
Ci sono uomini che hanno una dote straordinaria: le palle le fanno.
Ecco, questi sono i miei uomini, tutti incredibilmente abili a farmi due-palle-così !!

martedì 17 maggio 2011

L'incredibile imbecillità di una madre

Chiusa una certa fase della vita, pensavo di aver definitivamente risolto alcuni problemi.
Pensavo che certe insicurezze me le fossi lasciate alle spalle. Che, passata l’adolescenza, finito il liceo, mai più avrei dovuto lottare con l’incubo dell’inadeguatezza, dell’aspetto fisico, delle mie limitatezze.
E invece.
Sono diventata mamma e mi ritrovo a rivivere gli stessi problemi. E non ho dovuto aspettare il liceo, è bastato mandare la pupa al nido.
è bastato sentirla dire che i compagni di classe sono “battivi e antipatici” perché le dicono “blutta”.
Ed ecco che l’incubo ricomincia. Peggiore di prima.
Ecco che riemerge la mia limitatezza, la mia sconfinata imbecillità,  le ossessioni che credevo sopite.
E con aggravanti, perché ora, volente o nolente, sono adulta e devo trovare la soluzione al problema, ammesso che un problema esista (ma convincere me stessa del contrario oserei dire che è impossibile).
Cosa fanno le altre mamme quando scoprono che la loro adorata figlioletta di due anni è vittima di bullismo all’asilo nido? Che gli altri bambini - quei mostri - la mettono da parte, non le passano i giochi, la spintonano e le dicono che è piccola e brutta?
Sono quasi sicura che dirle di spaccare la faccia agli altri bambini non sia corretto.
Immagino che definire le sue compagne di classe “brutte ochette” non sia la mossa giusta.
Sospetto che spiegarle che le piccole oche un giorno saranno ciccione botuliniche senza cervello non sia politicamente corretto.
Dubito che confessarle che i maschietti non hanno altro mezzo che la bruta fisicità perché i loro piccoli cervelli addormentati proprio non c’arrivano fosse l’approccio giusto.
E mi sono anche convinta che fosse meglio evitare di aspettare le madri dei pupi fuori dalla scuola agitando una mazza da baseball fra le mani.
E così, le ho detto che è bella, naturalmente; che questi bimbi attraversano un momento difficile e che lei deve sempre essere gentile con loro, così la smetteranno.
Ho anche cercato di essere convincente.
Da quel momento, però, ho cominciato a sentire un peso nel cuore.
Mi sono accorta che il suo sorriso assomiglia al ghigno di un buldogg più che all’espressione angelica delle maledette compagne di classe.
La notte, mentre dormiva, sono entrata furtivamente nella sua stanza e ho tentato disperatamente di sistemarle i capelli a copertura della testa… ammettiamolo, un po’ quadrata (ricordo ancora il pediatra che la maneggiava come fosse il cubo di Rubik, chiedendo: “ma la metti a dormire sempre da un lato? hai provato a girarle un po’ la testa mentre dorme?”. Sì, volevo dirgli, la giro come le bottiglie di Champagne francese. Poi, fortunatamente, entrò l’Orco nella stanza delle visite, il pediatra capì e mi disse “ah vabbè, falla pure dormire come vuole”).
Ho tirato giù la frangetta sul monociglio, pregando in cuor mio che l’età della ceretta arrivi presto.
La mattina, quando mi ha raggiunto con la solita capigliatura a carciofo elettrificato, mi veniva da piangere a ripensare ai boccoli morbidi delle smorfiosette.
Nel tentativo di contenere i danni, le ho raccolto i capelli in due codini e li ho fermati con dei fiocchi.
Poi l’ho incoraggiata: “vedrai che oggi c’è Alicetta e lei è tanto brava e buona, vero?”
“No, mamma, anche lei è battiva” mi ha risposto, triste.
No, anche lei, no! Ho pensato, mentre mi sentivo come Giulio Cesare morente di fronte alla mano insanguinata di Bruto.
Le ho chiesto in un lamento “come? perché?”
“Perché non vuole mai prestare i giochi a me!”
“Ah! Capisco. E tu li presti sempre a tutti, i giochi?”
“IO? NOO,  io mai!”
Brava amore, brutta sì, ma scema no!

La caramella

“mamma, mamma, volio una caramella”
“Pupa, ne hai già mangiate tre, è quasi ora di cena, adesso basta. Ne teniamo una per dopo cena”
“mmm, e va bene”
Cinque minuti dopo.
“mamma, mamma, dove sono le caramelle? volio una caramella!”
“Avevamo detto basta caramelle! S'era detto che ne avresti avuta una sola, ma che era per dopo cena!”
“mmm, va bene”
Cinque minuti dopo.
“mamma, volio una caramella, mi da una caramella, mamma?”
“ma non si era detto che era per dopo cena?”
“Ma nooo, mamma! Una è per dopo cena e una è per me!”

martedì 10 maggio 2011

Sogni

Sono in una cucina, seduti intorno ad un lungo tavolo trovo tutti i miei colleghi.
Hanno fogli e matite e sono impegnati in complicatissimi calcoli.
Discutono fra loro e li sento scambiarsi idee, numeri e principi.
Io non capisco una sega.
Mi sento come un orso polare all'equatore.
Di che diamine parlano?
Mentre mi interrogo su come sia stato possibile per me conseguire la laurea, individuo un grosso frigorifero.
Quelli continuano a destreggiarsi fra equazioni e conti e io mi sento sempre più scema. Come faccio a lavorare insieme a questa gente?
Apro il frigo.
Ed eccola, la soluzione di tutti i miei problemi: pasticcini alla crema!
Comincio a mangiarne uno e mi sento già meglio.
Osservo i miei colleghi lavorare, il senso di inadeguatezza, di incapacità, di impotenza, è ancora lì, ma punge meno, ora che ho la pancia piena di crema.
Addento un altro pasticcino, e mi chiedo con angoscia cosa farò quando li avrò finiti.
Ma ecco che sento un urlo straziante:
"Pisolinooo, Pisolinooo Miooo, ueehh".
Sono sveglia.
Sono salva.
Ora mi tocca solo alzarmi e scoprire dove si è cacciato Pisolino, il coniglio nottambulo, il nume tutelare della mia coscienza.
Lo trovo ai piedi del letto e lo consegno alla pupa.
"Ma questo non è pisolino, quetta è Pisolina" piagnucola la pupa.
Come diamine farà a riconoscere al buio due conigli di pezza identici salvo per una differenza di tono nel grigio zozzo che hanno entrambi assunto?
"ahh mmm e dov'è Pisolino?" chiedo
"Pisolino è andato di là"
"di là, dove?" le chiedo, prima di ricordarmi che è notte, siamo sveglie e i conigli di pezza non camminano.
"è andato di là con la papelella"
"io dico che ce l'hai sotto il sedere" la srotolo e lo trovo.
Quello mi guarda con un ghigno malefico e lo sento, lo sento...
"Tua madre ha detto che sei grassa e non devi mangiare i dolci!".
"ma, nemmeno nei sogni?"
"nemmeno"
"come consolazione della mia inettitudine? a quietare la mia coscienza?"
"Ho detto di NO!"

Pisolino, il protettore della mia coscienza e della mia dieta, il malefico emissario di mia madre, il feticcio di mia figlia, è un gran rompi coniglioni.

lunedì 9 maggio 2011

Miss Hyde

Dov'è quella bambina dolce che mi correva incontro quando aprivo la porta di casa, mi abbracciava e mi diceva "ti voglio tanto bene, mamma"?
Dov'è quel frugoletto adorato che reagiva ad ogni mia inziativa - dal cucinare insieme, al disegno, alla passeggiata - dichiarandomi estatica "sono tanto felice mamma"?
Dov'è quella tenera creaturina che rideva come una matta per il solletico e i baci sul collo, mi abbracciava e mi diceva "troppo divertente, mamma. Ancora, ancora"?
Dov'è quel gioiellino di bimba che non piangeva mai, l'invidia di tutte le altre mamme, famosa nel quartiere per le sue virtù di morigeratezza e pazienza.
Dov'è la pupa che condivideva con me ore di shopping, e, provandosi vestiti e rimirandosi in uno specchio, mi diceva "mi sta proprio bene, vero mamma? lo compriamo?"?
Il mio orgoglio, la mia bimba, la mia piccola fashion victim, il sangue del mio sangue, la mia unica erede, dov'è?
Che ne avete fatto?
Chi l'ha presa, confessi! E, giuro, sarò clemente! Concederò una morte rapida e indolore e terrò le atroci sofferenze per un altro. Lo prometto.
Ma si faccia avanti, ORA!
E soprattutto, venga a ritirare immediatamente quell'altra, quella che mi ha lasciato in sostituzione della prima: la cosa, la iena piagnens, il mostro, il capriccio ambulante!

Sì, perchè non può essere mia figlia quell'affare che ora deambula in casa mia come uno zombie, che mi sbatte le porte in faccia e mi urla "Brutta, cattiva. Io vado via di casa, sai?".
Quella che quando le verso l'acqua, urla come un ossesso e piange mezzora solo perchè ho scelto l'acqua senza bolle e non ho sostituito l'acqua liscia con la frizzante nel secondo stesso in cui lo ha richiesto.
Quella che se non le cambi piatti e forchette ad ogni portata, se na va sbattendo la porta della cucina e declamando a gran voce che lei in questa casa non intende restarci un attimo in più.
Quella che se vuole prendere l'ascensore e tu hai imboccato le scale, si lancia a terra sbattendo la testa sul pavimento dell'ingresso del palazzo, inizia a girare su stessa come un bacarozzo rivoltato, urlando come un soprano e, chiamandoti per nome e cognome, elenca ai vicini tutte le nefandezze di cui sei capace.
Quella che non vuole mangiare niente altro che caramelle e di fronte ai rifiuti lancia tutto per aria, minacciandoti pubblicamente "se non mi dai le carammelle, allora io piango per sempre".
Quella che dopo aver urlato come una pazza per averle chiesto di sedere a tavola a mangiare come tutti i civili mortali e dopo essersene andata sbattendo e piangendo, appena tu, madre, ti allontani dalla cucina - affranta, con la testa che esplode, lo stomaco in rivolta - arriva, si siede e, con il padre, si tramuta nel piccolo lord.
Quella che alle tue richieste circa possibili pensierini per la festa della mamma ti risponde stizzita "Tu mi dai la torta e, poi, io ti do il regalo. E comnque" (tanto per chiarire) "io pure sono una mamma, Sono la mamma dei pisolini. Dov'è il mio regalo?".

