Bagnetto con il papà.
Si infila nella vasca con la ciurma di Barbapapà e un bell'annaffiatoio di plastica.
Quasi subito, comincia a riempire l'annaffiatoio e versa l'acqua sopra all'Orco.
Una, due, tre volte.
Alla fine, le chiede:
"Che fai, amore?"
"Innaffio Pisellino papà"
"mmm e perchè?"
"Pecché così cresce e poi mamma è contenta"
giovedì 28 aprile 2011
mercoledì 27 aprile 2011
La nuda verità
é circa un mese che non faccio altro che lamentarmi dei servizi scolastici di questo Stato malandato.
Chiunque io abbia incontrato in questo periodo - in fila al supermercato, alla fermata dell'autobus, fuori dalle udienze del tribunale, dall'estetista, al parco giochi - conosce il mio problema.
Insomma, praticamente tutta Roma è stata resa edotta del fatto che la Pupa è quarantesima in lista di attesa e che mi toccherà pagare anche l'anno prossimo il bellissimo, ma salatissimo asilo anglosassone.
Non ancora soddisfatta, ho tentato di diffondere la notizia anche nel nord Italia.
E così, durante i festeggiamenti pasquali, ho raccontato il mio personale dramma ai parenti di Milano.
Al mio colorito racconto ha presenziato Lui, il padre della Pupa, la fonte di tutte le mie disgrazie, l'Orco.
Ha ascoltato l'incipit della mia epopea in silenzio, ma, dopo le prime battute, mi ha interrotta:
"ma che dici? che vai farneticando?"
"Come che vado farneticando? racconto che la pupa è al numero 40 della lista d'attesa, ne ha 39 davanti e chissà quanti dietro e non entrerà mai alla scuola pubblica. Ecco cosa racconto"
"Ma non è vero che è quarantesima!"
"Come, scusa? Ma se me lo hai detto tu!"
"Io non ho mai detto una cosa del genere!" ha cominciato l'orco, profondendosi nella tecnica oratoria che gli riesce meglio: negare l'evidenza.
"sì che l'hai detto, mi hai scritto un messaggio in cui dicevi che era quarentesima in lista d'attesa."
"non è affatto vero. Io ho detto che la pupa è al numero quaranta, ma sono entrati i primi trentacinque" risponde placido lui.
Io comincio a sentire un ronzio nelle orecchie, vedo le mani che mi diventano a pallini bianchi e rossi e i piedi che scalciano nervosamente.
"Tu hai detto...?" comincio.
"Sì, o comunque intendevo dire quello" e guarda i miei parenti alla ricerca di un cenno di intesa. Ma quelli sono pietrificati.
"Hai detto o intendevi dire?"
"Non mi ricordo, ma comunque il concetto era chiaro."
"Non era chiaro per niente! Sai, io parlo italiano e non Orchese stretto! E secondo te a sapere che eravamo solo quinti in lista d'attesa anticipavo 2.500 euro di retta scolastica all'asilo anglosassone?!"
"Beh, non so. Vabbè, ma comunque cosa cambia scusa? sempre in lista d'attesa siamo".
Sono sicura che a questo punto le orecchie abbiano cominciato a fumarmi. I parenti hanno trovato la forza di alzarsi da tavola, fingendosi improvvisamente interessati a qualcosa di molto lontano da noi.
"Cambia che a essere quarantesima su 35 entrati, sei quinta in lista d'attesa e ci sono ottime probabilità di entrate!! Viceversa, ad essere quarantesima, con 39 non entrati che ti precedono e hanno più punti di te, di chance di entrare non ce n'è nessuna" rispondo io, profondendomi nella tecnica oratoria che sono costretta a ripetere decine di volte al giorno, da quando conosco l'Orco: spiegare l'evidenza.
Ed ecco che lui ribatte con il secondo principio dell'oratoria orchese: scaricare ogni responsabilità.
"Beh, io te l'ho detto! se non capisci non è colpa mia"
"Bene! Si fa presto a verificare" dico algida "prendo il cellulare e ti leggo il messaggio che mi hai inviato" (Dio benedica l'androide pazzoide dalla memoria infinita).
"Ecco qui: Alla scuola siamo in lista d'attesa al 40' posto".
Impallidisce e tace.
Ho un pensiero fugace: mi è costato 6.000 e rotti euro di asilo privato, ma che soddisfazione!
Subito dopo, però, entro in uno stato di opprimente frustazione.
Che diamine! Possibile che io abbia un marito che non è in grado di eseguire neppure un banalissimo ordine di servizio: recatiall'asilopubblicoeverificasesonouscitelegraduatorieeriferisciquellocheleggi.
Pure una scimmia sarebbe stata capace di svolgere egregiamente il compito.
Ho una sola, unica consolazione: l'anno prossimo nessun Asilo mi potrà negare 50 punti di bonus per demenza maritale acutissima.
Chiunque io abbia incontrato in questo periodo - in fila al supermercato, alla fermata dell'autobus, fuori dalle udienze del tribunale, dall'estetista, al parco giochi - conosce il mio problema.
Insomma, praticamente tutta Roma è stata resa edotta del fatto che la Pupa è quarantesima in lista di attesa e che mi toccherà pagare anche l'anno prossimo il bellissimo, ma salatissimo asilo anglosassone.
Non ancora soddisfatta, ho tentato di diffondere la notizia anche nel nord Italia.
E così, durante i festeggiamenti pasquali, ho raccontato il mio personale dramma ai parenti di Milano.
Al mio colorito racconto ha presenziato Lui, il padre della Pupa, la fonte di tutte le mie disgrazie, l'Orco.
Ha ascoltato l'incipit della mia epopea in silenzio, ma, dopo le prime battute, mi ha interrotta:
"ma che dici? che vai farneticando?"
"Come che vado farneticando? racconto che la pupa è al numero 40 della lista d'attesa, ne ha 39 davanti e chissà quanti dietro e non entrerà mai alla scuola pubblica. Ecco cosa racconto"
"Ma non è vero che è quarantesima!"
"Come, scusa? Ma se me lo hai detto tu!"
"Io non ho mai detto una cosa del genere!" ha cominciato l'orco, profondendosi nella tecnica oratoria che gli riesce meglio: negare l'evidenza.
"sì che l'hai detto, mi hai scritto un messaggio in cui dicevi che era quarentesima in lista d'attesa."
"non è affatto vero. Io ho detto che la pupa è al numero quaranta, ma sono entrati i primi trentacinque" risponde placido lui.
Io comincio a sentire un ronzio nelle orecchie, vedo le mani che mi diventano a pallini bianchi e rossi e i piedi che scalciano nervosamente.
"Tu hai detto...?" comincio.
"Sì, o comunque intendevo dire quello" e guarda i miei parenti alla ricerca di un cenno di intesa. Ma quelli sono pietrificati.
"Hai detto o intendevi dire?"
"Non mi ricordo, ma comunque il concetto era chiaro."
"Non era chiaro per niente! Sai, io parlo italiano e non Orchese stretto! E secondo te a sapere che eravamo solo quinti in lista d'attesa anticipavo 2.500 euro di retta scolastica all'asilo anglosassone?!"
"Beh, non so. Vabbè, ma comunque cosa cambia scusa? sempre in lista d'attesa siamo".
Sono sicura che a questo punto le orecchie abbiano cominciato a fumarmi. I parenti hanno trovato la forza di alzarsi da tavola, fingendosi improvvisamente interessati a qualcosa di molto lontano da noi.
"Cambia che a essere quarantesima su 35 entrati, sei quinta in lista d'attesa e ci sono ottime probabilità di entrate!! Viceversa, ad essere quarantesima, con 39 non entrati che ti precedono e hanno più punti di te, di chance di entrare non ce n'è nessuna" rispondo io, profondendomi nella tecnica oratoria che sono costretta a ripetere decine di volte al giorno, da quando conosco l'Orco: spiegare l'evidenza.
Ed ecco che lui ribatte con il secondo principio dell'oratoria orchese: scaricare ogni responsabilità.
"Beh, io te l'ho detto! se non capisci non è colpa mia"
"Bene! Si fa presto a verificare" dico algida "prendo il cellulare e ti leggo il messaggio che mi hai inviato" (Dio benedica l'androide pazzoide dalla memoria infinita).
"Ecco qui: Alla scuola siamo in lista d'attesa al 40' posto".
Impallidisce e tace.
Ho un pensiero fugace: mi è costato 6.000 e rotti euro di asilo privato, ma che soddisfazione!
Subito dopo, però, entro in uno stato di opprimente frustazione.
Che diamine! Possibile che io abbia un marito che non è in grado di eseguire neppure un banalissimo ordine di servizio: recatiall'asilopubblicoeverificasesonouscitelegraduatorieeriferisciquellocheleggi.
Pure una scimmia sarebbe stata capace di svolgere egregiamente il compito.
Ho una sola, unica consolazione: l'anno prossimo nessun Asilo mi potrà negare 50 punti di bonus per demenza maritale acutissima.
mercoledì 20 aprile 2011
Facciamo progressi
Aggiornamenti.
