venerdì 27 maggio 2011

é notte alta e sono sveglia

Vado a letto sempre presto.
Cioè, alle 11. Prima, con tutto quello che c'è da fare, è impossibile.
Dunque, le 11 è presto.
Prima di dormire leggo un po'. é forse il momento migliore di tutta la giornata, ma dura poco.
Dieci minuti, un quarto d'ora, al massimo. Poi crollo.
O meglio.
Certe notti, mi abbandono al sonno e resto immobile e beatamente addormentata fino a mattina. Notti molto rare, a dire il vero.
Le altre, la maggior parte, mi addormento e mi desto, continuamente.
Non è che sia tutta colpa della pupa, per carità. é vero che ormai ci vuole più di un'ora per convincerla a dormire e che quando è l'ora della nanna se ne esce con frasi tipo "io non voglio mai più dormire, per sempre". E di fronte alle rimostranze genitoriali, replica con un ormai consueto "e allora lo sai che faccio? io adesso prendo la macchina e vado via e non torno mai più in questa casa, Ecco!". E a quel punto, è ovvio, io sono ormai in preda ad un panico sconvolgente, al sol pensiero di quello che farà a 6 anni, per non dire dopo.
In verità, le ragioni delle mie veglie notturne sono molteplici.
Ieri, per fare un esempio, mi stavo appisolando beatamente quando è suonato il maledetto androide.
L'androide mi dicono essere un apparecchio molto intelligente. Sarà. Si vede che il mio è nato "diverso", perchè è talmente stupido che se lo spengo, la mattina non è capace di svegliarsi da solo e far suonare la sveglia. Dunque, sono costretta a tenerlo acceso tutta la notte. E tuttavia, dirò che questa mancanza dell'androide, fino ad oggi, non è stata un grosso problema. A parte il folle zio 'iele che mi mandò un messaggio alle 4 di mattina, gli altri sono tutti pienamente consapevoli del mio stile di vita. Sanno tutti, cioè, che dopo le nove di sera arrivo a mala pena a toccarmi la punta del naso con le dita e riesco sì e no a mettere insieme concetti elementari come lavarsi i danti, ficcarsi nel letto, spegnere la luce.
Tutti, tranne le zelanti stagiste dello studio.
Le zelanti stagiste sono giovani ragazze dall'aria sempre riposata e la vita piena di interessi. Tizie che alle 11.45 p.m. sono ancora in piena attività e che pensano bene di sollecitare, proprio a quell'ora, la tua presenza in ufficio per un tale giorno ad una tale ora (e cioè esattamente quando tu sai che non sarai presente), sottolineando che sei stata assente per un giorno intero e che loro, invece, erano lì, presenti, sull'attenti, pronte.
Ho letto il messaggio, vista l'ora, e meditando atroci e sanguinolente vendette, mi sono addormentata felice.
é durata poco.
All'una e quarantacinque ho iniziato a sentire dei lamenti. Nessun richiamo belluino. Nessun piedino zompettante sino al lettone. Solo lamenti sommessi.
Per una madre, l'equivalente di una tortura cinese. Ho finto indifferenza per quanto, cinque minuti?
Poi, mi sono trascinata nella stanzetta della pupa. Era lì che si contorceva nel letto, continuando la cantilena lamentosa. Uno spettacolo che avrebbe fatto uscire matta anche Maria Montessori, seduta stante.
Io non sono Maria Montessori. Non sono paziente, non sono votata al sacrificio, non sono mite, nemmeno alle 10 del mattino, figuriamoci all'una di notte e di fronte a lamenti fatti apposta per tramutare la madre ordinaria in Medea. Sono stata brusca e sbrigativa nel chiedere cosa avesse.
La pupa per tutta risposta ha cominciato ad urlare come un ossesso, dichiarando che lei avrebbe parlato solo con il padre, che avrebbe dato retta solo al padre, che non mi voleva più vedere in tutta la sua vita.
Senonché, l'orco alle due di notte non è ancora rientrato dal lavoro che svolge giù alla distilleria di succo di vite degli orchi. Ho raccolto tutta la pazienza che il senso di colpa è stato capace di regalarmi e ho preparato una camomilla alla pupa.
Infine, l'orco è arrivato.
A quel punto, però - è chiaro - ero in preda alla colpevolizzazione totale e non volevo mollare la pupa per niente al mondo. Per tacere del fatto che dichiararsi sconfitte dall'orco... giammai!
Alla fine, ho condotto la piccola peste nel lettone. Lei si è sistamata al centro, un po' più vicina a lui che a me e, dopo qualche momento, ha infin ceduto.
Lui aveva già ceduto da un pezzo.
Io, fra le angosce da madre degenerata, lo spazio risicato a me rimasto, il mal di pancia  sopravvenuto, ero sveglia e vigile.
Dopo un'ora e più ho mollato anche io. Mi sono alzata e mi son presa un momento per osservali: dormivano nella stassa identica posizione, con un braccio sopra la testa e uno lungo il fianco, le gambe divaricate, la bocca aperta e russavano come due cinghiali della steppa.
La domanda in me è nata spontanea: "ma che ci faccio io qui?" (io che quando dormo resto immobile per ore, al punto da non riuscire nemmeno a sgualcire le lenzuola?).
Ho optato per la migrazione notturna del genitore solitario e me ne sono andata a dormire nel letto di salvataggio.
Ho fatto una tirata per quel che restava della notte, avvinghiata ad una miciona calda e morbida.
Tutto considerato, non è poi così male essere il genitore di serie B. Credo che mi ci potrei abituare.

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