Ecco, questa non può essere farina del mio sacco.
Venitevela a riprendere e ridatemi la mia pupa.

mercoledì 4 maggio 2011

MO(X)

Ritiro della pupa da Nonna crudelia.
Driiinnn. Driiinnn, Suona il citofono.
"Plonto?" la pupa viene mandata a rispondere.
"Ciao Amore, sono io"
"è mamma, è mamma" grida entusiasta.
(...)
Salgo faticosamente le scale, perchè nonna e pupa hanno dimenticato l'ascensore aperto.
Arranco davanti al portone e mi aggrappo al campanello.
"ecco mamma! Ciao" mi apre la porta la nonna.
"ciao... Ciao, amore! corri ad abbracciarmi!"
"mamma, mammona, bella mammona" arriva di corsa e mi dedica dieci secondi, prima di mettersi a saltare sul tappeto.
"che hai fatto con nonna amore? ti sei divertita?"
"sììì, nonna mi ha letto Dlante, poi mi ha fatto sentire la musica ... mmm Bletove, e mi ha portato a prendere i panini"
Probabilmente la nonna era troppo stanca per leggere Omero in greco antico, penso io.
"Racconta a mamma cosa ti ha regalato il signore dei panini!" incalza nonna crudelia.
"un panino!"
"ah! incredibile! E all'asilo tutto bene?" domando.
Ma la pupa è già scappata a saltare sul divano.
"sì" interviene la nonna "certo però, l'ho trovata tutta sporca e non avevo il cambio"
La guardo, ma la trovo maledettamente pulita. Incredibilmente pulita. Molto più del solito, comunque. 
Non ho il tempo di replicare, perchè la nonna riattacca:
"poi, guarda, ha la pancia di fuori e la schiena scoperta, i calzoni sono troppo corti, il giubbino non si chiude. Sembra una poveraccia".
Io sono reduce da una notte di campionati mondiali di apnea notturna degli orchi - campionati nei quali il mio orco si è classificato primo -; ho lavorato per dieci ore di fila - senza mangiare; ho dovuto cambiare tre diverse scrivanie - perchè sulla mia ci piove (acqua dello scarico del bagno di quella del piano di sopra) e la seconda che avevo scelto è priva di collegamento internet (ce ne sarebbe uno, ma devi arrivare all'alba e sconfiggere tre o quattro stagisti, più giovani e prestanti di noi avvocati, per appropriartene), ho quindi dovuto ripiegare sulla scrivania più piccola di tutto lo studio, quella che perisno un lillipuzziano giudicherebbe minuscola, figuriamoci una mamma sovrappeso e incazzata -; ho fatto un 'ora di traffico per andarmi a riprendere la Pupa; mi sono arrampicata per quattro piani di scale e ho pure dovuto sborsare la retta dell'asilo.
Insomma, non sono in vena di disquisere con mia madre dell'abbigliamento di mia figlia. Non sono in vena di disquisire con mia madre, punto.
In silenzio, prendo la pupa, le abbasso la canotta e la infilo nelle mutande, tiro giù i pantaloni sui polpacci, le infilo il giubotto e con un po' di pazienza, raccimolata chissà dove, lo allaccio.
Non ho nemmeno la forza di sbottare in un trionfale "vedi? basta farle le cose".
Preferisco darmi alla fuga, prima che la situazione precipiti.
"Andiamo Pupa, ché mamma deve preparare la cena"
"sì, sì, appetta, MO' arrivo" mi risponde quella.
Oddio, vedo un'ombra scura cadere sul volto di mia madre e sento già le mie palle che si mettono in posizione per un giro sulla ruota della morte.
Porca paletta zozza, ma tutte a me capitano?
Ed ecco, infatti, che, puntuale, arriva la sentenza di mia madre:
"MOOOO!!! Ma come parla questa bambina? è scandaloso!"
Mi arrovello per trovare una replica brillante, una giustificazione plausibile per il linguaggio sconveniente di mia figlia, una qualsiasi spiegazione che tenga, anche senza essere per forza brillante, quando mi ricordo del mio prof. del Liceo. Quello con cui litigavo sempre, quello che io, quindi, adoravo.
Lo stesso che mi ha fatto amare Dante, Leopardi e Foscolo, che mi ha spiegato come sopravvivere alla vita, e che mi insegnato una cosa per la quale avrà la mia eterna gratitudine: MO' viene dal latino MOX (presto, tosto, subito).
E allora dico, altezzosa:
"MO' è latino mamma, mi stupisce davvero che tu non lo sappia!" lancio un'occhiata a mia madre e affondo: "Vieni Pupa, andiamo a casa, ché stasera Mamma ti deve leggere Ovidio!"

lunedì 2 maggio 2011

La battaglia della corteccia cerebrale

Durante la piccola pausa di relax del fine settimana (la pausa relax del fine settimana non sembra particolarmente interessante ad un occhio inesperto - la Pupa mollata al nonno per la visione dei Barbapapà su Youtube, avv. mommy e nonna crudelia che si litigano le riviste sparse per la casa - ma posso assicurare che rispetto alla routine quotidiana della mamma lavoratrice è un grande miglioramento), mi è caduto l'occhio su un articolo particolarmente interessante.
Riportava i risultati di uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell'Università di Milano, diretto da alcune piscologhe.
La ricerca ha dimostrato che i pregiudizi  degli uomini nei confronti delle donne sono radicati nella parte più remota del cervello, impressi a fuoco nel dna dell'uomo, parte dello stesso cromosoma Y, connaturati al loro istinto primordiale. Solo con un grandissimo sforzo della corteccia cerebrale alcuni uomini riescono maldestramente a tenere a freno i pregiudizi nei confronti delle donne.
La corteccia, in pratica, è costretta ad ingaggiare una guerra quotidiana contro i pregiudizi. Esausta com'è dalla lotta continua, è sufficiente associare la parola "femminile" al termine "forza" che va già in tilt, rivelando il nocciolo duro dei pregiudizi. Se poi si applica un campo magnetico capace di bloccare parte delle attività cerebrali, la corteccia batte definitivamente in ritirata.
Povera corteccia.
E però, chi l'avrebbe mai detto che il maschilismo è insito negli stessi neuroni dell'uomo? (E chi l'avrebbe detto che anche gli uomini hanno i neuroni?...)

Il giornalista definisce i risultati della ricerca "sorprendenti". Si tratta di un uomo, è evidente.
Ché qualsiasi mamma che abbia visto un piccolo uomo all'opera, suo o di altri, è consapevole del fatto che - nonostante gli  sforzi materni - è un egocentrico maschilista in erba.
Tollera la mamma, se è fortunata. Ama le bambine, purchè bionde e delicate e lente nella corsa. é convinto che le donne possano fare le maestre dell'asilo, ma che già per l'insegnamento alle scuole elementari siano inadeguate. Se vede una donna vestita da vigile, strabuzza gli occhi e sospira. Se la mamma torna dal lavoro stanca e si rifiuta di prepare la cena, è colto da gesti di disappunto (quasi un riflesso condizionato), si scambia occhiate di intesa con il padre e da pacche sulle spalle del fratellino.
Non tutti sono uguali, è chiaro.
E infatti.
Il tipo A, all'asilo, è un bullo, qualsiasi cosa desideri la ottiene con un unico primitivo mezzo: un bieco uso della forza. Morde, scalcia, tira i capelli, ruba i biscotti dalla mani degli altri bambini.
Il tipo B, non usa la forza fisica, ma è convinto di avere un sacrosanto diritto di nascita ad essere preferito alle femmine nella distribuzione di qualsiasi cosa.
Il tipo C - quello gentile, delicato, rispettoso, attento - probabilmente, è gay.

Sono ancora intenta a riflettere su questi temi, quando mi ricordo di un episodio recentemente occorso.

La pupa è arrivata nel lettone, già pimpante alle nove di mattina (di domenica), si è insinuata sotto le coperte, ha sintonizzato la tv sui cartoni, e mi sta saltando sulla pancia.
Cominciano i Teletubbies (quei mostri culoni e colorati, con la tv al posto della pancia e un'antenna sulla testa, comandati a bacchetta da una diabolica voce fuori campo e accuditi da un aspirapolvere), la Pupa batte le mani.
"ma come fanno a piacerti? Sono orribili" dico io.
"no, mamma" risponde risentita "non sono orribili, sono belli, belliiiisssimi"
Come di consueto, a metà del programma, parte un docu-cortometraggio che ha per protagonisti bambini veri (beh, veri, diciamo in carne ed ossa).
Salutano e ridono contenti, mentre stendono il bucato. "Molletta" ripetono come automi privi di cervello. "Molletta".
Ma intanto attaccano tutti i panni e li stendono a dovere.
"Però" penso "hai capito che furbi 'sti teletubbies, schiavizzano i pupi per stendere il bucato e quelli sembrano pure divertirsi".
Ho un'idea improvvisa e dico : "oh guarda, amore, non ti piacerebbe stendere i panni?? Guarda che bello, come si divertono".
La pupa si volta lentamennte verso di me, alza un sopracciglio e sbotta "EHH????". L'equivalente della risposta adulta: "ma scherziamo??".