La Pupa ha metabolizzato la lezione di educazione e sessuale e ha mostrato di aver acquisito una perfetta conoscenza (e padronanza) degli organi riproduttivi maschili e femminili. La Topina (anche detta Patata) e il Pisellino (anche detto il Coso).
La prova?
Ci ha tenuto a darmela proprio questa mattina, al supermercato. All'ora di punta.
Giravamo per i freddi corridoi dei salumi, quando ha afferrato una confezione di Wurstel di pollo ed è corsa verso di me urlando:
"Mamma! voglio anche i piselloni, voglio anche i PISELLONI! PI-SEL-LO-NI!!".
Mi è anche sembrato che si girasse verso una timida, anziana signora e le dicesse "ha capito bene signora, questi qui si chiamano PI-SEL-LO-NI!"
La Pupa ha metabolizzato la lezione di educazione e sessuale e ha mostrato di aver acquisito una perfetta conoscenza (e padronanza) degli organi riproduttivi maschili e femminili. La Topina (anche detta Patata) e il Pisellino (anche detto il Coso).
La prova?
Ci ha tenuto a darmela proprio questa mattina, al supermercato. All'ora di punta.
Giravamo per i freddi corridoi dei salumi, quando ha afferrato una confezione di Wurstel di pollo ed è corsa verso di me urlando:
"Mamma! voglio anche i piselloni, voglio anche i PISELLONI! PI-SEL-LO-NI!!".
Mi è anche sembrato che si girasse verso una timida, anziana signora e le dicesse "ha capito bene signora, questi qui si chiamano PI-SEL-LO-NI!"
martedì 19 aprile 2011
Educazione Sessuale
Domenica mattina, tutti in bagno appassionatamente.
L'Orco esce dalla doccia e la Pupa gli sbarra la strada.
"Ma mamma!" esclama angosciata "dov'è la topina di papà?"
"Papà non ha la topina, amore. Papà ha il pisellino" spiego io, guardando perplessa l'omaccione peloso ignudo che è appena uscito dalla doccia.
"piselliinooo!?!" La pupa mi guarda dubbiosa.
Inclino la testa, esamino l'orco, e spiego meglio "sì, sì, lo vedi quel cosino appeso lì? quella specie di coda? ecco quello è il pisellino. ce l'hanno i maschi".
La pupa osserva "il coso" e tace. Sta elaborando i dati.
Io incalzo:
"allora, vediamo, Tommasuccio è maschio, allora ha..."
"Pisellino!"
"Bravissima. Gaiaetta è femmina, e allora ha..."
"Topina!"
"bravissima! ecco, vedi hai capito!Vedi?" dico all'Orco "ha capito! é bastato un minuto."
Sera, preparazione per il riposo notturno. Siamo io, la Pupa, Pisolino e Conigliona.
La Pupa mi mostra Pisolino:
"Vedi mamma, Pisolino non ha la coda"
"ah già, è vero"
"pisolino è Femmino"
"ma no! non è così che funziona. Ci sono maschi e femmine. Femmino non esiste, pupa" cerco di farle capire, pazientemente.
"NOOO!è femmino, è femmino, è femmino!! eh, mamma, non ha la coda!" mi interrompe bruscamente lei, insistendo con il concetto.
"vabbé, e allora Conigliona?" chiedo io, brandendo la coniglia di pezza come un'arma.
"Conigliona è maschia"
"come maschia?"
"Sììì, mammaaa!! uffi, faccio vedere io: vedi qui? è la coda. Conigliona ha la coda, è maschia".
Caccio tutti nel lettino e scendo un po' depressa.
"che c'è?" domanda l'Orco.
"dice che Pisolino è femmino"
"embé?"
"Beh, la Pupa pensa che ci siano i femmini e le maschie"
"embé?" dice l'Orco, sintonizzando il televisore su uno dei soliti reality show.
Guardo un momento la tv cercando di capire chi sia nato cosa, se ci sia anche un solo etero fra gli opinionisti di sesso maschile e se le donne siano tutte bisessuali, e dico:
"Vabbè, allora diciamo che Pisolino è Femmino?"
"Certo. Altrimenti perchè andrebbe in giro con la colanna di perle e il rossetto?" conclude l'Orco.
L'Orco esce dalla doccia e la Pupa gli sbarra la strada.
"Ma mamma!" esclama angosciata "dov'è la topina di papà?"
"Papà non ha la topina, amore. Papà ha il pisellino" spiego io, guardando perplessa l'omaccione peloso ignudo che è appena uscito dalla doccia.
"piselliinooo!?!" La pupa mi guarda dubbiosa.
Inclino la testa, esamino l'orco, e spiego meglio "sì, sì, lo vedi quel cosino appeso lì? quella specie di coda? ecco quello è il pisellino. ce l'hanno i maschi".
La pupa osserva "il coso" e tace. Sta elaborando i dati.
Io incalzo:
"allora, vediamo, Tommasuccio è maschio, allora ha..."
"Pisellino!"
"Bravissima. Gaiaetta è femmina, e allora ha..."
"Topina!"
"bravissima! ecco, vedi hai capito!Vedi?" dico all'Orco "ha capito! é bastato un minuto."
Sera, preparazione per il riposo notturno. Siamo io, la Pupa, Pisolino e Conigliona.
La Pupa mi mostra Pisolino:
"Vedi mamma, Pisolino non ha la coda"
"ah già, è vero"
"pisolino è Femmino"
"ma no! non è così che funziona. Ci sono maschi e femmine. Femmino non esiste, pupa" cerco di farle capire, pazientemente.
"NOOO!è femmino, è femmino, è femmino!! eh, mamma, non ha la coda!" mi interrompe bruscamente lei, insistendo con il concetto.
"vabbé, e allora Conigliona?" chiedo io, brandendo la coniglia di pezza come un'arma.
"Conigliona è maschia"
"come maschia?"
"Sììì, mammaaa!! uffi, faccio vedere io: vedi qui? è la coda. Conigliona ha la coda, è maschia".
Caccio tutti nel lettino e scendo un po' depressa.
"che c'è?" domanda l'Orco.
"dice che Pisolino è femmino"
"embé?"
"Beh, la Pupa pensa che ci siano i femmini e le maschie"
"embé?" dice l'Orco, sintonizzando il televisore su uno dei soliti reality show.
Guardo un momento la tv cercando di capire chi sia nato cosa, se ci sia anche un solo etero fra gli opinionisti di sesso maschile e se le donne siano tutte bisessuali, e dico:
"Vabbè, allora diciamo che Pisolino è Femmino?"
"Certo. Altrimenti perchè andrebbe in giro con la colanna di perle e il rossetto?" conclude l'Orco.
venerdì 15 aprile 2011
La scuola dell'obbligo
Un tempo, si dice, erano gli snob, i pariolini, i san babilini, i borghesucci, i nobili e i vip a snobbarla.
Adesso, evidentemente si è rotta ed è lei - la scuola pubblica - a snobbare la maggior parte delle famiglie.
Per sperare di poter varcare la soglia fatiscente di un istituto statale, comunale o provinciale, devi avere PUNTI.
Un pupo senza punti è bene che si rassegni subito all'idea di passare i suoi primi anni da studente con una divisa bianca e blu, in una elegante villa con giardino.
Un genitore senza punti è bene che corra subito in Banca ad accendere un mutuo.
Ovviamente, gli unici punti che abbiamo, io e la Pupa, sono quelli delle merendine.
Di quelli alla Scuola pubblica non sanno che farsene. Così, ci hanno fatto sapere che il prossimo anno, così sprovvista di punteggio, la Pupa proprio non se la pigliano.
Avevo fatto rischiesta di iscrizione sia ad un asilo comunale (meglio, scuola dell'infanzia), sia ad una materna statale. Di più non si può. Non si capisce quale sia la sanzione comminata ai genitori che tentano l'iscrizione in tre/quattro asili (li mettono dietro la lavagna con le orecchie da asino?), ma comunque è vietato farlo.
E io mi attengo alle regole.
Nella Comunale, dal primo a mia figlia, ci sono 431 punti di distacco; nella Statale, è quarantesima nella graduatoria degli esclusi. Prima di lei, settanta ammessi, cinque con riserva, 39 esclusi; dopo di lei, altri 30 aspiranti piccoli studenti.
E pensare che per iscrivere la pupa all'asilo, ho passato un' intera settimana di febbraio a compilare moduli.
E la compilazione del modulo di iscrizione non è per nulla uno scherzo! Essere alfabetizzati, laureati, con master e dottorati non basta. Serve una preparazione specifica (mi hanno garantito gli altri genitori che, al terzo anno di tentata iscrizione, la preparazione si acquisisce).
Ci ho messo tre giorni per capire cosa dovevo scrivere e dove andava inserito il dato. Per risalire ad alcune informazioni ho dovuto fare indagini anagrafiche e patrimoniali su me stessa.