Ci riprovo: "ma dai, guarda com'è divertente! non ti piacerebbe stendere i panni?"
"Uffa, no, mamma, no. Io no" e ride "io non stendo i panni, no, no. Papa stende i panni, no io!".
Non contenta, si volta verso l'Orco: "Papàààààà" urla "Papàààà svegliati! Papàààà vai a preparare il latte!"
"mmm no, ci va mamma" borbotta lui da sotto il cuscino.
La Pupa mi guarda e io chiarisco un concetto basilare "non ci penso proprio, oggi è domenica"
"Papà, oggi è domenica, tocca a te" dice lei con convinzione, nuovamente voltata verso di lui. Poi, mi guarda, annuendo soddisfatta.
"Perchè non ci vai tu, Pupa?" dice lui.
"IO?????" risponde inorridita "ma Papà che dici? Io non posso!"
"Come non puoi, perchè?" chiede L'orco, ormai del tutto sveglio, e già depresso.
"Io sono piccola... e poi, lo faccio cadere. Il latte lo devi fare tu, su vai ora".
Mi si accoccola sulla pancia tutta contenta e mi bacia "bella mammona mia" dice, mentre l'Orco si alza, ingobbito, e con gli occhi ancora chiusi, e si reca in cucina.
"e ricordati anche il caffé per me" gli rammento.

Ma insomma, la ricerca è chiara: io e la pupa non abbiamo responsabilità!
Non è colpa nostra se qualche pregiudizio contro gli uomini resiste; non è colpa nostra se non riusciamo a tenere a bada il nostro dna e il battagliero cromosoma X!
La colpa è della corteccia cerebrale!
E però, non gliel'abbiamo mica detto noi di rinunciare alla guerra; non le abbiamo suggerito noi di diventare vegetariana e non violenta; non l'abbiamo invitata noi a partire per una vacanza spirituale in Tibet!

giovedì 28 aprile 2011

Continuiamo a fare progressi

Bagnetto con il papà.
Si infila nella vasca con la ciurma di Barbapapà e un bell'annaffiatoio di plastica.
Quasi subito, comincia a riempire l'annaffiatoio e versa l'acqua sopra all'Orco.
Una, due, tre volte.
Alla fine, le chiede:
"Che fai, amore?"
"Innaffio Pisellino papà"
"mmm e perchè?"
"Pecché così cresce e poi mamma è contenta"

mercoledì 27 aprile 2011

La nuda verità

é circa un mese che non faccio altro che lamentarmi dei servizi scolastici di questo Stato malandato.
Chiunque io abbia incontrato in questo periodo -  in fila al supermercato, alla fermata dell'autobus, fuori dalle udienze del tribunale, dall'estetista, al parco giochi - conosce il mio problema.
Insomma, praticamente tutta Roma è stata resa edotta del fatto che la Pupa è quarantesima in lista di attesa e che mi toccherà pagare anche l'anno prossimo il bellissimo, ma salatissimo asilo anglosassone.
Non ancora soddisfatta, ho tentato di diffondere la notizia anche nel nord Italia.
E così, durante i festeggiamenti pasquali, ho raccontato il mio personale dramma ai parenti di Milano.
Al mio colorito racconto ha presenziato Lui, il padre della Pupa, la fonte di tutte le mie disgrazie, l'Orco.
Ha ascoltato l'incipit della mia epopea in silenzio, ma, dopo le prime battute, mi ha interrotta:
"ma che dici? che vai farneticando?"
"Come che vado farneticando? racconto che la pupa è al numero 40 della lista d'attesa, ne ha 39 davanti e chissà quanti dietro e non entrerà mai alla scuola pubblica. Ecco cosa racconto"
"Ma non è vero che è quarantesima!"
"Come, scusa? Ma se me lo hai detto tu!"
"Io non ho mai detto una cosa del genere!" ha cominciato l'orco, profondendosi nella tecnica oratoria che gli riesce meglio: negare l'evidenza.
"sì che l'hai detto, mi hai scritto un messaggio in cui dicevi che era quarentesima in lista d'attesa."
"non è affatto vero. Io ho detto che la pupa è al numero quaranta, ma sono entrati i primi trentacinque" risponde placido lui.
Io comincio a sentire un ronzio nelle orecchie, vedo le mani che mi diventano a pallini bianchi e rossi e i piedi che scalciano nervosamente. 
"Tu hai detto...?" comincio.
"Sì, o comunque intendevo dire quello" e guarda i miei parenti alla ricerca di un cenno di intesa. Ma quelli sono pietrificati.
"Hai detto o intendevi dire?"
"Non mi ricordo, ma comunque il concetto era chiaro."
"Non era chiaro per niente! Sai, io parlo italiano e non Orchese stretto! E secondo te a sapere che eravamo solo quinti in lista d'attesa anticipavo 2.500 euro di retta scolastica all'asilo anglosassone?!"
"Beh, non so. Vabbè, ma comunque cosa cambia scusa? sempre in lista d'attesa siamo".
Sono  sicura che a questo punto le orecchie abbiano cominciato a fumarmi. I parenti hanno trovato la forza di alzarsi da tavola, fingendosi improvvisamente interessati a qualcosa di molto lontano da noi.
"Cambia che a essere quarantesima su 35 entrati, sei quinta in lista d'attesa e ci sono ottime probabilità di entrate!! Viceversa, ad essere quarantesima, con 39 non entrati che ti precedono e hanno più punti di te, di chance di entrare non ce n'è nessuna" rispondo io, profondendomi nella tecnica oratoria che sono costretta a ripetere decine di volte al giorno, da quando conosco l'Orco: spiegare l'evidenza.

Ed ecco che lui ribatte con il secondo principio dell'oratoria orchese: scaricare ogni responsabilità.
"Beh, io te l'ho detto! se non capisci non è colpa mia"
"Bene! Si fa presto a verificare" dico algida "prendo il cellulare e ti leggo il messaggio che mi hai inviato" (Dio benedica l'androide pazzoide dalla memoria infinita).
"Ecco qui: Alla scuola siamo in lista d'attesa al 40' posto".
Impallidisce e tace.
Ho un pensiero fugace: mi è costato 6.000 e rotti euro di asilo privato, ma che soddisfazione!
Subito dopo, però, entro in uno stato di opprimente frustazione.
Che diamine! Possibile che io abbia un marito che non è in grado di eseguire neppure un banalissimo ordine di servizio: recatiall'asilopubblicoeverificasesonouscitelegraduatorieeriferisciquellocheleggi.
Pure una scimmia sarebbe stata capace di svolgere egregiamente il compito.
Ho una sola, unica consolazione: l'anno prossimo nessun Asilo mi potrà negare 50 punti di bonus per demenza maritale acutissima.

mercoledì 20 aprile 2011

Facciamo progressi

Aggiornamenti.
La Pupa ha metabolizzato la lezione di educazione e sessuale e ha mostrato di aver acquisito una perfetta conoscenza (e padronanza) degli organi riproduttivi maschili e femminili. La Topina (anche detta Patata) e il Pisellino (anche detto il Coso).
La prova?
Ci ha tenuto a darmela proprio questa mattina, al supermercato. All'ora di punta.
Giravamo per i freddi corridoi dei salumi, quando ha afferrato una confezione di Wurstel di pollo ed è corsa verso di me urlando:
"Mamma! voglio anche i piselloni, voglio anche i PISELLONI! PI-SEL-LO-NI!!".
Mi è anche sembrato che si girasse verso una timida, anziana signora  e le dicesse "ha capito bene signora, questi qui si chiamano PI-SEL-LO-NI!"

martedì 19 aprile 2011

Educazione Sessuale

Domenica mattina, tutti in bagno appassionatamente.
L'Orco esce dalla doccia e la Pupa gli sbarra la strada.
"Ma mamma!" esclama angosciata "dov'è la topina di papà?"
"Papà non ha la topina, amore. Papà ha il pisellino" spiego io, guardando perplessa l'omaccione peloso ignudo che è appena uscito dalla doccia.
"piselliinooo!?!" La pupa mi guarda dubbiosa.
Inclino la testa, esamino l'orco, e spiego meglio "sì, sì, lo vedi quel cosino appeso lì? quella specie di coda? ecco quello è il pisellino. ce l'hanno i maschi".
La pupa osserva "il coso" e tace. Sta elaborando i dati.
Io incalzo:
"allora, vediamo, Tommasuccio è maschio, allora ha..."
"Pisellino!"
"Bravissima. Gaiaetta è femmina, e allora ha..."
"Topina!"
"bravissima! ecco, vedi hai capito!Vedi?" dico all'Orco "ha capito! é bastato un minuto."

Sera, preparazione per il riposo notturno. Siamo io, la Pupa, Pisolino e Conigliona.
La Pupa mi mostra Pisolino:
"Vedi mamma, Pisolino non ha la coda"
"ah già, è vero"
"pisolino è Femmino"
"ma no! non è così che funziona. Ci sono maschi e femmine. Femmino non esiste, pupa" cerco di farle capire, pazientemente.
"NOOO!è femmino, è femmino, è femmino!! eh, mamma, non ha la coda!" mi interrompe bruscamente lei, insistendo con il concetto.
"vabbé, e allora Conigliona?" chiedo io, brandendo la coniglia di pezza come un'arma.
"Conigliona è maschia"
"come maschia?"
"Sììì, mammaaa!! uffi, faccio vedere io: vedi qui? è la coda. Conigliona ha la coda, è maschia".
Caccio tutti nel lettino e scendo un po' depressa.
"che c'è?" domanda l'Orco.
"dice che Pisolino è femmino"
"embé?"
"Beh, la Pupa pensa che ci siano i femmini e le maschie"
"embé?" dice l'Orco, sintonizzando il televisore su uno dei soliti reality show.
Guardo un momento la tv cercando di capire chi sia nato cosa, se ci sia anche un solo etero fra gli opinionisti di sesso maschile e se le donne siano tutte bisessuali, e dico:
"Vabbè, allora diciamo che Pisolino è Femmino?"
"Certo. Altrimenti perchè andrebbe in giro con la colanna di perle e il rossetto?" conclude l'Orco.

venerdì 15 aprile 2011

La scuola dell'obbligo

Un tempo, si dice, erano gli snob, i pariolini, i san babilini, i borghesucci, i nobili e i vip a snobbarla.
Adesso, evidentemente si è rotta ed è lei - la scuola pubblica - a snobbare la maggior parte delle famiglie.
Per sperare di poter varcare la soglia fatiscente di un istituto statale, comunale o provinciale, devi avere PUNTI.
Un pupo senza punti è bene che si rassegni subito all'idea di passare i suoi primi anni da studente con una divisa bianca e blu, in una elegante villa con giardino.
Un genitore senza punti è bene che corra subito in Banca ad accendere un mutuo.

Ovviamente, gli unici punti che abbiamo, io e la Pupa, sono quelli delle merendine. 
Di quelli alla Scuola pubblica non sanno che farsene. Così, ci hanno fatto sapere che il prossimo anno, così sprovvista di punteggio, la Pupa proprio non se la pigliano.

Avevo fatto rischiesta di iscrizione sia ad un asilo comunale (meglio, scuola dell'infanzia), sia ad una materna statale. Di più non si può. Non si capisce quale sia la sanzione comminata ai genitori che tentano l'iscrizione in tre/quattro asili (li mettono dietro la lavagna con le orecchie da asino?), ma comunque è vietato farlo.
E io mi attengo alle regole.

Nella Comunale, dal primo a mia figlia, ci sono 431 punti di distacco; nella Statale, è quarantesima nella graduatoria degli esclusi. Prima di lei, settanta ammessi, cinque con riserva, 39 esclusi; dopo di lei, altri 30 aspiranti piccoli studenti.

E pensare che per iscrivere la pupa all'asilo, ho passato un' intera settimana di febbraio a compilare moduli.
E la compilazione del modulo di iscrizione non è per nulla uno scherzo! Essere alfabetizzati, laureati, con master e dottorati non basta. Serve una preparazione specifica (mi hanno garantito gli altri genitori che, al terzo anno di tentata iscrizione,  la preparazione si acquisisce).
Ci ho messo tre giorni per capire cosa dovevo scrivere e dove andava inserito il dato. Per risalire ad alcune informazioni ho dovuto fare indagini anagrafiche e patrimoniali su me stessa.
Il giorno dell'apertura delle iscrizioni, ho visto mamme uscire con le lacrime agli occhi,  rimandate o bocciate brutalmente per errata compilazione del modulo.
A me, miracolosamente, hanno fatto i complimenti: "questo modulo è perfetto".
Io, naturalmente, mi sono guardata bene dal riferire che ci avevo pianto sopra per tre notti e tre giorni (ebbene sì, come faccio con le pratiche di studio), che ci avevo impiegato due settimane per compilarlo decentemente e che ho fatto tanti di quei tentativi andati male che con le brutte copie ci ho tappezzato la camera da letto.
Peccato che a punti stavamo messi molto male.
"ma lei non ha altri figli?" mi chiese  il dirigente scolastico.
"no"
"nemmeno in provetta?"
"no"
"Peccato, se la Pupa aveva fratelli piccoli o, meglio ancora, un gemello era ammessa di sicuro. Per caso, ha bimbi in affido o adottati?"
"No, ho una gatta, conta?"
"Per me sì" mi risposte la mia interlocutrice, rivelndomi di avere tre gatti e di chiamarli "i suoi bambini" (e come se no?).
"ma allo Stato, purtroppo, dei gatti non frega niente" aggiunse, laconica.
"sua figlia è sana?"
"se dio vuole, sì"
"Peccato!"
...
"non ha qualche parente andicappato? disabile? paralitico?"
"No" ho risposto demoralizzata, poi ho avuto un'illuminazione:
"Ho un marito! E - ovviamente - è deficiente, conta?"

A quanto pare, no, non conta.

giovedì 14 aprile 2011

BiS! (La vera storia di Ulisse)

Qualche tempo fa Nonna Crudelia, mia madre, si è recata ad una cena con "il grande Capo" e la di lui  consorte.
Il Grande Capo è il boss del boss (oggi, maestro di vita), un signore simpatico ed eccentrico che io conosco da sempre.
Qualcuno ricorderà, infatti, che oltre che sottomessa al Maestro di vita e al Grande capo, lavoro soggiogata a mio Padre, il terzo membro del triumvirato vigente nel mio studio legale.
Il Grande Capo è anche un grande nonno, un tris-nonno. Ha tre bellissimi nipoti, disequamente distribuiti tra due bellissime figlie.
Questi nipoti, ha riferito nonna crudelia, già conoscono i miti greci, leggono Euripide e recitano l'Iliade a memoria.
"Ti rendi conto di come siamo indietro" ha aggiunto, guardando con pena la mia bambina di appena due anni.
Per nonna crudelia, ex insegnante di lettere incapace di digerire il fatto di essere andata in pensione, é inconcepibile che la pupa ancora non abbia ancora letto nemmeno l'Ulisse di Joyce.
La poveretta, sapendo di non poter contare sulla mia collaborazione, ha deciso di agire in autonomia.
Ha girato tutte le librerie di Roma alla ricerca di Iliade e Odissea, delle tragedie di Euripide, di tutto Sofocle e anche di una paio di copie del simposio di Platone (che quello è più classico dei classici).
Una sera, al rientro dal lavoro, al posto di "Pimpa va in africa", "Pima gioca con le lumache", "Pimpa fa qualche altra cavolata che ai bambini piace tanto", ho trovato le Opere di Omero in Greco antico con traduzione di Monti.
Ovviamente, ho fatto sparire tutto. Ho pensato che, anche senza aprirli, erano capaci di trasmettere per osmosi incubi paurosi al prezioso (specie per me) sonno della Pupa.

Ma nonna crudelia non ha rinunciato ai suoi propositi.
Impossibilitata a recitare più che i primi versi  del proemio (che, ovviamente, conosce a memoria) "ἄνδρα μοι ἔννεπε, μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλὰ
πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσεν", si è arresa all'idea di parafrasare le gesta di Ulisse e raccontarle alla Pupa nella sua personale traduzione nonnesca.
Una sera, ho voluto mostrarmi i grandi progressi che avevano fatto, pretendendo che la Pupa mi raccontasse di Ulisse e le Sirene.
Ecco come è andata:
"Pupa, racconta a mamma la storia che nonna ti ha raccontato oggi, dai!"
"mmm quale? I tre porsellini?"
"No, quella di Ulisse"
"ahh sì, Ulisse va al mare"
"brava, sì" e rivolta a me "lo vedi? non è un genio? tu devi coltivare di più l'intelligenza di questa bambina, la trascuri" e poi, rivolgendosi di nuovo a lei "con chi andava al mare Ulisse?"
"mmm emmm" la Pupa mi guarda smarrita.
Mia madre incalza "con i marinai sulla barca".
"ahh sì, sì certo, va bene, nonna" risponde la pupa, come rispondono, credo, i medici della neuro ai pazienti che gli chiedono se possono andare a cena con San Francesco D'Assisi. 
"E poi arrivano le sirene, e allora Ulisse che fa?"
"mette i tappi"
"brava, brava. Un genio, guarda, un genio! I miei alunni non erano così bravi. Mette i tappi nelle orecchie dei suoi marinai, ma lui no, perchè le vuole sentire cantare. Le Sirene cantano benissimo, vero? E allora le sirene cantano e lui che fa?"
Vedo il volto della pupa che si illumina, comincia ad applaudire, battendo forte le mani, e grida:
"Brave, Brave, bis!"
Altro che traduzione di Monti, questa sì che è poesia.

No, non è rotto

Rassicurazioni.
Il blog non è rotto. Il blog, la rete, il mio pc tutto funziona benissimo.
Solo che per poter rendere le mie cronache devo - quanto meno - sedere su una superficie rigida con il computer sulle ginocchia.
Ma il boss mi fa girare come una trottola e io non ho tempo per scrivere.
A dire il vero, non ho nemmeno tempo per osservare i fatti che costituiscono materia delle mie cronache. Insomma, mi tengono lontana dalle mie fonti di ispirazione: orchi, pupi, colleghi. (mi viene un sospetto: che sia tutto studiato?)
Certo, in giro per i cieli d'Europa, si incontrano soggetti interessanti, per non parlare dei frequentatori tipici delle assemblee sociali, ma, diciamolo, non è la stessa cosa.
I miei (5) lettori sono ormai affezionati a Pupe, Orchi, Boss e compagnia.
E io come posso non accontentarli?

E allora vi dirò, qualcuno già lo saprà, ma lo scrivo per ricordarlo alla me stessa di domani (ebbene sì, crescere all'epoca di "Ritorno al futuro" mi ha provocato sdoppiamenti temporali di personalità), mi hanno abbondanata in un covo di vipere!
Mi hanno buttata in mezzo ad un conciliabolo di maschi, vecchi e, come direbbe la Pupa, furboni.
Non solo ero l'unico essere vivente di sesso femminile, e l'unica sotto i 65 anni, ma ero anche l'unica a non avere la faccia di bronzo e una collezione di scheletri nell'armadio.
Chi ha fatto questo a me? é ovvio, lui, l' incubo delle mie notti di inverno, primavera e mezza estate, l'unico e il solo,  il boss.