Il giorno dell'apertura delle iscrizioni, ho visto mamme uscire con le lacrime agli occhi, rimandate o bocciate brutalmente per errata compilazione del modulo.
A me, miracolosamente, hanno fatto i complimenti: "questo modulo è perfetto".
Io, naturalmente, mi sono guardata bene dal riferire che ci avevo pianto sopra per tre notti e tre giorni (ebbene sì, come faccio con le pratiche di studio), che ci avevo impiegato due settimane per compilarlo decentemente e che ho fatto tanti di quei tentativi andati male che con le brutte copie ci ho tappezzato la camera da letto.
Peccato che a punti stavamo messi molto male.
"ma lei non ha altri figli?" mi chiese il dirigente scolastico.
"no"
"nemmeno in provetta?"
"no"
"Peccato, se la Pupa aveva fratelli piccoli o, meglio ancora, un gemello era ammessa di sicuro. Per caso, ha bimbi in affido o adottati?"
"No, ho una gatta, conta?"
"Per me sì" mi risposte la mia interlocutrice, rivelndomi di avere tre gatti e di chiamarli "i suoi bambini" (e come se no?).
"ma allo Stato, purtroppo, dei gatti non frega niente" aggiunse, laconica.
"sua figlia è sana?"
"se dio vuole, sì"
"Peccato!"
...
"non ha qualche parente andicappato? disabile? paralitico?"
"No" ho risposto demoralizzata, poi ho avuto un'illuminazione:
"Ho un marito! E - ovviamente - è deficiente, conta?"
A quanto pare, no, non conta.
Adesso, evidentemente si è rotta ed è lei - la scuola pubblica - a snobbare la maggior parte delle famiglie.
Per sperare di poter varcare la soglia fatiscente di un istituto statale, comunale o provinciale, devi avere PUNTI.
Un pupo senza punti è bene che si rassegni subito all'idea di passare i suoi primi anni da studente con una divisa bianca e blu, in una elegante villa con giardino.
Un genitore senza punti è bene che corra subito in Banca ad accendere un mutuo.
Ovviamente, gli unici punti che abbiamo, io e la Pupa, sono quelli delle merendine.
Di quelli alla Scuola pubblica non sanno che farsene. Così, ci hanno fatto sapere che il prossimo anno, così sprovvista di punteggio, la Pupa proprio non se la pigliano.
Avevo fatto rischiesta di iscrizione sia ad un asilo comunale (meglio, scuola dell'infanzia), sia ad una materna statale. Di più non si può. Non si capisce quale sia la sanzione comminata ai genitori che tentano l'iscrizione in tre/quattro asili (li mettono dietro la lavagna con le orecchie da asino?), ma comunque è vietato farlo.
E io mi attengo alle regole.
Nella Comunale, dal primo a mia figlia, ci sono 431 punti di distacco; nella Statale, è quarantesima nella graduatoria degli esclusi. Prima di lei, settanta ammessi, cinque con riserva, 39 esclusi; dopo di lei, altri 30 aspiranti piccoli studenti.
E pensare che per iscrivere la pupa all'asilo, ho passato un' intera settimana di febbraio a compilare moduli.
E la compilazione del modulo di iscrizione non è per nulla uno scherzo! Essere alfabetizzati, laureati, con master e dottorati non basta. Serve una preparazione specifica (mi hanno garantito gli altri genitori che, al terzo anno di tentata iscrizione, la preparazione si acquisisce).
Ci ho messo tre giorni per capire cosa dovevo scrivere e dove andava inserito il dato. Per risalire ad alcune informazioni ho dovuto fare indagini anagrafiche e patrimoniali su me stessa.
Il giorno dell'apertura delle iscrizioni, ho visto mamme uscire con le lacrime agli occhi, rimandate o bocciate brutalmente per errata compilazione del modulo.
A me, miracolosamente, hanno fatto i complimenti: "questo modulo è perfetto".
Io, naturalmente, mi sono guardata bene dal riferire che ci avevo pianto sopra per tre notti e tre giorni (ebbene sì, come faccio con le pratiche di studio), che ci avevo impiegato due settimane per compilarlo decentemente e che ho fatto tanti di quei tentativi andati male che con le brutte copie ci ho tappezzato la camera da letto.
Peccato che a punti stavamo messi molto male.
"ma lei non ha altri figli?" mi chiese il dirigente scolastico.
"no"
"nemmeno in provetta?"
"no"
"Peccato, se la Pupa aveva fratelli piccoli o, meglio ancora, un gemello era ammessa di sicuro. Per caso, ha bimbi in affido o adottati?"
"No, ho una gatta, conta?"
"Per me sì" mi risposte la mia interlocutrice, rivelndomi di avere tre gatti e di chiamarli "i suoi bambini" (e come se no?).
"ma allo Stato, purtroppo, dei gatti non frega niente" aggiunse, laconica.
"sua figlia è sana?"
"se dio vuole, sì"
"Peccato!"
...
"non ha qualche parente andicappato? disabile? paralitico?"
"No" ho risposto demoralizzata, poi ho avuto un'illuminazione:
"Ho un marito! E - ovviamente - è deficiente, conta?"
A quanto pare, no, non conta.
giovedì 14 aprile 2011
BiS! (La vera storia di Ulisse)
Qualche tempo fa Nonna Crudelia, mia madre, si è recata ad una cena con "il grande Capo" e la di lui consorte.
Il Grande Capo è il boss del boss (oggi, maestro di vita), un signore simpatico ed eccentrico che io conosco da sempre.
Qualcuno ricorderà, infatti, che oltre che sottomessa al Maestro di vita e al Grande capo, lavoro soggiogata a mio Padre, il terzo membro del triumvirato vigente nel mio studio legale.
Il Grande Capo è anche un grande nonno, un tris-nonno. Ha tre bellissimi nipoti, disequamente distribuiti tra due bellissime figlie.
Questi nipoti, ha riferito nonna crudelia, già conoscono i miti greci, leggono Euripide e recitano l'Iliade a memoria.
"Ti rendi conto di come siamo indietro" ha aggiunto, guardando con pena la mia bambina di appena due anni.
Per nonna crudelia, ex insegnante di lettere incapace di digerire il fatto di essere andata in pensione, é inconcepibile che la pupa ancora non abbia ancora letto nemmeno l'Ulisse di Joyce.
La poveretta, sapendo di non poter contare sulla mia collaborazione, ha deciso di agire in autonomia.
Ha girato tutte le librerie di Roma alla ricerca di Iliade e Odissea, delle tragedie di Euripide, di tutto Sofocle e anche di una paio di copie del simposio di Platone (che quello è più classico dei classici).
Una sera, al rientro dal lavoro, al posto di "Pimpa va in africa", "Pima gioca con le lumache", "Pimpa fa qualche altra cavolata che ai bambini piace tanto", ho trovato le Opere di Omero in Greco antico con traduzione di Monti.
Ovviamente, ho fatto sparire tutto. Ho pensato che, anche senza aprirli, erano capaci di trasmettere per osmosi incubi paurosi al prezioso (specie per me) sonno della Pupa.
Ma nonna crudelia non ha rinunciato ai suoi propositi.
Impossibilitata a recitare più che i primi versi del proemio (che, ovviamente, conosce a memoria) "ἄνδρα μοι ἔννεπε, μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλὰ
πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσεν", si è arresa all'idea di parafrasare le gesta di Ulisse e raccontarle alla Pupa nella sua personale traduzione nonnesca.
Una sera, ho voluto mostrarmi i grandi progressi che avevano fatto, pretendendo che la Pupa mi raccontasse di Ulisse e le Sirene.
Ecco come è andata:
"Pupa, racconta a mamma la storia che nonna ti ha raccontato oggi, dai!"
"mmm quale? I tre porsellini?"
"No, quella di Ulisse"
"ahh sì, Ulisse va al mare"
"brava, sì" e rivolta a me "lo vedi? non è un genio? tu devi coltivare di più l'intelligenza di questa bambina, la trascuri" e poi, rivolgendosi di nuovo a lei "con chi andava al mare Ulisse?"
"mmm emmm" la Pupa mi guarda smarrita.
Mia madre incalza "con i marinai sulla barca".
"ahh sì, sì certo, va bene, nonna" risponde la pupa, come rispondono, credo, i medici della neuro ai pazienti che gli chiedono se possono andare a cena con San Francesco D'Assisi.
"E poi arrivano le sirene, e allora Ulisse che fa?"
"mette i tappi"
"brava, brava. Un genio, guarda, un genio! I miei alunni non erano così bravi. Mette i tappi nelle orecchie dei suoi marinai, ma lui no, perchè le vuole sentire cantare. Le Sirene cantano benissimo, vero? E allora le sirene cantano e lui che fa?"
Vedo il volto della pupa che si illumina, comincia ad applaudire, battendo forte le mani, e grida:
"Brave, Brave, bis!"
Altro che traduzione di Monti, questa sì che è poesia.
Il Grande Capo è il boss del boss (oggi, maestro di vita), un signore simpatico ed eccentrico che io conosco da sempre.
Qualcuno ricorderà, infatti, che oltre che sottomessa al Maestro di vita e al Grande capo, lavoro soggiogata a mio Padre, il terzo membro del triumvirato vigente nel mio studio legale.
Il Grande Capo è anche un grande nonno, un tris-nonno. Ha tre bellissimi nipoti, disequamente distribuiti tra due bellissime figlie.
Questi nipoti, ha riferito nonna crudelia, già conoscono i miti greci, leggono Euripide e recitano l'Iliade a memoria.
"Ti rendi conto di come siamo indietro" ha aggiunto, guardando con pena la mia bambina di appena due anni.
Per nonna crudelia, ex insegnante di lettere incapace di digerire il fatto di essere andata in pensione, é inconcepibile che la pupa ancora non abbia ancora letto nemmeno l'Ulisse di Joyce.
La poveretta, sapendo di non poter contare sulla mia collaborazione, ha deciso di agire in autonomia.
Ha girato tutte le librerie di Roma alla ricerca di Iliade e Odissea, delle tragedie di Euripide, di tutto Sofocle e anche di una paio di copie del simposio di Platone (che quello è più classico dei classici).
Una sera, al rientro dal lavoro, al posto di "Pimpa va in africa", "Pima gioca con le lumache", "Pimpa fa qualche altra cavolata che ai bambini piace tanto", ho trovato le Opere di Omero in Greco antico con traduzione di Monti.
Ovviamente, ho fatto sparire tutto. Ho pensato che, anche senza aprirli, erano capaci di trasmettere per osmosi incubi paurosi al prezioso (specie per me) sonno della Pupa.
Ma nonna crudelia non ha rinunciato ai suoi propositi.
Impossibilitata a recitare più che i primi versi del proemio (che, ovviamente, conosce a memoria) "ἄνδρα μοι ἔννεπε, μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλὰ
πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσεν", si è arresa all'idea di parafrasare le gesta di Ulisse e raccontarle alla Pupa nella sua personale traduzione nonnesca.
Una sera, ho voluto mostrarmi i grandi progressi che avevano fatto, pretendendo che la Pupa mi raccontasse di Ulisse e le Sirene.
Ecco come è andata:
"Pupa, racconta a mamma la storia che nonna ti ha raccontato oggi, dai!"
"mmm quale? I tre porsellini?"
"No, quella di Ulisse"
"ahh sì, Ulisse va al mare"
"brava, sì" e rivolta a me "lo vedi? non è un genio? tu devi coltivare di più l'intelligenza di questa bambina, la trascuri" e poi, rivolgendosi di nuovo a lei "con chi andava al mare Ulisse?"
"mmm emmm" la Pupa mi guarda smarrita.
Mia madre incalza "con i marinai sulla barca".
"ahh sì, sì certo, va bene, nonna" risponde la pupa, come rispondono, credo, i medici della neuro ai pazienti che gli chiedono se possono andare a cena con San Francesco D'Assisi.
"E poi arrivano le sirene, e allora Ulisse che fa?"
"mette i tappi"
"brava, brava. Un genio, guarda, un genio! I miei alunni non erano così bravi. Mette i tappi nelle orecchie dei suoi marinai, ma lui no, perchè le vuole sentire cantare. Le Sirene cantano benissimo, vero? E allora le sirene cantano e lui che fa?"
Vedo il volto della pupa che si illumina, comincia ad applaudire, battendo forte le mani, e grida:
"Brave, Brave, bis!"
Altro che traduzione di Monti, questa sì che è poesia.
No, non è rotto
Rassicurazioni.
Il blog non è rotto. Il blog, la rete, il mio pc tutto funziona benissimo.
Solo che per poter rendere le mie cronache devo - quanto meno - sedere su una superficie rigida con il computer sulle ginocchia.
Ma il boss mi fa girare come una trottola e io non ho tempo per scrivere.
A dire il vero, non ho nemmeno tempo per osservare i fatti che costituiscono materia delle mie cronache. Insomma, mi tengono lontana dalle mie fonti di ispirazione: orchi, pupi, colleghi. (mi viene un sospetto: che sia tutto studiato?)
Certo, in giro per i cieli d'Europa, si incontrano soggetti interessanti, per non parlare dei frequentatori tipici delle assemblee sociali, ma, diciamolo, non è la stessa cosa.
I miei (5) lettori sono ormai affezionati a Pupe, Orchi, Boss e compagnia.
E io come posso non accontentarli?
E allora vi dirò, qualcuno già lo saprà, ma lo scrivo per ricordarlo alla me stessa di domani (ebbene sì, crescere all'epoca di "Ritorno al futuro" mi ha provocato sdoppiamenti temporali di personalità), mi hanno abbondanata in un covo di vipere!
Mi hanno buttata in mezzo ad un conciliabolo di maschi, vecchi e, come direbbe la Pupa, furboni.
Non solo ero l'unico essere vivente di sesso femminile, e l'unica sotto i 65 anni, ma ero anche l'unica a non avere la faccia di bronzo e una collezione di scheletri nell'armadio.
Chi ha fatto questo a me? é ovvio, lui, l' incubo delle mie notti di inverno, primavera e mezza estate, l'unico e il solo, il boss.
Eppure, convinta di essermela cavata in qualche modo (al termine della riunione ero ancora viva), ho scritto al Boss comunicandogli di essere sopravvisuta - contro ogni aspettativa (specie, credo, le sue) - e di aver accettato un invito a pranzo dal nemico (il più vecchio, il più maschio e quello con la collezione più fornita).
Ahh, non sia mai! Ha gridato di terrore, quando ormai era troppo tardi (avevo già infilzato il primo gamberone e me lo stavo portando alla bocca).
Sarà stato preoccupato per me?
Macché!
Ecco cosa ha scritto minaccioso qualche momento dopo con il suo balck barry ultimo modello: Ti hanno offerto il vino, scommetto!
Un vino buonissimo, ho replicato io, con il mio androide pazzoide (4 mesi che lo possiedo e ancora non ho imparato a rispondere alle telefonate).
Ah! Lo sapevo! Ingenua! Quelli ti vogliono ubriacare e poi carpirti informazioni! Ha ribadito il suo dito nervoso.
A quel punto, esasperata per la mancanza di fiducia cronica e il maschilismo congenito, ho deciso di non dirgli che sono arrivata prima alla gara di bevute al pub e di osservare un prudente silenzio stampa.
Ma il boss, evidentemente in preda a rimorsi angosciosi ("Non dovevo mandare lei: non è morta e ha fatto un casino. Un fallimento su tutta la linea"), ha deciso che era finalmente giunto il momento per rendermi edotta dei principi fondamentali, delle regole prime, delle massime, dei postulati del pensiero empirico dell'avvocato Cazzuto. Ed ecco che, riferendosi alla mia situazione, ha sentenziato:
1. farsi sottovalutare dal nemico.
2. rendersi creditori dello stesso, almeno sul piano della cortesia.
3. cercare di carpirgli qualche informazione dopo avergli offerto un buon pranzo...
Sul momento, mi è apparsa la sua immagine circondata di luce, con un'aura mistica. Ho pensato che avrei dovuto ribattezzarlo Siddartha e abbandonare l'epiteto Boss, incapace di rendere ragione delle sue incredibili doti filosofiche.
Dopo qualche riflessione, ho però deciso di replicare, colta da un'illuminazione etilica, tanto per chiarire che i suoi fondamentali precetti erano stati de me puntualmente rispettati.
E infatti:
1. Una donna, per farsi sottovalutare, non deve compiere alcun particolare sforzo. Tutti la credono cretina, per il semplice fatto che non ha il pisello.
2. Una donna, abituata sin da piccola a farsi offrire pranzi e cene, non si sente in colpa a consumare un copioso pasto innaffiato dal vino e a farselo pagare da un altro. A dire il vero, se paga lei, rischia di finire sullo stesso piano degli uomini, il che potrebbe vanificare il punto 1. Dunque, mai e poi mai, pagare. E mai e poi mai sentirsi in debito. Sono sempre gli uomini in debito nei nostri confronti.
3. Una donna, fino al minuto prima della riunione con le vipere, è impegnata in altre mille attività, professionali, familiari e personali.
Pertanto, si reca alle riunioni sempre e comunque impreparata. Conosce a mala pena il nome del cliente per cui si presenta. Non sa una beneamata ceppa sugli argomenti all'ordine del giorno. Le carte che le hanno trasmesso non ha avuto il tempo di leggerle e ha deciso di non portarsele dietro, perchè pesavano troppo.
In pratica, nemmeno se bevesse 7 bottiglie di barbera, potrebbe fornire informazioni preziose al nemico.
In ogni caso, mi dicono, se "il maestro di vita" (ex Boss) non si fida o non è convinto dei servizi resi dalla Donna, può pagarla, per impedirle di lavorare.
Il blog non è rotto. Il blog, la rete, il mio pc tutto funziona benissimo.