Eppure, convinta di essermela cavata in qualche modo (al termine della riunione ero ancora viva), ho scritto al Boss comunicandogli di essere sopravvisuta - contro ogni aspettativa (specie, credo, le sue) - e di aver accettato un invito a pranzo dal nemico (il più vecchio, il più maschio e quello con la collezione più fornita).
Ahh, non sia mai! Ha gridato di terrore, quando ormai era troppo tardi (avevo già infilzato il primo gamberone e me lo stavo portando alla bocca).
Sarà stato preoccupato per me?
Macché!
Ecco cosa ha scritto minaccioso qualche momento dopo con il suo balck barry ultimo modello: Ti hanno offerto il vino, scommetto!
Un vino buonissimo, ho replicato io, con il mio androide pazzoide (4 mesi che lo possiedo e ancora non ho imparato a rispondere alle telefonate).
Ah! Lo sapevo! Ingenua! Quelli ti vogliono ubriacare e poi carpirti informazioni! Ha ribadito il suo dito nervoso.
A quel punto, esasperata per la mancanza di fiducia cronica e il maschilismo congenito, ho deciso di non dirgli che sono arrivata prima alla gara di bevute al pub e di osservare un prudente silenzio stampa.

Ma il boss, evidentemente in preda a rimorsi angosciosi ("Non dovevo mandare lei: non è morta e ha fatto un casino. Un fallimento su tutta la linea"), ha deciso che era finalmente giunto il momento per rendermi edotta dei principi fondamentali, delle regole prime, delle massime, dei postulati del pensiero empirico dell'avvocato Cazzuto. Ed ecco che, riferendosi alla mia situazione, ha sentenziato:
1. farsi sottovalutare dal nemico.
2. rendersi creditori dello stesso, almeno sul piano della cortesia.
3. cercare di carpirgli qualche informazione dopo avergli offerto un buon pranzo...

Sul momento, mi è apparsa la sua immagine circondata di luce, con un'aura mistica. Ho pensato che avrei dovuto ribattezzarlo Siddartha e abbandonare l'epiteto Boss, incapace di rendere ragione delle sue incredibili doti filosofiche.
Dopo qualche riflessione, ho  però deciso di replicare, colta da un'illuminazione etilica, tanto per chiarire che i suoi fondamentali precetti erano stati de me puntualmente rispettati.

E infatti:
1. Una donna, per farsi sottovalutare, non deve compiere alcun particolare sforzo. Tutti la credono cretina, per il semplice fatto che non ha il pisello.
2. Una donna, abituata sin da piccola a farsi offrire pranzi e cene, non si sente in colpa a consumare un copioso pasto innaffiato dal vino e a farselo pagare da un altro. A dire il vero, se paga lei, rischia di finire sullo stesso piano degli uomini, il che potrebbe vanificare il punto 1. Dunque, mai e poi mai, pagare. E mai e poi mai sentirsi in debito. Sono sempre gli uomini in debito nei nostri confronti.
3. Una donna, fino al minuto prima della riunione con le vipere, è impegnata in altre mille attività, professionali, familiari e personali.
Pertanto, si reca alle riunioni sempre e comunque impreparata. Conosce a mala pena il nome del cliente per cui si presenta. Non sa una beneamata ceppa sugli argomenti all'ordine del giorno. Le carte che le hanno trasmesso non ha avuto il tempo di leggerle e ha deciso di non portarsele dietro, perchè pesavano troppo.
In pratica, nemmeno se bevesse 7 bottiglie di barbera, potrebbe fornire informazioni preziose al nemico.

In ogni caso, mi dicono, se "il maestro di vita" (ex Boss) non si fida o non è convinto dei servizi resi dalla Donna, può pagarla, per impedirle di lavorare.

mercoledì 6 aprile 2011

Rupofobia

Viva le donne che, diventate mamme, non hanno rinunciato al lavoro, ai propri interessi, alla propria vita.
Sarò sempre dalla parte di queste donne e mamme, dalle molte funzioni.
Però, bisogna essere onesti e dire tutta la verità.
E la verità è che, spesso, i figli delle mamme che lavorano - o comunque quei pupi cresciuti da colf, tate, governanti, cameriere, baby sitter, ecc. - sono colpiti da una grave forma di psicosi.
La pupa ce l'ha, i figli delle amiche ce l'hanno, i pupi dell'asilo con le predette caratteristiche (mamma per lo più assente) ce l'hanno.
Ovviamente una ragione c'è, ed è anche piuttosto evidente.
Si tratta di pupi cresciuti a pane, teletubbies (e cioè quel programma televisivo in cui quattro mostri colorati vengono accuditi da un ASPIRAPOLVERE !!) e pulizie della casa.
Mollati a casa con una poveretta cui viene affidato il compito di giostrarseli, tenere la casa in condizioni decenti, stirarere, lavare e cucinare, è facile immaginare che passino la maggior parte del tempo ad osservare la povera donna intenta a mondare, spazzare, stirare, lucidare, tagliuzzare, cucinare, dare la cera e togliere la cera.
Facile pure che quella gli dica di non sporcare ove lei ha appena pulito, di non fare un bordello nella stanza che ha impiegato circa due ore a risistemare, o spieghi le tecniche migliori per lucidare i pavimenti e stirare le camicie,  tanto per parlare di qualcosa.
E così, ecco che crescono tanti piccoli maniaci.
I piccoli zozzoni lasciati a casa dalle mamme, con le mani coperte di colori, la faccia unta di sugo e il pannolino sporco, si trasformano in quattro e quattr'otto in tanti piccoli pulitissimi cenerentoli.
Tutti irrimediabilmente affetti da sindrome compulsivo-paranoica da casalinga frustrata: la mania della pulizia.

Non può cadere goccia d'acqua a terra che subito si scapicollano ad asciugare.
Girano per la casa muniti di straccio (a dire il vero di stracci ne hanno diversi, uno per ogni superficie).
Se li abbandoni un istante, li ritrovi intenti a lucidare tavoli, sedie, pavimenti.
Usano ogni attrezzo dalla superficie vagamente piatta per stirare i vestiti delle bambole.
Se il tavolo apprecchiato per la cena presenta un alone o un coltello appena disallineato, non ce verso di farli sedere. Scappano a nascondersi, colti da crisi di pianto, sino a che non è fatta piazza pulita del disordine.
Se c'è qualche strano odore in giro, in preda al panico, urlano fino allo sfinimento.
Ogni occasione è buona per lavarsi, mani, piedi, denti, e in quel frangente ne approfittano per dare una bella sistemata al bagno.
Hanno già classificato i detersivi in buoni o cattivi e sono perfettamente in grado di spiegare alla mamma quali deve comprare al supermercato.
Sanno anche inquadrare le tate o aspiranti tali con due rapide occhiate, capiscono immediatamente chi pulisce bene e chi invece no.
Se i vestiti da indossare non sono morbidi, stirati e profumati non se ne parla di infilarseli: "chi ti ha detto di fare la lavatrice senza ammorbidente, mamma!".
Tuttavia, non provate a proporgli l'acquisto di scope, lavatrici o ferri da stiro giocattolo, vi guarderanno inorriditi, la pulizia è una cosa seria, e comunque, principalmente, è compito della tata (ma non quella che ha scelto la mamma, che quella pensa solo a giocare, una che pulisce davvero ci vuole).
Naturalmente, la acquisita ossessione maniacale per la pulizia contribuisce a rendere le povere mamme ancora più frustrate.
Incapaci di lavorare, gestire figli e mariti e tenere anche in ordine la casa, non si sentiranno mai all'altezza di pupi e tate.
E rientrare di nascosto in casa, correre in bagno per cambiare i vestiti stropicciati da tredici ore di lavoro e cercare di risistemare i capelli ormai afflosciati come un papavero morto, non basterà a dimenticare quello sguardo di disapprovazione negli occhi dei pupi.

Io, almeno, consapevole della mia incapacità anche solo di caricare la lavapiatti, mi sento molto, molto frustrata.
La pupa, poi, ha - credo - la forma più acuta di rupofobia. In poche parole, è da ricovero.
Non solo la ritroviamo spesso inginoccchiata a pulire i pavimenti, e subito dopo averli lucidati viene a cazziarci: "adesso però non sporcate più eh! ché io ho pulito tutto".  Ma pretende di pulirsi i piedi sullo zerbino  anche prima di usicire da casa o dall'asilo.
Guai a provare a spiegarle che non è necessario pulire i piedi per uscire, caso mai per rientrare! Si blocca e concede uno dei suoi sguardi inquisitori: "ma come tu non te li pulisci i piedi? che schifo!".
Innanzi a tali occhiate, è impossibile non spazzare le suole, prima di affondarle nel fango del giardino.