Solo che per poter rendere le mie cronache devo - quanto meno - sedere su una superficie rigida con il computer sulle ginocchia.
Ma il boss mi fa girare come una trottola e io non ho tempo per scrivere.
A dire il vero, non ho nemmeno tempo per osservare i fatti che costituiscono materia delle mie cronache. Insomma, mi tengono lontana dalle mie fonti di ispirazione: orchi, pupi, colleghi. (mi viene un sospetto: che sia tutto studiato?)
Certo, in giro per i cieli d'Europa, si incontrano soggetti interessanti, per non parlare dei frequentatori tipici delle assemblee sociali, ma, diciamolo, non è la stessa cosa.
I miei (5) lettori sono ormai affezionati a Pupe, Orchi, Boss e compagnia.
E io come posso non accontentarli?
E allora vi dirò, qualcuno già lo saprà, ma lo scrivo per ricordarlo alla me stessa di domani (ebbene sì, crescere all'epoca di "Ritorno al futuro" mi ha provocato sdoppiamenti temporali di personalità), mi hanno abbondanata in un covo di vipere!
Mi hanno buttata in mezzo ad un conciliabolo di maschi, vecchi e, come direbbe la Pupa, furboni.
Non solo ero l'unico essere vivente di sesso femminile, e l'unica sotto i 65 anni, ma ero anche l'unica a non avere la faccia di bronzo e una collezione di scheletri nell'armadio.
Chi ha fatto questo a me? é ovvio, lui, l' incubo delle mie notti di inverno, primavera e mezza estate, l'unico e il solo, il boss.
Eppure, convinta di essermela cavata in qualche modo (al termine della riunione ero ancora viva), ho scritto al Boss comunicandogli di essere sopravvisuta - contro ogni aspettativa (specie, credo, le sue) - e di aver accettato un invito a pranzo dal nemico (il più vecchio, il più maschio e quello con la collezione più fornita).
Ahh, non sia mai! Ha gridato di terrore, quando ormai era troppo tardi (avevo già infilzato il primo gamberone e me lo stavo portando alla bocca).
Sarà stato preoccupato per me?
Macché!
Ecco cosa ha scritto minaccioso qualche momento dopo con il suo balck barry ultimo modello: Ti hanno offerto il vino, scommetto!
Un vino buonissimo, ho replicato io, con il mio androide pazzoide (4 mesi che lo possiedo e ancora non ho imparato a rispondere alle telefonate).
Ah! Lo sapevo! Ingenua! Quelli ti vogliono ubriacare e poi carpirti informazioni! Ha ribadito il suo dito nervoso.
A quel punto, esasperata per la mancanza di fiducia cronica e il maschilismo congenito, ho deciso di non dirgli che sono arrivata prima alla gara di bevute al pub e di osservare un prudente silenzio stampa.
Ma il boss, evidentemente in preda a rimorsi angosciosi ("Non dovevo mandare lei: non è morta e ha fatto un casino. Un fallimento su tutta la linea"), ha deciso che era finalmente giunto il momento per rendermi edotta dei principi fondamentali, delle regole prime, delle massime, dei postulati del pensiero empirico dell'avvocato Cazzuto. Ed ecco che, riferendosi alla mia situazione, ha sentenziato:
1. farsi sottovalutare dal nemico.
2. rendersi creditori dello stesso, almeno sul piano della cortesia.
3. cercare di carpirgli qualche informazione dopo avergli offerto un buon pranzo...
Sul momento, mi è apparsa la sua immagine circondata di luce, con un'aura mistica. Ho pensato che avrei dovuto ribattezzarlo Siddartha e abbandonare l'epiteto Boss, incapace di rendere ragione delle sue incredibili doti filosofiche.
Dopo qualche riflessione, ho però deciso di replicare, colta da un'illuminazione etilica, tanto per chiarire che i suoi fondamentali precetti erano stati de me puntualmente rispettati.
E infatti:
1. Una donna, per farsi sottovalutare, non deve compiere alcun particolare sforzo. Tutti la credono cretina, per il semplice fatto che non ha il pisello.
2. Una donna, abituata sin da piccola a farsi offrire pranzi e cene, non si sente in colpa a consumare un copioso pasto innaffiato dal vino e a farselo pagare da un altro. A dire il vero, se paga lei, rischia di finire sullo stesso piano degli uomini, il che potrebbe vanificare il punto 1. Dunque, mai e poi mai, pagare. E mai e poi mai sentirsi in debito. Sono sempre gli uomini in debito nei nostri confronti.
3. Una donna, fino al minuto prima della riunione con le vipere, è impegnata in altre mille attività, professionali, familiari e personali.
Pertanto, si reca alle riunioni sempre e comunque impreparata. Conosce a mala pena il nome del cliente per cui si presenta. Non sa una beneamata ceppa sugli argomenti all'ordine del giorno. Le carte che le hanno trasmesso non ha avuto il tempo di leggerle e ha deciso di non portarsele dietro, perchè pesavano troppo.
In pratica, nemmeno se bevesse 7 bottiglie di barbera, potrebbe fornire informazioni preziose al nemico.
In ogni caso, mi dicono, se "il maestro di vita" (ex Boss) non si fida o non è convinto dei servizi resi dalla Donna, può pagarla, per impedirle di lavorare.
mercoledì 6 aprile 2011
Rupofobia
Viva le donne che, diventate mamme, non hanno rinunciato al lavoro, ai propri interessi, alla propria vita.
Sarò sempre dalla parte di queste donne e mamme, dalle molte funzioni.
Però, bisogna essere onesti e dire tutta la verità.
E la verità è che, spesso, i figli delle mamme che lavorano - o comunque quei pupi cresciuti da colf, tate, governanti, cameriere, baby sitter, ecc. - sono colpiti da una grave forma di psicosi.
La pupa ce l'ha, i figli delle amiche ce l'hanno, i pupi dell'asilo con le predette caratteristiche (mamma per lo più assente) ce l'hanno.
Ovviamente una ragione c'è, ed è anche piuttosto evidente.
Si tratta di pupi cresciuti a pane, teletubbies (e cioè quel programma televisivo in cui quattro mostri colorati vengono accuditi da un ASPIRAPOLVERE !!) e pulizie della casa.
Mollati a casa con una poveretta cui viene affidato il compito di giostrarseli, tenere la casa in condizioni decenti, stirarere, lavare e cucinare, è facile immaginare che passino la maggior parte del tempo ad osservare la povera donna intenta a mondare, spazzare, stirare, lucidare, tagliuzzare, cucinare, dare la cera e togliere la cera.
Facile pure che quella gli dica di non sporcare ove lei ha appena pulito, di non fare un bordello nella stanza che ha impiegato circa due ore a risistemare, o spieghi le tecniche migliori per lucidare i pavimenti e stirare le camicie, tanto per parlare di qualcosa.
E così, ecco che crescono tanti piccoli maniaci.
I piccoli zozzoni lasciati a casa dalle mamme, con le mani coperte di colori, la faccia unta di sugo e il pannolino sporco, si trasformano in quattro e quattr'otto in tanti piccoli pulitissimi cenerentoli.
Tutti irrimediabilmente affetti da sindrome compulsivo-paranoica da casalinga frustrata: la mania della pulizia.
Non può cadere goccia d'acqua a terra che subito si scapicollano ad asciugare.
Girano per la casa muniti di straccio (a dire il vero di stracci ne hanno diversi, uno per ogni superficie).
Se li abbandoni un istante, li ritrovi intenti a lucidare tavoli, sedie, pavimenti.
Usano ogni attrezzo dalla superficie vagamente piatta per stirare i vestiti delle bambole.
Se il tavolo apprecchiato per la cena presenta un alone o un coltello appena disallineato, non ce verso di farli sedere. Scappano a nascondersi, colti da crisi di pianto, sino a che non è fatta piazza pulita del disordine.
Se c'è qualche strano odore in giro, in preda al panico, urlano fino allo sfinimento.
Ogni occasione è buona per lavarsi, mani, piedi, denti, e in quel frangente ne approfittano per dare una bella sistemata al bagno.
Hanno già classificato i detersivi in buoni o cattivi e sono perfettamente in grado di spiegare alla mamma quali deve comprare al supermercato.
Sanno anche inquadrare le tate o aspiranti tali con due rapide occhiate, capiscono immediatamente chi pulisce bene e chi invece no.
Se i vestiti da indossare non sono morbidi, stirati e profumati non se ne parla di infilarseli: "chi ti ha detto di fare la lavatrice senza ammorbidente, mamma!".
Tuttavia, non provate a proporgli l'acquisto di scope, lavatrici o ferri da stiro giocattolo, vi guarderanno inorriditi, la pulizia è una cosa seria, e comunque, principalmente, è compito della tata (ma non quella che ha scelto la mamma, che quella pensa solo a giocare, una che pulisce davvero ci vuole).
Naturalmente, la acquisita ossessione maniacale per la pulizia contribuisce a rendere le povere mamme ancora più frustrate.