martedì 5 aprile 2011

Let's go party

Venerdì sera, al mio rientro, ho annunciato alla famiglia che avevamo ricevuto formale invito alla festa in onore del pupo piccolo di LEI.
Come di consueto, l'orco non ci ha capito una ceppa.
Riporto per dovere di cronaca la conversazione (assia simile al dialogo tra un fisico e un metafisico) che si è consumata (rectius, che mi ha consumata) entro le mura di casa mommy:
"ah lo sapevi già?"
"ma cosa?"
"della festa"
"Quale festa?"
"la festa di domani"
"no, ho detto che è domenica"
"ma no, è domani"
"domenica"
"Domani!"
... Silenzio, accompagnato da un mio convulso contorcere di mani.
"Chi fa la festa domani?" ho cercato di pronunciare lentamente le parole, così da farmi intendere anche dal secondo neurone dell'orco, quello dormiente.
"un bimbo dell'asilo".
"Ecco, ma io parlavo della festa del pupo piccolo di LEI!"
Alla fine, di fronte all'evidenza, persino l'orco si  è arreso!
"ahhh! Allora domani abbiamo un'altra festa.Quindi, in totale, fanno due".
Si è svegliato il secondo neurone, ho pensato.
"bene! di chi è la festa di domani?"
"mmm, uno, ... coso, ... un bimbo dell'asilo"
"Tizio?"
"mmm, no, Tizio no."
"Tizietto?"
"mmm no, mi pare di no"
"Caietto?"
"sì, ecco, mi pare proprio che fosse Caietto".
Raccolti faticosamente questi dati, il sabato mattina siamo andati al negozio di giocattoli per comprare i regali.
Caietto adora toys story, il pupo piccolo di Lei ama solo i Barbapapà, il pupo grande di Lei va pazzo per i Gormiti, la mia si accontenta di tutto, e io ho varcato la soglia del giocattolaio con le idee chiare.
Certo, uno che adora toys story avrà già tutto, non posso comprare l'enorme pupazzo di buzz light come diamine si chiama, meglio se compro qualche altra cosa.
"Scusi, c'è il lego di Toys Story?"
"è finito."
Per la paletta zozza di pasqualino! Ho intimamente imprecato, in maniera adeguata al luogo sacro in cui mi trovavo.
In barba alle mie idee chiare, dopo ore di dubbi amletici, ho comprato tutti i personaggi di Toys Story, ma in versione ridotta (altrimenti detti, pupazzetti).
Ci ho aggiunto un castello gigante dei barbapapà (di semplice trasporto), qualche Gormito per il pupo grande di Lei, un paio di stupidaggini per la pupa mia, e abbiamo abbandonato il negozio di giocatolli.
Io pesantemente alleggerita di denari, l'orco appesantito da un fardello di giochi, la pupa con occhiali da sole nuovi e fiammanti (cioè, di un bel rosso semaforo).
 
Destinazione: PARTY.

Appena arrivati, un fatto straordinario colpisce la mia attenzione.
è la festa di Caietto, ma Caietto non c'è. 
Forse vuole fare un ingresso trionfale e aspetta che gli ospiti chiamino a gran voce il suo nome?
Ma perchè ci vengono incontro Alicetta e sua nonna? E perchè Alicetta sta strappando il regalo dalle mani della pupa?
Mi addentro nel giardino e mi accorgo che la festa è american style. Ci sono hamburger e hot dog, patitine e meravigliosi cupcake preparati dalla nonna.
I bambini sono tutti sorridenti e abbracciano e baciano chiunque varchi la soglia. Sono tutti americani. é chiaro (i pupi italiani si schifano a baciare, non abbracciano nessuno, e appena vedono arrivare gli ospiti corrono a nascondere i loro giochi, di modo che nessuno li tocchi).
Si vede che a Caietto piace il melting pot. Che bello! Ho fatto bene ad aver scelto l'asilo inglese.
Comunque di lui non c'è traccia.
La nonna di Alicetta si presenta e confessa di aver preparato personalmente i cupcakes.
Mentre mi congratulo e dico quanto sia bella la festa e quanto Alicetta sia Sweet and beautiful e cerco di spiegare che ha adottato la pupa e me la tratta come una principessa e io le sono infinitamente grata e penso seriamente che sia sweet and beautiful e se sapessi l'inglese esprimerei il concetto anche con altre parole, arrivo davanti alla torta di compleanno: una bellissima torta al cioccolato con sopra una grande scritta "happy birthday Alicetta".
E a quel punto ho avuto la certezza:
come ha già detto assai saggiamente qualcuno, ho sposato un deficiente.

venerdì 1 aprile 2011

Le cose cambiano

é stata una settimana lunga e faticosa.
Non solo ho trascorso le consuete settanta ore nel traffico, ho sfogliato migliaia di pagine e qualcuna l'ho persino dovuta leggere con attenzione,  ma mi è pure toccato percorrere il bel paese da nord a sud e viceversa un paio di volte.
Ho così potuto notare che molte cose dall'ultima volta che avevo abbandonato il nido, e cioè due anni, sei mesi, due giorni, tre ore e ventisette minuti or sono, sono profondamente cambiate.

Chi sa per esempio quando la gente ha smesso di applauidire il pilota all'atterraggio? Io ricordavo applausi scroscianti e commenti entusiastici ("che bello siamo arrivati vivi e nessuno ha vomitato il pranzo!"). E invece, oramai c'è un disinteresse generale, oltre che un triste silenzio, per le tecniche di atterraggio.

All'aereoporto non esistono praticamente più gli sportelli per i ceck in.
O meglio, i ceck in ci sono, ma nessuno va più a farsi cecckinare! Del resto, c'è il praticissimo web ceckkin (non si tratta un tiratore scelto maniaco di internet che fa fuori il 90 % dei passeggeri, così da eliminare le code all'aereoporto, ma della possibilità di autocecckinarsi via internet).

Mancano le code ai ceck in è vero; in compenso, però, trovi file estenuanti per passare i controlli.
Del resto, non potrebbe essere altrimenti, dato che, per poter accedere ai gate, devi sostanzialmente spogliarti di tutto, farti una tac, scannare gli oggetti che porti con te, buttarne la metà, levarti le scarpe (mi raccomando, mai calzini bucati quando si deve prendere l'aereo), denunciare le tue abitudini più intime, sottoporti ad una visita dentistica e sventolare le carte di imbarco come se fossero croci imbevute di acqua santa e tu stessi lottando contro i vampiri.
Ne ho dedotto che il cosiddetto battesimo del volo non sia più praticabile. 
Io ero sola, nel mio viaggio, ma, visti i controlli subiti, non credo che a mia figlia avrebbero concesso di vedere la cabina di pilotaggio e parlare con il capitano. In fondo, potrebbe sempre nascondere qualche pericolosa arma tossica nel pannolino. Beh, per essere del tutto sinceri, almeno una volta al giorno, è proprio così.

Eppure, si tanti controlli non sono in grado di rassicurare tutti.
Gli americani, purtroppo, restano drammaticamente paranoici.
é facile individuarli già all'aereoporto, perchè camminano rasente al muro e si guardano intorno con aria furtiva e terrorizzata.
Saliti a bordo, tentano immediatamente di occupare abusivamente i posti situati in prossimità delle uscite di emergenza, implorando gli assistenti di volo con ogni mezzo.
Poi, studiano dettagliatamente le istruzioni per i casi di emergenza e, mentre gli assistenti di volo spiegano con le tipiche danze da hostess cosa fare mentre precipita l'aereo (tacendo, naturalmente, la parte più importante, è cioè mettersi ad urlare), alzano la mano per chiedere approfondimenti e fare domande.
é chiaro che hanno tutta la nostra comprensione, per le note vicende aeree del 2001.
Devo dire, tuttavia, che, benché io sia rimasta molto scottata da quel tragico evento, non mi sognerei mai di prendere appunti durante le istruzioni degli assistenti di volo.
A dire il vero, nessun italiano presta la minima attenzione a quelle istruzioni! D'altro canto, in quella fase, gli italici sono ancora impegnati a parlare al cellulare, così da scongiurare la crisi di astinenza per i successivi 35 minuti di silenzio forzato.
Non ho assolutamente alcun dubbio sul fatto che l'invezione della "modalità aereo" - quella funzione del cellulare che consente di parlare in fase di crociera, ma non durante decollo e atterraggio - sia stata inventata da un italiano. I miei vicini italiani avevano tutti due o tre telefonini a capoccia (classificati per colore) e su tutti avevano prontamente attivato la modalità aereo.
Pare che pure il mio pirofilino ce l'abbia. Ovviamente non l'ho sperimentata. So a mala pena accendere e spegnere il telefono, figuariamoci se riuscivo ad attivarla, senza far esplodere l'aeroplano. D'altra parte, il decollo durava mezzora, l'atterraggio venti minuti e il volo era di 55 minuti! Forse se ne poteva anche fare a meno.
Altra incredibile novità: gli assistenti di volo sono tutti maschi. Chi si ricorda quell'epoca d'oro in cui le hostess erano tutte giovani e belle? Beh, miei cari, mi dispiace, ma dovete dimenticarvele! Adesso sono tutti maschi. E infatti si chiamano assistenti di volo e non hosti.  E non girano vestiti come veline, ma come ufficiali.
Tanto per dimostrare che la parità a vantaggio degli uomini viene rapidamente raggiunta, a differenza della parità a favore delle donne.
Qualche esempio? I piloti, al 99% sono uomini.
Qualcosa un po' più "terra-terra"?
Gli avvocati maschi di controparte che all'uscita dall'udienza si avvicinano e ti dicono "tu quelle cose (e cioè quelle che li mettono in difficoltà) NON le PUOI dire".
Insomma, le cose cambiano e sono già cambiate, gli uomini invece no.
Il cavaliere senza macchia e senza paura è ancora vivo e vegeto, benché ora si aggiri per le strade con i jeans strappati e il cavallo (quello dei pantaloni) al ginocchio e non si rivolga più alla donna definendola "gentil donzella", ma chiamandola con un bel "aohhh!! ahh bella!".
é bello scoprire che c'è sempre qualcuno pronto ad occuparsi di noi, a darci istruzioni, a spiegarci cosa dobbiamo, anzi no meglio, cosa POSSIAMO, fare e dire, senza pretendere niente in cambio.
Adesso, sì, che mi sento davvero molto più tranquilla.
Mi dispiace solo per i miei colleghi, a saperlo prima che non potevo dire certe cose, non le avrei certo scritte negli atti!

lunedì 28 marzo 2011

Pronto Nonno

Esiste un telefono per ogni problema.
Non mi riferisco ai cellulari di ultima generazione, quelli che promettono di risolverti la vita, tenendoti in contatto perenne e continuo con il resto del mondo, e che invece te la rendono impossibile; primo perchè per imparare ad usarli perdi due anni di vita e ti sale la pressione alle stelle, secondo perchè restare sempre connesso, raggiungibile anche quando finalmente ti sei concesso la ceretta o stai vomitando in bagno o mangiando mezza ciotola di insalata scondita, è quanto di peggio possa capitare nella vita.