Incapaci di lavorare, gestire figli e mariti e tenere anche in ordine la casa, non si sentiranno mai all'altezza di pupi e tate.
E rientrare di nascosto in casa, correre in bagno per cambiare i vestiti stropicciati da tredici ore di lavoro e cercare di risistemare i capelli ormai afflosciati come un papavero morto, non basterà a dimenticare quello sguardo di disapprovazione negli occhi dei pupi.
Io, almeno, consapevole della mia incapacità anche solo di caricare la lavapiatti, mi sento molto, molto frustrata.
La pupa, poi, ha - credo - la forma più acuta di rupofobia. In poche parole, è da ricovero.
Non solo la ritroviamo spesso inginoccchiata a pulire i pavimenti, e subito dopo averli lucidati viene a cazziarci: "adesso però non sporcate più eh! ché io ho pulito tutto". Ma pretende di pulirsi i piedi sullo zerbino anche prima di usicire da casa o dall'asilo.
Guai a provare a spiegarle che non è necessario pulire i piedi per uscire, caso mai per rientrare! Si blocca e concede uno dei suoi sguardi inquisitori: "ma come tu non te li pulisci i piedi? che schifo!".
Innanzi a tali occhiate, è impossibile non spazzare le suole, prima di affondarle nel fango del giardino.
Sarò sempre dalla parte di queste donne e mamme, dalle molte funzioni.
Però, bisogna essere onesti e dire tutta la verità.
E la verità è che, spesso, i figli delle mamme che lavorano - o comunque quei pupi cresciuti da colf, tate, governanti, cameriere, baby sitter, ecc. - sono colpiti da una grave forma di psicosi.
La pupa ce l'ha, i figli delle amiche ce l'hanno, i pupi dell'asilo con le predette caratteristiche (mamma per lo più assente) ce l'hanno.
Ovviamente una ragione c'è, ed è anche piuttosto evidente.
Si tratta di pupi cresciuti a pane, teletubbies (e cioè quel programma televisivo in cui quattro mostri colorati vengono accuditi da un ASPIRAPOLVERE !!) e pulizie della casa.
Mollati a casa con una poveretta cui viene affidato il compito di giostrarseli, tenere la casa in condizioni decenti, stirarere, lavare e cucinare, è facile immaginare che passino la maggior parte del tempo ad osservare la povera donna intenta a mondare, spazzare, stirare, lucidare, tagliuzzare, cucinare, dare la cera e togliere la cera.
Facile pure che quella gli dica di non sporcare ove lei ha appena pulito, di non fare un bordello nella stanza che ha impiegato circa due ore a risistemare, o spieghi le tecniche migliori per lucidare i pavimenti e stirare le camicie, tanto per parlare di qualcosa.
E così, ecco che crescono tanti piccoli maniaci.
I piccoli zozzoni lasciati a casa dalle mamme, con le mani coperte di colori, la faccia unta di sugo e il pannolino sporco, si trasformano in quattro e quattr'otto in tanti piccoli pulitissimi cenerentoli.
Tutti irrimediabilmente affetti da sindrome compulsivo-paranoica da casalinga frustrata: la mania della pulizia.
Non può cadere goccia d'acqua a terra che subito si scapicollano ad asciugare.
Girano per la casa muniti di straccio (a dire il vero di stracci ne hanno diversi, uno per ogni superficie).
Se li abbandoni un istante, li ritrovi intenti a lucidare tavoli, sedie, pavimenti.
Usano ogni attrezzo dalla superficie vagamente piatta per stirare i vestiti delle bambole.
Se il tavolo apprecchiato per la cena presenta un alone o un coltello appena disallineato, non ce verso di farli sedere. Scappano a nascondersi, colti da crisi di pianto, sino a che non è fatta piazza pulita del disordine.
Se c'è qualche strano odore in giro, in preda al panico, urlano fino allo sfinimento.
Ogni occasione è buona per lavarsi, mani, piedi, denti, e in quel frangente ne approfittano per dare una bella sistemata al bagno.
Hanno già classificato i detersivi in buoni o cattivi e sono perfettamente in grado di spiegare alla mamma quali deve comprare al supermercato.
Sanno anche inquadrare le tate o aspiranti tali con due rapide occhiate, capiscono immediatamente chi pulisce bene e chi invece no.
Se i vestiti da indossare non sono morbidi, stirati e profumati non se ne parla di infilarseli: "chi ti ha detto di fare la lavatrice senza ammorbidente, mamma!".
Tuttavia, non provate a proporgli l'acquisto di scope, lavatrici o ferri da stiro giocattolo, vi guarderanno inorriditi, la pulizia è una cosa seria, e comunque, principalmente, è compito della tata (ma non quella che ha scelto la mamma, che quella pensa solo a giocare, una che pulisce davvero ci vuole).
Naturalmente, la acquisita ossessione maniacale per la pulizia contribuisce a rendere le povere mamme ancora più frustrate.
Incapaci di lavorare, gestire figli e mariti e tenere anche in ordine la casa, non si sentiranno mai all'altezza di pupi e tate.
E rientrare di nascosto in casa, correre in bagno per cambiare i vestiti stropicciati da tredici ore di lavoro e cercare di risistemare i capelli ormai afflosciati come un papavero morto, non basterà a dimenticare quello sguardo di disapprovazione negli occhi dei pupi.
Io, almeno, consapevole della mia incapacità anche solo di caricare la lavapiatti, mi sento molto, molto frustrata.
La pupa, poi, ha - credo - la forma più acuta di rupofobia. In poche parole, è da ricovero.
Non solo la ritroviamo spesso inginoccchiata a pulire i pavimenti, e subito dopo averli lucidati viene a cazziarci: "adesso però non sporcate più eh! ché io ho pulito tutto". Ma pretende di pulirsi i piedi sullo zerbino anche prima di usicire da casa o dall'asilo.
Guai a provare a spiegarle che non è necessario pulire i piedi per uscire, caso mai per rientrare! Si blocca e concede uno dei suoi sguardi inquisitori: "ma come tu non te li pulisci i piedi? che schifo!".
Innanzi a tali occhiate, è impossibile non spazzare le suole, prima di affondarle nel fango del giardino.
martedì 5 aprile 2011
Let's go party
Venerdì sera, al mio rientro, ho annunciato alla famiglia che avevamo ricevuto formale invito alla festa in onore del pupo piccolo di LEI.
Come di consueto, l'orco non ci ha capito una ceppa.
Riporto per dovere di cronaca la conversazione (assia simile al dialogo tra un fisico e un metafisico) che si è consumata (rectius, che mi ha consumata) entro le mura di casa mommy:
"ah lo sapevi già?"
"ma cosa?"
"della festa"
"Quale festa?"
"la festa di domani"
"no, ho detto che è domenica"
"ma no, è domani"
"domenica"
"Domani!"
... Silenzio, accompagnato da un mio convulso contorcere di mani.
"Chi fa la festa domani?" ho cercato di pronunciare lentamente le parole, così da farmi intendere anche dal secondo neurone dell'orco, quello dormiente.
"un bimbo dell'asilo".
"Ecco, ma io parlavo della festa del pupo piccolo di LEI!"
Alla fine, di fronte all'evidenza, persino l'orco si è arreso!
"ahhh! Allora domani abbiamo un'altra festa.Quindi, in totale, fanno due".
Si è svegliato il secondo neurone, ho pensato.
"bene! di chi è la festa di domani?"
"mmm, uno, ... coso, ... un bimbo dell'asilo"
"Tizio?"
"mmm, no, Tizio no."
"Tizietto?"
"mmm no, mi pare di no"
"Caietto?"
"sì, ecco, mi pare proprio che fosse Caietto".
Raccolti faticosamente questi dati, il sabato mattina siamo andati al negozio di giocattoli per comprare i regali.
Caietto adora toys story, il pupo piccolo di Lei ama solo i Barbapapà, il pupo grande di Lei va pazzo per i Gormiti, la mia si accontenta di tutto, e io ho varcato la soglia del giocattolaio con le idee chiare.
Certo, uno che adora toys story avrà già tutto, non posso comprare l'enorme pupazzo di buzz light come diamine si chiama, meglio se compro qualche altra cosa.
"Scusi, c'è il lego di Toys Story?"
"è finito."
Per la paletta zozza di pasqualino! Ho intimamente imprecato, in maniera adeguata al luogo sacro in cui mi trovavo.
In barba alle mie idee chiare, dopo ore di dubbi amletici, ho comprato tutti i personaggi di Toys Story, ma in versione ridotta (altrimenti detti, pupazzetti).
Ci ho aggiunto un castello gigante dei barbapapà (di semplice trasporto), qualche Gormito per il pupo grande di Lei, un paio di stupidaggini per la pupa mia, e abbiamo abbandonato il negozio di giocatolli.
Io pesantemente alleggerita di denari, l'orco appesantito da un fardello di giochi, la pupa con occhiali da sole nuovi e fiammanti (cioè, di un bel rosso semaforo).
Destinazione: PARTY.
Appena arrivati, un fatto straordinario colpisce la mia attenzione.
è la festa di Caietto, ma Caietto non c'è.
Forse vuole fare un ingresso trionfale e aspetta che gli ospiti chiamino a gran voce il suo nome?
Ma perchè ci vengono incontro Alicetta e sua nonna? E perchè Alicetta sta strappando il regalo dalle mani della pupa?
Mi addentro nel giardino e mi accorgo che la festa è american style. Ci sono hamburger e hot dog, patitine e meravigliosi cupcake preparati dalla nonna.
I bambini sono tutti sorridenti e abbracciano e baciano chiunque varchi la soglia. Sono tutti americani. é chiaro (i pupi italiani si schifano a baciare, non abbracciano nessuno, e appena vedono arrivare gli ospiti corrono a nascondere i loro giochi, di modo che nessuno li tocchi).
Si vede che a Caietto piace il melting pot. Che bello! Ho fatto bene ad aver scelto l'asilo inglese.
Comunque di lui non c'è traccia.
La nonna di Alicetta si presenta e confessa di aver preparato personalmente i cupcakes.
Mentre mi congratulo e dico quanto sia bella la festa e quanto Alicetta sia Sweet and beautiful e cerco di spiegare che ha adottato la pupa e me la tratta come una principessa e io le sono infinitamente grata e penso seriamente che sia sweet and beautiful e se sapessi l'inglese esprimerei il concetto anche con altre parole, arrivo davanti alla torta di compleanno: una bellissima torta al cioccolato con sopra una grande scritta "happy birthday Alicetta".
E a quel punto ho avuto la certezza:
come ha già detto assai saggiamente qualcuno, ho sposato un deficiente.
Come di consueto, l'orco non ci ha capito una ceppa.
Riporto per dovere di cronaca la conversazione (assia simile al dialogo tra un fisico e un metafisico) che si è consumata (rectius, che mi ha consumata) entro le mura di casa mommy:
"ah lo sapevi già?"
"ma cosa?"
"della festa"
"Quale festa?"
"la festa di domani"
"no, ho detto che è domenica"
"ma no, è domani"
"domenica"
"Domani!"
... Silenzio, accompagnato da un mio convulso contorcere di mani.
"Chi fa la festa domani?" ho cercato di pronunciare lentamente le parole, così da farmi intendere anche dal secondo neurone dell'orco, quello dormiente.
"un bimbo dell'asilo".
"Ecco, ma io parlavo della festa del pupo piccolo di LEI!"
Alla fine, di fronte all'evidenza, persino l'orco si è arreso!
"ahhh! Allora domani abbiamo un'altra festa.Quindi, in totale, fanno due".
Si è svegliato il secondo neurone, ho pensato.
"bene! di chi è la festa di domani?"
"mmm, uno, ... coso, ... un bimbo dell'asilo"
"Tizio?"
"mmm, no, Tizio no."
"Tizietto?"
"mmm no, mi pare di no"
"Caietto?"
"sì, ecco, mi pare proprio che fosse Caietto".
Raccolti faticosamente questi dati, il sabato mattina siamo andati al negozio di giocattoli per comprare i regali.
Caietto adora toys story, il pupo piccolo di Lei ama solo i Barbapapà, il pupo grande di Lei va pazzo per i Gormiti, la mia si accontenta di tutto, e io ho varcato la soglia del giocattolaio con le idee chiare.
Certo, uno che adora toys story avrà già tutto, non posso comprare l'enorme pupazzo di buzz light come diamine si chiama, meglio se compro qualche altra cosa.
"Scusi, c'è il lego di Toys Story?"
"è finito."
Per la paletta zozza di pasqualino! Ho intimamente imprecato, in maniera adeguata al luogo sacro in cui mi trovavo.
In barba alle mie idee chiare, dopo ore di dubbi amletici, ho comprato tutti i personaggi di Toys Story, ma in versione ridotta (altrimenti detti, pupazzetti).
Ci ho aggiunto un castello gigante dei barbapapà (di semplice trasporto), qualche Gormito per il pupo grande di Lei, un paio di stupidaggini per la pupa mia, e abbiamo abbandonato il negozio di giocatolli.
Io pesantemente alleggerita di denari, l'orco appesantito da un fardello di giochi, la pupa con occhiali da sole nuovi e fiammanti (cioè, di un bel rosso semaforo).
Destinazione: PARTY.
Appena arrivati, un fatto straordinario colpisce la mia attenzione.
è la festa di Caietto, ma Caietto non c'è.
Forse vuole fare un ingresso trionfale e aspetta che gli ospiti chiamino a gran voce il suo nome?
Ma perchè ci vengono incontro Alicetta e sua nonna? E perchè Alicetta sta strappando il regalo dalle mani della pupa?
Mi addentro nel giardino e mi accorgo che la festa è american style. Ci sono hamburger e hot dog, patitine e meravigliosi cupcake preparati dalla nonna.
I bambini sono tutti sorridenti e abbracciano e baciano chiunque varchi la soglia. Sono tutti americani. é chiaro (i pupi italiani si schifano a baciare, non abbracciano nessuno, e appena vedono arrivare gli ospiti corrono a nascondere i loro giochi, di modo che nessuno li tocchi).
Si vede che a Caietto piace il melting pot. Che bello! Ho fatto bene ad aver scelto l'asilo inglese.
Comunque di lui non c'è traccia.
La nonna di Alicetta si presenta e confessa di aver preparato personalmente i cupcakes.
Mentre mi congratulo e dico quanto sia bella la festa e quanto Alicetta sia Sweet and beautiful e cerco di spiegare che ha adottato la pupa e me la tratta come una principessa e io le sono infinitamente grata e penso seriamente che sia sweet and beautiful e se sapessi l'inglese esprimerei il concetto anche con altre parole, arrivo davanti alla torta di compleanno: una bellissima torta al cioccolato con sopra una grande scritta "happy birthday Alicetta".
E a quel punto ho avuto la certezza:
come ha già detto assai saggiamente qualcuno, ho sposato un deficiente.
venerdì 1 aprile 2011
Le cose cambiano
é stata una settimana lunga e faticosa.
Non solo ho trascorso le consuete settanta ore nel traffico, ho sfogliato migliaia di pagine e qualcuna l'ho persino dovuta leggere con attenzione, ma mi è pure toccato percorrere il bel paese da nord a sud e viceversa un paio di volte.
Ho così potuto notare che molte cose dall'ultima volta che avevo abbandonato il nido, e cioè due anni, sei mesi, due giorni, tre ore e ventisette minuti or sono, sono profondamente cambiate.
Chi sa per esempio quando la gente ha smesso di applauidire il pilota all'atterraggio? Io ricordavo applausi scroscianti e commenti entusiastici ("che bello siamo arrivati vivi e nessuno ha vomitato il pranzo!"). E invece, oramai c'è un disinteresse generale, oltre che un triste silenzio, per le tecniche di atterraggio.
All'aereoporto non esistono praticamente più gli sportelli per i ceck in.
O meglio, i ceck in ci sono, ma nessuno va più a farsi cecckinare! Del resto, c'è il praticissimo web ceckkin (non si tratta un tiratore scelto maniaco di internet che fa fuori il 90 % dei passeggeri, così da eliminare le code all'aereoporto, ma della possibilità di autocecckinarsi via internet).
Mancano le code ai ceck in è vero; in compenso, però, trovi file estenuanti per passare i controlli.
Del resto, non potrebbe essere altrimenti, dato che, per poter accedere ai gate, devi sostanzialmente spogliarti di tutto, farti una tac, scannare gli oggetti che porti con te, buttarne la metà, levarti le scarpe (mi raccomando, mai calzini bucati quando si deve prendere l'aereo), denunciare le tue abitudini più intime, sottoporti ad una visita dentistica e sventolare le carte di imbarco come se fossero croci imbevute di acqua santa e tu stessi lottando contro i vampiri.
Ne ho dedotto che il cosiddetto battesimo del volo non sia più praticabile.
Io ero sola, nel mio viaggio, ma, visti i controlli subiti, non credo che a mia figlia avrebbero concesso di vedere la cabina di pilotaggio e parlare con il capitano. In fondo, potrebbe sempre nascondere qualche pericolosa arma tossica nel pannolino. Beh, per essere del tutto sinceri, almeno una volta al giorno, è proprio così.
Eppure, si tanti controlli non sono in grado di rassicurare tutti.
Gli americani, purtroppo, restano drammaticamente paranoici.
é facile individuarli già all'aereoporto, perchè camminano rasente al muro e si guardano intorno con aria furtiva e terrorizzata.
Saliti a bordo, tentano immediatamente di occupare abusivamente i posti situati in prossimità delle uscite di emergenza, implorando gli assistenti di volo con ogni mezzo.