Parlo dei telefoni "amici", quei centri di ascolto che aiutano le persone in difficoltà.
Un'iniziativa, senza dubbio, di enorme importanza, che va sostenuta e incoraggiata.
Come ho detto, esiste un telefono praticamente per tutti.

Per le persone sole, c'è il telefono amico.
Per i bamini, c'è il noto telefono azzurro.
Per le donne maltrattate, c'è il telefono rosa.
C'è persino il telefono nonno.
Non sono riuscita a reperire informazioni su quest'ultimo (ho solo visto i cartelloni per le strade della città).
Immagino, quindi, che si tratti di un numero verde dedicato ai nonni.
Eh sì, perchè se fosse un centro di ascolto per anziani, magari soli, si chiamarebbe  "telefono vecchio" o, tanto per non far pensare ad un centro di ricovero per i telefoni SIP da muro, "pronto Anziano".
Mi viene quindi da credere che il Telefono nonno si rivolga proprio ai nonni.
Questi nonni maltrattati, vittime della natalità, presi in ostaggio 12 ore su 24 dai nipoti.
Questi nonni costretti a camminare a quattro zampe, a spingere pesantissimi passeggini su per le salite, a sostenere gobbi e ansimanti le biciclette, a giocare a pallone sotto il sole cocente.
Questi nonni obbligati a sedute ininterrotte di baby sitting fine settimanali, a trascorrere le vacanze con tre, quattro nipoti al seguito, alle conseguenti discese al mare, con carovana di pupi e carico di giochi al seguito, o, peggio, alle salite in montagna con bimbi urlanti e sfaticati.

Quando ho saputo del telefono nonno, per un attimo, ho pensato con pena alla oberata categoria nonnesca. Poi, ho cominciato a provare un certo fastidio.
Non  per il fatto che potrei maltrattare i "miei" nonni più e meglio, ma per la consapevolezza che la categoria cui io appartengo non è in alcun modo rappresentata.
Non v'è alcun telefono cui può appellarsi la mamma in difficoltà.
Nessun numero da chiamare quando, la notte, alla trentaduesima levataccia per urla di pargola, la mamma è in lacrime e in preda al delirio.
Nessuna voce amica da interpellare all'ora dei pasti, quando il grido "non VoLIO" si leva alto nel cielo insieme al piatto di spaghetti o passato di verdure appiccicoso (che, poi, però, ricade sulla testa della mamma appena uscita dal parrucchiere, dopo 2 anni di assenza forzata dai saloni di bellezza).
Nessun "amico", telefonico o meno, cui rivolgersi, quando la cacca fuoriesce dal pannolino, si spalma sul fasciatoio, sulle mani , sui vestiti di adulti e bambini, obbligando la mamma a trenta lavatrici di emergenza e ad un bagnetto supplementare, nonostante siano le tre di notte.

La verità è che con la maternità si rinuncia al proprio tempo, alla libertà e al diritto di denunciare i quotidiani e ripetuti maltrattamenti  subiti dai propri figli.
Nell'attesa che un unico sorriso dei pargoli faccia dimenticare le fatiche e i maltrattamenti subiti, l'unica facoltà che resta alle mamme è lamentarsi, in particolare con nonni e mariti.
Per farlo al meglio, suggerisco a tutte di regalare all'intero clan familiare un telefonino di ultima generazione, così che tutti siano sempre connessi e possano partecipare in diretta ai risvegli notturni, alle scariche di diarea e ai gioiosi pasti in famiglia.

venerdì 25 marzo 2011

Reincarnazioni

é da qualche tempo che mi lascio coinvolgere in riflessioni sui massimi sistemi.
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andremo?
Chi mi ha spinto a simili elucubrazioni filosofiche (altrimenti dette, pippe mentali)?
La pupa, naturalmente.
Da quando ha acquisito l'uso della parola e la capacità di elaborare frasi apparantemente corrette, ha gettato l'intera famiglia nel dubbio.
Arricchisce le nostre giornate con racconti sospesi tra lo stravagante, l'improbabile e l'assurdo.
E infatti, pur volendo ammettere che quando parla dei cavalli verdi da cavalcare si riferisca ad un sogno e che quando racconta di un metodo facile per fare i soldi (entrare in non so quale posto e spingere non so quale pulsante, ... un grilletto?) stia inventando di sana pianta, ci sono alcune dei suoi racconti che, mascherati di pura razionalità, alimentano una serie di ragionevoli domande.

Ecco cosa mi ha detto l'altra sera.
"cosa fai mamma?"
"Taglio i finocchi"
"io aiuto te"
"NOO, sto usando il cottellaccio, non si può! Il coltello è molto pericoloso e lo usano solo i grandi"
"ah Sì, è vero. Infatti, quando io ERO Grande talliavo tutte le verdure"
"Eh? Forse vuoi dire quando Sarai grande, TaglieRAI le verdure"
"no, no, Mamma! quando io ero grande talliavo le verdure"
"ma dove?"
"giù al fiume"
...
"Ah! e chi altro c'era con te? C'era mamma? Papà?"
"no, no. C'era i caballi, io preparava la pappa ai caballi"

Dopo tali affermazioni, é chiaro che una mamma si ponga delle domande.
Mia figlia è pazza, ha parecchia fantasia o ha la memoria di una vita passata?

Confesso che l'idea della reincarnazione mi ha sempre affascinata.
Come sarebbe bello sapere che si continua a campare in eterno, facendo ogni volta nuove esperienze  (pazienza se in una delle vite finiamo in padella, andrà meglio la prossima volta).
é un pensiero rassicurante.
Molto più dell'idea di una vita in paradiso, dato che tocca arrivarci e sembra che non sia semplice.
Molto più del pensiero di finire all'inferno (cosa praticamente certa, visto che non mi basterebbero tre vite per farmi perdonare i peccati di una).
Insomma, non ho voglia di rendere la mia vita un inferno solo per andare in  paradiso. Né ho alcun desiderio di godermi un paradiso quaggiù, con la prospettiva di passare l'eternità cotta in graticola (va bene una vita, ma tutta l'eternità è veramente un po' troppo). 
Che poi viene da chiedersi che gran casino siano paradiso e inferno (soprattutto questo). Sarebbero infatti milioni di anni che le anime dei defunti passano oltre e si recano in quei luoghi.
Cavolo, ma quando toccherà a me, ci sarà posto o dovrò prima notificare uno sfratto?
Francamente, preferisco non andarci.
Tremo al solo pensiero di passare da una coda sulla tangenziale ad una per entrare all'altro mondo!
Ho vissuto a Roma, ho già dato!
Molto meglio restare qui e rinascere gatto (possibilmente non nero e non per strada, un bel gattone di casa, meglio ancora uno dei gatti delle mie amiche! ah quella sì sarebbe una vita degna di essere vissuta!).

Quello che mi preoccupa, dunque, non è l'idea della reincarnazione in sè e nemmeno mi sconvolge pensare che mia figlia abbia ricordi di una vita passata.
Quello che mi preoccupa è sapere chi diamine era prima!!
Eh sì, perchè visto quello che combina ogni giorno e sentiti i racconti che fa, mi sta venendo il sospetto che io abbia partorito Calamity Jane!

martedì 22 marzo 2011

è primavera

é primavera.
L'aria è più calda, splende il sole, gli uccellini cinguettano, gli alberi sono in fiore.
Da un paio di giorni,  sembra che la pioggia abbia lasciato il posto al sereno.
Ci sentiamo tutti più stanchi, ma pronti alla rinascita.
é giunto il momento di spiegare alla pupa cosa sono le stagioni.

Metto Vivaldi in sottofondo e mi preparo alla lezione.
Arriva l'orco.
"ma tu lo conosci questo? chi è?"
Ma come chi è, diamine? Ma che razza di uomo ho sposato? Non è un orco, è un troglodita. C'ha più di duemila cd e non conosce i padri fondatori della musica!
Vivaldi, poi, è l'autore più  inflazionato della storia della musica.
L'hanno usato per la pubblicità di ogni bene di consumo uscito dalle fabbriche di tutto il mondo, negli ultimi cento anni.
é stato la sigla di una serie infinita di programmi televisivi. E quando in uno dei Tg delle reti commerciali montano uno di quei servizi girati come un telenovelas argentina o usano Vivaldi o i Sigur Ròs. Per non parlare delle attese telefoniche! Ce l'hanno tutti, dalle pagine gialle, agli studi legali, alle forniture di "pino er re della Sarciccia"!
Ecco cosa penso.
Però, gli dico:
"QUESTO è Vivaldi, le quattro stagioni, ce l'abbiamo in MP3, Vinile e cd".
Se ne va soddisfatto.
Io posso finalmente dedicarmi alla pupa, sperando di riuscire a recuperare parte delle tare genetiche che ha ereditato dal padre.
Mi munisco di "Pimpa e il natale" e attacco.
"Vedi Pupa, qui dalla pimpa è inverno. C'è la neve e fa freddo."
"sììì, la neve" risponde entusiasta.
"poi, però, l'inverno finisce e arriva la primavera. Escono tutti gli uccellini, crescono le piante e nei prati vengono i fiori. Poi, viene ancora più caldo e i fiori diventano frutti ed è l'estate".
"e andiamo al mare"
"sì, bravissima, andiamo al mare. Poi, torniamo a casa, viene più freddo, cadono le foglie ed è l'autunno".
Mi guarda attenta. Sembra aver capito.