Poi, studiano dettagliatamente le istruzioni per i casi di emergenza e, mentre gli assistenti di volo spiegano con le tipiche danze da hostess cosa fare mentre precipita l'aereo (tacendo, naturalmente, la parte più importante, è cioè mettersi ad urlare), alzano la mano per chiedere approfondimenti e fare domande.
é chiaro che hanno tutta la nostra comprensione, per le note vicende aeree del 2001.
Devo dire, tuttavia, che, benché io sia rimasta molto scottata da quel tragico evento, non mi sognerei mai di prendere appunti durante le istruzioni degli assistenti di volo.
A dire il vero, nessun italiano presta la minima attenzione a quelle istruzioni! D'altro canto, in quella fase, gli italici sono ancora impegnati a parlare al cellulare, così da scongiurare la crisi di astinenza per i successivi 35 minuti di silenzio forzato.
Non ho assolutamente alcun dubbio sul fatto che l'invezione della "modalità aereo" - quella funzione del cellulare che consente di parlare in fase di crociera, ma non durante decollo e atterraggio - sia stata inventata da un italiano. I miei vicini italiani avevano tutti due o tre telefonini a capoccia (classificati per colore) e su tutti avevano prontamente attivato la modalità aereo.
Pare che pure il mio pirofilino ce l'abbia. Ovviamente non l'ho sperimentata. So a mala pena accendere e spegnere il telefono, figuariamoci se riuscivo ad attivarla, senza far esplodere l'aeroplano. D'altra parte, il decollo durava mezzora, l'atterraggio venti minuti e il volo era di 55 minuti! Forse se ne poteva anche fare a meno.
Altra incredibile novità: gli assistenti di volo sono tutti maschi. Chi si ricorda quell'epoca d'oro in cui le hostess erano tutte giovani e belle? Beh, miei cari, mi dispiace, ma dovete dimenticarvele! Adesso sono tutti maschi. E infatti si chiamano assistenti di volo e non hosti. E non girano vestiti come veline, ma come ufficiali.
Tanto per dimostrare che la parità a vantaggio degli uomini viene rapidamente raggiunta, a differenza della parità a favore delle donne.
Qualche esempio? I piloti, al 99% sono uomini.
Qualcosa un po' più "terra-terra"?
Gli avvocati maschi di controparte che all'uscita dall'udienza si avvicinano e ti dicono "tu quelle cose (e cioè quelle che li mettono in difficoltà) NON le PUOI dire".
Insomma, le cose cambiano e sono già cambiate, gli uomini invece no.
Il cavaliere senza macchia e senza paura è ancora vivo e vegeto, benché ora si aggiri per le strade con i jeans strappati e il cavallo (quello dei pantaloni) al ginocchio e non si rivolga più alla donna definendola "gentil donzella", ma chiamandola con un bel "aohhh!! ahh bella!".
é bello scoprire che c'è sempre qualcuno pronto ad occuparsi di noi, a darci istruzioni, a spiegarci cosa dobbiamo, anzi no meglio, cosa POSSIAMO, fare e dire, senza pretendere niente in cambio.
Adesso, sì, che mi sento davvero molto più tranquilla.
Mi dispiace solo per i miei colleghi, a saperlo prima che non potevo dire certe cose, non le avrei certo scritte negli atti!
Non solo ho trascorso le consuete settanta ore nel traffico, ho sfogliato migliaia di pagine e qualcuna l'ho persino dovuta leggere con attenzione, ma mi è pure toccato percorrere il bel paese da nord a sud e viceversa un paio di volte.
Ho così potuto notare che molte cose dall'ultima volta che avevo abbandonato il nido, e cioè due anni, sei mesi, due giorni, tre ore e ventisette minuti or sono, sono profondamente cambiate.
Chi sa per esempio quando la gente ha smesso di applauidire il pilota all'atterraggio? Io ricordavo applausi scroscianti e commenti entusiastici ("che bello siamo arrivati vivi e nessuno ha vomitato il pranzo!"). E invece, oramai c'è un disinteresse generale, oltre che un triste silenzio, per le tecniche di atterraggio.
All'aereoporto non esistono praticamente più gli sportelli per i ceck in.
O meglio, i ceck in ci sono, ma nessuno va più a farsi cecckinare! Del resto, c'è il praticissimo web ceckkin (non si tratta un tiratore scelto maniaco di internet che fa fuori il 90 % dei passeggeri, così da eliminare le code all'aereoporto, ma della possibilità di autocecckinarsi via internet).
Mancano le code ai ceck in è vero; in compenso, però, trovi file estenuanti per passare i controlli.
Del resto, non potrebbe essere altrimenti, dato che, per poter accedere ai gate, devi sostanzialmente spogliarti di tutto, farti una tac, scannare gli oggetti che porti con te, buttarne la metà, levarti le scarpe (mi raccomando, mai calzini bucati quando si deve prendere l'aereo), denunciare le tue abitudini più intime, sottoporti ad una visita dentistica e sventolare le carte di imbarco come se fossero croci imbevute di acqua santa e tu stessi lottando contro i vampiri.
Ne ho dedotto che il cosiddetto battesimo del volo non sia più praticabile.
Io ero sola, nel mio viaggio, ma, visti i controlli subiti, non credo che a mia figlia avrebbero concesso di vedere la cabina di pilotaggio e parlare con il capitano. In fondo, potrebbe sempre nascondere qualche pericolosa arma tossica nel pannolino. Beh, per essere del tutto sinceri, almeno una volta al giorno, è proprio così.
Eppure, si tanti controlli non sono in grado di rassicurare tutti.
Gli americani, purtroppo, restano drammaticamente paranoici.
é facile individuarli già all'aereoporto, perchè camminano rasente al muro e si guardano intorno con aria furtiva e terrorizzata.
Saliti a bordo, tentano immediatamente di occupare abusivamente i posti situati in prossimità delle uscite di emergenza, implorando gli assistenti di volo con ogni mezzo.
Poi, studiano dettagliatamente le istruzioni per i casi di emergenza e, mentre gli assistenti di volo spiegano con le tipiche danze da hostess cosa fare mentre precipita l'aereo (tacendo, naturalmente, la parte più importante, è cioè mettersi ad urlare), alzano la mano per chiedere approfondimenti e fare domande.
é chiaro che hanno tutta la nostra comprensione, per le note vicende aeree del 2001.
Devo dire, tuttavia, che, benché io sia rimasta molto scottata da quel tragico evento, non mi sognerei mai di prendere appunti durante le istruzioni degli assistenti di volo.
A dire il vero, nessun italiano presta la minima attenzione a quelle istruzioni! D'altro canto, in quella fase, gli italici sono ancora impegnati a parlare al cellulare, così da scongiurare la crisi di astinenza per i successivi 35 minuti di silenzio forzato.
Non ho assolutamente alcun dubbio sul fatto che l'invezione della "modalità aereo" - quella funzione del cellulare che consente di parlare in fase di crociera, ma non durante decollo e atterraggio - sia stata inventata da un italiano. I miei vicini italiani avevano tutti due o tre telefonini a capoccia (classificati per colore) e su tutti avevano prontamente attivato la modalità aereo.
Pare che pure il mio pirofilino ce l'abbia. Ovviamente non l'ho sperimentata. So a mala pena accendere e spegnere il telefono, figuariamoci se riuscivo ad attivarla, senza far esplodere l'aeroplano. D'altra parte, il decollo durava mezzora, l'atterraggio venti minuti e il volo era di 55 minuti! Forse se ne poteva anche fare a meno.
Altra incredibile novità: gli assistenti di volo sono tutti maschi. Chi si ricorda quell'epoca d'oro in cui le hostess erano tutte giovani e belle? Beh, miei cari, mi dispiace, ma dovete dimenticarvele! Adesso sono tutti maschi. E infatti si chiamano assistenti di volo e non hosti. E non girano vestiti come veline, ma come ufficiali.
Tanto per dimostrare che la parità a vantaggio degli uomini viene rapidamente raggiunta, a differenza della parità a favore delle donne.
Qualche esempio? I piloti, al 99% sono uomini.
Qualcosa un po' più "terra-terra"?
Gli avvocati maschi di controparte che all'uscita dall'udienza si avvicinano e ti dicono "tu quelle cose (e cioè quelle che li mettono in difficoltà) NON le PUOI dire".
Insomma, le cose cambiano e sono già cambiate, gli uomini invece no.
Il cavaliere senza macchia e senza paura è ancora vivo e vegeto, benché ora si aggiri per le strade con i jeans strappati e il cavallo (quello dei pantaloni) al ginocchio e non si rivolga più alla donna definendola "gentil donzella", ma chiamandola con un bel "aohhh!! ahh bella!".
é bello scoprire che c'è sempre qualcuno pronto ad occuparsi di noi, a darci istruzioni, a spiegarci cosa dobbiamo, anzi no meglio, cosa POSSIAMO, fare e dire, senza pretendere niente in cambio.
Adesso, sì, che mi sento davvero molto più tranquilla.
Mi dispiace solo per i miei colleghi, a saperlo prima che non potevo dire certe cose, non le avrei certo scritte negli atti!
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