Finita la sessione accademica, ci prepariamo per uscire.
Io indosso uno dei miei soliti modelli - piagiamone, informale e informe. Ma sono in ordine.
La pupa è deliziosa, con un vestitino color panna a righine blu e il cappottino blu, tutto aderente (per forza, la taglia è un anno e lei ne ha due).
L'orco,  prima di uscire, è colto da un attacco acuto di  orchite.
Zompetta fino allo spogliatoio con aria indecisa, e recupera dall'armadio i capi più orrendi che esistono nel suo guardaroba ( e nel mondo intero, e nella galassia, e, probabilmente, nell'universo). Sono talmente abominevoli che quando li tira fuori dall'armadio, mi pare di sentire che quello tiri un sospiro di sollievo. Poveretto, forse crede che li abbia presi per fiondarli in un cestino.
Illuso!
Prima di essere colta da un raptus omicida, mi reco ad attendere al piano di sotto.
Quando si ripresenta al nostro cospetto,  ha i calzini uno diverso dall'altro, le scarpone nere con i teschi rossi, i pantaloni bucati che non si allacciano più sulla pancia, un golf giallo canarino con sotto una maglietta verde pisello, bucata, sporca e indossata al contrario.
Che faccio? Ci litigo tre ore per cercare di ricondurlo ad una qualche ragione estetica e mi perdo le ultime ore di sole, o lascio perdere e fingo di non conoscerlo mentre siamo per strada?
Opto per questa seconda ipotesi. Del resto, sono già abituata a fingere di non conoscere il cane ("ma di chi è questo cane che ha tolto il gelato dalle mani di mio figlio?", tacere e ostentare indifferenza, "ma signora questo cane la segue!", "ah davvero? oh poverino si sarà perso", "è sicura che non si sia suo?" "ma certo, vuole che non riconosca il mio cane?").

Nel cortile di casa, c'è un piccolo giardino.
Un quadrato di un metro per un metro di erbacce. Ma è primavera, è quindi ora ci sono anche tre o quattro margherite.
La Pupa ci si fionda. Poi mi chiama, saltellando.
"Guadda mamma, guadda! I fioli crescono!"
"sì, è vero. è la primavera, amore, te l'ha detto la mamma!".
La trascino in macchina e la sistemo sul seggiolino, mentre l'orco è già al volante.
Lei intanto ripete: "a primavera clescono i fioli, a primavera crlesce tutto".
Poi lancia un'occhiataccia davanti, mi guarda e mi dice:
"a primavere cresce tutto, però i capelli di papà non cresce, no!"
"Che vuoi amore mio" sospiro io "le stagioni sono belle, ma i miracoli non li sanno mica fare!"

lunedì 21 marzo 2011

Le mani in pasta

Dopo due anni, 3 mesi e 29 giorni mi sono presa un pomeriggio libero.
Un pomeriggio per me, senza Pupa, senza Orco, senza nessuno.
Sono andata a Panificare. Sì, insomma, ad un corso per imparare a fare il pane.

Dato che io potrei perdermi anche nel cortile di casa mia, Santo nonno mi ha accompagnato nel luogo fissato per il corso.
Un luogo che mi dicono essere compreso nel raccordo anulare. In un quartiere molto in voga a Roma. Peccato che dopo aver avuto un figlio, si faccia fatica a riconoscere anche il giornalaio in fondo alla strada. Sicché, ovviamente, non ci avevo mai messo piede in vita mia. Da sola non ci sarei mai arrivata.
A dire il vero, anche col Santo nonno, ho avuto delle difficoltà (che volete, ero io ad interpretare la mappa scaricata da Internet).
In un modo o nell'altro, comunque, sono approdata alla sede del corso.
In un bellissimo giardino, mi attendevano 15 donne-panificatrici in erba e una maestra.

Ci presentiamo e mi chiedono quale sia il mio rapporto con il pane: "principalmente me lo mangio" dico.
Le signore sorridono, ma non restano impressionate. In effetti, tutti mangiamo il pane. Io non sto a puntualizzare, chiarendo che quando dico "principalmente", intendo dire che ne mangio circa due chili al giorno, che il pane a casa mia dura meno di due ore, che appena uscito dal forno mi ci fiondo e riesco a ingurgitarne un chilo anche se incandescente, che consumo circa cinque chili di farina alla settimana, che mi nutrirei esclusivamente di quello, possibilmente farcito con una bella tavoletta di cioccolata.
Invece taccio e ascolto le altre.
Sono tutte panificatri esperte. Qualcuna ha portato dei pani da assaggiare. Naturalmente, non me ne lascio sfuggire nessuno.
Quando io sono ormai abbottata di pane, e tutte hanno ormai colto il senso della mia frase di presentazione, ci alziamo per andare in laboratorio.
La maestra comincia a spiegarci le tecniche della panificazione.
E io capisco perchè siamo solo donne.
Il pane è una metafora della maternità.

Tanto per cominciare, il lievito naturale si chiama lievito MADRE.
Ed è una cosa viva. Un misto di farina ed acqua in cui brulicano vitalissimi fermenti.
Bisogna averne cura, quasi si trattasse di un pesce rosso o di un altro piccolo animale. Un tamagoci, suggerisce sagacemente una delle mie compagne di pane.
Mai abbandonarlo, mai dimenticarlo, mai lasciarlo solo troppo tempo.
Mentre la maestra ci spiega come prenderci cura del lievito mamma, io già mi vedo partire per le vacanze estive con la macchina carica: pupa, gatta e vecchia nonna dietro, io alla guida, la nuova nonna davanti e fra di noi il lievito mamma, comodamente accoccolato in un termos.
La pupa strillerà come un' aquila da Roma a Civitavecchia, la vecchia nonna parlerà di dentiere tra Civitavecchia e Grosseto, la nuova nonna criticherà come guido dall'inizio alla fine del viaggio, e io riuscirò a vomitare sulle strade dell' Elba nonostante sia al volante.
Come farà il lievito a sopravvivere ad un tale trasbordo?
La maestra prosegue nell'esposizione, ma io ho già deciso che prima dell'estate darò il mio lievito in adozione.

"Per fare il pane bisogna rimestare il lievito naturale con acqua e farina e creare il lievitino". Spiega la nostra educatrice.
In pratica, il lievitino è il figlio del lievito madre. Traduco io.
Il lievitino, poi, diventerà pane.
Per diventare pagnotta, cito le parole della maestra "dovete insegnarli ad essere autonomo, riuscire a farlo staccare da voi e fargli percorrere la sua strada in autonomia".
In pratica, tocca tagliare il cordone ombelicare.
Insomma, non solo dobbiamo tagliarlo con le nostre madri e poi obbligare i nostri figli a tagliarlo con noi e cercare dei mariti che non se ne costruiscano uno tutto per loro, ma dobbiamo troncarlo anche al pane.
Con questo, però, ci dovremmo riuscire con tre bottarelle di mano e un pizzico di farina. Con gli altri, non basterà una vita.

La maestra spiega la tecnica: "per prima cosa dovete pulirvi le mani con la farina, se non sono perfettamente pulite non potete lavorare. Poi pulite tutta la ciotola dall'impasto appiccicato, usando le mani come spatole e quindi rivoltate il pane sulla schiena e lavoratelo sulla pancia. Il pane non si deve mai attaccare".
Ok, penso. é come cambiare un pannolino.
Raccatto tutto, sdraio il pupo sul fasciatoio, lo massaggio e lo pulisco un po' e poi lo inforno.
Mi guardo intorno e tutte procedono speditamente. Io sto ancora tentando di pulirmi le mani.
Ma come capperi si puliscono le mani con la farina?
Le mie sono sempre più sporche.
Il mio intruglio si appiccica sulle maniche, sulla camicia, sui capelli.
Quando sono ormai una statua di gesso, arriva la maestra.
Tento disperatamente di fingere il ribaltamento del panuozzo.
Sorrido. "stai facendo il movimento al contrario" mi secca. Cazzo, lo sapevo che sbagliavo qualcosa.
Ricomincio, tentando il movimento da lei suggerito. A tutte riesce benissimo. Per loro è naturale, per me è del tutto innaturale.
Mi impiccio un po' dei pani delle altre e vengo colta da un attacco di depressione fulminante. Sono tutti lisci e bianchi e ben rivoltati sulla schiena. Il mio è ancora adagiato sulla pancia, pieno di bitorzoli, appiccicato ovunque, rivoltante. Le mie mani sono ricoperte di una colla universale che mi cola sui vestiti.
Comincio ad avere dei miraggi del mio bel frullatore. Ma questo pane qui non si puà frullare, è una cosa viva. Frullarlo sarebbe come mettere la pupa nella lavatrice (ehh... e non si può, giusto?).
Provo ad insistere e comincio a parlarci : "senti pupo, è stato bello, ma ora devi diventare autonomo, ti devi staccare e andare nel forno".
Mi sembra di sentire un'eco di risa. é lui o le mie compagne?
Sta di fatto che quello di staccarsi non ne ha alcuna voglia. Non gli passa nemmeno per l'anticamera del fermento di abbandonare le mie mani e diventare una bella pagnotta. é così divertente fare il blob sui miei vestiti, perchè mai dovrebbe finire nel forno?
Alla fine, ci rinuncio e lo consegno alla maestra. Lei in quattro rapidi gesti lo rende presentabile e lo mette in incubatrice a lievitare.
Un thé e alcune chiacchere dopo, i pani sono cotti. Ce li dividiamo.
La maestra ci consegna anche il prezioso lievito mamma, pronuncia una formula meravigliosa dalla quale arguisco che il lievito che mi viene consegnato ha trecento anni e viene dalla Toscana.
Lo guardo e sento l'ansia che monta in me.
Nella mia vita, sono riuscita a far morire di tutto, dalle piante grasse al televisore.
Ed è una vita che sogno di far fuori mia madre.
Al lievito madre non do più di tre giorni.